Stupefacenti: spetta al PM provare la destinazione allo spaccio
Il Tribunale di Tivoli con la pronuncia in esame, ha sposato il filone interpretativo da ultimo affermatosi nei giudizi di legittimità, secondo cui in caso di detenzione di sostanza stupefacente devono essere attentamente presi in considerazione tutti i canoni valutativi che il legislatore ha introdotto con la Legge 49/2006, nessuno escluso.
In particolare nella sentenza si esclude che, nonostante il rilevante dato ponderale, emerga con certezza la destinazione alla cessione a terzi dello stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato, valutando e bilanciando attentamente tutti gli altri indicatori contenuti nel comma 1 bis dell’art. 73 dpr 309/90.
Il giudicante, infatti, non riteneva indizi univoci della destinazione a terzi della sostanza il mero dato ponderale, il possesso di un rotolo di pellicola e di un bilancino asseritamente utilizzato per controllare la quantità di droga acquistata.
Il Tribunale in particolare effettuava un giudizio complessivo in cui veniva prestata particolare attenzione alla capacità economica dell’imputato e della famiglia di origine ed al percorso sanitario intrapreso da quest’ultimo. In particolare il percorso terapeutico intrapreso provava lo stato di tossicofilia dell’imputato e la sua necessità di acquistare grandi quantità di stupefacente, mentre la capacità economica giustificava la possibilità di acquisto di tali rilevanti quantità di droga, rendendo altresì incerta la destinazione a terzi della sostanza.
Il giudice, inoltre, con una operazione certosina, escludeva la finalità di spaccio tenendo conto anche della mancanza di altri elementi tipici della condotta, ossia degli appunti indicanti contabilità di dare-avere, di contatti telefonici sospetti nell’utenza cellulare sequestrata o del mancato rinvenimento di somme di denaro.
La sentenza in esame appare degna di nota oltre che per il dato ponderale anche perché riafferma il principio secondo cui deve essere l’Ufficio del Pubblico Ministero a provare la destinazione allo spaccio dello stupefacente senza limitarsi al dato ponderale; chiarendo altresì che spetta al giudice un dovere di rigorosa valutazione e motivazione che investa tutti i parametri normativi (modalità di presentazione, peso lordo complessivo, confezionamento frazionato, altre circostanze dell'azione) per escludere una destinazione ad un uso non esclusivamente personale, pur in presenza del superamento dei limiti massimi di peso, attribuendosi una valenza paritaria a tutti i canoni legislativi.
(Nota di Antonio Todero)
Tribunale di Tivoli
Sentenza 23 settembre 2013, n. 1022
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del popolo Italiano
Il Giudice dr.ssa Elisabetta PIERAZZI all’udienza del 25.6.13 ha pronunciato la seguente sentenza nei confronti di:
xxx yyy, n. a Tivoli il 00.00.00
=libero,presente=
difeso di fiducia dagli Avvocati Antonio Todero e Ludovica Ludovici con studio in Guidonia alla via Pantano 8
=presenti=
IMPUTATO
Al reato di cui all’art. 73 comma 1 bis DPR 309/90, per avere, senza l’autorizzazione di cui all’art.17 e fuori dei casi di cui all’art. 75,illecitamente detenuto, al fine di uso non esclusivamente personale, gr. 338 di sostanze stupefacenti del tipo marijuana:
In Tivoli, il 31.8.2012
Le parti hanno così concluso
Il P.M.: “condanna alla pena di anni due di reclusione ed € 3.000,00 di multa.”
La difesa dell’imputato: “assoluzione, in caso di condanna, solleva questione di incostituzionalità del D.L.272/05 nella parte in cui ha eliminato la distinzione tra tipologie di sostanze stupefacenti; in estremo subordine, attenuanti e minimo della pena.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Dopo la convalida dell’arresto operato nei suoi confronti il 31.8.12, e l’applicazione da parte del GIP della misura cautelare degli arresti domiciliari, il 24.9.12 xxx yyy è stato condotto innanzi al Giudice per essere giudicato per il reato in epigrafe.
In quella sede, e prima dell’apertura del dibattimento, l’imputato chiedeva di essere giudicato con il rito abbreviato, che veniva ammesso e celebrato all’odierna udienza, nella quale il giudice acquisiva il fascicolo del PM, le parti concludevano come in atti, ed all’esito veniva pronunciata sentenza come da dispositivo.
Ritiene chi scrive che dagli atti non emerga con certezza la destinazione alla cessione a terzi dello stupefacente rinvenuto nella disponibilità dell’imputato.
In particolare, dagli atti del processo risulta che il 31.8.12 gli operanti effettuavano una perquisizione al domicilio dell’imputato, che lo stesso divide con la fidanzata, il quale spontaneamente consegnava, prelevandola da sotto il proprio letto, nove confezione di peso diverso contenente marijuana, un bilancino di precisione e un rotolo di cellophane.
Le analisi chimiche evidenziavano che lo stupefacente, del peso netto di gr. 214,77, conteneva complessivamente 21,477 gr. Di THC puro, per circa 859 dosi medie droganti.
In sede di convalida l’imputato affermava la destinazione al consumo personale della marijuana acquistata per farne uso ; dichiarava che il bilancino veniva da lui utilizzato per verificare la quantità di marijuana acquistata, e sosteneva di avere disponibilità economiche adeguate a consentire l’acquisto della droga.
La difesa ha in seguito documentato che la famiglia di origine dell’imputato, che è a carico dei genitori, ha un reddito medio-alto.
A fronte di tal emergenze, ritiene il giudice che il vero dato ponderale non sia sufficiente a far ritenere la certa destinazione allo spaccio dello stupefacente sequestrato. Le disponibilità economiche familiari, riferite dall’imputato e documentate dalla difesa appaiono adeguate a consentire l’acquisto delle sostanze possedute, e la spiegazione circa il possesso del bilancino non è inverosimile. In casa non sono state rinvenute somme di denaro, né appunti indicanti contabilità di dare-avere, né si dà atto di contatti telefonici sospetti eventualmente emersi a seguito del sequestro del telefono cellulare dell’imputato effettuato dal PG. La presenza della busta del rotolo di cellophane costituisce, insieme alla quantità dello stupefacente, un indizio, ma ve ne sono altri di segno diverso e comunque si tratta di indizi non univoci, inidonei a sostenere in modo tranquillizzante una pronunci di condanna. Peraltro l’imputato, di soli 21 anni. È soggetto del tutto incensurato, e dopo l’arresto la famiglia si è attivata sovvenzionando un percorso di terapia psicologica per superare i problemi di tossicità che erano stati riscontrati; si tratta di ulteriori elementi che sostengono la effettività di un consumo personale da parte dell’imputato.
Per tutto quante precede deve dunque pronunciarsi sentenza di assoluzione, per insussistenza di fatto.
La confisca e la distruzione dello stupefacente in sequestro e del materiale anche sequestrato seguono per legge; il carico di lavoro impone di riservare per la motivazione il termine di 90 giorni.
P.Q.M.
Visto l’art. 530 II c. c. p. p.
ASSOLVE
Xxx yyy dal reato ascritto perché il fatto non sussiste; ordina la confisca e la distribuzione dello stupefacente in sequestro e di quanto ulteriormente in sequestro.
Tivoli 25.06.13
IL GIUDICE
Dr. Elisabetta Pierazzi
da Altalex