Cassazione : assolta la vigilessa che non fa le multe
Abitudine oppure favoritismo?
Come deve essere inquadrata la condotta della vigilessa palermitana che multava solo alcune delle vetture ferme in divieto di sosta lasciandone impunite altre (sempre in divieto).
Quale criterio logico utilizzava la donna in divisa per scegliere chi multare e chi no?
Questo atteggiamento è stato molto criticato dagli utenti della strada e i malumori suscitati a riguardo sono comprensibili, pertanto, non stupisce il fatto che la questione sia arrivata fino alla massima Corte.
La storia della vigilessa ha avuto risvolti differenti nei vari gradi di giudizio.
In primo grado i giudici (ravvisando un interesse personale o di un prossimo congiunto che porta un pubblico ufficiale a procurare un vantaggio patrimoniale) hanno stabilito che la condotta della donna configurasse il reato di abuso d'ufficio.
In poche parole, il Tribunale ha fatto un ragionamento logico per cui il fatto che l'agente di polizia municipale avesse multato alcune vetture e non tutte quelle che si trovavano in divieto di sosta deve essere visto come un fatto che può favorire alcuni automobilisti (appunto parenti, congiunti, conoscenti etc.) e contestualmente, sfavorire altri (quelli sconosciuti).
Inutilmente la vigilessa rappresentava in questa fase del giudizio che le multe non venivano fatte a tutti soltanto per questioni di tempo e non per favorire questo o quell'automobilista.
In appello i giudici hanno ravvisato un altro reato perché non vi erano prove sufficienti per stabilire in capo all'imputata un interesse personale nel fare o non fare le multe ma comunque, in qualità di pubblico ufficiale, la vigilessa si è rifiutata indebitamente di compiere "un atto del suo ufficio che per ragioni di ordine pubblico o di igiene e sanità, dev'essere compiuto senza ritardo" commettendo cosí il reato di omissione di atti di ufficio (art. 328 c.p.).
Al solito, fa chiarezza la Cassazione che con la sentenza n. 42501 del 31 ottobre 2012, che senza troppi giri di parole afferma che le multe non sono atti indilazionabili, quindi l'omissione di atti di ufficio, non sussiste.
Per i giudici della Cassazione la questione importante di tutta la vicenda riguarda il carattere di indifferibilità che devono avere gli atti omessi affinché si possa configurare l'omissione di atti di ufficio. Gli ermellini precisano che per emettere una sentenza di condanna nei confronti della vigilessa bisogna che l'attività non espletata abbia le caratteristiche richieste dall'art. 328 c.p. e, sempre secondo i Supremi Giudici, fare le multe non è un'attività prioritaria e non ha certo il carattere di indifferibilità.
Sulla base fi queste considerazioni i giudici del Palazzaccio hanno salvato in extremis la vigilessa dalla condanna.
da sentenze-cassazione.com