Come migliorare le cure dopo l’incidente stradale
Nonostante si registri un calo progressivo delle morti per incidenti stradali, l’Italia è il quarto Paese in Europa per morte post-trauma
Numeri da capogiro, che debbono far riflettere: ogni anno, quasi 1,3 milioni i morti nel mondo a causa di incidenti stradali, più di 3.500 al giorno; 3 su 4 sono uomini; per il 50% si tratta di pedoni, ciclisti e motociclisti. E l’Italia è il quarto Paese in Europa per morte post-trauma. Sno solo alcuni dei dati allarmanti che hanno indotto l’ONU a proclamare il Decennio di Iniziative per la Sicurezza Stradale 2011-2020 (Decade of Action for Road Safety 2011-2020, risoluzione A/64/2551), attraverso il quale si intende favorire una drastica riduzione degliincidenti e nel quale s’inserisce la Global Alliance for Care of the Injured (GACI), promossa congiuntamente da ONU/OMS, con l’obiettivo di migliorare sensibilmente la sopravvivenza dei feriti. Solo il 15% delle nazioni ha varato leggi efficaci per ridurre i rischi comportamentali. Il piano per il Decennio di Iniziative per la Sicurezza Stradale 2011-2020, che mira a salvare 5 milioni di vite, è nato dalla consapevolezza che è possibile prevenire gli incidenti stradali attraverso l’adozione di criteri e norme di sicurezza stradale a livello di progettazione urbanistica e trasporti.
Il programma della Global Alliance. “L’ambizioso programma – ha dichiarato Luke PH Leenen, Prof of Trauma, University Medical Centre Utrecht, Dept of Trauma Surgery - mira a sviluppare e rafforzare nel mondo un sistema efficiente di cure post-trauma, attraverso un attento processo di regionalizzazione e la realizzazione di un Registro dei Traumi, che consenta un significativo miglioramento della qualità delle cure. Sarà inoltre indispensabile eliminare i gap dovuti alle differenze di ricchezza o povertà dei singoli Paesi. Infatti, il 90% dei decessi per incidentistradali avviene in Paesi a basso o medio reddito”. “Salvare 5 milioni di vite entro il 2020 – afferma il Prof. Mauro Zago, Chirurgo e Membro del Board diESTES e SICUT – comporterebbe non solo una riduzione del numero di feriti e morti, ma consentirebbe di liberare risorse per usi più produttivi. In Italia, sebbene le normative introdotte negli ultimi anni abbiano fatto registrare una diminuzione dei decessi per incidenti, esistono ancora alcune lacune che devono essere colmate, a partire dalla disparità di allocazione delle risorse sul territorio nazionale, dal deficit di formazione delle risorse umane, dall’assenza di un registro delle casistiche che consentirebbe maggiori possibilità di intervento e di prevenzione.
I numeri della strage. Le morti per trauma sono la prima causa di morte nel mondo fra i ragazzi tra i 15 e i 29 anni, e tra le prime tre per le persone tra i 5 e i 44 anni; da 20 a 50 milioni, invece, le persone che riportano conseguenze invalidanti, seppur non mortali. Si stima che nel 2030 gli incidenti stradali scaleranno la classifica, passando dal 9° al 5° posto nella graduatoria delle principali cause di morte (con 2,4 milioni di morti l’anno). In Europa, nel 2010, sono stati registrati circa 100.000 decessi, il 66% dei quali nei Paesi con basso/medio reddito, con una significativa diminuzione pari al 25% dal 2007. In Italia, sebbene le statistiche OMS registrino un calo progressivo dei decessi per incidenti stradali, sono ancora molte le vittime: circa 4.200 morti nell’anno 2009, dei quali 16% pedoni, 7% ciclisti e 30% motociclisti. Secondo una stima del Ministero della Salute, di tutti i feriti post-incidente, l’1,8% riporta disabilità permanenti, con un costo sociale pari al 2% del PIL. (LARA LUCIANO)
da liberoquotidiano.it