Stupefacenti: la condotta di detenzione assorbe quella di trasporto
La Suprema Corte (sez. III penale), con la sentenza 8 luglio 2013, n. 28919, sofferma ancora una volta la propria attenzione sulla tematica della detenzione ad uso personale di sostanze stupefacenti, esaminando non solo quei requisiti che militano per la formulazione del giudizio di non punibilità della condotta in esame, ma anche e, soprattutto, il rapporto che intercorre fra la condotta detentiva e quella di trasporto.
Nel caso specifico, il PM si doleva della circostanza che il GIP, prima, ed il Tribunale del Riesame, poi, avevano ritenuto che la condotta dell'indagato – nei cui confronti si chiedeva l'adozione di una misura cautelare – si concretasse, nella sostanza, in una forma di detenzione “dinamica”.
L'attività di trasporto della sostanza (rinvenuta all'interno di un autoveicolo condotto dall'indagato stesso) doveva, infatti, venire assorbita – e, dunque, ricondotta – ad una fattispecie di possesso espressamente finalizzata all'uso personale.
Il PM ricorrente – anche ammettendo in ipotesi la prova della destinazione ad uso personale dello stupefacente rinvenuto – sosteneva, invece, l'autonomia , di fatto ed in diritto, della condotta di trasporto, rispetto a quella di detenzione, anche sul presupposto che si poteva ravvisare nella fattispecie il concorso tra una norma incriminatrice (l'art. 73 che esplica effetti penali in relazione alla condotta di trasporto) ed una di natura amministrativa (l'art. 75 che governa le ipotesi di condotte non penalmente rilevanti).
La Corte, per rispondere al quesito così proposto, ha ripercorso la struttura sia dell'art. 73, che dell'art. 75 dpr 309/90 nella loro formulazione post novella del 2006.
E' così emersa palese una tripartizione di situazioni giuridicamente rilevanti, all'interno della quali, peraltro, è apparso evidente e particolarmente significativa l'osservazione che la detenzione costituisce, nel disegno complessivo del legislatore, che ha introdotto con il comma 1 bis dell'art. 73 una causa di giustificazione concernente “importazione, esportazione, acquisto, ricezione e detenzione” (tutte ad uso personale), una condotta ontologicamente indipendente e differente dal trasporto.
Quest'ultima condotta, proprio per la sua oggettiva-astratta pericolosità ed offensività – che la Corte riconnette, in sentenza, condivisibilmente “alla potenzionale diffusività della droga rispetto alla condotta di detenzione o acquisto, importazione etc....” - non viene menzionata in alcun modo né nel citato comma 1 bis dell'art. 73 dpr 309/90 e tanto meno nel successivo art. 75.
Posto, quindi,
che la disposizione di cui all'art. 73 comma 1 bis dpr 309/90, nel suo carattere spiccatamente esimente, trae il proprio fondamento giuridico nel diretto collegamento fra la condotta materiale (tra una di quelle indicate expressis verbis) e la prova della destinazione al consumo personale dell'agente,
che la norma di cui al successivo art. 75 si pone indubbiamente in correlazione – al di là di un'infelicissima struttura lessicale – con l'art. 73 comma 1 bis, laddove quest'ultima norma (anche essa concepita in spregio alle più elementari regole grammaticali da un legislatore che ha usato violenza alla nostra lingua madre) deve essere interpretata come disposizione di deroga al regime sanzionatorio penale, in presenza effettiva di indicatori esemplificativamente dalla stessa esposti,
è possibile ragionevolmente affermare che qualsiasi condotta, non riportata nel combinato disposto dei due articoli citati, mantenga una sua assoluta autonomia ed indipendenza rispetto ad altre indicate nel comma 1 dell'art. 73.
Tale principio di ordine generale va, peraltro, coniugato con la reale natura dell'art. 73 che ad avviso della Corte “costituisce norma a più fattispecie tra loro alternative, con la conseguenza, da un lato, della configurabilità del reato, allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste e, dall'altro, dell'esclusione del concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative...”.
In buona sostanza, porre in essere anche una sola tra le condotte previste nell'ampia gamma dei commi 1 ed 1 bis dell'art. 73 dpr 309/90 integra certamente gli estremi di reato prevista da questa norma, va però, osservato che ove, in un unitario contesto temporale, sia ravvisabile la sussistenza di una pluralità di condotte illecite alternative (che rientrino nel novero di quelle ricordate) appare indiscutibile l'effetto di assorbenza delle ipotesi di reato di minore gravità da parte di quelle di maggiore gravità.
La fattispecie in oggetto, dunque, appare pertinente al ragionamento della S.C. perchè:
a) l'agente trasportava e deteneva al contempo sostanze stupefacenti;
b) non vi è stata una scansione distintiva temporale fra le due citate condotte, le quali, invece, si sono verificate contemporaneamente e si sono poste – tra loro – in una condizione di sovrapponibilità.
La conclusione cui, quindi, naturalmente la Corte di Cassazione perviene è obbligata.
Essa consiste nel superamento della dicotomia esistente fra le condotte, sin qui esaminate, giacchè risulterebbe del tutto illogico che un comportamento, (quale quello di trasportare da un luogo ad un altro un quantitativo di stupefacente, peraltro, posseduto dall’agente per un dimostrato fine di consumo personale), venisse considerato come ultroneo e disancorato rispetto a quello scopo finale che, invece, colora e priva di illiceità la condizione detentiva, costituendo una vera e propria causa di giustificazione.
Appare, dunque, fondamentale – ad avviso dei supremi giudici - il ricorso ad una interpretazione individualizzata, la quale si dimostri, pertanto, informata a principi sia giuridici, che logici.
Una corretta esegesi della fattispecie in questione, dimostra, infatti, che risulterebbe incomprensibile la duplicazione di una condotta, la quale, invece, si palesa senza dubbio come unitaria.
La scelta di sdoppiare le autonome azioni di trasporto e detenzione (prendendo ognuna in senso autonomo rispetto all’altra) provocherebbe, inoltre, l’inammissibile ed irrazionale conseguenza di comportare l’assoggettamento dell’agente/indagato a due sanzioni, ciascuna riferita ad uno distinto comportamento, per un unico comportamento che non viola più norme di legge.
Sarebbe questa un’impostazione ed una soluzione che – come si legge testualmente in sentenza – “non è autorizzata nemmeno dal testo normativo”.
La tesi dell’assorbimento dell’un comportamento nell’altro, risponde, invece,
1. sia al carattere di funzionalità e strumentalità che una delle sue condotte (trasporto) assume verso l’altra (detenzione),
2. sia a quel profilo di generalità, proprio del concetto di detenzione e, quindi, idoneo a ricomprendere anche aspetti di carattere specifico, quali possono essere quelli delle modalità di esecuzione della detenzione stessa.
Non a caso una di queste modalità va ravvisata nell’azione di trasporto, che si risolve in una forma di detenzione in movimento (“dinamica”).
Da ultimo, si deve osservare come rilevante, ai fini del giudizio sulla contingente coincidenza concettuale fra detenzione e trasporto, appaia la circostanza che i giudici di merito abbiamo ritenuto debitamente provata la sussistenza dell’esimente della destinazione ad uso personale dello stupefacente detenuto.
Tale dimostrata finalizzazione condiziona, pertanto, in senso favorevole all’indagato la qualificazione giuridica del fatto attribuito, escludendo che – nel caso che ci occupa – si possa ravvisare una prevalenza della condotta illecita di trasporto rispetto a quella scriminata di detenzione.
Il concetto di trasporto, infatti, esprime la sua autonoma importanza di rilievo penale, solo se in grado di evocare il metus di “una futura attività di cessione o di illecita detenzione a tali fini” (n.d.a. di spaccio).
Il trasporto per uso personale – che si risolve in una forma di detenzione qualificata – appare incompatibile con tale situazione, connotata dalla potenziale diffusività della condotta.
Le risultanze fattuali della fattispecie – ad opinione sia dei giudici di merito, che di quelli di legittimità – (nonostante la droga fosse stata rinvenuta addosso all’indagato, mentre nel vano portaoggetti dell’auto vi era un coltellino con tracce di stupefacenti) non erano, infatti, tali da potere contraddire efficacemente la tesi difensiva della destinazione ad un uso esclusivamente personale.
In tal modo trasporto e detenzione si vengono a fondere in un situazione di unicità e costituiscono, quindi, un illecito amministrativo.
( Nota di Carlo Alberto Zaina)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE III PENALE
Sentenza 8 luglio 2013, n. 28919
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. FIALE Aldo - Presidente -
Dott. GRILLO Renato - rel. Consigliere -
Dott. SARNO Giulio - Consigliere -
Dott. ORILIA Lorenzo - Consigliere -
Dott. ROSI Elisabetta - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE DI PALERMO;
nei confronti di:
F.S. N. IL (OMISSIS);
avverso l'ordinanza n. 673/2012 TRIB. LIBERTA' di PALERMO, del 30/05/2012;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RENATO GRILLO;
sentite le conclusioni del PG Dott. Izzo Gioacchino, inammissibile il ricorso del P.M.;
Udito il difensore Avv. IURLARO MICHELANGELO di Roma.
Svolgimento del processo
1.1 Con ordinanza del 30 maggio 2012 il Tribunale di Palermo - Sezione per il Riesame - rigettava l'appello del P.M. proposto avverso l'ordinanza del GIP di quel Tribunale del 9 maggio 2012 con la quale era stata rigetta la richiesta di applicazione della misura della custodia cautelare in carcere nei confronti di F. S. (soggetto indagato per il reato di cui al D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, commi 1 e 1 bis).
1.2 Il Tribunale condivideva le argomentazioni del GIP secondo le quali, nella specie, non si configuravano i gravi indizi di colpevolezza a carico dell'indagato in ordine all'ipotizzato reato di detenzione illecita, a fini di spaccio, di sostanza stupefacente: in particolare riteneva il Tribunale che le emergenze processuali non giustificavano il fatto che la droga (che l'indagato trasportava con sè a bordo dell'autovettura oggetto di controllo su strada) fosse destinata, anche in parte, al consumo di terzi; che neanche il dato ponderale valeva a ritenere fondata la tesi accusatoria, anche in considerazione del modo in cui la droga era detenuta e che nemmeno assumeva rilevanza il rinvenimento di un coltellino nel vano portaoggetti della autovettura con residui di stupefacente, per inferire la destinazione a terzi della droga trasportata; che anche l'assenza di precedenti penali deponeva per un trasporto di droga non destinato ad uso di terzi ma a fini esclusivamente personali.
Concludeva affermando che la condotta di trasporto, laddove la detenzione dello stupefacente sia per uso personale, non assurge a condotta autonoma penalmente rilevante, perdendo la sua individualità, tenuto conto che il trasporto e la detenzione erano avvenute in unico contesto e concernevano un unico episodio.
1.3 Ricorre per l'annullamento della detta ordinanza il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Palermo, deducendo violazione di legge per inosservanza del precetto penale: ritiene il P.M. ricorrente che la motivazione data dal Tribunale in ordine alla irrilevanza penale della condotta di trasporto, anche a voler ritenere la detenzione della droga destinata al consumo personale, è manifestamente illogica, in quanto non è ipotizzabile che la (eventuale) liceità della condotta di detenzione possa assorbire il disvalore dell'ulteriore condotta tipica del trasporto, da considerarsi, quindi, come indipendente e penalmente rilevante anche perchè giunta a consumazione. Secondo il P.M. ricorrente, nel caso di concorso tra norme incriminatrici (D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, sotto il profilo del trasporto) e norme che prevedono un illecito amministrativo (art. 75, stesso D.P.R.), non può trovare applicazione il principio del concorso apparente di norme incriminatrici.
Motivi della decisione
1. A giudizio di questo Collegio il ricorso non è fondato. La questione che questa Corte è chiamata a risolvere riguarda la sussumibilità della condotta di trasporto - laddove lo stupefacente trasportato sia destinato esclusivamente all'uso personale - in una autonoma fattispecie di reato, ovvero un eventuale assorbimento nell'illecito amministrativo come delineato dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 75, laddove la detenzione sia contestuale al trasporto.
2. Punto di partenza indefettibile è la lettura del testo normativo di riferimento: come è noto, tra le condotte indicate dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 1, rientra il "trasporto" di sostanza stupefacente ("Chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall'articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da Euro 26.000 a Euro 260.000").
2.1 A sua volta il comma 1 bis, del medesimo articolo sanziona la condotta di detenzione illecita ("Con le medesime pene di cui al comma 1 è punito chiunque, senza l'autorizzazione di cui all'art. 17, importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque illecitamente detiene sostanze stupefacenti o psicotrope che per quantità, in particolare se superiore ai limiti massimi indicati con decreto del Ministro della salute emanato di concerto con il Ministro della giustizia sentita la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento nazionale per le politiche antidroga -, ovvero per modalità di presentazione, avuto riguardo al peso lordo complessivo o al confezionamento frazionato, ovvero per altre circostanze dell'azione, appaiono destinate ad un uso non esclusivamente personale", etc.).
2.2 In ultimo, l'art. 75, del medesimo D.P.R. intitolato "Condotte integranti illeciti amministrativi" esclude dal novero della punibilità la condotta di detenzione di droga laddove destinata ad uso esclusivamente personale ("Chiunque illecitamente importa, esporta, acquista, riceve a qualsiasi titolo o comunque detiene sostanze stupefacenti o psicotrope fuori dalle ipotesi di cui all'articolo 73, comma 1 bis, o medicinali contenenti sostanze stupefacenti o psicotrope elencate nella tabella II, sezioni B e C, fuori delle condizioni di cui all'art. 72, comma 2, è sottoposto, per un periodo non inferiore a un mese e non superiore a un anno, a una o più' delle seguenti sanzioni amministrative" etc.).
2.3 Rispetto al testo antecedente alle modifiche apportate dalla L. 21 febbraio 2006, n. 49, possono quindi delinearsi tre distinte ipotesi di illecito, due delle quali - quella contenuta nell'art. 73, commi 1 e 1 bis, prima contenute in un'unica previsione normativa D.P.R. n. 309 del 1990, ex art. 73, comma 1, ante modifiche - penalmente rilevanti e la terza integrante illecito amministrativo.
2.4 Tanto precisato, una differenza che emerge a prima vista tra i due gruppi di ipotesi (quella penalmente rilevante di cui all'art. 73, commi 1 e 1 bis, e l'illecito amministrativo di cui all'art. 75, comma 1) è quella riguardante la condotta di trasporto, che costituisce una fattispecie autonoma di reato innegabilmente più grave (atteso il maggior livello di offensività collegato alla potenziale diffusività della droga rispetto alla condotta di detenzione o acquisto, importazione, etc.) contemplata nel comma 1, ma che non trova riscontro nè nel successivo comma 1 bis (nel quale sono indicate solo le condotte di importazione, esportazione, acquisto, ricezione a qualsiasi titolo o detenzione illecita), nè nell'art. 75, comma 1, (il quale ricalca la formula adoperata nel comma 1 bis, salva la clausola di riserva "fuori dalle ipotesi di cui all'art. 73 comma 1 bis"). La linea di demarcazione che distingue, quindi, l'area della punibilità penale da quella in via amministrativa è data proprio dalla finalità della detenzione e dalla clausola di riserva, mentre in nessuna delle due dette ipotesi si rinviene l'espressione "trasporto" (o "trasporta").
3. Fatte tali premesse, va richiamato il constante indirizzo di questa Corte secondo il quale il D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, costituisce norma a più fattispecie tra loro alternative con la conseguenza, da un lato, della configurabilità del reato, allorchè il soggetto abbia posto in essere anche una sola delle condotte ivi previste e, dall'altro, dell'esclusione del concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative, nel qual caso le condotte illecite minori perdono la loro individualità e vengono assorbite nell'ipotesi più grave (in termini Cass. Sez. 4^ 26.6.2008 n. 36523, Barie, Rv.
242014; Cass. Sez. 4^ 7.4.2005 n. 22588, Volpi ed altro, Rv. 232094;
Cass. Sez. 6^ 11.12.2009 n. 9477, Pintori, Rv. 246404; Cass. Sez. 3^ 26.11.2009 n. 8163, Merano ed altro, Rv. 246211).
4. Se queste sono le premesse di diritto per affermare che, soltanto laddove vi sia una distinzione temporale tra le condotte di trasporto e detenzione (illecita) di sostanza stupefacente, entrambe sono autonomamente punibili, dovendosi applicare la regola del concorso formale, non vi è alcuna ragione di tipo logico per affermare che nella ipotesi della detenzione per finalità personali, laddove il trasporto avvenga contestualmente (come nel caso del soggetto che, aduso a consumare stupefacente ed intenzionato a farlo in un luogo diverso da quello in cui si trova, si avvalga della propria auto per trasportare la droga destinata al suo esclusivo consumo), la condotta di trasporto mantenga comunque la propria individualità (con conseguente assoggettabilità a sanzione penale), mentre la condotta di detenzione illecita per fini personali mantenga la natura di illecito amministrativo.
5. La scomposizione di tali condotte non risponde a logica: è, anzi, maggiormente evidente che laddove il soggetto detenga la droga per uso personale e la porti con sè, il trasporto debba essere assorbito dalla condotta di detenzione a fini personali. D'altro canto laddove si accedesse alla soluzione opposta prospettata dal P.M. ricorrente, si perverrebbe alla irragionevole conclusione di due distinte condotte non solo materialmente eterogenee (trasporto e detenzione), ma autonome sotto il profilo della assoggettabilità a sanzione che non è autorizzata nemmeno dal testo normativo.
6. Infatti nella condotta di detenzione di stupefacente per finalità personale, a ragione non viene ripetuta l'espressione "trasporta" che evoca una condotta destinata a future cessioni e comunque a consumi non personali.
7. Il percorso argomentativo seguito dal Tribunale che, muovendo dal principio dell'assorbimento della condotta di trasporto in quella di detenzione (illecita), perviene alla conclusione della irrilevanza penale della condotta di trasporto laddove avente per oggetto droga detenuta in unico contesto per fini personali, in stretta correlazione con la irrilevanza penale di quest'ultima condotta, appare, quindi, pienamente rispondente a logica ed oltretutto coerente con le stesse intenzioni del legislatore che intende punire il trasporto in quanto tale solo se finalizzato ad una futura attività di cessione o di illecita detenzione a tali fini.
7.1 Vi è anzi ragione di ritenere che nel caso in esame l'espressione "lo stesso trasportava" contenuta nell'ultima parte del capo di imputazione provvisorio sia stata formulata in senso improprio quasi a voler sottolineare una distinzione ontologica tra due concetti che in realtà costituiscono un unicum: trasportare la droga addosso (o anche nell'auto) equivale a dire "portare con sè", sottolineandosi che il termine trasporto va, sì, inteso in senso dinamico, ma sempre contestualizzato in relazione alla situazione concreta.
8. L'identità di espressione ricordata dal P.M. ricorrente tra l'art. 73, comma 1 bis, e l'art. 75, comma 1, del D.P.R. in questione in realtà non sussiste, in quanto, nel primo caso, la condotta di detenzione è illecita sotto il profilo penale e, nel secondo caso, è illecita sotto un profilo amministrativo: non si rinviene quindi quella identità strutturale di cui fa cenno il P.M. nel proprio ricorso (vds. pag. 3 dell'atto di impugnazione) in quanto le due norme sono strutturalmente diverse perchè riferite a finalità diverse che postulano, nel primo caso, una autonoma condotta di trasporto che, se coincidente con la detenzione illecita, perde la propria autonomia per rimanere assorbita nella detenzione e che non ha alcuna ragion d'essere nel secondo caso in considerazione della clausola di riserva "fuori dalle ipotesi di cui all'art. 73, comma 1 bis," che diversifica la condotta di detenzione per uso personale da quella illecita.
9. Il concetto di detenzione per uso personale include, quindi, una serie di comportamenti tra i quali va incluso il trasporto, dovendosi interpretare il termine "comunque" contenuto nell'art. 75, comma 1, come omnicomprensivo ed evocativo del potere di disponibilità della cosa come correttamente affermato dal Tribunale.
10. In altri termini la condotta di trasporto, nel caso in esame, perde la propria individualità costituendo (un particolare tipo di) manifestazione del potere di disposizione della stessa sostanza.
Appare, poi, non pertinente il richiamo del P.M. ricorrente ai principi riaffermati da questa Corte in ordine al concorso tra norme penali incriminatrici e norme sanzionatorie di tipo amministrativo in ordine ad un medesimo fatto (sul punto Cass. Sez. Un. 28.10.2010 n. 1963, P.G. in proc. Di Lorenzo, Rv. 248722): nel caso in esame, infatti, non viene in rilievo il principio di specialità, quanto un principio di ordine generale secondo il quale la norma penale (condotta di trasporto) continua a mantenere la propria autonomia se ontologicamente distinta dalla norma amministrativa sanzionatoria, mentre laddove questa autonomia scompaia per confondersi nella condotta di detenzione per finalità personali, in quanto formante un unicum sotto il profilo fattuale e temporale, la norma stessa perde di identità per far posto alla norma amministrativa.
Il ricorso del P.M. va, pertanto, rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso del P.M..
Così deciso in Roma, il 20 febbraio 2013.
Depositato in Cancelleria il 8 luglio 2013
da Altalex