Scavalcare il guardrail non è imprudente: gestore autostradale responsabile
Perché il proprietario o il gestore di un’autostrada sia esente da ogni responsabilità non basta che abbia realizzato l’opera conformemente alle leggi, poiché eventuali situazioni di pericolo per l’utilizzatore potrebbero far insorgere una responsabilità accertabile sulla base di parametri indicati dalla giurisprudenza di legittimità.
E’ quanto ha stabilito la Corte di Cassazione nella sentenza 19 giugno 2013, n. 15302 avente ad oggetto il caso di una donna che, nello scavalcare il guard-rail, è caduta nel vuoto riportando lesioni gravissime che l’hanno resa invalida al 100%. La domanda di risarcimento danni proposta contro Autostrade s.p.a. è stata rigettata sia in primo che in secondo grado; lo stato dei luoghi è stato ritenuto conforme alla legge e i giudici di merito hanno addebitato la colpa esclusiva alla danneggiata, la cui “gravissima imprudenza” avrebbe interrotto il nesso causale.
La Suprema Corte ha dichiarato che l’imprudenza non è consistita nell’attraversare a piedi la corsia dell’autostrada, ma nell’aver scavalcato la barriera laterale, “comportamento quest’ultimo, che, di per sé solo e per quanto è normalmente prevedibile ex ante, può considerarsi non particolarmente pericoloso da chi ritenga di poter usufruire dello spazio intermedio fra il guard-rail superato e quello protettivo dell’opposta corsia”.
Gli Ermellini lamentano che la Corte d’appello non si sia accertata della presenza di segnalazioni nel viadotto, o comunque se fosse percepile la presenza del vuoto ad un automobilista attento, considerando anche l’ora notturna e la mancanza di illuminazione.
La motivazione relativa alla valenza assorbente ed esclusiva assegnata al comportamento dell’infortunata è stata ritenuta insufficiente, se non del tutto mancante, e Autostrade s.p.a. è stata dichiarata colpevole per non avere adottato le misure idonee ad impedire modalità di utilizzazione del bene particolarmente rischiose, essendo necessario adottare anche delle misure volte ad impedire comportamenti inconsulti. In un caso analogo in cui un automobilista oltrepassando il guardrail era caduto nel vuoto, la società Autostrade era stata ritenuta responsabile per non aver predisposto una barriera protettiva od altra efficace segnalazione. (Cass. Civ. Sez. 3, 7 dicembre 2005, n. 26997).
A tal proposito la Suprema Corte ha fornito dei parametri per individuare le misure esigibili necessarie per prevenire situazioni di pericolo derivanti da comportamenti avventati: il grado di prevedibilità dei comportamenti temerari o pericolosi, la loro frequenza e la maggiore o minore facilità di compierli, la natura e la praticabilità delle misure di prevenzione e l'entità degli oneri.
La condotta di un utente che in autostrada si trovi a dover oltrepassare il guardrail può verificarsi frequentemente per una serie svariata di motivi, come potrebbe avvenire nel caso della sosta obbligata per un incidente, ed è quindi da escludersi che possa essere qualificata come un’imprudenza grave a tal punto da interrompere il nesso causale.
Il ricorso infondato è stato dichiarato fondato per omessa e insufficiente motivazione circa l’interruzione del nesso causale e l’esclusione di ogni concorso di colpa.
La Corte di Cassazione ha condiviso il rilievo della ricorrente affermando che: “la conformità dell'opera alle leggi ed alla tecnica costruttiva non vale ad escludere ogni responsabilità del proprietario o del gestore qualora, nonostante una tale conformità, l'opera presenti insidie o pericoli per l'utilizzatore”.
(Nota di Enrica Maria Crimi. Per approfondimenti: Master breve in Diritto della Circolazione Stradale)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III CIVILE
Sentenza 25 marzo - 19 giugno 2013, n. 15302
(Presidente Petti – Relatore Lanzillo)
Svolgimento del processo
Con la sentenza in epigrafe la Corte di appello di Trieste ha confermato il rigetto, disposto dal Tribunale di Tolmezzo, della domanda di risarcimento dei danni proposta da W.B. contro la s.p.a. Autostrade, a seguito di un incidente occorsole sull'autostrada A23, in direzione (omissis) . Il (omissis) verso le ore 21 la W. , rimasta senza carburante, ha fermato l'automobile su di una piazzola di sosta dell'autostrada, ed - avvalendosi del passaggio offerto da altro automobilista, ha raggiunto l'area di servizio situata nella carreggiata opposta. Sulla via del ritorno, ha attraversato a piedi la prima carreggiata e, nello scavalcare il guard-rail, è precipitata nel vuoto fra le due carreggiate, non avendo percepito nel buio di trovarsi sopra un viadotto. Ha riportato lesioni gravissime, con invalidità permanente del 100%, ed ha proposto domanda di risarcimento dei danni contro la s.p.a. Autostrade, assumendo che lo stato dei luoghi era tale da trarre in inganno, in quanto non era percepibile né segnalato il fatto che le due carreggiate correvano separatamente, e non era stato frapposto alcun riparo in corrispondenza del guard-rail. La Corte di appello, come il Tribunale, ha ritenuto che lo stato dei luoghi fosse stato costruito conformemente alle prescrizioni di legge, come accertato da apposita CTU, e che l'incidente fosse da ascrivere alla colpa esclusiva della danneggiata. La W. propone quattro motivi di ricorso per cassazione. Resiste la soc. Autostrade con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.
Motivi della decisione
1.- Con i quattro motivi - che possono essere congiuntamente esaminati perché connessi - la ricorrente denuncia violazione degli art. 2051, 2043, 1227 e 2697 cod. civ., nonché omessa, insufficiente od illogica motivazione, sul rilievo che la conformità alle caratteristiche costruttive stabilite dalla legge e dalla tecnica non esclude che una strada possa presentare insidie e pericoli idonei a provocare danni a terzi; che tale era la situazione al momento dell'incidente, poiché il luogo era privo di illuminazione; le due corsie correvano vicine (a distanza non superiore a cm. 152), sì da creare l’impressione che non vi fosse soluzione di continuità fra le stesse; l'esistenza del viadotto e del precipizio al di là dello spartitraffico non erano segnalati, né erano percepibili, nel buio dell'ora notturna; né vi era alcuna segnalazione del vuoto sottostante.
Afferma che la circostanza che qualcuno possa attraversare a piedi le corsie od il guard-rail di un'autostrada è prevedibile e doveva essere prevista; tanto che la CTU ha accertato che gli enti proprietari di strade hanno da tempo adottato efficaci sistemi anticaduta, soprattutto in corrispondenza di viadotti; che in ogni caso nell'uso di beni demaniali deve essere evitata ogni prevedibile situazione di pericolo per gli utenti. Lamenta ancora (soprattutto nel terzo motivo), che la condotta colposa e imprudente ad essa imputabile non vale ad interrompere il nesso causale, né ad escludere quanto meno il concorso di colpa della soc. Autostrade, poiché il viadotto era lungo solo una ventina di metri e non era segnalato, e la situazione dei luoghi era tale da giustificare l'affidamento incolpevole sulla fruibilità dello spazio interno ai due guard-rail. Fa rilevare infine che, a seguito dell'incidente, sono state effettivamente adottate in luogo le semplici misure di prevenzione che avrebbero potuto evitare il sinistro occorsole.
2.- Il ricorso è fondato per quanto concerne l'omessa od insufficiente motivazione circa l'interruzione del nesso causale e l'esclusione di ogni concorso di colpa della società resistente, ai sensi dell'art. 2043 cod. civ.
2.1.- Deve essere preliminarmente disattesa l'eccezione di inammissibilità del ricorso per inadeguatezza dei quesiti di diritto, perché plurimi, cumulativi e non correlati alle singole norme di cui si denuncia la violazione. I quesiti formulati dalla resistente enunciano in termini sufficientemente chiari gli aspetti in cui la motivazione della Corte di appello è da ritenere non soddisfacente, negli aspetti sopra indicati. Il quesito sul primo motivo enuncia il principio per cui la responsabilità della P.A. per danni conseguenti all'utilizzo di un bene demaniale va individuata tenendo conto non del solo rispetto delle norme tecniche e di buon costruire, ma anche delle norme di comune prudenza e diligenza, dirette ad evitare che il manufatto - pur se correttamente costruito - presenti comunque per gli utenti situazioni di pericolo occulto. Il secondo ed il terzo motivo contengono molteplici censure di vizio di motivazione e sintetizzano nei quesiti le circostanze di fatto da cui si sarebbe dovuta desumere la pericolosità della situazione dei luoghi (viadotto non segnalato, struttura viaria non illuminata, barriera non sufficientemente protetta, ecc), al fine di dimostrare gli estremi della colpa. Pecca indubbiamente di genericità e di astrattezza il quesito sul quarto motivo, la cui inammissibilità rimane tuttavia irrilevante, in quanto le censure ivi contenute non fanno che riproporre eccezioni, argomentazioni e difese - ed in particolare quella attinente al concorso di colpa della società Autostrade - già illustrate nei precedenti motivi ed in particolare nel terzo.
2.2.- Quanto al merito, la sentenza impugnata ha integralmente respinto la domanda della danneggiata sul rilievo che "...la gravissima imprudenza commessa dalla W. si appalesa in sé quale causa esclusiva di produzione dell'evento, tale cioè da configurarsi financo (nella pur denegata prospettazione di una causa petendi svolta ex art. 2051 cod. civ.) come fattore che ha interrotto il nesso causale tra la cosa e il danno.... L'utilizzo improprio della struttura autostradale si rivela ancor più risolutivo.... sol che si consideri come l'avere intrapreso quella manovra di attraversamento e di scavalcamento delle carreggiate in ora notturna non consente di valorizzare la circostanza che il buio impediva l’immediata percezione del precipizio sottostante lo spazio intermedio, giacché sono proprio l'assoluta irrazionalità dell'utilizzo pedonale dell'autostrada, lo scavalcamento della barriera e la situazione di buio...a rendere evidente che.... l'attrice avrebbe dovuto esercitare una ancor più marcata attenzione nel verificare quale fosse la concreta situazione del luogo...". Va in primo luogo rilevato che la "gravissima imprudenza" della danneggiata è consistita nell'attraversare a piedi la corsia dell'autostrada destinata al traffico veicolare. Il danno non è però derivato da tale comportamento, bensì dallo scavalcamento della barriera laterale: comportamento quest'ultimo che, di per sé solo e per quanto è normalmente prevedibile ex ante, può considerarsi non particolarmente pericoloso da chi ritenga di poter usufruire dello spazio intermedio fra il guard-rail superato e quello protettivo dell'opposta corsia. Esso risulta imperdonabilmente avventato solo se al di sotto c'è il vuoto e se di ciò l'infortunato avrebbe potuto avvedersi, facendo uso della normale diligenza. Il giudizio di responsabilità a carico della danneggiata doveva essere formulato, pertanto, tenendo conto di ciò che essa poteva e doveva conoscere, prevedere ed evitare, nel momento in cui ha tenuto lo specifico comportamento che ha causato il danno; tenuto conto cioè che il sinistro verificatosi costituisce realizzazione del solo rischio insito nello scavalcamento della barriera, essendo rimasto privo di effetti il precedente (colposo e vietatissimo) attraversamento a piedi della corsia autostradale. La Corte di appello avrebbe dovuto accertare, pertanto, se l'accesso al viadotto era in qualche modo segnalato; se era comunque visibile e percepibile da un automobilista attento, nonostante l'ora notturna e la mancanza di illuminazione, il fatto che l'autostrada in quel punto costituiva un ponte sul vuoto, o se l'effetto ottico provocato dal fatto che le due corsie correvano vicine, nell'apparente continuità della siepe divisoria, fosse tale da trarre in inganno; se la situazione dei luoghi fosse percepibile, prestando l'ordinaria attenzione e diligenza, dall'utente a piedi, tenuto conto della direzione da cui proveniva la W. , dell'ora e del punto preciso in cui ha tentato l’attraversamento. Nulla di ciò risulta dalla motivazione della sentenza impugnata, che ha dichiarato la responsabilità esclusiva ed assorbente dell'infortunata senza correlarne il comportamento all'effettivo antecedente causale del sinistro e senza svolgere alcuno degli accertamenti di cui sopra.
2.3.- La motivazione è poi insufficiente, se non del tutto mancante, quanto alla valenza assorbente ed esclusiva assegnata al comportamento dell'infortunata rispetto a quello dell'ente gestore dell'autostrada. Il comportamento della W. è stato indubbiamente anomalo e gravemente imprudente. Ma altro è l'accertamento di una colpa dell'infortunata; altro è quello di una colpa così grave da potersi ritenere causa esclusiva ed assorbente del sinistro rispetto alla responsabilità del gestore dell'autostrada quanto alla mancata prevenzione di sinistri del genere di quello che si è verificato. Occorreva invece specificamente accertare se fosse addebitabile anche a quest'ultimo una responsabilità, anche ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., per non avere adottato le misure idonee ad impedire modalità di utilizzazione del bene particolarmente rischiose (cfr. diffusamente, sul tema, Cass. Civ. Sez. 3, 6 luglio 2006 n. 15383). Va condiviso il rilievo della ricorrente circa il fatto che la conformità dell'opera alle leggi ed alla tecnica costruttiva non vale ad escludere ogni responsabilità del proprietario o del gestore qualora, nonostante una tale conformità, l'opera presenti insidie o pericoli per l'utilizzatore (cfr., fra le altre, Cass. Civ. Sez. 3, 11 novembre 2011 n. 23562). Va altresì ribadito che la responsabilità del gestore può sussistere anche a fronte di modalità di utilizzazione improprie o colpose. In linea di principio le strutture che affacciano sul vuoto e che sono liberamente accessibili dal pubblico debbono essere protette, anche e proprio in previsione di comportamenti inconsulti o colposi degli utenti. L'individuazione delle misure esigibili e la valutazione comparativa delle rispettive responsabilità va condotta sulla base di vari parametri, quali il grado di prevedibilità dei comportamenti temerari o pericolosi, la loro frequenza e la maggiore o minore facilità di compierli; la natura e la praticabilità delle misure di prevenzione e l'entità degli oneri - tecnici, economici e di ogni genere - inerenti alla loro adozione: circostanze queste da valutare comparativamente con la gravità dei danni che si possono verificare ove tali misure non vengano adottate. La circostanza che gli utenti di un'autostrada si trovino a dover oltrepassare il guard-rail - anche di notte e sulla corsia di sinistra - è tutt'altro che remota e talvolta può costituire addirittura una necessità o una misura prudenziale (si pensi alla sosta obbligata per un incidente o per altra causa, ed alla necessità dell'automobilista di sottrarsi al rischio di ulteriori tamponamenti a tergo). Se pertanto al di là di un parapetto agevolmente superabile vi sia il vuoto, occorre che gli utenti ne siano in qualche modo avvertiti, o che il pericolo sia inequivocabilmente percepibile in ogni situazione in cui la strada sia praticabile (di giorno, di notte, con il sole o con la nebbia). In un caso analogo a quello di specie la società Autostrade è stata ritenuta responsabile per non avere predisposto una barriera protettiva od altra efficace segnalazione, in un caso in analogo, in cui un automobilista - a seguito di un tamponamento sulla corsia di sorpasso - ha scavalcato il guard-rail, cadendo nel vuoto. Si è rilevato che l'apparente fruibilità dello spazio intercorrente tra le due carreggiate era tale da suscitare il ragionevole convincimento che tra le stesse non vi fosse soluzione di continuità, mentre esisteva un dislivello oggettivamente non visibile, soprattutto nelle ore notturne (Cass. Civ. Sez. 3, 7 dicembre 2005 n. 26997). In questo caso l'addebito della responsabilità all'ente gestore della strada è stato probabilmente favorito dalla considerazione che il comportamento dell'infortunato era stato in qualche modo necessitato dalla necessità di sottrarsi ad un pericolo, mentre nella specie il comportamento avventato della W. è stato motivato da contingenze meno gravi. Anche di tali circostanze va tenuto conto, nell'accertamento delle rispettive colpe. Resta il fatto che non vi è proporzione fra la gravità delle conseguenze derivanti dalla situazione di pericolo e la pochezza delle misure che avrebbero potuto essere adottate per prevenirla (da un mero cartello di segnalazione dell'ingresso sul viadotto, all'avviso della non transitabilità della banchina, ad una qualche illuminazione in luogo, ad una rete di protezione, nel breve tratto in cui lo scavalcamento della barriera era possibile o agevole, e così via). Si precisa che il lasciare non protetto il parapetto di una strada che risulti facilmente accessibile e superabile dagli utenti, in un punto in cui la situazione dei luoghi sia tale da trarre in inganno, inducendo gli utenti a confidare di trovarsi sul suolo, mentre la corsia corre su di un ponte e al di sotto c'è il vuoto, costituisce manifestazione di negligenza rilevante anche ai sensi dell'art. 2043 cod. civ., perché consiste nella mancata adozione di ogni elementare misura precauzionale in situazione in cui, si ripete, l'utente potrebbe trovarsi a dover superare la barriera anche per necessità ed in condizioni di scarsa visibilità. L'eccezione della resistente, secondo cui non sarebbe stata proposta dall'attrice domanda di condanna ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., risulta quindi ininfluente, trattandosi di comportamento imputabile anche a titolo di colpa. La Corte di appello ha omesso ogni valutazione delle circostanze sopra indicate, giungendo ad escludere la responsabilità della società resistente in termini sostanzialmente apodittici.
3.- In accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio della causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, affinché decida la controversia con congrua e specifica motivazione, tenendo conto dei principi e dei criteri di imputazione della responsabilità che si sono sopra enunciati (in grassetto), oltre che degli altri che riterrà adeguati allo scopo, in considerazione delle peculiarità della fattispecie. 4.- La Corte di rinvio deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
La Corte di cassazione accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione.
Cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, la quale deciderà anche sulle spese del giudizio di cassazione.
da altalex