In bici sulla Torino-Piacenza
“Voglio tornare da mamma”
Dopo tre tentativi falliti a piedi, correndo, strisciando, saltando e pregando, ha deciso di scappare dalla comunità in bicicletta. Alle quattro di lunedì pomeriggio, è stato avvistato sulla sua mountain bike da bambino, color verde pistacchio, mentre pedalava come un forsennato sulla corsia di sorpasso dell’autostrada A21. Aveva allargato la maglie della rete di protezione con tutte le sue forze. Trascinato la bici a braccia su per il pratone. Scelto correttamente il senso di marcia: direzione Torino. Poi aveva iniziato a sudare.
Dodici anni. Jeans e maglietta a maniche corte. Le gambe a mulinello in pieno traffico, a un metro dal guardrail. Il bambino sulla bicicletta verde non ne voleva sapere di fermarsi. «Non riuscivo a credere ai miei occhi», dice il geometra Massimo Sarno, 46 anni, il primo a intervenire. In effetti: stava tornando da un matrimonio di un amico celebrato a Sorrento, felice e stravolto.
E dopo mille chilometri di autostrada, ormai quasi in dirittura d’arrivo, ha visto in lontananza quella macchia che procedeva piano, del tutto incongrua. «Ho sorpassato il bambino e incominciato a rallentare. Stava facendo una pazzia pericolosissima. La bici era piccola, senza neppure le luci di posizione. Ho messo le doppie frecce, facendo molta attenzione a proteggerlo. Poi ho posteggiato l’auto di traverso e sono sceso. Ho chiamato subito i soccorsi per bloccare il traffico. Facevo segno di rallentare a braccia alzate, mentre mi avvicinavo al bambino». E lui? «Non è stato per niente contento del mio intervento. Anzi, ha cercato di scartarmi. Mi ha detto: “Lasciami passare, devo tornare a casa a Torino. Voglio andare da mia madre”».
Da un paesino sulla collina di Villafranca d’Asti, fino alla periferia della grande città. Cinquanta chilometri di bici e speranza. Questo era il suo piano. Un tipo davvero tosto, il bambino sulla bicicletta verde. Anche parecchio problematico, per sua stessa ammissione. «Vado alle elementari. Ma mi hanno sospeso da scuola perché ho massacrato di botte un mio compagno. Ora lasciami andare però, dai, per favore...».
Voleva ripartire. Cercava di essere rassicurante, spiegando le sue ragioni. «Conosco l’indirizzo, la zona di Torino. Sono sicuro di saper trovare casa mia». Ancora, quando ha visto arrivare le pattuglie della polizia stradale di Torino e Alessandria Ovest, ha tentato uno scatto improvviso. Un’altra fuga impossibile.
Massimo Sarno lo ha acciuffato per la maglietta. «Per consolarlo gli ho detto: “Dai, che adesso ti fanno fare un giro sulla macchina dei poliziotti”. E lui: “Non mi importa niente. Sono già stato su quella dei carabinieri”». Vero. Visto che nel terzo tentativo di fuga a piedi, meno di un mese fa, era stato fermato e riconsegnato proprio dai militari della stazione di Villafranca d’Asti.
Ecco perché appena gli agenti hanno saputo la notizia del bambino in autostrada, hanno capito chi era. La direttrice della comunità alloggio, a cui è stato dato in affidamento, aveva già fatto la denuncia di scomparsa. Anche la sua famiglia, a quando pare, è molto problematica. «Non dico neanche una parola sulla situazione di questo bambino - spiega la direttrice - perché fare anche il minimo accenno, rendere pubblico anche un solo dettaglio, potrebbe mettere a rischio la sua sicurezza. Non posso parlare. Non devono sapere che è qui».
A scuola molti lo conoscono. Tutti confermano la sospensione. La brutta storia delle botte rifilate al compagno di classe. «È un bambino mingherlino e aggressivo, molto sofferente. Sembra più piccolo della sua età».
Una professoressa dice: «Qui abbiamo diversi alunni che arrivano da quella stessa comunità protetta. Purtroppo sono bambini che non possono neppure fare la foto di classe, per non rischiare di essere riconosciuti». Storie strazianti, come quella del mingherlino capace di «massacrare di botte» il compagno di scuola. «Assomiglia al cattivo del libro Cuore», dice Massimo Sarno. Sicuramente gli adulti - i magistrati del Tribunale dei minori di Torino, gli assistenti sociali, gli operatori della comunità protetta - avranno ottime ragioni. Stanno facendo tutto per il suo bene. Ma il bambino con la bicicletta verde, almeno per il momento, non è d’accordo. «Portatemi pure in comunità - ha ripetuto agli agenti - tanto scapperò ancora. Io scapperò sempre. Voglio andare da mia madre. È con lei che voglio stare».
Niccolò Zancan
da lastampa.it