Clet, l'uomo che ridisegna i cartelli stradali di Napoli
A via dei Tribunali sul cartello stradale che segnala il divieto di accesso c’è un omino che affoga e chiede aiuto, più avanti sullo stesso divieto un poliziotto agita il manganello. Se a via Raimondo de Sangro di Sansevero la barra bianca del divieto diviene una bara in cui giace, forse morto, un uomo, a via Toledo si trasforma in una mano che con violenza rapisce un omino nero, mentre a via Partenope, in odore di mare, il cartello che indica l’obbligo ad andare dritto è diventato una lisca di pesce. Incursioni d’arte contemporanea firmate da Anacleto Abraham, in arte Clet, che tra ieri e lunedì notte, in sella alla sua bicicletta, è andato in giro per la città a trasformare i cartelli stradali perché ritiene che la mostra più bella sia la strada.
Dopo Firenze, Bologna, Roma, Torino, Milano, Lucca, Palermo, Pérouse, Londra, Valence, Sassari, Douarnenez, Quimper, Audierne, Parigi, Prato e Livorno, l’artista bretone ha fatto tappa a Napoli, città d’arte, caos e anarchia.
Clet, classe 1966, è pittore e scultore francese, vive e lavora in Italia dal 1990, figlio dello scrittore Jean-Pierre Abraham che divenne guardiano del faro di Ar-Men, al largo dell'île de Sein in Bretagna. Alla street art Clet s’è avvicinato quattro anni fa: «Ero pronto per affrontare il pubblico e dare sfogo al desiderio di contrappormi al potere, simbolicamente rappresentato dai cartelli stradali. La legge giustifica se stessa, non preserva il cittadino che la rispetta solo perché ha paura e non perché crede nelle regole. Attraverso l’arte, quale voce ribelle, offro l’opportunità di aprire gli occhi e sviluppare senso critico nei confronti del potere». E a chi critica i suoi interventi appellandosi alla sicurezza risponde: «I cartelli stradali servono all’organizzazione della viabilità, l’unica sicurezza è l’attenzione e responsabilità del guidatore.
Paradossalmente i cartelli permettono un transito più veloce e teoricamente più pericoloso». In ogni caso, i cartelli restano leggibili, perché il linguaggio di Clet è semplice, minimale, d’impatto. A volte parte dal significato di un cartello e lo decontestualizza, altre volte lo utilizza come elemento puramente estetico. Clet ha omaggiato
Napoli con un cartello su cui spicca la “N”, mentre sulla sua pagina Facebook sotto la dicitura “Napoli, l’autorità perplessa” c’è un divieto di accesso del centro storico su cui ha disegnato un vigile che, perplesso e annoiato, completa il puzzle.
di Anna Marchitelli
da napoli.repubblica.it