Ivan Liggi accompagnato dai carabinieri
FORLI’
— Liggi, nell’inverno del 2005 questo giornale chiese per
lei la grazia. Ci siamo quasi, nel senso che la pratica è a
Roma, il ministro Castelli pare sia favorevolissimo e manca solo l’ok
di Ciampi. In poche parole, lei potrebbe essere a un passo dalla libertà:
come sta, che ci dice?
«Vi ringrazio, ringrazio tutti, ma non mi illudo: non vorrei
scottarmi. Io continuo a pensare che dovrò scontare qui dentro,
in carcere, altri otto anni e cinque mesi. Finché non mi diranno
di svuotare il mio armadietto e uscire di galera non penserò
seriamente alla libertà».
Cosa chiede Ivan Liggi?
«Chiedo di avere una chance, di potermi ricostruire una vita.
Lo so che con il mio comportamento, nove anni fa, ho ucciso un ragazzo
e ancora ci sto male solo a pensarci. Ma non l’ho fatto apposta,
è stata una tragica fatalità, una disgrazia».
Sì, lo sostiene da sempre. Eppure le hanno dato omicidio volontario...
«E’ la cosa che più mi ha dato fastidio. Mi hanno
fatto anche passare per un mezzo rambo, io che neppure avevo dimestichezza
con le armi e che a sparare ero una mezza schiappa. Figuriamoci se
volevo sparare, se volevo colpirlo, se volevo ucciderlo... Avevo venticinque
anni, ero inesperto, più abituato a usare l’autovelox
o l’etilometro che la pistola».
Quindi lei contesta la sentenza...
«Ormai è un discorso vecchio, vorrei solo ricominciare
a vivere. Certo che una condanna per omicidio colposo mi sembrava
in assoluto più equa, più giusta. Ma continuo a credere
nella giustizia e resto fiero di aver indossato la divisa di poliziotto.
Un lavoro che rifarei anche domattina».
Ma che invece non potrà più fare...
«Lo so, purtroppo. Troverò qualcos’altro. Devo anche
estinguere un debito con lo Stato: 130mila euro. Non voglio pesare
sui miei famigliari».
Una delle due sorelle di Giovanni Pascale, Ivelise, ha scritto una
bellissima lettera al presidente Ciampi chiedendogli di liberarla...
«La ringrazio, la ringrazio tanto. Spero un giorno di poterla
incontrare e riuscire di persona ad esprimerle tutta la mia gratitudine».
Il carcere cambia?
«Il carcere cambia. Fuori da qui non si capisce quanto è
bello vivere. Passavo delle domeniche intere a sbuffare, annoiandomi.
Magari potessi avere oggi una domenica libera, fuori da qui».
Chi è Ivan Liggi?
«Una persona onesta, un ragazzo tranquillo cresciuto con dei
valori precisi che mi hanno trasmesso i miei genitori. Sognavo di
fare il poliziotto, l’ho fatto: non ho mai rubato, non mi sono
mai drogato, non ho mai fatto nulla di nulla fuori dalle regole. Quella
mattina è stata una disgrazia per tutti».
Lei ha chiesto la grazia e oltre tredicimila persone hanno accompagnato
in neanche un mese questa sua richiesta. Un record...
«E’ la cosa più bella, mi ha commosso. In carcere
stavo lasciandomi andare. Grazie a voi, grazie a tutta questa gente
ho trovato la forza di rimboccarmi le maniche, di ricominciare a lottare.
E’ dura, ma voglio ricostruirmi una vita».
massimo.pandolfi@quotidiano.net.