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Corte di Cassazione 24/04/2013

Gare ciclistiche o motociclistiche in circuito aperto al pubblico

(Cass. Pen. sez. IV, 24 aprile 2013, n. 18577)

Chi è preposto a garantire che lo svolgimento di una gara ciclistica in un circuito urbano avvenga senza pregiudizio per la pubblica incolumità è responsabile dei danni che un utente della strada ha subito in seguito a un sinistro riconducibile alla inadeguata organizzazione della sicurezza della manifestazione.

 

CORTE DI CASSAZIONE, SEZ. IV PENALE - 24 APRILE 2013, N. 18577

 

La Corte d´appello di Palermo ha dichiarato estinto per prescrizione il reato di omicidio colposo in danno di A. A. imputato a B. B.; ed ha confermato per il resto la sentenza emessa dal Tribunale recante la condanna al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili, a carico del ricorrente e di altri imputati.

2. Ricorre per cassazione il B. B. assumendo che, ai sensi dell´art. 129 cod. proc pen., vi erano le condizioni per emettere sentenza assolutoria per non aver commesso il fatto. Si argomenta che l´imputato effettuò il giro di ricognizione prima della gara e ne controllò la regolarità tramite il personale di polizia municipale. Si aggiunge che la posizione di garanzia gravava sui coimputati, come ritenuto dalla sentenza impugnata. D´altra parte la Corte d´appello ha attribuito alla distrazione della vittima il ruolo di causa concorrente.

3. Il ricorso è manifestamente infondato. La sentenza impugnata espone che il ricorrente era il responsabile dei servizi predisposti dalla polizia municipale nel corso dello svolgimento di una gara ciclistica in circuito urbano. Una donna era intenta all´attraversamento della strada quando veniva investita da uno dei ciclisti che partecipavano alla volata finale. Si è ravvisato che la sicurezza della manifestazione fosse carente, essendo stata tra l´altro omessa la collocazione di transenne, considerato che si era in ambito urbano e si transitava anche in un´isola pedonale. Al B. B. è stato in particolare mosso l´addebito di aver autorizzato la gara nonostante la constatata carenza di presìdi di pubblica incolumità e di non averla sospesa dopo aver constatato che vi erano state invasioni del circuito da parte dei presenti.

La pronunzia sintetizza le carenze nell´organizzazione della manifestazione sotto il profilo della sicurezza. Poteva pretendersi, se non l´integrale transennamento, l´obbligo di delimitazione in modo evidente del circuito; mentre il nastro bicolore risultava in più parti mancante. Mancava inoltre un apparato di controllo e la segnalazione con bandierine, come prescritto anche dalla normativa. Ancora, la gara non era in alcun modo annunziata; ed il nastro posto lungo il percorso aveva significato non chiaro. Esso era stato travolto dall´indiscriminato accesso di molte persone. Tale situazione era stata segnalata alla sala operativa dei vigili urbani. Si ravvisa in conseguenza una macroscopica violazione di regole cautelari in una situazione intrinsecamente pericolosa. In tale quadro la disattenzione della vittima è una concausa subvalente.

Quanto al ricorrente si considera che costui era ispettore di polizia municipale comandato della sorveglianza e quindi titolare di posizione di garanzia. L´effettuazione del giro di ricognizione mostra la consapevolezza della precarietà per i pedoni della delimitazione del circuito solo con nastro in plastica. Il B. B. era pur al corrente della situazione di accresciuta criticità sviluppatasi durante la gara, come riferito da un teste, a causa dello straordinario afflusso di persone. Ciò è dimostrato dal fatto che egli inviò personale di rinforzo. Tuttavia si evidenzia condotta colposa per non aver considerato la necessità di interrompere la gara invece di tamponare malamente l´emergenza con l´invio di altro personale.

Tale articolato apprezzamento è con tutta evidenza immune da censure. Vengono evidenziate nitidamente sia la posizione di garanzia che la condotta colposa specificamente addebitata, senza che siano riscontrabili vizi logici o giuridici; sicché non si configura alcuna censura per non aver emesso pronunzia liberatoria nel merito. Tale conclusione è pure pertinente con riguardo alle statuizioni civili.

Il gravame è quindi inammissibile. Segue, a norma dell´articolo 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria, non emergendo ragioni di esonero; nonché alla rifusione delle spese di parte civile che appare congruo liquidare come in dispositivo.

 

Per questi motivi

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende, oltre alla rifusione delle spese in favore delle parti civili che liquida in complessivi euro 2.500,00 oltre accessori come per legge.

 

Mercoledì, 24 Aprile 2013
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