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Notizie brevi 17/04/2013

L’esito dell’appello al processo contro l’omicida di Lorenzo Guarnieri
Morte di Lorenzo, pena senza carcere
Guidava ubriaco e drogato, condannato a due anni e otto mesi
I genitori: «È ridicolo»

Lorenzo Guarnieri viaggiava sullo scooter alle Cascine, quando fu travolto e ucciso da un motociclista che guidava contromano ubriaco e sotto l'effetto dell'alcol. Era la notte del 2 giugno 2010. Ieri, per quel tragico incidente la corte d'appello di Firenze ha confermato la condanna per Piero Passarò: due anni e 8 mesi di reclusione. I giudici hanno anche escluso il concorso di colpa del liceale fiorentino, come invece aveva stabilito la sentenza di primo grado. Nel giugno 2011, infatti, il gup Antonio Pezzuti aveva attribuito il 75% della responsabilità al fornaio fiorentino e il 25% a Lorenzo, per un presumibile eccesso di velocità e perché percorreva il viale senza tenere la destra. Ad ascoltare la lettura del dispositivo non c'era Passarò (difeso dall'avvocato Sigfrido Fenyes), ma era presente Stefano Guarnieri il babbo del ragazzo. Ha varcato la soglia dell'aula 16 poco prima delle 14.30, al fianco dei suoi legali, Matteo Ormi e Antonio D'Avirro, visibilmente emozionato. Poi, la tensione si è sciolta in un lungo sospiro, quando il presidente ha confermato quella condanna. Per lui, la vita ha avuto una drammatica svolta quella maledetta notte di primavera, quando una voce gli annunciò che Lorenzo aveva avuto un incidente. Una telefonata che nessun genitore vorrebbe mai ricevere.

 

Poi, la vista del corpo senza vita di Lorenzo, coperto da un lenzuolo troppo corto da lasciare intravvedere le scarpe da ginnastica. La giustizia è stata veloce. A distanza di quasi tre anni, dopo mesi di indagini e il processo di primo grado, è arrivata la sentenza di appello. «Sono contento», commenta mentre risponde al telefono che squilla senza interruzione. «I giudici hanno capito che Lorenzo, quella notte, ha avuto l'unica responsabilità di trovarsi nel luogo sbagliato e così hanno escluso il concorso di colpa. Ma è una pena ridicola, in Inghilterra Passarò si sarebbe fatto otto anni di carcere». Guarnieri precisa: «Nel calcolo della pena, ci fu un errore aritmetico, un puro errore formale: il giudice sbagliò il conto. La condanna stabilita dal gup era a 5 anni, ma per l'abbreviato, doveva essere ridotta a 3 anni e 4 mesi e invece fu di 2 anni e 8 mesi. Una differenza significativa, visto che Passarò non andrà in carcere».

 

Poi la voce si spezza: «La procura avrebbe potuto fare appello ma si è dimenticata. Un silenzio che mi ha addolorato. Così oggi (ieri, ndr) il pg Marziale pur riconoscendo quell'errore ha comunque chiesto la conferma della pena inflitta in primo grado». Stefano Guarnieri ha fondato un'associazione onlus che si batte per l'approvazione di una legge che introduca il reato di omicidio stradale: «Deve essere considerato come un reato di serie A e non come adesso di serie C. L'attenzione si è alzata in alcune procure del Nord Italia, dove comincia a considerarsi il dolo nelle responsabilità da incidente sulla strada. Ma il cammino è lungo. Vuole una dimostrazione?». Indica il calendario delle cause appeso sulla porta dell'aula 16: «Stamattina prima del processo per la morte di Lorenzo, si è celebrata un'udienza per l'estorsione subita da un commerciante, un'altra a carico di un ragazzo sorpreso con una mazza da baseball in mano, che può essere ritenuta un'arma impropria come un coltello o una pistola. Mi chiedo perchè la morte di un ragazzo — incalza — non debba essere considerata diversamente dalla legge».
Il trillo del cellulare è incessante. Guarnieri si allontana verso l'uscita. Dalla sua borsa spunta la copertina di un libro con due ragazzi che camminano sulla spiaggia: «Felice di seguirti». In un volume di 223 pagine, Stefano e Stefania Guarnieri hanno rievocato la vicenda giudiziaria, raccolto gli elementi dell'indagine. La sua battaglia è solo all'inizio.

 

Valentina Marotta
CORRIERE FIORENTINO

 



«Chi uccide sulla strada è punito meno di un ladro Noi non ci fermiamo»

La proposta di legge per istituire il reato di omicidio stradale resta sospesa nel vuoto. Sono circa 65 mila le firme, raccolte in tutta Italia, che chiedono più severità nei casi di incidenti causati soprattutto da alcol e droghe, ma il tema non ha ancora varcato la soglia delle aule parlamentari. L'associazione Lorenzo Guarnieri onlus spera oggi che la partita possa essere portata avanti dai nuovi deputati e senatori, soprattutto dai fiorentini, soprattutto da coloro che sono vicini al sindaco Matteo Renzi, primo firmatario della petizione.
«La proposta è stata discussa nel maggio scorso dalla commissione trasporti — spiega il padre di Lorenzo, Stefano Guarnieri, vicepresidente dell'associazione che porta il nome del figlio — dopo l'audizione il ministro Passera si era detto favorevole, ma Severino e Cancellieri avevano espresso dei dubbi, temevano forse un aggravamento del sovraffollamento delle prigioni».
I genitori del ragazzo travolto in scooter da un uomo che guidava sotto l'effetto di cannabis e alcol sono impegnati a portare all'attenzione di tutti «l'ordinaria inciviltà» con cui vengono trattati i casi di omicidi stradali. Nel libro «Felici di seguirti» (Giunti editore), scritto a quattro mani e presentato in giro per l'Italia, Stefania Lorenzini e Stefano Guarnieri parlano di «una storia di amore, sofferenza, burocrazia, indifferenza, arroganza e ci auguriamo di speranza per un cambiamento. I cittadini non sanno che nel caso di "omicidi stradali" nel nostro paese le vittime e i loro familiari sono trattati come se fossero colpevoli, mentre i colpevoli sono difesi come se fossero vittime. Nel nostro paese uccidere un ragazzo sulla strada guidando in modo irresponsabile viene punito meno di un furto. E la sicurezza stradale non è una priorità dei nostri amministratori, tranne rare eccezioni. Purtroppo il nostro non è affatto un caso isolato». In queste pagine vengono ripercorsi i due anni trascorsi dal momento in cui la famiglia di Lorenzo riceve la telefonata che stravolge la vita.

 

Sono descritte le immagini di quello che i genitori del ragazzo non chiamano mai incidente ma sempre omicidio, il ricordo di Lorenzo, le incombenze legali e amministrative, le carte da compilare, le ore spese in uffici pubblici e aule di tribunale, il processo, gli incontri con gli studenti nelle scuole, i rapporti con avvocati, magistrati, vigili, amministratori, assicuratori e cittadini. Fare qualcosa è un bisogno per poter andare avanti: nasce il progetto David in collaborazione con Palazzo Vecchio per migliorare la sicurezza sulle strade di Firenze (a cui si deve ad esempio «l'onda verde» sui viali, il display che indica la velocità da tenere, o la migliore segnaletica dei passaggi pedonali). «Il prossimo obbiettivo è di intensificare i controlli alcolimetrici sulle strade — spiega Guarnieri — in collaborazione con le polizie stradale e municipale vorremmo che i 5 mila controlli di oggi diventassero 20 mila nel giro di due anni». «Il dolore rimane, lo proviamo ogni giorno. Mi ha aiutato impegnarmi per fare del bene agli altri: lavorare per la prevenzione degli incidenti, dare un sostegno alle persone colpite da lutti come i nostri e che nessuno ascolta, aiutare un progetto come Agata Smeralda, per le adozioni a distanza (in Brasile, a Bahia, una scuola porta il nome di Lorenzo). Come dice il titolo del libro siamo "Felici di seguirti", perché in questo modo camminiamo sulla strada che mio figlio ha indicato, lui che era sempre sorridente e disponibile nei confronti degli altri».

 

Guarnieri guarda al lavoro fatto dall'associazione con ottimismo: «Serve tempo, ma la prevenzione darà i suoi frutti. Mettersi sulla strada è la cosa più pericolosa che si possa fare ogni giorno: i cittadini e le istituzioni se ne devono rendere conto, da noi muore il doppio delle persone che in Inghilterra. Il tema della sicurezza stradale, che ha un impatto sociale (4500 morti 80.000 feriti gravi ogni anno) e economico (2% del Pil circa 31 miliardi di euro il costo annuo) enormi è ancora troppo sottovalutato».

 

Lisa Baracchi
CORRIERE FIORENTINO

 


 

Il killer di Stefano libero di tornare a casa
I legali della famiglia: scelta scandalosa

Lodi - «È una vergogna». Non usa mezzi termini, la difesa della famiglia di Stefano Raimondi, dopo la decisione dei magistrati greci di dare il permesso al killer del proprio figlio di tornarsene in Svizzera. Venerdì si è tenuta la prima udienza del processo per Alexander Georgiadis, 25 anni, che nel luglio del 2011 ammazzò a bottigliate Stefano, studente lodigiano in vacanza con gli amici nell’isola greca di Mykonos.
Ebbene, sembra che non solo l’Italia abbia una giustizia spesso discutibile. I magistrati greci hanno prima scarcerato dopo appena quattro mesi Georgiadis, grazie alla cauzione di 30mila euro in contanti pagata dal papà dell’indagato, noto medico in Svizzera, e al posto di lavoro da cameriere ad Atene garantito dallo zio ristoratore; ora, gli danno la possibilità di tornare a Basilea, a casa sua, per andare a trovare la madre, con l’unico obbligo di presentarsi in Grecia ogni primo e ogni giorno 16 del mese, per firmare in caserma.

 

Sorge più di un dubbio sulla decisione della magistratura ellenica. Perché consentire a Georgiadis di tornarsene a casa, in Svizzera, dato che nella Confederazione sono molto rigidi sulle possibilità di estradare all’estero un proprio cittadino, per di più in un Paese dove le carceri non sono proprio il fiore all’occhiello e quindi con la possibilità di aggrapparsi ai «motivi umanitari» per non consegnare l’accusato? Anche se gli specialisti fanno notare che, «se avesse voluto, Georgiadis sarebbe potuto fuggire anche prima di oggi, dato che aveva solo l’obbligo di firma in una caserma di Atene ma nessuno ne controllava i movimenti».
E poi, in caso di fuga le autorità potrebbero emettere contro di lui un mandato di cattura europeo. Speriamo, comunque, non sfugga alle sue responsabilità. Ma ciò non basta a lenire il dolore della famiglia e degli amici di Stefano che si sono visti strappare alla vita un ragazzo di appena 21 anni, con l’unica colpa di aver voluto placare una discussione fra il suo gruppo e gli amici di Georgiadis. Risultato? Quest’ultimo - immortalato dalle telecamere interne della discoteca Cavo Paradiso dell’isola di Mykonos - sarebbe salito su un tavolino brandendo una bottiglia di vodka con cui ha colpito, più volte, Stefano. Ora, è libero di tornarsene a casa sua. E, anche se fosse condannato, sarà libero appena avrà scontato due terzi della pena. Perché in Grecia il beneficio della condizionale scatta automaticamente, se non si commettono altri reati in carcere.

 

Gli avvocati della famiglia Raimondi assicurano di aver già preso contatti con ambasciata e autorità italiane per far sì «che non si spengano i riflettori su questa tragedia e questa decisione scandalosa». Ma, dall’altra parte, si trovano di fronte a una famiglia facoltosa che ha ingaggiato per il figlio un avvocato del calibro di Nikos Konstadopoulos, ex ministro e presidente della squadra di calcio Panathinaikos. E nessuno ha mai chiesto scusa.

 

Fabrizio Lucidi
IL GIORNO Lodi

 

 

Mercoledì, 17 Aprile 2013
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