Come
si fa a dire che motociclisti ed automobilisti per la circolazione
e la mobilità sono la stessa cosa. Bestemmia!
Intanto l’approccio, la filosofia, l’attaccamento al mezzo sono completamente
diversi. Un esempio pratico: due automobilisti fermi ad un semaforo
si guardano in cagnesco, nessuno dei due darebbe la precedenza all’altro
a costo di farsi ammazzare, lo sguardo è di sfida, la solidarietà
è inesistente. Avete mai visto una vettura che si ferma per
aiutare un altro conducente in avaria? Raro. L’unica solidarietà
che funziona è il lampeggio per avvertire che più avanti
c’è l’autovelox (la più grande forma di solidarietà
nazionale), non lo si fa per aiutare gli altri automobilisti, ma per
il semplice gusto di fregare la polizia, coltivando la speranza che
il "favore" venga poi restituito alla prima occasione.
Musica completamente diversa fra i rombi dei motori delle 2 ruote.
Al semaforo si guarda l’altra moto con ammirazione, qualche volta
si chiedono informazioni sulle prestazioni, la carenatura. Fra motociclisti
spesso ci si saluta, se qualcuno è in difficoltà in
molti si fermano, chiedono, intervengono. La competizione si mischia
con l’ammirazione. Due mondi insomma completamente diversi. Eppure
sopra c’è sempre l’uomo o la donna. Ma che differenza!
Sono però diversi anche i costi sociali in termini di incidenti,
vittime e feriti.
Il mezzo a 2 ruote, c’è poco da dire, è notevolmente
più rischioso.
Che il pericolo viaggi sulle ruote lo dicono i risultati della sinistrosità
nel nostro Paese, non ancora sufficientemente ridimensionati neppure
dall’adozione della patente a punti.
I dati degli incidenti del fine settimana dimostrano infatti un particolare
allarme per quelli dei veicoli a due ruote, soprattutto condotti da
maschi. Proprio nei week-end primaverili ed estivi la percentuale
dei sinistri che coinvolge questo tipo di veicoli raggiunge tassi
di mortalità che vanno dal 40 fino al 60% delle mortalità
totali. Stiamo parlando però di un parco mezzi di 7 milioni
di ciclomotori e 4 milioni di motocicli, a fronte di parco 40 milioni
di vetture e veicoli industriali. Se ne deduce che dal parco veicoli
di mezzi a motore a due ruote, corrispondente al 27% del parco totale,
nei fine settimana estivi e primaverili quando questi mezzi circolano
di più, specie le moto, si toccano tassi di sinistrosità
che equivalgono o sfiorano la metà dei sinistri totali. Nei
numeri riportati sono compresi anche i velocipedi difficilmente quantificabili
come numero circolante. Per questo motivo Asaps ha voluto analizzare
più da vicino gli ultimi dati ufficiali e definitivi, disponibili,
della sinistrosità dei veicoli a due ruote, cioè quelli
Istat del 2002.
I numeri del 2002, ultimi disponibili:Negli incidenti con veicoli
a due ruote, nel 2002, hanno perso la vita 1.747 persone, di cui 1.501
maschi (86%) e 246 femmine (14%).
Negli incidenti dei ciclisti si sono contati 320 decessi, 253 maschi
(79%) e 67 femmine (21%). 305 conducenti (95%), 10 trasportati (3%),
5 pedoni (2%).
Negli incidenti dei ciclomotoristi hanno perso la vita 477 persone,
di cui 390 maschi (82%) e 87 femmine (18%). 359 i conducenti (75%),
50 i trasportati (11%), 68 i pedoni (14%)
Negli incidenti a motociclisti senza passeggero hanno perso la vita
492 persone, 449 maschi (91%), 43 femmine (9%). 397 i conducenti (82%),
20 i trasportati (di altri veicoli) (4%), 75 i pedoni (15%).
Negli incidenti a motociclisti con passeggero hanno perso la vita
458 persone. 409 maschi (89%), 49 femmine (11%). 379 i conducenti
(83%), 63 i trasportati (14%), 16 i pedoni (3%).
Una caratteristica peculiare: fra i motociclisti la maggior parte
delle vittime (più ancora che fra i ciclomotoristi, conducenti
più eterogenei come età) sono soprattutto giovani sotto
i 30 anni.
Questo è un prezzo che non possiamo continuare a pagare in
modo così assurdo. Serve più prudenza da parte di tutti,
più rispetto delle regole.
A parere dell’Asaps andrebbero costruiti anche più circuiti
che garantiscano parametri adeguati di sicurezza, sui quali poter
lasciarsi andare all’ebbrezza della velocità. Circuiti a carattere
"sociale" con costi accessibili, sui quali si possano misurare
e sfogare tanti signor Rossi, che non si chiamano però
Valentino
*
Presidente Asaps.