Dichiarata
priorità nazionale nel 2002 dal presidente Jacques Chirac,
la sicurezza stradale ha dato luogo a una mobilitazione senza precedenti
dei poteri pubblici francesi che è stata ampiamente ripresa
dai media. In occasione del forum organizzato oggi a Berna dall’Ufficio
svizzero per la prevenzione degli infortuni upi, Jacques Léglu,
consigliere per gli affari europei della prevenzione stradale (F),
ha fatto il punto sugli anni passati e schizzato le sfide future.
Con un numero annuale di vittime stradali stabilizzatosi attorno
a 8000 dalla seconda metà degli anni 1990, la Francia sembrava
aver raggiunto un livello insuperabile e accettato dall’opinione
pubblica. Per riprendere le parole di Jacques Léglu: «regnava
un forte sentimento d’impunità, dovuto tra l’altro
al divario importante tra l’arsenale di misure emanate e la
loro applicazione effettiva nella realtà. Infatti, le vittime
della strada erano accettate, dall’intera società, come
una fatalità». L’anno presidenziale del 2002 doveva
marcare il cambiamento di rotta. In seguito all’ecatombe dei
primi mesi, il governo ha introdotto una serie di misure forzate
che continuano a produrre i loro effetti: i risultati del 2005 indicano
che il numero dei morti sulle strade è sceso del 50% entro
tre anni. Questo impegno dei poteri pubblici si è concretizzato
con un programma energico imperniato sul rinforzo dei controlli
e della repressione (installazione di radar fissi, controlli mirati,
inasprimento delle sanzioni), sul coinvolgimento dei conducenti
(patente a prova), sulla prevenzione (coinvolgimento delle imprese
e delle collettività locali) e sulla sicurezza degli utenti
(mezzi accresciuti di sorveglianza, d’intervento ecc.).
Malgrado la schiarita generale, alcune categorie di utenti continuano
a inquietare la prevenzione francese : nel 2004, la quota dei
giovani deceduti ha raggiunto il 23,5% mentre questa fascia d’età
rappresenta solo il 9% della popolazione. Detto in altre parole,
il margine di miglioramento è grande, in particolare visto
che «l’edificio costruito dal 2002 resta fragile»,
come ha sottolineato Jacques Léglu.
Ritorno in Svizzera e alla tavola rotonda che ha seguito la relazione
di Jacques Léglu. I rappresentanti della politica, della
prevenzione, della polizia e dei media hanno dibattuto l’esperienza
francese. Le principali conclusioni: a parte i controlli, la politica
di sicurezza stradale francese punta soprattutto sulle misure educative,
mentre la Svizzera tende a privilegiare quelle architettoniche (ovvero
di migliorare l’infrastruttura) che sono efficaci a lungo termine
e suscettibili di compensare i comportamenti inadeguati degli utenti
della strada. I controlli scatenano discussioni dall’uno e
dall’altro lato della frontiera, sia sulla densità necessaria
e accettabile, sia sugli effetti scontati oppure sui loro limiti.