Parcheggio disabili: il contrassegno di parcheggio per disabili se scaduti di validità non autorizzano la sosta in deroga
L’autorizzazione e il contrassegno di parcheggio per disabili se scaduti di validità non autorizzano la sosta in deroga, né l’autorizzano quando sono in corso di validità, allorquando si tratti di un divieto di sosta permanente è quanto ha stabilito la Corte di Cassazione, sez. VI Civile, 9/1/2014, n. 258, il caso è riferito al diritto del posto macchina sotto casa del condomino diversamente abile. Questo, dipende dal tipo e dal grado di invalidità che gli viene attribuito.
Analizzando la sentenza la prima cosa che vien citata è la normativa di riferimento e nel caso di specie l’art. 188 del d.lgs. 285/92, il quale prevede che per la circolazione e la sosta, fase statica della circolazione stradale, dei veicoli al servizio delle persone invalide, gli enti proprietari della strada sono tenuti ad allestire e mantenere apposite strutture, nonché la segnaletica necessaria, per consentire ed agevolare la mobilità di esse, secondo quanto stabilito nel regolamento.
I soggetti legittimati ad usufruire delle strutture di cui al comma 1 sono autorizzati dal sindaco del comune di residenza nei casi e con limiti determinati dal regolamento e con le formalità nel medesimo indicate.
È opportuno riportare anche un passaggio, che ritengo interessante di cui al comma 5 che sancisce la disposizione per cui chiunque usa delle strutture, quelle già indicate, cioè gli spazi per le persone che hanno questo diritto, pur avendone diritto, ma non osservando le condizioni ed i limiti indicati nell'autorizzazione prescritta soggiace ad una sanzione amministrativa pecuniaria.
Continuando nella disamina, il riferimento al D.P.R. 503/1996, quello delle barriere architettoniche negli edifici, spazi e servizi pubblici, all’art. 11 aveva introdotto la circolazione e sosta dei veicoli al servizio di persone disabili. Anche in questo si afferma che le persone detentrici del contrassegno, viene consentita, dalle autorità competenti, la circolazione e la sosta del veicolo al loro specifico servizio, purché ciò non costituisca grave intralcio al traffico, nel caso di sospensione o limitazione della circolazione per motivi di sicurezza pubblica, di pubblico interesse o per esigenze di carattere militare, ovvero quando siano stati stabiliti obblighi o divieti di carattere permanente o temporaneo, oppure quando sia stata vietata o limitata la sosta.
Le facilitazioni possono essere subordinate alla osservanza di eventuali motivate condizioni e cautele, nel caso di specie il luogo di residenza della persona. .
Il successivo articolo introduce il Contrassegno speciale, di cui le persone con capacità di deambulazione sensibilmente ridotta è rilasciato dai comuni, a seguito di apposita documentata istanza, lo speciale contrassegno di cui al decreto del Presidente della Repubblica 16 dicembre 1992, n. 495, che deve essere apposto sulla parte anteriore del veicolo.
Il soggetto invalido, nel nostro caso, ha impugnato le sanzioni amministrative per divieto di sosta comminategli, ricorrendo al Giudice Di Pace, che ha accolto la tesi difensiva, cioè, il " quasi obbligo" di infrangere il Codice Della Strada, "poiché i posti auto riservati ai diversamente abili si trovavano a grande distanza dall'abitazione, pertanto,la vettura, anche se, formalmente, era in divieto di sosta, in sostanza, non arrecava alcun intralcio alla circolazione."
A questo proposito cito la sentenza Corte di Cassazione Civile n. 168/2012, sez. VI del 11/1/2012 Il Comune di Venezia ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello del Tribunale di Venezia del 15 aprile 2010 che nell’ambito del giudizio di opposizione ex art. 22 legge n. 689/1981 promosso da G.P. nei confronti dello stesso Comune avverso due verbali di accertamento relativi alla violazione dell’ art. 146, comma 2, C.d.S., in accoglimento dell’appello e in riforma della sentenza impugnata, ha annullato i processi verbali di contestazione di infrazione (…) dell’ 8.6.2007 ed il verbale (…) del 16.7.2007 della Polizia municipale di Venezia.
Il ricorso è affidato a tre motivi di impugnazione.
Per una più chiara interpretazione di questa sentenza riporto un passaggio significativo:” Entro tali limiti, e soltanto nelle zone loro riservate come appositamente segnalato, pertanto, gli invalidi sono autorizzati al parcheggio sulle strade mentre è, anche per loro, fatto divieto di sostare con le auto dappertutto e meno che mai in zone totalmente vietate, per cui la P. avendo parcheggiato il veicolo nella zona riservata al deflusso del traffico ha chiaramente violato la norma contestata incorrendo nella sanzione comminatale. Del resto la normativa de qua va letta in relazione alla ratio che la ispira e che subordina l’interesse di soggetti gravemente lesi nelle loro capacità fisiche solo a situazioni in cui per ragioni obiettive, debba prevalere l’interesse generale. Ora, è assolutamente certo che una zona definita “isola di traffico” costituisce porzione di strada opportunamente delimitata riservata alla canalizzazione delle correnti di traffico, per cui non può essere in alcun modo occupata neanche da veicoli addetti al trasporto di soggetti disabili, proprio in ragione del fatto che ove diversamente si opinasse, alto sarebbe il rischio di serio intralcio all’opera svolta da dette aree, con evidenti ricadute negative sulla viabilità (v. Cass. 14 agosto 2007 n. 17689).
Da aggiungere che negli stessi permessi per disabili, come quello detenuto dalla intimata, nella parte posteriore, è previsto uno specifico avviso dal testo “Il titolare del presente contrassegno è autorizzato a sostare nelle zone vietate e in quelle regolamentate senza limiti di tempo e a circolare e sostare nelle zone a traffico limitato, senza arrecare intralcio alla circolazione e con il rispetto di tutte le disposizioni in particolare di cui agli artt. 158 e 188 C. d. S.”. Ne deriva che la P. non poteva sostare con il veicolo su area riservata alla canalizzazione del traffico solo per il fatto di non riuscire a trovare altro parcheggio.”
Ritornando al commento della sentenza di cui all’oggetto, il Tribunale e la Corte di Cassazione, con l'Ordinanza del 9 gennaio 2014, n. 258, hanno sovvertito tale ragionamento, infatti, la Cassazione in particolare, ha ritenuto che l'essere in possesso del contrassegno, non legittima il titolare a parcheggiare ovunque, anzi, se nei pressi della sua abitazione, "vi sono degli appositi spazi dedicati alla sosta per i portatori di inabilità, appare evidente che questo stato dei luoghi legittima l'uso del potere discrezionale del Sindaco di limitare l'autorizzazione in deroga ai casi in cui non sia stata predisposta alcuna possibilità di accesso o di sosta facilitati per le persone diversamente abili e soprattutto non legittima il superamento dell'interdizione assoluta alla sosta vigente in loco."
Di fatto, il titolare del contrassegno per disabili, non è autorizzato a parcheggiare al di fuori delle aree destinate al parcheggio dei conducenti diversamente abili e nelle aree nelle quali vige il divieto di sosta.
Non è, infatti, sufficiente che il veicolo venga parcheggiato in un luogo in cui non crei intralcio alla circolazione, dal momento che, la presenza dell’espresso divieto di sosta implica che in base alla valutazione compiuta dall’autorità pubblica nella zona in questione è insito un potenziale pericolo di intralcio per la circolazione.
Fatto sta, che sulla questione c'è ancora una cosa da sapere: il contrassegno di cui il soggetto era titolare e grazie al quale pretendeva di parcheggiare l'auto sotto casa pur non avendone l'autorizzazione, era scaduto.
Infatti, nella sentenza si legge:”quanto piuttosto di aver usato del titolo abilitativo in deroga, al di fuori del periodo in cui esso aveva efficacia (dal 24 novembre 2005 al 31 maggio 2006 a fronte di violazioni contestate il 12, 13 e 20 agosto 2005; 28 agosto e 27 settembre 2006): pur dunque se si fosse attribuita l'efficacia - qui negata - al rilascio del c.d. titolo abilitativo, tuttavia l'esercizio delle condotte di guida in deroga alle prescrizioni del codice della strada avrebbe dovuto rispettare i limiti - in questo caso: temporali- contenuti nel provvedimento autorizzativo, da considerarsi coessenziali al diritto che essi garantivano”.
La Corte di Cassazione ha quindi rigettato il ricorso e condannato la parte ricorrente al pagamento delle spese.
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