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La
società tecnologica moderna si struttura su cicli di produzione
che interessano l’intero arco delle 24 ore, spesso impiegando il
personale in turni di lavoro “a rotazione”. Con questo articolo
intendiamo portare l’attenzione a quella parte del ciclo produttivo
che interessa il trasporto, considerando quali possano essere gli effetti
fisiologici della stanchezza e come questi possano riflettersi sulla guida.
Uno studio del 1990 (Camkin, 1990) mostra che la stanchezza è la
causa del il 20-30% degli incidenti stradali e che questi hanno maggiore
probabilità di verificarsi in condizioni di guida “monotona”,
quando la durata della guida si protrae per lungo tempo e durante il periodo
notturno. La saggezza popolare, che ci ricorda che “la notte è
fatta per dormire”, trova la propria conferma nella prova scientifica
che le funzioni vitali dell’organismo sono regolate da un particolare
ritmo, chiamato circadiano perché il suo ciclo completo dura circa
un giorno. Il turbamento della regolarità del ritmo circadiano,
ad esempio a causa di turni a rotazione, e la conseguente privazione di
sonno che si verifica nel momento in cui il ritmo richiederebbe di dormire,
portano all’alterazione dell’attività muscolare, della
temperatura corporea, del sistema sonno/veglia, delle secrezioni ormonali
e della pressione sanguigna (Rosekind et al., 1994), fenomeni questi che
si manifestano con un generale calo delle prestazioni, riduzione dell’attenzione,
peggioramento dell’umore e stanchezza (Bonnet, 1985).
È doverosa innanzitutto una distinzione tra stanchezza mentale
e stanchezza fisica, la prima di natura psicologica, la seconda muscolare.
Il nostro interesse si rivolge essenzialmente alla prima, responsabile
di cali di attenzione e colpi di sonno e causa di incidenti stradali.
I sintomi più evidenti della stanchezza mentale sono rappresentati
da una sensazione di affaticamento e dalla percezione di indebolimento
delle proprie capacità, a cui si associa una generale pesantezza.
La sensazione di stanchezza non è spiacevole se alla persona è
consentito riposarsi, ma può risultare stressante se gli è
impedito. In particolari condizioni di guida poi, come ad esempio il trasporto
su ruote per lunghi tratti, alla stanchezza si può aggiungere la
noia, uno stato psichico che sopraggiunge quando gli stimoli esterni sono
pochi e ripetitivi, come ad esempio in caso di un paesaggio monotono,
come quello autostradale. Questo porta ad una bassa attivazione del sistema
nervoso centrale, caratterizzata da un basso livello di attivazione cerebrale
ed accompagnata da una sensazione di affaticamento e sonnolenza, diminuita
vigilanza, avversione per il compito (la guida) e riduzione dell’attenzione,
sintomi questi molto simili a quelli della stanchezza. L’idea è
dunque che la privazione di sonno e la conseguente stanchezza contribuiscano
ad un generale calo delle prestazioni, cosa che può condurre a
commettere errori durante la guida, possibili cause di incidenti stradali.
Uno studio condotto su guidatori di professione (Kecklund e Akerstedt,
1993) riporta che la bassa attivazione cerebrale riscontrata durante la
guida, e conseguente ad un prolungato periodo di turnazione irregolare,
era associata all’incremento di sonnolenza durante le ultime ore
di un turno di guida notturno. Un precedente studio, inoltre (Mackie e
Miller, 1978) , aveva messo in rilievo come turnazioni di guida irregolari
provocassero forte stanchezza del conducente, stress fisiologico e deterioramento
delle prestazioni, più di quanto non accadesse in conducenti che
osservavano turni regolari. Il nostro corpo è un sistema complesso,
progettato dalla Natura per integrarsi perfettamente con essa. Da quando
uscendo dall’acqua ha messo piede sulla terra, l’uomo si è
adoprato per rendere la qualità della vita sempre migliore, indossando
vestiti, costruendo case, inventando il commercio e intrappolando la propria
esistenza in un copione da dover seguire ogni giorno per poter ogni giorno
mangiare. Ma questo ha provocato un progressivo distacco dalla Natura,
la perdita di contatto con quegli aspetti ancestrali che da dietro le
quinte continuano tutt’oggi a regolare la vita biologica dell’organismo,
smettendo così di mangiare quando si ha fame e di dormire quando
si ha sonno, se il copione non lo prevede.
Si dice che lo sviluppo dell’essere umano, dalla nascita alla senescenza,
ripercorra le tappe dello sviluppo dell’intera specie. Ritroviamo
così nel piccolo bambino l’uomo delle caverne di qualche milione
di anni fa, affascinato davanti ad un temporale ed impaurito dal buio
della notte. Provate allora a dire al bambino che ha sonno: “Stasera
non puoi dormire”
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