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Articoli 16/12/2004

Motofurti a tutto gas.

I furti di moto, al contrario di quelli delle auto, sono in netta crescita. La testimonianza di un esperto

Motofurti a tutto gas.
I furti di moto, al contrario di quelli delle auto, sono in netta crescita.
La testimonianza di un esperto

di Raffaele Chianca*

L’avevo detto che prima o poi ne avremmo parlato, si tratta di quello strano fenomeno che già da qualche anno interessa l’incremento vertiginoso del furto e riciclaggio di veicoli motorizzati a due ruote, rispetto alla diminuzione dei furti di auto di cui il Centauro ha dato notizia nel numero scorso.
In sostanza, a fronte di un calo notevole dei furti degli autoveicoli, dal 1991 ad oggi la flessione netta è del 47%, corrisponde per i veicoli a due ruote, in particolare i motocicli, una forte crescita. I furti sono addirittura raddoppiati negli ultimi cinque anni dai 17.237 del 1999 ai 33.393 del 2003.


Anche i rinvenimenti sono percentualmente inferiori a quelli delle automobili, tutto questo vuol dire che c’è un fenomeno nuovo, interessate ed allarmante che forse è meglio valutare ed affrontare.
La prima considerazione da fare è che le moto negli anni sono diventate più appetibili commercialmente rispetto al passato. In compenso le auto sono sempre più difficili da rubare, e se consideriamo che il rischio e le pene sono le stesse, questo ha creato una situazione per cui grosse organizzazioni dedite al furto di auto, ma anche ad altri crimini, hanno, per così dire, deciso di investire la loro capacità sui furti delle moto piuttosto che sulle quattro ruote, anche se, voglio precisare, non vi è alcuna prova che la criminalità organizzata sia attualmente coinvolta in questo particolare settore. Già in passato però avevo lanciato l’allarme, in sostanza, nel corso di alcune indagini di polizia giudiziaria, si era notato che lo spessore criminale di alcuni personaggi implicati in indagini sul furto di questo tipo di veicoli, si era notevolmente elevato, voleva dire che qualcuno vedeva, in questo particolare fenomeno criminale, un nuovo business. Non ci vuole molto a constatare che i prezzi delle due ruote sono cresciuti e oggi sono paragonabili a quelli di un’automobile di media cilindrata (per acquistare l’ammiraglia di una nota casa costruttrice motociclistica italiana bisogna sborsare 17.500 euro) e che le moto sono anche più facili da rubare, sia perché sono facilmente trasportabili e possono essere caricate su un furgone, sia perché gli antifurto utilizzati sono tecnologicamente meno sofisticati di quelli delle automobili.
Non tutte le moto hanno l’Immobilizer, e anche quelle che ce l’hanno istallano una versione meno sofisticata di quelli ormai montati sulle autovetture di alto livello. Intendiamoci, non è solo una colpa delle case costruttrici, anzi sembra che alcune di queste abbiano preso forte coscienza del problema e stiano muovendosi per proteggere i loro veicoli contro i furti. Sono solo leggi di mercato, che impediscono di spendere troppo nella scelta dei componenti specialmente per quanto riguarda gli scooter e le moto di gamma inferiore. Ma si dovrebbe capire che così facendo non si lascia l’utente in balia delle organizzazioni criminali per le quali sono “ridicoli” i sistemi di chiusura e antifurto oggi utilizzati.
Sul fenomeno furti di motocicli incide il fattore riciclaggio delle parti di ricambio. Per questo tipo di veicoli questo fenomeno criminale è molto diffuso quanto sottovalutato. Esistono dei dissuasori o marcatori che renderebbero sicuri i veicoli a due ruote anche da questo rischio, ma molte case costruttrici non hanno ancora compreso il rischio di questo fenomeno e l’enorme danno che ne deriva in ragione di mancate vendite di parti di ricambio. Oggi non viene fatto praticamente nulla per dotare il veicolo di questi sistemi.
Poco utili i classici antifurti meccanici. Intanto da noi ci sono rare aree di sosta attrezzate specificamente per le moto, come invece ci sono sia a Parigi che a Londra e in altre città europee. Lì nei parcheggi riservati a questi veicoli ci sono degli anelli ancorati al suolo ai quali si possono agganciare le catene delle moto, tanto per rendere la vita più difficile ai ladri. Da noi niente. Così è estremamente facile prelevare e caricare il veicolo direttamente su un furgone. Senza contare che, comunque, un ladro bravo, per aprire un antifurto meccanico impiega giusto qualche attimo in più, soprattutto con i vecchi lucchetti, quelli privi di omologazione europea, che si aprono con estrema facilità.
Qualcosa in più per proteggere le nostre moto si puo fare. Come ho gia accennato, credo che per il futuro si debba puntare nella dissuasione, negli antifurto elettronici a marcatura, tipo il Datatag. Cito questo modello in particolare, perché posso certificare personalmente sulla serietà della ditta e soprattutto perché in Italia gli scanner che identificano questo prodotto sono in dotazione ai corpi di Polizia. Purtroppo i produttori sono diversi, ad esempio Alpha scientifico è installato di serie sui veicoli di una nota casa giapponese, la Datadot è utilizzata dalla BMW Australia, ma anche altri, ma non essendo disponibili degli appositi rilevatori, sono praticamente inutili.
Con il Datatag i componenti principali della moto sono marchiati indelebilmente con dei marchi elettronici chiamati trasponder i quali vengono installati in posti difficilmente accessibili e in caso di rimozione danneggerebbero gravemente le parti protette rendendole prive di valore. Oltre ai trasponder il sistema prevede anche la marchiatura di altre parti del veicolo. Questo da una parte scoraggia il ladro dal furto, dall’atra facilita le forze di polizia nell’identificazione del veicolo rubato. Lo scanner Datatag è stato fornito in dotazione a ogni reparto della Polstrada e ad ogni Questura. Esistono almeno due apparecchi per ogni provincia. Il problema è che in Italia ci sono ancora poche installazioni. Personalmente ho fatto dei servizi specifici utilizzando lo scanner negli autodromi in occasione dei gran premi a Imola e Misano, e ho trovato un numero elevato di moto straniere con il Datatag. Da noi sono pochissime. E non si è ancora attivato quell’effetto dissuasione sui ladri che invece è partito con forza in Inghilterra, dove il Datatag esiste da molti anni e dove addirittura viene quasi imposto ai costruttori. La Piaggio ad esempio so che ne dota di serie tutti i veicoli destinati al Regno Unito, per tutte le altre case costruttrici sarebbe auspicabile un intervento in tal senso anche per il mercato italiano. Anche i possessori di moto, però, debbono fare attenzione ai loro mezzi. A Rimini, zona in cui presto servizio, basta fare un giro sul lungomare per vedere moto da 15.000 euro posteggiate e protette con un lucchettino da 10 euro. Questo significa andarsela a cercare. Ci sono poi i cosiddetti antifurti satellitari che funzionano bene con le automobili, costosi ma molto efficaci, questi dispositivi tengono il veicolo costantemente sotto controllo grazie al sistema di rilevazione effettuato dai satelliti GPS orbitanti attorno alla terra. Per un ladro sarà difficile seminarli.

È per questo che, paradossalmente, per appropriarsi delle automobili si stanno diffondendo le rapine in villa e in autostrada. O si dispone della chiave originale oppure le autovetture dotate di questi sistemi sono difficili da rubare. Per le moto invece non è la stessa cosa. Il discorso è sempre lo stesso, una moto anche da ferma e con l’antifurto attivato, può essere caricata su un furgone ben schermato che parte subito facendo perdere le tracce. Poi, anche in movimento e con calma, basta un minimo di attrezzatura all’interno del furgone e un tecnico per disattivare il satellitare, e renderlo del tutto inefficace. Comunque ben vengano nuove installazioni, tutto può servire per arginale il dilagante fenomeno.
Le forze dell’ordine fanno già molto, pur in presenza di carenza di uomini e materiali, è però notevolmente accresciuto l’impegno nel contrasto di questo fenomeno criminale, alcune importanti indagini di polizia giudiziaria (anche attualmente in corso) lo testimoniano. In particolare però mi piace segnalare che è in fase di realizzazione la nuova versione di EUVID (European Vehicle Identification Database) che, tra l’altro, conterrà i dati dei Motoveicoli prodotti da alcune case costruttrici italiane Ducati, Aprilia e Piaggio assieme ad alcuni modelli di autovetture della Ferrari, Maserati e Lamborghini. Si tratta naturalmente di case costruttrici non presenti nelle precedenti versioni.
Questo è di un ausilio importante per gli operatori di tutte le forze di Polizia nella fase di controllo di veicoli sospetti, per capire se il numero di telaio è stato contraffatto o i pezzi sono compatibili fra loro o se, piuttosto, si trovano di fronte a un veicolo dove sono montati dei pezzi provenienti da altre serie di veicoli.
Per la realizzazione delle nuove schede è al lavoro un gruppo formato da appartenenti alla Polizia Stradale italiana, in particolare di Rimini e Bolzano, coordinati dalla Divisione III di Polizia Giudiziaria nell’ambito del Servizio Polizia Stradale.
Ho la fortuna di far parte di questo gruppo di lavoro e mi sto occupando della realizzazione delle schede di controllo, voglio per questo ringraziare pubblicamente le case costruttrici italiane che stanno collaborando fornendo un notevole contributo.
Però, lo ripeto, serve che anche gli utenti facciano il più possibile per scoraggiare i ladri.
Spero che serva il seguente decalogo, già da tempo pubblicato sul nostro sito www.vehicle-document.it



Ispettore Capo Polizia Stradale

 




di Raffaele Chianca

da "Il Centauro" n.91
Giovedì, 16 Dicembre 2004
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