Notifiche: rapporto investigativo può superare le risultanze anagrafiche
Con riferimento alle notifiche (nella specie di decreto ingiuntivo) le risultanze anagrafiche hanno un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora la quale, invece, è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse risultanze anagrafiche.
Il fatto
Un decreto ingiuntivo veniva notificato in luogo diverso dalla residenza dell’ingiunto e, in particolare, presso la sua effettiva dimora, appresa tramite un’agenzia investigativa.
La notifica dell’atto veniva accettata dal custode dello stabile.
Proposta opposizione tardiva, il Tribunale la dichiarava inammissibile, mentre la Corte d’appello la dichiarava ammissibile e revocava il decreto ingiuntivo; ciò – ed è questo il punto centrale della pronuncia in commento – proprio sulla base della pretesa illegittimità della notifica eseguita a un indirizzo diverso rispetto a quello di residenza.
Veniva pertanto proposto ricorso per cassazione avverso tale decisione.
Sulla valenza delle risultanze anagrafiche in tema di notifica
I Giudici di legittimità ribadiscono, innanzitutto, il consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (si veda al riguardo Cass. n. 19132/2004, Cass. 11562/2003, Cass. 4829/1979 e Cass. 4705/2008) secondo cui:
le risultanze anagrafiche hanno un valore meramente presuntivo circa il luogo dell’effettiva abituale dimora;
la dimora abituale, infatti, è accertabile con ogni mezzo di prova, anche contro le stesse risultanze anagrafiche;
di conseguenza, osserva la Suprema Corte, le risultanze anagrafiche possono essere superate da qualsiasi fonte di convincimento (come ad esempio, sottolinea la Cassazione, la corrispondenza intercorsa tra le parti prima del giudizio ovvero il comportamento della persona che accetta di ricevere l’atto per conto del destinatario).
Ciò posto, i Giudici evidenziano che nel caso di specie erano stati prodotti al riguardo due documenti:
a) le risultanze dell’indagine svolta da un’agenzia investigativa che aveva identificato nel luogo dove venne poi in effetti notificato il decreto ingiuntivo in questione circa l’effettiva abituale dimora del debitore;
b) una lettera, non disconosciuta, nella quale il procuratore del debitore dava tra l’altro atto – punto decisivo sul quale pone l’accento la Cassazione – che, in effetti, al medesimo debitore era stato notificato il decreto ingiuntivo in discorso (opposto tardivamente ma che, sulla base di tale missiva, sarebbe invece stato opponibile con tempestività);
Ciò considerato, la Suprema Corte osserva che i Giudici di merito non hanno valutato tali risultanze, né hanno spiegato perché non potessero essere ritenute sufficienti.
Da tale omissione, conclude sul punto la Cassazione, deriva la censurabilità della sentenza impugnata.
Sulla legittimità dell’opposizione tardiva
A tale conclusione i Giudici giungono anche osservando che “ai fini della legittimità dell’opposizione tardiva a decreto ingiuntivo non è sufficiente l’accertamento dell’irregolarità della notificazione del decreto ingiuntivo”, occorrendo altresì la prova “che a cagione della nullità l’ingiunto non ha avuto tempestiva conoscenza del decreto e non è stato in grado di proporre una tempestiva opposizione”.
L’onere di tale prova grava sull’opponente.
La decisione della Suprema Corte
Sulla base di tutto quanto rilevato, La Suprema Corte, non condividendo le ragioni poste dalla Corte di merito a base della decisione di merito, accoglie il ricorso e cassa, con rinvio, la pronuncia impugnata.
(Altalex, 29 maggio 2013. Nota di Giulio Spina)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 14 maggio 2013, n. 11550
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