FORLI’
Il tutto e’ successo nella serata di martedì, quando una
pattuglia di vigili urbani, nello svolgimento di un posto di controllo
nella periferia della città, fermava il conducente di un ciclomotore
che a velocità sostenuta e a fari spenti si dirigeva verso
il centro.
I componenti della pattuglia hanno controllato i documenti e verificato
che il conducente, un minorenne, non aveva mai conseguito il certificato
di idoneità alla guida, il patentino, e si sono messi in contatto
con i familiari del ragazzo per la consegna del ciclomotore, sottoposto
a fermo amministrativo. All’arrivo dei genitori, gli agenti hanno
contestato le violazioni al codice della strada e compilato il verbale
di fermo amministrativo.
Durante queste operazioni, i genitori, invece di rimproverare il figlio,
con in testa le possibili conseguenze legate alla guida velocità
elevata, per di più a fari spenti, non hanno fatto altro che
contestare l’operato degli agenti, accusandoli di essere insensibili
e privi di buon senso, visto anche l’ammontare della sanzione
pecuniaria prevista (da 516 a 2.065 euro). Addirittura, rivela la
polizia municipale in una nota, la madre del ragazzo pronunciava ad
alta voce questa frase: "fanno bene quando vi sparano in testa".
Vista la gravità della affermazione, gli agenti hanno chiesto
alla donna di mostrare i documenti per procedere alla identificazione,
ricavandone solo un rifiuto; le hanno allora chiesto di declinare
le generalità, avvisandola delle conseguenze penali derivanti
da un ulteriore diniego, ma l’atteggiamento della donna non cambiava,
anzi: "questo e’ un abuso, vi denuncio", ha insistito.
Finalmente, vista l’ostinazione della donna, sono intervenuti
il marito e il figlio, che la costringevano ad entrare in auto, col
marito che indicava agli agenti le generalità della moglie,
che venivano verificate al ritorno in centrale.
Lettera
aperta a una mamma
poco riflessiva e troppo protettiva
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Leggiamo,
sulla cronaca dei giornali, di una faccenda davvero poco piacevole,
occorsa a Forlì, città che, francamente, non
ci sembra corrispondere al profilo di una delle sue abitanti,
protagonista della vicenda. Si tratta di una madre che –
pur svegliata nella notte da una telefonata della Polizia
Municipale – si è inalberata per una grave violazione
commessa dal figlio. Figlio minorenne, che a fari spenti,
a forte velocità e – soprattutto – senza
patentino, scorrazzava per le strade della periferia forlivese.
Fosse squillato a noi, il telefono nel cuore della notte,
con un figlio fuori casa e per giunta in motorino, avremmo
avuto il cuore in gola.
Avremmo avuto il terrore di alzare la cornetta e sentire la
voce di qualcuno che, come noi facciamo spesso, cambiava la
nostra vita per sempre con una frase di circostanza. In questo,
la signora, ha avuto fortuna. Fin troppa, visto che aveva
consentito al figlio di andarsene beatamente a spasso senza
patentino. Ma la signora, e questo ci pare grave, non si è
inalberata con il figlio, nossignori! Si è arrabbiata,
e tanto, con gli agenti, che hanno fermato il suo rampollo
contestandogli le giuste violazioni di legge, applicandone
precetti e sanzioni.
Si è arrabbiata così tanto, che quella frase
che tante volte noi in divisa sentiamo rivolgerci addosso,
quel cattivo “fanno bene a spararvi in testa”, o
giù di lì, gli è venuta spontanea, facendo
gelare il sangue nelle vene di quegli agenti, che immaginiamo
assistere increduli alla reazione isterica di una madre davvero
particolare.
E allora, proprio mentre molti di noi tornano – chi con
il corpo, chi con la mente – dai funerali di Mario Palombi,
Sovrintendente Capo della Stradale di Aprilia, falciato da
un’auto che sfrecciava a velocità folle, non abbiamo
voglia di ripetere a quella donna dalla lingua così
cattiva del bene che i nostri colleghi hanno fatto a lei ed
a suo figlio.
Consigliamo, a quella donna, di pensare cosa sarebbe stata
la sua vita se, invece di beccare il figlio senza patentino,
gli agenti della Polizia Municipale di Forlì l’avessero
convocata in quell’angolo di periferia romagnola, alzando
un lenzuolo per mostrarle un corpo senza vita, invece di fermarlo
e, probabilmente, salvarlo. E prima di dare ancora energia
alla sua insulsa acredine, la invitiamo a portare maggior
rispetto per la vita: se non quella di suo figlio, quella
del suo prossimo. Le auguriamo di cuore di non stare mai nei
panni della mamma dei nostri colleghi, quelli caduti sotto
i colpi della criminalità – difendendo anche lei
e il suo piccolo senza patentino – o falciati da chi
nemmeno il patentino, dovrebbe più avere.
Lorenzo Borselli
Sovrintendente della Polizia Stradale Firenze
Consigliere Nazionale ASAPS
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