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Corte di Cassazione 20/03/2013

Infortunio in itinere negato se il lavoratore varia il percorso

(Cass. Civ., sez. lavoro, 22 gennaio 2013 n. 1458)

In tema di “infortunio in itinere”, la variazione del percorso o l’utilizzo di un’autovettura in luogo del servizio metropolitano rappresenta un rischio elettivo nell’ambito del tragitto che costituisce l’occasione di lavoro, in quanto conseguente alla libera scelta del lavoratore, da cui discende la permanenza o meno della copertura assicurativa o, comunque, la configurabilità o meno di un’ipotesi di infortunio sul lavoro ai fini del periodo di comporto, a seconda delle caratteristiche della deviazione alla stregua delle due condizioni, indicate dalla giurisprudenza costituzionale, delle dimensioni temporali e dell’aggravamento del rischio.

Sintesi del caso e nota esplicativa

La Sig.ra B.S. ha adito la Corte d’Appello di Roma al fine di ottenere la riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Roma, con la quale veniva  rigettata la domanda dalla stessa proposta intesa ad ottenere la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento comunicatole dalla Cinecittà Holding S.p.a. con missiva del 14 settembre 2000, a fronte del superamento del periodo di comporto previsto dal CCNL per i dipendenti dell’industria cineaudiovisiva.

In particolare, la ricorrente, a fondamento del motivo di gravame, ha rilevato che le assenze contestate dal datore di lavoro, essendo conseguenti ad un infortunio dovuto ad un incidente mentre si recava sul posto dove espletare l’attività lavorativa, avrebbero dovuto ricondursi alla disciplina normativa di cui al menzionato CCNL, il quale riconosce al lavoratore il diritto alla conservazione del posto fino alla piena guarigione clinica non raggiunta all’epoca del licenziamento.

Con sentenza del 19 febbraio 2009, pubblicata in data 20 novembre 2009, la Corte territoriale ha confermato la sentenza resa dal Giudice di prime cure ritendendo infondate le motivazioni addotte dalla Sig.ra B.S. sul presupposto che l’incidente stradale, di cui la medesima era rimasta vittima, non era in alcun modo riconducibile ad un infortunio in itinere.

Più precisamente, il Giudice di Appello, a fondamento della propria statuizione, ha ritenuto che il sinistro non era avvenuto nell’itinerario che la ricorrente avrebbe dovuto seguire per raggiungere il posto dove prestare l’attività lavorativa, avendo compiuto la lavoratrice una deviazione non giustificata del tragitto necessario per l’espletamento dell’incarico conferitole.

Tanto premesso, la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Roma è stata oggetto di impugnazione davanti alla Suprema Corte di Cassazione da parte della Sig.ra B.S., la quale ha eccepito la violazione e la falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 3, del D.P.R. n. 1124/1965 e dell’art. 14 delle Disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, comma l, n. 5 c.p.c., con riferimento alla mancata considerazione del sinistro patito quale “infortunio in itinere” da qualificarsi conseguentemente infortunio sul lavoro.

Peraltro, la ricorrente ha dedotto la violazione degli artt. 2697 e 2729 del codice civile in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’interruzione del nesso causale tra l’evento e l’attività lavorativa.

La Cinecittà Holding S.p.a. e l’I.N.A.I.L. con due distinti controricorsi hanno resistito al ricorso principale proposto dalla Sig.ra B.S..

Il Supremo Collegio, investito della questione, ha rigettato il ricorso proposto dalla ricorrente nei confronti della Cinecittà Holding S.p.a. e, contestualmente, ha dichiarato lo stesso inammissibile nei confronti dell’I.N.A.I.L. alla luce delle seguenti motivazioni.

In primo luogo, la Suprema Corte ha precisato che, in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, sussiste l’occasione di lavoro, requisito necessario per l’indennizzabilità dell’infortunio, esclusivamente nell’ipotesi in cui esista uno specifico collegamento tra l’evento lesivo e l’attività di lavoro.

Di tal che, a giudizio degli Ermellini,  non è sufficiente, ai fini del riconoscimento dell’indennizzo, il rischio comune e generico connesso all’attività di spostamento spaziale, ma occorre il rischio specifico insito nello svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro affidato ovvero  il rischio insito in attività accessorie, qualora queste siano immediatamente e necessariamente connesse e strumentali allo svolgimento delle mansioni richieste al prestatore di lavoro (cfr. Cass. 9 novembre 2002, n. 5765).

Peraltro, i Giudici di Piazza Cavour hanno avuto modo di osservare che in tema di “infortunio in itinere” la variazione del percorso o l’utilizzo di un’autovettura in luogo del servizio metropolitano rappresenta un rischio elettivo nell’ambito del percorso che costituisce l’occasione di lavoro, in quanto conseguente alla libera scelta del lavoratore da cui discende la permanenza o meno della copertura assicurativa o, come nel caso in esame, la configurabilità o meno di un’ipotesi di infortunio sul lavoro ai fini del periodo di comporto, a seconda delle caratteristiche della deviazione alla stregua delle due condizioni, indicate dalla giurisprudenza costituzionale, delle dimensioni temporali e dell’aggravamento del rischio.

Non di meno i Giudici di Legittimità hanno evidenziato come, in materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, costituisca rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, con rischi diversi da quelli inerenti alle usuali modalità di esecuzione della prestazione.

Sul punto, è stato osservato che tale genere di rischio, la cui sussistenza condiziona l’occasione di lavoro, si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi:

a) presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive;
b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali;
c) mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa.

A tal riguardo, gli Ermellini hanno specificato che l’accertamento di tali elementi rimane devoluto al Giudice di merito ed è incensurabile in sede di legittimità se, come nel caso di specie, è stato congruo e logico.

Con riferimento, invece, al ricorso proposto nei confronti dell’I.N.A.I.L., il Supremo Collegio ha dichiarato lo stesso inammissibile non avendo provveduto la Sig.ra B.S. a censurare la sentenza impugnata in merito al mancato riconoscimento dell’incidente quale infortunio sul lavoro.

Sulla scorta di tali motivazioni, la Suprema Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso proposto dalla Sig.ra B.S. nei confronti della Cinecittà Holding S.p.a. dichiarando lo stesso inammissibile nei confronti dell’I.N.A.I.L.

(Altalex, 7 marzo 2013. Nota di Giovanni De Sanctis)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza 31 ottobre 2012 – 22 gennaio 2013, n. 1458
(Presidente Lamorgese – Relatore Maisano)

 

Svolgimento del processo

 

Con sentenza del 19 febbraio 2009 pubblicata il 20 novembre 2009 la Corte d’Appello di Roma ha confermato la sentenza del Tribunale di Roma del 30 settembre 2005(riformata solo per il capo relativo alle spese), con la quale è stata rigettata la domanda di B.S. intesa ad ottenere la declaratoria dell’illegittimità del licenziamento comunicatole dalla Cinecittà Holding s.p.a. con lettera del 14 settembre 2000 per superamento del periodo di comporto previsto dal CCNL per i dipendenti dell’industria cineaudiovisiva. La corte territoriale ha ritenuto infondata la deduzione della B. secondo cui l’infortunio che ha causato le assenze in questione sarebbe dovuto ad un incidente da qualificarsi infortunio sul lavoro e come tale rientrante nella previsione di cui all’art. 27 del medesimo CCNL che prevede il diritto del lavoratore alla conservazione del posto fino alla piena guarigione clinica non raggiunta all’epoca del licenziamento. In particolare la corte romana, confermando l’assunto del giudice di primo grado, ha ritenuto che l’incidente stradale di cui è rimasta vittima la B. non possa considerarsi infortunio in itinere non essendo avvenuto nell’itinerario che la dipendente avrebbe dovuto seguire per raggiungere il posto dove prestare la propria attività lavorativa, avendo compiuto la lavoratrice una deviazione non giustificata dal percorso che avrebbe dovuto compiere per l’espletamento dell’incarico conferitole.

La B. propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato a due motivi.

Resistono con distinti controricorsi la Cinecittà Holding s.p.a. e l’I.N.A.I.L.

La ricorrente e l’INAIL hanno presentato memoria.

 

Motivi della decisione

 

Con il primo motivo si lamenta violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 3 d.P.R. 1124 del 1965, e dell’art. 14 Disposizioni sulla legge in generale, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo, in relazione all’art. 360, comma l n. 5 cod. proc. civ, con riferimento alla mancata considerazione dell’infortunio patito dalla ricorrente quale infortunio in itinere da qualificarsi conseguentemente infortunio sul lavoro, in quanto l’infortunio in questione sarebbe comunque avvenuto nell’ambito dell’attività lavorativa della dipendente. In particolare non potrebbe comunque affermarsi l’esistenza di un comportamento abnorme, volontario ed arbitrario della dipendente tale da affrontare rischi diversi da quelli inerenti alla normale attività lavorativa, né contrario a norme di legge o di comune esperienza, secondo i criteri elaborati dalla carte di legittimità per la definizione di infortunio sul lavoro.

Con il secondo motivo si deduce violazione degli artt. 2697 e 2729 cod. civ. in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ. e omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio in relazione all’interruzione del nesso causale tra l’evento e l’attività lavorativa. In particolare si censura l’accertamento svolto dal giudice del merito per valutare tale nesso causale.

I due motivi possono essere esaminati congiuntamente riferendosi entrambi alla riferibilità dell’infortunio all’attività lavorativa ed al nesso causale con l’attività lavorativa stessa. I motivi sono infondati. In materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ricorre l’occasione di lavoro - costituente requisito di indennizzabilità dell’infortunio - solo quando esista uno specifico collegamento tra l’evento lesivo e l’attività di lavoro, per cui non è sufficiente, ai fini dell’indennizzabilità, il rischio comune e generico connesso all’attività di spostamento spaziale, ma occorre il rischio specifico insito nello svolgimento delle mansioni tipiche del lavoro affidato, o anche il rischio insito in attività accessorie, qualora queste siano immediatamente e necessariamente connesse e strumentali allo svolgimento di quelle mansioni, e quindi funzionalmente collegato all’attività lavorativa (Cass. 9 novembre 2002 n. 5765). Nel caso in esame si tratta di un incidente stradale occorso alla lavoratrice mentre si recava sul posto dove era chiamata a svolgere la sua prestazione. In tema di “infortunio in itinere”, la variazione del percorso o l’utilizzo di un’autovettura anzicchè del servizio metropolitano, va inquadrato nel rischio elettivo, nell’ambito del percorso che costituisce l’occasione di lavoro, in quanto dovuta a libera scelta del lavoratore, che comporta la permanenza o meno della copertura assicurativa o, nel caso in esame la configurabilità di infortunio sul lavoro ai fini del periodo di comporto, a seconda delle caratteristiche della deviazione alla stregua delle due condizioni, indicate dalla giurisprudenza costituzionale, delle dimensioni temporali e dell’aggravamento del rischio. In materia di assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro costituisce rischio elettivo la deviazione, puramente arbitraria ed animata da finalità personali, dalle normali modalità lavorative, che comporta rischi diversi da quelli inerenti le usuali modalità di esecuzione della prestazione. Tale genere di rischio che è in grado di incidere, escludendola, sull’occasione di lavoro, secondo i principi giurisprudenziali elaborati da questa corte, si connota per il simultaneo concorso dei seguenti elementi: a) presenza di un atto volontario ed arbitrario, ossia illogico ed estraneo alle finalità produttive; b) direzione di tale atto alla soddisfazione di impulsi meramente personali; c) mancanza di nesso di derivazione con lo svolgimento dell’attività lavorativa. L’accertamento di tali elementi costituisce un accertamento di fatto devoluto al giudice di merito incensurabile in sede di legittimità se, come nel caso in esame, è stato congruo e logico.

Il ricorso proposto nei confronti della Cinecittà Holding s.p.a. deve dunque essere rigettato.

Il ricorso proposto nei confronti dell’I.N.A.I.L. è inammissibile in quanto la ricorrente censura la sentenza impugnata riguardo alla statuizione relativa al licenziamento per superamento del periodo di comporto, e non censura il mancato riconoscimento dell’incidente quale infortunio sul lavoro.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

 

P.Q.M.

 

La Corte di Cassazione rigetta il ricorso nei confronti della Cinecittà Holding s.p.a. e lo dichiara inammissibile nei confronti dell’I.N.A.I.L.;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate, per ciascuno dei resistenti, in €50,00 per esborsi ed in € 2.500,00 per compensi professionali oltre accessori di legge.





da altalex.com

Mercoledì, 20 Marzo 2013
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