Si
era svegliato con quell’idea, con il proposito di alzare il tiro
e tentare la sortita per far avanzare la prima linea. Ma il fronte lo
ha ucciso, barbaramente, come solo in una guerra come questa può
accadere.
Mario non ha fatto in tempo, stavolta, a riporre il telelaser nella valigia,
alla fine di un servizio che ormai – nello scenario della Provinciale
148 – è paragonabile ad un’incursione da guastatori.
Era riuscito anche a tracciare un “missile” in arrivo, con la
forma di una Bmw e che fonti certe ci dicono viaggiasse a 148 all’ora,
chilometro più, chilometro meno; 148 orari in una strada in cui
a 90 è già un’impresa sopravvivere; 148 orari in una
strada che la stessa Polizia Stradale ha definito tra le più pericolose
d’Italia.
E per sgombrare il campo da dubbi, diciamo subito che non cercheremo nemmeno
per un istante di fare retorica sulla morte dell’esperto sottufficiale,
che i colleghi non ricordano essere nemmeno mai andato in malattia: come
tutti i nostri morti, quelli che abbiamo ricominciato a piangere con troppa
frequenza, si era distinto abbastanza da vivo per la sua generosità
e dedizione a quello, che più di un lavoro, si era manifestato
come una vocazione, che lo attirava con l’entusiasmo di una recluta.
Ecco.
E poi si muoveva in un terreno difficile, in cui tutti i giorni era costretto
a confrontarsi con le insidie, le insolenze, le devastazioni degli incidenti.
Un terreno accidentato, nebbioso, come può essere una strada provinciale
così, perfino declassata, con i numeri di una grande arteria, con
un tasso di mortalità più elevato dei quartieri sciiti di
Baghdad.
Qualche numero? La strada della morte, conosciuta come “Pontina”,
conta nei suoi 109 chilometri di lunghezza, qualcosa come oltre 100 nomi
e cognomi segnati alla voce “vittime”, in appena cinque anni.
Subito dopo, a punto e a capo, ci sono più di 3mila feriti gravi
e 1.950 incidenti, che si ripetono puntuali, spesso in prossimità
dei medesimi luoghi. Un numero elevatissimo, che la piazza all’undicesimo
posto in questa assurda e tragica graduatoria, che tutti sapevano esserci,
anche prima che quel “missile” colpisse Mario come un bersaglio
a vanvera, scelto a casaccio.
Mario, questo, lo sapeva. Da tempo lui si occupava del telelaser al chilometro
58, dove “a forza di esserci” la gente ha imparato ad andare
piano, rallentando un poco prima e accelerando un poco dopo. Le pattuglie
di Aprilia, un distaccamento di 30 persone che copre la vigilanza stradale
tra Latina e Roma, fino al Grande Raccordo Anulare, ormai erano una consuetudine
in quella piazzola.
E poi una sfarettata tra chi aveva superato il check point e una pronta
risposta di chi stava invece sopraggiungendo, con l’assurdo rituale
del telefono messo sul sedile del passeggero dal conducente che ormai
ripeteva automatico “…aspetta ci sono i poliziotti… ecco,
li ho passati”, rimettendoselo all’orecchio, o delle cinture
di sicurezza che qualcuno si ricordava di allacciare solo al pensiero
di dover pagare o perdere punti, avevano reso quel posto sicuro.
La testa di ponte “al 58”, avrà pensato Mario mentre
sorseggiava il suo ultimo caffè con i colleghi della pattuglia
sud, è ormai stabile.
È ora di avanzare.
Così Mario istruisce Pietro Santillo, il suo ragazzo, un agente
scelto già navigato e pronto a seguire il suo maresciallo ovunque,
armandosi di quella pistola senza pallottole ma che spaventa più
di un lanciarazzi RPG, e decide di piazzarsi, per la prima ed ultima volta,
al chilometro 30+800.
C’è uno spiazzo, lo slargo di un’uscita. I due centauri
parcheggiano la Fiat Marea e tentano la sortita. Mario guarda il traffico
e “colpisce” il primo velocista. Il secondo ha la forma di una
Bmw aziendale, che sfreccia – ci dicono – a 148 chilometri orari,
rimasti segnati sul display del telelaser. Ma è la seconda macchina
che arriva, una Passat, ad innescare la tragedia. Ancor più veloce
frena, invano, e ormai divenuta missile senza controllo, colpisce l’altro
che a fatica teneva la rotta. È un’esplosione di traiettorie
e pezzi, che con l’effetto devastante di uno shrapnel colpisce Mario
e lo spinge lontano. Qualche minuto di lucidità, poi si spegne.
Lo avete mai visto o sentito il fumo, subito dopo lo schianto? È
un fumo che ha un odore così acre, così repellente, così
tragicamente letale da somigliare a quello di una bomba appena esplosa.
Aveva ragione, Mario, a voler cambiare posto, a voler spostare in avanti
quella prima linea ormai consolidata. Voleva portare la prevenzione, la
sua divisa della Stradale, un poco più in là, dove la gente
che corre non se l’aspettava, per riportare sicurezza dove ce n’era
davvero bisogno.
In questo ha fallito, cadendo per colpa e incoscienza di altri.
L’effetto sorpresa ha giocato al Sovrintendente, da sempre membro
del nostro sodalizio, uno scherzo fatale, facendolo restare vittima di
quella sortita, di quell’iniziativa che solo i bravi poliziotti possono
avere.
Noi ne conoscevamo altri 28. Tutti maledettamente bravi, tutti morti.
Come conosciamo quelle 11 strade ancora più pericolose della Pontina,
e quelle che seguono, tutte lì, ogni giorno, ad esigere le proprie
vittime sacrificali, così spietatamente democratiche anche in questo,
senza differenze, a fare incetta di vite. Tutto, senza alcuna rivendicazione
se non il silenzio di troppe coscienze e il silenzio di una voce che non
parla più.
Stavolta, la voce di Mario Palombi, Sovrintendente Capo. Eroe quotidiano.
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Consigliere Nazionale Asaps
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