ABSTRACT
Già altri hanno contribuito, con il loro intervento, a portare
chiarezza su di una questione così grave, quanto complessa.
Non siamo qui a ripetere i medesimi interrogativi - se non a porne
altri - quanto piuttosto a cercare di “sollevar dai dubbi”
i Colleghi della polizia stradale: quelli che, nell’attimo in
cui sono chiamati a fare scelte meramente operative, hanno ben poco
tempo per sollevare questioni di “etica giuridica” o di
diritto, in senso stretto.
Ma certamente, siamo anche preoccupati di quello che accade ai nostri
giovani: di quelle vite che non ci sono più; delle mille storie
dai volti tristi; delle famiglie che gridano forte il loro dolore,
anche costituendosi in associazioni; dei corpi martoriati che restano
a testimonianza di una “notte folle”…
Ci domandiamo, come genitori, ma come addetti ai lavori, che qualità
di vita abbiamo dato e continuiamo a dare a questi nostri giovani
(e, talvolta, anche meno giovani!); se forse, l’incapacità
di divertirsi con poco; la mancanza di regole morali, piuttosto che
non giuridiche; la mancanza di un senso della storia e del divenire;
chissà cos’altro, porta queste vite in erba, a fare dell’
“erba” e di tutto quello che può rappresentare o
sostituire, il loro strumento di socializzazione, nell’ambito
di un mondo globalizzato anche nella disperazione e nella mancanza
di speranza e di voglia di un futuro diverso, ma migliore di quello
attuale.
1. ALCOOL, SOSTANZE STUPEFACENTI E PSICOTROPE
L’art. 186 e seguente del nuovo codice della strada, sono rubricati
guida sotto l’influenza dell’alcool e in stato di alterazione
psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti, sottoponendo ad un
diverso regime d’accertamento, la conduzione dei veicoli.
Certamente, sia l’alcool (di per sé sostanza psicotropa,
in quanto idonea ad “attecchire” sul sistema nervoso centrale
o SNC, determinando uno stato depressivo del suo consumatore), che
la c.d. “droga” (termine assai generico e volgare, atto
ad individuare ogni sostanza che “attecchisce” sul SNC,
anche determinando fenomeni di tolleranza e, quindi, di dipendenza),
così come la sostanza psicotropa, in senso stretto (in quanto
sostanza che determina depressione del SNC e, solitamente, da ricondurre
ai comuni psicofarmaci), sono infatti sostanze naturali o di sintesi,
che fanno venire meno i requisiti fisici e psichici che l’art.
119 del codice stradale richiede per il conseguimento della patente
di guida dunque, per la conduzione di determinate categorie di veicoli.
Ma con altrettanta certezza, è ben chiaro, che mentre il superamento
di determinati livelli di alcool presenti nell’aria espirata,
dà luogo all’accertamento della guida in stato di ebbrezza
alcolica (art. 186, comma 6, d. Lgs. 285/92 e succ. modif.); l’eventuale
presenza di sostanze stupefacenti e/o psicotrope nel sangue, non dà,
di per sé, altrettanta certezza, se non adeguatamente suffragata
dalla prova che la guida è avvenuta in modo tale da denotare
un comportamento di guida pericoloso, quale diretta conseguenza dell’assunzione
della sostanza (art. 186, comma 7, decr, cit.).
Insomma, senza voler entrare nel dettaglio delle pene previste per
la contravvenzione, anzi, le contravvenzioni di cui si discute (sebbene
entrambe previste dall’art. 186, comma 2 del codice)1, è
il caso di soffermarci proprio su queste questioni di ordine pratico,
che attengono più all’accertamento dello stato di ebbrezza,
piuttosto che non alle modalità di comunicazione della notizia
di reato (art. 347 c.p.p.) e di applicazione della pena in concreto.
Certamente, una riflessione a margine vuol essere fatta, con riferimento
al giudice naturale, che oggi, è di nuovo individuato nel tribunale
in composizione monocratico.2 La vogliamo fare, ancora in termini
di etica giuridica; forse riflettendo sulla circostanza (non poi così
malsana, in termini di principio) del fatto, che l’avere individuato
nel giudice di pace - quale “giudice conciliatore”, quale
“giudice sociale” - il giudice naturale delle contravvenzioni
di cui si discute, non sia da ricondurre esclusivamente a questioni
di “economia giudiziaria” (per essere più espliciti
e concreti, alleggerire i carichi di lavoro dei giudici professionali)
ma anche, a questioni di politica sociale, essendo inquadrabile, tale
reato, al pari di quello della ubriachezza (c.d. reato amministrativo
punito dall’art. 688 c.p., decriminalizzato dall’art. 54
del d. Lgs. 507/99), tra i reati concernenti la prevenzione dell’alcoolismo
e dei delitti commessi in stato di ubriachezza, tra cui, ben possiamo
comprendere quello della guida in stato di ebbrezza: insomma, un reato
che attiene alla sicurezza sociale.
2. LA GUIDA IN STATO DI EBBREZZA ALCOLICA
L’art. 186 del nuovo codice della strada, così come sostituito3
dall’art. 5 del d.L. 151 del 2003, a maggior garanzia dei procedimenti
penali che possono scaturire dall’accertamento del:
- rifiuto di sottoporsi a test alcolimetrico a mezzo di etilometro
(art. 186, commi 2 e 7, c.d.s.);
- la guida in stato di ebbrezza (art. 186, commi 2 e 6, st. cod.);
prevede dei preventivi test qualitativi, finalizzati ad acquisire
“…elementi utili per motivare l’obbligo di sottoposizione
agli accertamenti…” quantitativi (con etilometro) di cui
al comma 4 del più volte citato art. 186 del codice stradale.
Agli accertamenti quantitativi di cui si discute, si accede in ogni
caso di incidente stradale e/o quando, si abbia altrimenti motivo
di ritenere che il conducente del veicolo si trovi in stato di alterazione
psicofisica derivante dall’influenza dell’alcool.
Insomma, che cosa desidera, oggi, il legislatore?
1. che l’accertamento della guida sotto l’influenza dell’alcool,
non divenga - come potrebbe facilmente accadere - un modus operandi
delle varie forze di polizia e, più specificatamente, delle
forze di polizia locale. Un modo “politico” (nel modo più
comunemente deprezzato del termine) di ottenere consensi elettorali,
indipendentemente dai reali e positivi risultati ottenuti, che vada
a limitare oltremodo gli spazi di libertà dei cittadini;
2. che l’accertamento della guida sotto l’influenza dell’alcool,
sia suffragata da un’indagine qualitativa, atta a rendere certo
l’accertamento del o dei reati di cui si è detto, ma,
nel contempo, tenda a far riconoscere larghe capacità professionali
(dunque, di osservazione obiettiva e di capacità critica) e
di responsabilità alle forze di polizia e, più in particolare,
alla polizia stradale.
3. che l’accertamento della guida in stato di ebbrezza, avvenga
con una idonea ed inequivocabile strumentazione tecnica, in uso alle
sole forze di polizia; restando quindi escluso ogni altro ordine di
accertamento, se non di natura meramente indiziale (analisi del sangue,
certificazione medica, ecc.)4. In concreto, si possono profilare le
seguenti ipotesi pratiche:
A. in seguito ad un controllo di polizia stradale, il personale di
servizio ha motivo di ritenere che il conducente del veicolo abbia
guidato sotto l’influenza dell’alcool.
La norma prevede, non a caso, che il personale della polizia stradale,
abbia motivo di ritenere che il conducente abbia guidato sotto l’influenza
dell’alcool. Dunque, il presupposto iniziale all’accertamento
va sempre indicato e dimostrato. Insomma, in sede di annotazione di
p.g., saranno chiaramente indicati i motivi che hanno determinato
il test preliminare qualitativo (veicolo che sbanda; presenza di bottiglie
di alcool all’interno dell’auto; condizione di palese ebbrezza
da parte dei passeggeri; alitosi di alcool; fonemi non chiari; ecc.).
A questo punto, l’accertamento a mezzo di etilometro non può
avere luogo, se non quando siano stati superati i predetti test qualitativi.
Tali test - in modo assai semplicistico - riguardano anche le condizioni
di equilibrio e di coordinamento del conducente5, dal momento che
il SNC risente degli effetti dell’alcool, con una iniziale depressione
dei centri inibitori (cui corrisponde uno stato di euforia, disponibilità
eccessiva al dialogo, ecc.) quindi, dell’intero SNC (cui corrisponde
un senso di torpore, sempre più marcato, tanto da poter divenire
coma etilico e, quindi, la morte6). In specie, è possibile
invitare il soggetto a tenere gli occhi chiusi e a toccarsi il naso
con la punta di un dito, mentre l’avambraccio è disteso
e fermo in avanti; a percorrere una striscia continua di delimitazione
del parcheggio, senza sbandare; sempre con gli occhi chiusi, a toccare
le punta delle dita, ecc.7
Se il soggetto si rifiuta, il personale operante procede alla sua
identificazione (art. 349 c.p.p.), in quanto indagato in ordine al
reato previsto dall’art. 186, comma 7 del codice; non da meno,
se ritiene fondato l’accertamento, il medesimo soggetto può
essere denunciato, in concorso, per il reato previsto dal comma 6,
del richiamato articolo.
Per il medesimo reato previsto dal comma 7 precitato, è punito
il soggetto che abbia accettato di sottoporsi a test qualitativo,
ma non anche a test quantitativo. Questo, anche nel caso in cui per
l’esame sia necessario raggiungere un posto di polizia dotato
di etilometro.
E’ ovvio, che in tal caso, l’accompagnamento coatto non
è ammesso, dal momento che l’ordinamento reagisce al comportamento
inottemperante, con l’applicazione di una pena criminale ma che,
per la valutazione del fatto, il giudice necessita di ogni utile prova
da formare, ovviamente, in dibattimento.
B. in seguito ad incidente stradale, il personale di pattuglia ritiene
fondata l’ipotesi che il conducente abbia guidato sotto l’influenza
dell’alcool.
Beh, nulla questio, quando il conducente non necessita di ricovero
ospedaliero. In tal caso non sono necessari i test preliminari ma,
valgono, in buona sostanza, le considerazioni precedentemente fatte.
Se, diversamente, il soggetto è trasportato in ospedale ed
è stato sottoposto a test ematico diagnostico, a richiesta
dell’organo di polizia e previo consenso informato dell’interessato,
il responsabile della struttura ospedaliera comunica l’esito
dell’accertamento all’organo di polizia: ripetiamo che il
risultato del test ematico non è sufficiente, di per sé,
a qualificare il reato di cui si discute, se non suffragato dall’esame
dell’aria espirata, effettuato da o alla presenza di un organo
di polizia. Certamente, il medico incaricato del pubblico servizio
(pronto soccorso) ha l’obbligo di certificare e di denunciare
la contravvenzione di cui si discute (art. 362 c.p.) all’A.G.,
quando emergano gravi sospetti di reità, a carico del suo assistito.
3. GUIDA IN STATO DI ALERAZIONE PSICO-FISICA PER USO DI SOSTANZE STUPEFACENTI
Come già detto, anche in questo caso la qualificazione del
reato non presuppone il mero accertamento dell’uso della sostanza
stupefacente ma, congiuntamente:
1. l’appurata conduzione di guida del veicolo, in condizione
psico-fisica alterata;
2. l’accertamento ematico della presenza di sostanza stupefacente
e/o psicotropa nel sangue.
Del resto, sugli effetti delle droghe non v’è uniformità
neppure nel mondo scientifico, né, tanto meno, nel mondo giuridico
e, più che mai, a livello di comunità europea. Talune
sostanze che in Italia sono considerate droghe e delle quali ne è
vietato l’uso, in altri Paesi della comunità, sono tranquillamente
consumate.
Certamente, in ordine alla nostra legislazione (ch’è poi
quello che ci interessa), si possono ipotizzare casi assai simili
a quelli descritti, che implementano altre considerazioni. A. in seguito
ad un controllo di polizia stradale, il personale di servizio ha motivo
di ritenere che il conducente del veicolo abbia guidato in condizione
di alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti.
Come nel caso precedente, si parte sempre da un dato sintomatico.
Peraltro, se la sostanza alcolica ingerita dall’uomo, ha senz’altro
effetti codificabili a livello comportamentale, la sostanza stupefacente
e/o psicotropa non detiene tale “primato”. Non a caso, il
pensiero scientifico non è così uniforme in ordine a
tale fenomeno. Anzi, talune sostanze (quali la cocaina, le amfetamine)
possono dare maggiore sicurezza al soggetto che ne fa uso e, in tali
casi, solo un occhio attento ed abituato, può comprenderne
e descriverne il significato.
Certamente, a questi test da “osservazione” possono essere
associati altri test qualitativi convenzionali, che in altri Paesi
europei - ma non in Italia - sono considerati fonte di prova. Test
che riguardano il sudore, la saliva, le urine.
Il test di riferimento, come già detto, è il test ematico
che, peraltro, subisce inevitabilmente gli “effetti del tempo”:
nell’arco di due ore, la droga presente nel sangue può
essere facilmente smaltita nelle urine (ad esempio) dove, di contrappunto,
può essere trovata anche per molto più tempo, per quanto
l’effetto della droga sia comunque cessato. Ma laddove si volesse
sottoporre a test ematico il soggetto, questi può essere accompagnato
- in tal caso, l’accompagnamento coatto è consentito,
anzi, è doveroso - presso le strutture sanitarie allestite
allo scopo.
C’è da dire, che in questo caso, sempre salvaguardando
il rispetto della riservatezza personale e senza pregiudizio per l’integrità
fisica, la polizia stradale può effettuare indagini a campione.
B. in seguito ad incidente stradale, il personale di pattuglia ritiene
fondata l’ipotesi che il conducente abbia guidato in stato di
alterazione psico-fisica per uso di sostanze stupefacenti.
Anche in questo caso è superfluo ribadire quanto precedentemente
detto, nel precedente paragrafo, evidenziando il fatto che il test
ematico può segnalare anche l’eventuale presenza del (cocktail)
di alcool.
Peraltro, giova evidenziare il fatto, che l’inciso previsto in
chiusura al comma 3, dell’art. 187 di cui qui si discute, prevede
che gli eventuali test conseguenti al verificarsi di un sinistro stradale,
avvengono compatibilmente con le attività di rilevamento e
soccorso. Insomma, si vuole con ciò evitare, che a seguito
di un accertamento di tal fatta e nell’esigenza di dover accompagnare
il sospetto alla struttura sanitaria, tra i due doveri giuridici,
sia prevalente quello di portare sicurezza alle persone e garantire
le attività tipiche della polizia stradale di rilevamento dei
sinistri.
4. CONCLUSIONI
Non so quante e quali “novità” sono state introdotte.
Mi auguro solo che queste possano fungere da spunto o da semplice
riflessione su di un’attività non sempre di facile “accessibilità”.
Non da meno, un’attività che comporta, talvolta, rischi
tutti personali ed imprevedibili che necessitano una particolare attenzione
da parte di chi opera il controllo.
Chi ha fatto uso o è dedito all’uso di sostanze psicotrope
- nel più ampio senso del termine - è certamente una
persona socialmente instabile; gli effetti delle droghe e dell’alcool,
sono di varia natura e possono portare, anche la persona più
docile a porre in essere reazioni inconsulte, anche tali da minacciare
la sicurezza, se non la vita del personale di polizia e dei malcapitati
ed ignari (spesso curiosi) cittadini.
Come in ogni operazione di polizia, dunque, la tecnica principale
“di approccio”, è quella dell’isolamento del
fermato, da un contesto sociale, anche di ridottissime dimensioni.
Il conducente deve essere allontanato dall’autovettura, evitando
di posizionarsi di fronte alla stessa, quasi ad incutere (un improbabile)
timore, se non un senso di sfida.
È certamente da evitare ogni eccessiva “confidenza”
dialettica e fisica, con il fermato. Questi va controllato in ogni
movimento, che può nuocere non solo al personale di polizia,
ma alla stessa persona di chi è sottoposto a controllo.
Non è da sottovalutare il fatto, che lo stato di ebbrezza e,
più che mai quello di ubriachezza, incide, anche notevolmente,
sulla capacità di intendere e di volere e dunque, ogni azione
ed ogni reazione, deve essere sempre suffragata da una motivazione
“forte”, che ci liberi da ogni eventuale responsabilità.
Ma siamo anche a dire, che ogni poliziotto della strada è,
prima di tutto, un cittadino che opera nell’interesse dello Stato
e a tutela della Stato; in questo senso, molto possiamo fare anche
in questo settore, cercando di instaurare un ottimo rapporto fiduciario
con i nostri utenti, soprattutto con i più giovani, anche per
percepire, prima che sia troppo tardi, un disagio che in una fase
iniziale, potrebbe anche essere sanato.
Note a margine:
(*) Ufficiale della Polizia Municipale del Comune di Forte dei Marmi
(LU); docente presso la Scuola Polizia Locale dell’Emilia Romagna
(www.scuolapolizialocale.it), di Modena e presso la Scuola per le
Autonomie Locali Civita, di Torre del Lago (www.civita.net).
1- Per noi “addetti ai lavori”, è sufficiente
riferirsi al regime testuale del codice o ai numerosi prontuari presenti
in commercio e dei quali ogni servizio di polizia stradale è
senz’altro fornito; non da meno, al praticissimo ed utilissimo
codice della strada di ultima pubblicazione di ASAPS.
2- Per quanto perplessità di ordine meramente dottrinali, continuano
a permanere, con riferimento alla competenza - anche attuale - del
giudice onorario, anziché di quello togato, restiamo dell’avviso
che quest’ultimo giudice resta competente (a maggior ragione)
a giudicare il reato previsto e punito dall’art. 187 c.d.s.
3- Non siamo di fronte ad una “novellazione” di un precedente
testo giuridico, quasi ad attualizzare o a sanare un disegno politico
preesistente, ma condiviso; piuttosto, ad innovare l’ordinamento
giuridico nel quale si colloca, quindi, ad indicare un nuovo obiettivo
programmatico da attuare. E questo è un compito proprio della
pubblica amministrazione, quindi dell’esecutivo, dunque delle
forze di polizia e della polizia stradale in particolare.
4- Per quanti taluni di noi ritengono che tali scelte vadano nella
direzione di “penalizzare” l’attività di indagine,
va ben chiarito che altra cosa è il test qualitativo dell’aria
espirata, prossimo al primo atto di accertamento; altra cosa è
il test ematico, che può avvenire a distanza di tempo dal primo
atto di accertamento e che comunque è da ritenere, di per sé,
un test “invasivo”, che può anche danneggiare il
soggetto che vi si sottopone o che si ritiene debba sottoporvisi.
Quanto al test dell’aria espirata, riconoscere alle sole forze
di polizia (giudiziaria), il compito di attestare, con atto dotato
di fede privilegiata, idoneo a confluire direttamente nel fascicolo
del dibattimento, l’effettivo superamento dei limiti imposti,
denota una evidente scelta di particolare fiducia del legislatore
nei confronti proprio delle forze di polizia.
5- Utile, potrebbe essere anche un apparecchio per la misurazione
dei tempi psico-tecnici, dal momento che lo stato di ebbrezza, comporta
un notevole rallentamento dei c.d. tempi di reazione.
6- Ovviamente, tutto ciò è da correlare al quantitativo
di alcool ingerito.
7- Con medesimo scopo, possono essere utilizzati anche i test colorimetrici,
meglio conosciuti come test “palloncino”, proprio perché
caratterizzati dal fatto che il soggetto è tenuto ad espirare
l’aria all’interno di un contenitore a forma di palloncino,
mediante il quale, poi, la stessa aria è immessa in un contenitore
di reagente chimico..