Innanzitutto si deve precisare che per i salti ne vuoto dai
cavalcavia, non esiste un dato ufficiale: le fonti a cui l’Asaps
ha attinto sono quelle della cronaca, e quando nel 2002 Il Centauro
ha pubblicato una propria inchiesta, si avevano notizie certe
di 19 eventi a partire dal 1991.
Sempre si è trattato di eventi non classificabili esattamente
come incidenti stradali sic et simpliciter, ma semmai di eventi
infortunistici accidentali.
Insomma, incidenti e basta.
In realtà stiamo cercando di accertare quante vittime
ci siano state negli ultimi 35 anni, ed abbiamo per esempio
scoperto che eventi di questo tipo accadono con inquietante
frequenza.
Da questa ricerca, oggi in corso, abbiamo escluso gli atti cosiddetti
anticonservativi (i suicidi), e le cadute dopo sbandamento.
Il 5 febbraio del 1981, per esempio, un uomo di 36 anni morì
cadendo in un burrone sulla SA-RC. Era uscito incolume dopo
che l’autovettura su cui viaggiava va era finita contro
il guardrail di un viadotto. Sceso dalla macchina, è
precipitato.
Pochi mesi dopo, il 6 agosto, una coppia di coniugi torinesi
precipitò da un viadotto della A22, dopo essere rimasti
coinvolti in un sinistro nel quale non avevano riportato lesioni.
Molte altre sono invece le fattispecie di incidenti nei quali
veicoli impattanti contro i guardrail laterali, siano poi precipitati
nel vuoto degli imponenti viadotti che consentono alle nostre
autostrade di superare le barriere frastagliate della nostra
orografia.
Questo pone alcune domande.
È vero che la legge prevede che le carreggiate siano
protette da reti di 150 cm… ,ma a noi sembrano pochini,
per impedire ad un pedone di scavalcare la protezione e di lanciarsi,
suo malgrado, nel vuoto.
Sappiamo infatti che successivamente ad un sinistro stradale
in condizioni ambientali così ostili come una carreggiata
autostradale, una persona che sia uscita indenne fisicamente
dallo scontro potrebbe avere riportato conseguenze di carattere
psicologico. Una lesione che non si vede, una ferita che si
chiama “terrore” e un sanguinamento che potremmo definire
“temporanea incapacità di razionalizzare”.
Più semplicemente panico.
Quello che manca, ad oggi, è la volontà di voler
spostare il concetto di prevenzione che abbiamo adottato per
esempio obbligando esercizi commerciali a dotarsi di uscite
di sicurezza, alla grande viabilità, dove la strada sembra
pensata solo a far spostare enormi quantità di veicoli
(non sempre con successo, in Italia), e dove un poveraccio che
magari è in preda al panico non può contare su
un cartellino con una figura stilizzata che gli indica quale
sia la strada giusta. Lui non può sapere di essere su
un viadotto, perché in auto la strada è tutta
uguale. Arriva a scendere dopo lo schianto, succede qualcosa
che lo terrorizza, che minaccia la sua sopravvivenza, e come
è naturale che sia cerca la salvezza scappando da quello
scampolo di asfalto, magari per mettersi al riparo dietro un
guardrail. Peccato che ci sia il vuoto.
In moltissimi casi, poi, abbiamo rilevato morti samaritane,
che hanno falcidiato medici, infermieri, vigili del fuoco e
agenti di polizia: avendo assistito a incidenti gravi sulla
carreggiata opposta, si sono fermati ed hanno scavalcato il
securvia centrale, cadendo nel vuoto: in Valle D’Aosta,
per esempio, una giovane infermiera precipitò dal viadotto
delle Capre, in A5, nei pressi di Saint Vincent. Aveva parcheggiato
la propria auto in corsia di emergenza sud e cercò di
raggiungere la carreggiata nord, dove c’era stato un grave
incidente stradale. Solo alcuni giorni dopo venne ritrovato
il suo cadavere, quando nessuno si era presentato in depositeria
per reclamare quell’auto fatta rimuovere dalla Stradale.
Gli inquirenti ricostruirono la vicenda.
Poi ci sono le barriere che non riescono a contenere gli urti:
a Voltri, quest’estate, 4 ragazzi di Aosta sono caduti
da un viadotto, il cui New Jersey era stato divelto da un precedente
impatto. La loro auto è volata giù.
Sui tratti appenninici delle nostre autostrade, fino ai primi
anni ’90, cadevano veicoli a ripetizione, con decine di
morti. Solo un misero guardrail, infatti, “separava”
la vita dalla morte.
Installati i new jersey, le cadute sono del tutto cessate, ma
permangono alcuni viadotti inspiegabilmente non sottoposti a
tali interventi, come il Corsanello Nord, in A1, a Calenzano.
Dovremo ancora parlarne in futuro. Il problema non è
ancora completamente risolto.
AGI
(CRO) - 24/09/2005 - 10.43.00
CHIEDE AIUTO E PRECIPITA DA VIADOTTO A-12, SALVO
(AGI) - La Spezia, 24 set. - Per tentare di chiedere soccorso
in piena notte perche’ la sua auto era rimasta coinvolta in
un incidente stradale, ha scavalcato il guard rail al centro
dell’autostrada volando nel vuoto per 15 metri, ma e’ riuscito
a salvarsi perche’ la vegetazione ha attutito la caduta. E’
accaduto in provincia di La Spezia nella tarda serata di ieri
al chilometro 72 nell’autostrada A-12 La Spezia-Genova all’altezza
del casello di Brugnato. Protagonista un extracomunitario che
ha perso il controllo della sua auto subito dopo una galleria
provocando un piccolo incidente. E’ sceso dall’auto e quando
e’ andato a chiedere aiuto non si è accorto di trovarsi
su un viadotto.