“Il
commissario Montalbano sentì arrivare l’auto di servizio …
la macchina si catapultò ultrasonica,
frenò con grande stridore sparando raffiche di ghiaietta
che rimbalzarono in tutte le direzioni,
poi ci fu un disperato ruggire di motore imballato,
un lacerante cambio di marcia,
un acuto sgommare,
un’altra raffica di ghiaietta.
Il conducente aveva fatto manovra…
Gallo, che pativa del complesso di Indianapolis…”
Andrea
Camilleri. La voce del violino.
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nnanzitutto
un saluto a tutti gli amici della Polizia, dei Carabinieri e della Polizia
municipale, di quella penitenziaria e della Guardia di Finanza.
A quelli che si rivolgono a me per migliorare la loro guida ma anche a
quelli che mi fermano per strada e, facendo il loro dovere, mi tolgono
qualche punticino dalla patente.
La descrizione che Camilleri fa della guida dell’agente Gallo corrisponde
a un certo prototipo di agente-Schumacher che fortunatamente è
in via di estinzione.
Infatti due cose mi colpiscono in questo guidatore.
La prima è la mancanza di rispetto per la meccanica, per l’automobile;
l’inutile spreco di carburante, di pneumatici, che comporta questo
stile di guida.
E questo spesso viene associato al disprezzo per l’auto che gli viene
affidata.
L’altra è il costante tentativo di mostrare, di esibire, le
proprie abilità proprio attraverso l’automobile.
Per un agente quest’ultimo aspetto viene contaminato dalla percezione
del proprio servizio come di una attività in “emergenza permanente”.
Uno specchio di questo vissuto del proprio ruolo lo abbiamo nel fatto
che raramente vengono indossate le cinture di sicurezza, nonostante le
disposizioni recitino che:
“il concetto di servizio di emergenza non è certamente assimilabile
“tout court” al servizio d’ istituto ma deve essere inteso
come stato di pericolo concreto ed attuale nel più generale contenuto
del servizio”.
Quando poi si creano veramente le condizioni di emergenza e occorre arrivare
a destinazione con rapidità, bisogna sempre far prevalere la certezza
di “arrivare” sul “quando” arrivare.
Ma al di là di tutto questo, c’è un aspetto che accomuna
l’agente al guidatore normale: l’emozione che provoca l’alta
velocità.
E chi opera in servizio di Polizia può sentirsi non solo autorizzato,
ma persino in dovere di spingere oltremodo sull’acceleratore.
Questa “pressione psicologica” al volante crea uno stato di
forte emozionalità (al quale si aggiungono elementi di ulteriore
emozione come il suono acuto della sirena) che diminuisce le capacità
razionali di valutazione della situazione: sia rispetto alla velocità
e alla padronanza del veicolo, che rispetto alla situazione dell’intervento
operativo che ci si appresta a svolgere.
Insomma, l’emozione va sempre tenuta sotto controllo affinché
non prevalga sulla valutazione razionale della situazione.
E poi ricordiamoci che il fatto di avere la patente, ancorché quella
di servizio, non vuol dire che lo Stato ci abbia dato quella formazione
alla guida sicura che sarebbe auspicabile per tutti coloro che si trovano
ad operare con auto o moto in servizio.
Di conseguenza nessuno può pretendere da un’agente velocità
+ sicurezza e non c’è quindi alcuna reale (istituzionale)
pressione psicologica che ci spinga, in
servizio, a una eccessiva velocità al volante.
Occorre invece avere la capacità di pre-vedere, di immaginare possibili
pericoli: questo vale quando siamo al volante ma anche quando attraversiamo
le strisce pedonali o assistiamo ad un Rally (altra situazione di grande
indisciplina e sprezzo del pericolo da parte di alcuni spettatori).
Non mi stanco mai di ripetere che la sicurezza al volante sta nella nostra
abilità solo per un terzo, mentre per i due terzi è determinata
dalla capacità di prevedere i potenziali pericoli.
Se fossimo una società un po’ meno ipocrita, potremmo aprire,
almeno una volta al mese, i cancelli degli autodromi e lasciare che chi
ha il complesso di Indianapolis si sfoghi in pista invece di travolgere
vecchiette sulle strisce pedonali; probabilmente però qualcuno
avrebbe da obiettare che così si istiga alla velocità, si
spingono i giovani a rischiare e allora si lascerà tutto così
facendo affidamento sulla capacità delle forze dell’ordine
di reprimere un fenomeno preoccupante.
Ma abbiamo visto che anche un nostro poliziotto, l’agente Gallo,
è vittima pure lui del “complesso di Indianapolis”: che
sia stato contagiato?
* Ex pilota di Formula Uno –
Direttore della scuola di guida sicura "GuidarePilotare"
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