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Articoli 07/10/2004

STORIA DI MARIO, EROE QUOTIDIANO

Un Sovrintendente per il quale la sicurezza stradale non era un lavoro, ma una vocazione.

STORIA DI MARIO, EROE QUOTIDIANO
Un Sovrintendente per il quale la sicurezza stradale non era un lavoro, ma una vocazione.

Di Lorenzo Borselli*

Si era svegliato con quell’idea, con il proposito di alzare il tiro e tentare la sortita per far avanzare la prima linea. Ma il fronte lo ha ucciso, barbaramente, come solo in una guerra come questa può accadere.
Mario non ha fatto in tempo, stavolta, a riporre il telelaser nella valigia, alla fine di un servizio che ormai – nello scenario della Provinciale 148 – è paragonabile ad un’incursione da guastatori.
Era riuscito anche a tracciare un “missile” in arrivo, con la forma di una Bmw e che fonti certe ci dicono viaggiasse a 148 all’ora, chilometro più, chilometro meno; 148 orari in una strada in cui a 90 è già un’impresa sopravvivere; 148 orari in una strada che la stessa Polizia Stradale ha definito tra le più pericolose d’Italia.
E per sgombrare il campo da dubbi, diciamo subito che non cercheremo nemmeno per un istante di fare retorica sulla morte dell’esperto sottufficiale, che i colleghi non ricordano essere nemmeno mai andato in malattia: come tutti i nostri morti, quelli che abbiamo ricominciato a piangere con troppa frequenza, si era distinto abbastanza da vivo per la sua generosità e dedizione a quello, che più di un lavoro, si era manifestato come una vocazione, che lo attirava con l’entusiasmo di una recluta. Ecco.
E poi si muoveva in un terreno difficile, in cui tutti i giorni era costretto a confrontarsi con le insidie, le insolenze, le devastazioni degli incidenti. Un terreno accidentato, nebbioso, come può essere una strada provinciale così, perfino declassata, con i numeri di una grande arteria, con un tasso di mortalità più elevato dei quartieri sciiti di Baghdad.
Qualche numero? La strada della morte, conosciuta come “Pontina”, conta nei suoi 109 chilometri di lunghezza, qualcosa come oltre 100 nomi e cognomi segnati alla voce “vittime”, in appena cinque anni. Subito dopo, a punto e a capo, ci sono più di 3mila feriti gravi e 1.950 incidenti, che si ripetono puntuali, spesso in prossimità dei medesimi luoghi. Un numero elevatissimo, che la piazza all’undicesimo posto in questa assurda e tragica graduatoria, che tutti sapevano esserci, anche prima che quel “missile” colpisse Mario come un bersaglio a vanvera, scelto a casaccio.
Mario, questo, lo sapeva. Da tempo lui si occupava del telelaser al chilometro 58, dove “a forza di esserci” la gente ha imparato ad andare piano, rallentando un poco prima e accelerando un poco dopo. Le pattuglie di Aprilia, un distaccamento di 30 persone che copre la vigilanza stradale tra Latina e Roma, fino al Grande Raccordo Anulare, ormai erano una consuetudine in quella piazzola.
E poi una sfarettata tra chi aveva superato il check point e una pronta risposta di chi stava invece sopraggiungendo, con l’assurdo rituale del telefono messo sul sedile del passeggero dal conducente che ormai ripeteva automatico “…aspetta ci sono i poliziotti… ecco, li ho passati”, rimettendoselo all’orecchio, o delle cinture di sicurezza che qualcuno si ricordava di allacciare solo al pensiero di dover pagare o perdere punti, avevano reso quel posto sicuro.
La testa di ponte “al 58”, avrà pensato Mario mentre sorseggiava il suo ultimo caffè con i colleghi della pattuglia sud, è ormai stabile.
È ora di avanzare.
Così Mario istruisce Pietro Santillo, il suo ragazzo, un agente scelto già navigato e pronto a seguire il suo maresciallo ovunque, armandosi di quella pistola senza pallottole ma che spaventa più di un lanciarazzi RPG, e decide di piazzarsi, per la prima ed ultima volta, al chilometro 30+800.
C’è uno spiazzo, lo slargo di un’uscita. I due centauri parcheggiano la Fiat Marea e tentano la sortita. Mario guarda il traffico e “colpisce” il primo velocista. Il secondo ha la forma di una Bmw aziendale, che sfreccia – ci dicono – a 148 chilometri orari, rimasti segnati sul display del telelaser. Ma è la seconda macchina che arriva, una Passat, ad innescare la tragedia. Ancor più veloce frena, invano, e ormai divenuta missile senza controllo, colpisce l’altro che a fatica teneva la rotta. È un’esplosione di traiettorie e pezzi, che con l’effetto devastante di uno shrapnel colpisce Mario e lo spinge lontano. Qualche minuto di lucidità, poi si spegne.
Lo avete mai visto o sentito il fumo, subito dopo lo schianto? È un fumo che ha un odore così acre, così repellente, così tragicamente letale da somigliare a quello di una bomba appena esplosa.
Aveva ragione, Mario, a voler cambiare posto, a voler spostare in avanti quella prima linea ormai consolidata. Voleva portare la prevenzione, la sua divisa della Stradale, un poco più in là, dove la gente che corre non se l’aspettava, per riportare sicurezza dove ce n’era davvero bisogno.
In questo ha fallito, cadendo per colpa e incoscienza di altri.
L’effetto sorpresa ha giocato al Sovrintendente, da sempre membro del nostro sodalizio, uno scherzo fatale, facendolo restare vittima di quella sortita, di quell’iniziativa che solo i bravi poliziotti possono avere.
Noi ne conoscevamo altri 28. Tutti maledettamente bravi, tutti morti. Come conosciamo quelle 11 strade ancora più pericolose della Pontina, e quelle che seguono, tutte lì, ogni giorno, ad esigere le proprie vittime sacrificali, così spietatamente democratiche anche in questo, senza differenze, a fare incetta di vite. Tutto, senza alcuna rivendicazione se non il silenzio di troppe coscienze e il silenzio di una voce che non parla più.
Stavolta, la voce di Mario Palombi, Sovrintendente Capo. Eroe quotidiano.

* Consigliere Nazionale Asaps




Di Lorenzo Borselli*

Giovedì, 07 Ottobre 2004
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