LE INDAGINI
Dottoressa uccisa, fermato fratello della vittima indiana
«Eleonora è morta facendo il suo dovere, è caduta come i militari a Nassirya. Vorrei fosse ricordata così». Non è uno sfogo, sono parole ragionate quelle con cui Luigi Cantamessa racconta la sorella Eleonora, medico ginecologo che assisteva gratis le donne straniere, uccisa domenica sera mentre cercava di rendersi utile. Poco dopo le 23 vicino a Chiuduno, una ventina di chilometri fuori Bergamo, scoppia una rissa tra immigrati indiani. Ne segue un folle inseguimento in auto: una Golf con quattro immigrati a bordo blocca l'Audi dei rivali in via fratelli Kennedy, i quattro scendono e si accaniscono a sprangate contro un connazionale che resta a terra esanime. In quell'istante passa Eleonora Cantamessa, ginecologa di 44 anni: è in auto con un amico suo coetaneo, Luca Bartoli. E fa quello che il suo carattere e la coscienza di medico impongono: «Torna indietro, Luca, c'è un ferito a terra» fa cenno all'amico.
Ma la Golf con gli aggressori fa dietrofront e si lancia come un proiettile sul capannello di feriti e soccorritori: per completare la vendetta passa sul corpo di Kamur Baldev, operaio indiano di 32 anni, regolare, di Gorlago (Bergamo) e travolge Eleonora che, china sul ferito e col telefonino in mano stava comunicando al 112 le condizioni dell'uomo. Morti tutti e due sul colpo, mentre altre quattro persone, testimoni dell'accaduto, finiscono in ospedale.
«Io non so se l'avrei fatto, anzi...» si interroga Luigi Cantamessa, 35 anni, dirigente delle Ferrovie dello Stato a proposito del gesto della sorella. Ma evidentemente c'è qualcosa nel Dna, nell'educazione diffusa di questi luoghi che ti fa ancora vincere ogni diffidenza e paura. Lo stesso slancio che sabato sera, a pochi chilometri da qui, ha spinto due diciottenni a tirar fuori da un'auto in fiamme una coppia di fidanzati vittime di un incidente stradale. Eleonora era fatta così: un lavoro da 13 anni alla clinica Sant'Anna di Brescia («Era bravissima, a lei ho affidato la nascita di mia figlia» commentava ieri il direttore sanitario Giorgio Taglietti), un ambulatorio privato aperto da sette in piazza Cavour, proprio accanto alla casa di Trescore Balneario, il paese in provincia di Bergamo in cui ancora viveva con i genitori.
Quell'ambulatorio con i vasi di ciclamini all'ingresso racconta molte cose di Eleonora: fino alle cinque del pomeriggio curava le pazienti che pagavano la visita, poi le porte rimanevano aperte per le tante donne, soprattutto immigrate, che non potevano permettersi altrettanto. «C'erano giorni in cui qua fuori c'era la fila in attesa di entrare. Ora vorremmo portare qui la bara per l'ultimo saluto. Che rabbia se penso che è morta proprio mentre soccorreva un immigrato, per mano di immigrati», racconta ancora Luigi tra le lacrime.
Ma per Eleonora il camice bianco non era solo l'uniforme da lavoro, era uno stile di vita: attraverso l'associazione Save the Children aveva adottato due bimbi a distanza e aveva chiesto di lavorare con Medici Senza Frontiere. Un attacco di mal di schiena, di cui ogni tanto soffriva, l'aveva costretta a rinunciare. Ieri il viavai di persone che volevano partecipare al lutto era incessante; poche quelle che hanno varcato la porta della casa dove c'erano i genitori della vittima, conosciutissimi a Trescore; papà Silvano ora in pensione, è stato professore alle scuole medie del paese e assessore comunale, mamma Mariella, maestra elementare, ha insegnato a leggere e scrivere a due generazioni di scolari di Trescore; il nonno paterno è tra i caduti in Russia durante la Seconda Guerra Mondiale.
Il sindaco del paese, Alberto Finazzi, ha voluto portare una parola di conforto: «Dichiareremo una giornata di lutto in occasione dei funerali». Durissimo il leghista Roberto Calderoli: «Chi ha commesso un delitto del genere è una bestia e come tale va trattato. C'è da riflettere se sia stata opportuna l'abolizione della pena di morte». Sulla dinamica dell'episodio non paiono esserci dubbi (i testimoni sono concordi nel raccontarlo), altra cosa è l'attribuzione delle responsabilità. I carabinieri di Bergamo e il pm Fabio Pelosi hanno individuato gli indiani che viaggiavano sulla Golf e li hanno portati in caserma. Tutti e quattro dicono di non capire una parola di italiano, nella tarda serata di ieri uno di loro è stato fermato: è il fratello dell'immigrato morto il cui nome è Vicky Vicky. Per lui l'accusa è di omicidio volontario nei confronti della dottoressa.
da corriere.it