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Articoli 04/10/2004

SVIZZERA, PIRATI DELLA STRADA E CONDANNE ESEMPLARI: GIOVANE CONDANNATO A 15 MESI DI CARCERE (SENZA CONDIZIONALE) PER RECIDIVA VIOLAZIONE DEI LIMITI. AUTO CONFISCATE E CAMPAGNE CHOC. COME POLITICI E MAGISTRATI VANNO D’ACCORDO

SVIZZERA, PIRATI DELLA STRADA E CONDANNE ESEMPLARI: GIOVANE CONDANNATO A 15 MESI DI CARCERE (SENZA CONDIZIONALE) PER RECIDIVA VIOLAZIONE DEI LIMITI. AUTO CONFISCATE E CAMPAGNE CHOC. COME POLITICI E MAGISTRATI VANNO D’ACCORDO

 

di Lorenzo Borselli

In questi giorni, in fondo, non è accaduto niente di particolare. I soliti incidenti, il solito numero di morti, i soliti pirati in giro per le strade. Sì, avete capito bene, soliti pirati. E i pirati, fedeli all’immagine stereotipa che la tradizione mitologica ci tramanda, sono gente cattiva, che arriva nel cuore della notte sbarcando con le scialuppe dalle loro feluche ancorate alla rada, piombando sui villaggi della costa, uccidendo, stuprando e depredando. Mamma, li saraceni!
Lo diciamo, perché è la verità. Noi da mesi teniamo la cronaca sotto controllo e i nostri referenti di tutte le forze di polizia pronti a riferirci notizie riguardanti questa ultima emergenza stradale: la pirateria.
Monitoriamo e immagazziniamo dati secondo i quali ormai, lo affermiamo con assoluta certezza, non c’è più un giorno senza che episodi criminali del genere non si verifichino. È un fenomeno non propriamente nuovo, ma sicuramente incisivo, perché oltre a creare un condiviso allarme sociale, mette la società davanti ad un grande dilemma: che fare coi pirati identificati? Credere alle loro puntuali buone ragioni, ai pentimenti dichiarati ai giudici, far finta di essere persuasi che in fondo in quei momenti – dopo aver investito magari due pedoni ed averli lasciati agonizzanti sul selciato – è possibile perdere la testa?
Gli ultimi giorni sono stati terribili… Violenti, cattivi, spietati: avremmo addirittura bisogno di creare nuovi aggettivi, di coniare parole adatte per loro.
I terribili episodi di Brescia e Palermo, da soli, sono più che sufficienti a rappresentare questo microcosmo che purtroppo sembra ormai destinato a far parte del sistema strada, che ha avuto perfino necessità di vedere applicata una modifica del codice penale, alla voce “omissione di soccorso a seguito di incidente stradale”…
Perfino i più crudeli corsari mostravano maggiore misericordia di questi moderni predoni della vita, lasciando ai propri nemici più odiati la possibilità di cavarsela in qualche isola sperduta dei Caraibi, con una pistola carica – ma di un solo colpo suicida – ed una fiaschetta d’acqua dolce.
Alle nostre vittime, invece, un colpo secco senza frenata e via, ancora di nuovo giù con l’acceleratore, come se mettere più strada possibile con quella tragedia potesse in qualche modo servire a nascondersi, a non farsi prendere.
Oppure massacrare un uomo colpevole solo di aver difeso la moglie che aveva tamponato, secondo un cinico nesso casuale. Per i due “giustizieri”, padre e figlio titolari di un’impresa funebre, sono scattate le manette per omicidio preterintenzionale… ma siamo sicuri che quel pugno sferrato al viso del padre di famiglia, ucciso davanti alla moglie ed alla bambina di 4 anni, non volesse andare oltre il solo colpire? Che vuol dire, in fondo colpire? Si sferra un pugno per far valere le proprie ragioni? Che ragioni sono, un graffio alla carrozzeria? Non sarebbe meglio dire omicidio volontario per futili motivi?
Proviamo ribrezzo a pensare che la strada, oggi, sia meta di queste scorrerie, sia teatro di sciagure che potrebbero in qualsiasi istante veder coinvolti noi, i nostri familiari, i nostri amici.
C’è una nuova forma di crimine, allora, con il quale dobbiamo imparare a misurarci, e che vede davanti a noi un nemico insidioso, che potrebbe davvero essere il vicino della porta accanto.
A Zurigo, appena pochi giorni fa, un pirata della strada è stato condannato a 18 mesi di carcere – senza condizionale – ed alla confisca dell’automobile: si tratta di una pena che in Svizzera è stata definita “esemplare” e che il Tribunale Distrettuale di Zurigo ha dispensato al termine di un dibattimento acceso e sfiancante. Il Pubblico Ministero aveva chiesto anche di più, spingendo gli animi – durante l’arringa conclusiva – per ottenere una pena di 2 anni e 3 mesi di carcere, mentre la difesa (qui in Italia sarebbe già un successo), aveva ribattuto pretendendo “solo” 4 mesi di prigione.
Ma quello che ci deve far riflettere è che quel pirata della strada non aveva ancora ucciso nessuno, arrivando solo a commettere – a più riprese – reati di pericolo per la società: nel 2002, infatti, la Polizia Stradale svizzera lo intercettò nell’autostrada A1 a ben 193 km/h, in un tratto in cui vige la limitazione di 80 all’ora. Lampeggianti e sirene non servirono, e il pirata scappò per ben 10 chilometri alle pattuglie, senza mai scendere sotto i 180, fino a quando un imponente blocco pose fine al tentativo di fuga. Gli agenti, quando lo presero, scoprirono che era una vecchia conoscenza della Stradale, con la patente già ritirata per la stessa ragione e con altri procedimenti a carico per infrazioni al codice svizzero: un recidivo, dunque, di quelli che noi non riusciamo a tener lontani dal sistema “strada”.
Proprio la recidiva reiterata e specifica, ha indotto i magistrati giudicanti del Tribunale di Zurigo a imboccare la strada della pena esemplare, adottando una linea dura che, almeno nelle aspettative, dovrebbe avere un effetto dissuasivo nei confronti della pirateria elvetica. “La confisca della vettura e la sua vendita – aveva dichiarato il Ministero Pubblico Jürg Boll – hanno un carattere fortemente dissuasivo e dovrebbero imporsi anche a livello di Tribunale federale”. Il bolide utilizzato per le scorrerie del giovane pirata, esattamente come le feluche date alle fiamme dopo la cattura dei corsari settecenteschi, è già stato acquisito al patrimonio dello stato dopo essere stato sequestrato al pari di una qualsiasi “arma del delitto” e rivenduta. I proventi dell’asta, in caso di atti di pirateria con vittime, potrebbero servire anche – esattamente come chiesto dall’Asaps in questi giorni di particolare violenza stradale – come primo risarcimento alle famiglie di chi resta.
Ma non perdiamo di vista i nostri fratelli svizzeri: la battaglia contro la violenza stradale non è limitata alle azioni di un pugno di magistrati. Nella miglior tradizione calvinista, infatti, l’ordine resta una priorità del governo federale elvetico, tanto che il giro di vite è sempre più serrato: a Lucerna i vertici della Polizia Cantonale hanno chiesto al Dipartimento della Giustizia Cantonale di disporre la rottamazione delle vetture sequestrate a seguito di reati stradali particolarmente gravi (per pericolo), mentre a Basilea sembra essere già consolidata la tendenza di vendere all’incanto le automobili sequestrate.
In Italia, solo a Treviso regge per ora la tesi del veicolo come arma del delitto, sequestrato in caso di procedimenti penali contro conducenti sorpresi al volante in stato di ebbrezza. Un gesto isolato, su cui pesano acredini e polemiche: se una misura non è condivisa, difficilmente potrà tenere a lungo. Nel frattempo ringraziamo i magistrati veneti, e quelli che hanno intrapreso strade analoghe, per il loro coraggio e la loro determinazione.
Torniamo però alla Svizzera. Il tema “pirati della strada” è stato – in questi ultimi giorni – estremamente dibattuto, anche in chiave più strettamente politica, cavalcato dalla parte politica che si è battuta contro la naturalizzazione – messa ai voti – dei cittadini stranieri di seconda e terza generazione. Questo perché nel paese dei Cantoni, la statistica ha evidenziato che la maggior parte degli atti di pirateria ha visto la partecipazione attiva di cittadini extracomunitari (se così si può dire in Svizzera), soprattutto quelli di origine balcanica: possibile?
Anche in Italia – va detto senza timori – il problema di una verifica dei requisiti minimi delle cosiddette “altre patenti”, quelle cioè conseguite all’estero, è effettivamente consistente, e negli speciali osservatori dell’Asaps istituiti per monitorare i casi eclatanti di pirateria o di aggressione alle divise, non è sfuggita una congrua partecipazione di cittadini dell’est – ma anche del nordafrica o dell’america latina – alla commissione di reati stradali o di gravissime violazioni al codice.
Nella confederazione, va detto, lo stereotipo del pirata extracomunitario dei paesi orbitanti alla ex Unione Sovietica è stato notevolmente amplificato dall’esibizione in un canale televisivo locale di un pirata straniero, che ha vantato le proprie prodezze nel corso di una popolare trasmissione, suscitando lo sdegno collettivo, in alcuni casi con reazioni addirittura xenofobe, ed attirando su di sé anche l’attenzione della Polizia Stradale e dei magistrati, che lo attendevano fuori degli studi televisivi e che gli hanno immediatamente ritirato la patente, indagandolo per reati stradali che potrebbero costargli – appunto – tre anni di carcere e 40mila franchi di multa.
La recente campagna mediatica varata dal Touring Club Svizzero (TCS) è però estremamente indicativa del clima di condivisione della battaglia. Questo perché la classe dirigenziale elvetica ha immediatamente colto i casi più eclatanti facendo proprie le necessità d’intervento, reagendo al pericolo che certi isolati atteggiamenti trasgressivi potessero in qualche modo divenire costume consuetudinario: il fenomeno delle corse clandestine, con l’intervento della Polizia che ha sgominato una banda nella zona portuale di Basilea, o i due 17enni arrestati rispettivamente a Zurigo, in A1 dove uno di loro era stato intercettato a 234 chilometri orari ed a Losanna, al termine di un inseguimento nelle strade della città.
Comunque, senza stare a riportare la lista degli episodi, l’emergenza si è fatta sentire nelle stanze dei bottoni, tanto che lo stesso Ministro dei Trasporti Moritz Leuenberger, lo stesso che spinge per abbassare i limiti di velocità in autostrada (!), ha dichiarato al settimanale SonntagsZeitung, che chiederà l’adozione di “misure più repressive nei confronti dei conducenti che violano sistematicamente i limiti di velocità”. Entrando nello specifico, il ministro parla sì di confiscare le armi del delitto, i veicoli, ma anche di detenzione preventiva. Tanto per chiarire quale sia il clima in Svizzera, i magistrati non si sono fatti pregare, e si registrano già – a Zurigo – casi di detenzione preventiva contro pirati della strada recidivi.
Nelle immagini di corredo a questo articolo, riproduciamo – per gentile concessione del TCS – i manifesti della campagna elvetica contro la pirateria, promossa in collaborazione con SGA e l’agenzia pubblicitaria “Publicis”.
Secondo Jean Marc Thévenaz, capo del dipartimento TCS sicurezza stradale, il club punta con la campagna ad avvisare i pirati della strada sulle conseguenze del loro modo di guidare.



di Lorenzo Borselli

Lunedì, 04 Ottobre 2004
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