Guida in stato di ebbrezza: imputato responsabile sulla base dell’accertamento del tasso alcolemico.
Ma non sempre…
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Il caso
Il Tribunale di Chieti condannava un uomo a otto mesi di reclusione e a 4000 euro di ammenda, con annessa sospensione della patente di guida, per guida in stato di ebbrezza. L’uomo ricorre in Cassazione, censurando il fatto che la sua penale responsabilità fosse stata accertata solo sulla base di accertamenti ematochimici. Gli organi di polizia intervenuti a seguito dell’incidente, infatti, avevano richiesto agli operatori sanitari coinvolti il prelievo e l’analisi chimica del sangue dell’imputato senza che nessun protocollo medico di cura o di pronto soccorso si fosse espresso in tal senso e senza il consenso espresso dell’uomo. Le risultanze delle analisi, quindi, avrebbero dovuto ritenersi inutilizzabili. Richiamando sue precedenti pronunce, la Suprema Corte afferma che se il conducente è stato coinvolto in un incidente stradale e sottoposto a cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico richiesto ai sanitari dagli organi di p.g., è utilizzabile ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato all’effettuazione dell’accertamento stesso.
Il primo presupposto di fatto, il coinvolgimento in un sinistro stradale, è un dato oggettivo, in quanto conta solo il pericolo causato alla circolazione. Per quanto concerne il secondo presupposto, il prelievo ematico deve essere eseguito dal personale sanitario della struttura presso cui è stato condotto l’interessato, nell’ambito di un protocollo medico di pronto soccorso. Se il conducente si oppone alle cure mediche e, quindi, al prelievo di sangue e all’accertamento del tasso alcolemico disposti dai sanitari, è punito con la pena ex art. 186, co. 2, lett. c), c.d.s., sempreché sia stato informato della richiesta in tal senso da parte della p.g. Se, invece, i sanitari non hanno ritenuto di sottoporre il conducente a cure mediche o a prelievo ematico, la richiesta in ordine al tasso alcolemico, in presenza di un dissenso espresso dell’interessato, è illegittima e l’accertamento, comunque effettuato, è inutilizzabile in ambito processuale.
Gli Ermellini tengono a precisare che, in presenza di un dissenso espresso dell’interessato, la p.g. può richiedere il prelievo ematico anche se non sia stata ritenuta necessaria la sua sottoposizione a cure mediche, deducendo il consenso del conducente anche da un atteggiamento positivo, sebbene verbalmente non espresso. Mentre, se si richiede il consenso, questo non è ricavabile da fatti concludenti ma deve essere espresso. Ciò in base alla lettura dell’art. 186, co. 7, s.d.s. La stessa Corte Costituzionale, chiamata a pronunciarsi sulla materia, ha affermato che il legislatore ha cercato di bilanciare le esigenze probatorie di accertamento del reato e la garanzia costituzionale della libertà personale, dettando una disciplina specifica e settoriale dell’accertamento sul conducente in apparente stato di ebbrezza, prevedendo la possibilità di rifiutare tale accertamento ma con la comminatoria di una sanzione penale per tale indisponibilità.
Ne consegue che è fuori discussione la legittimità della disciplina del c.d.s. laddove, nell’indicare le modalità degli accertamenti tecnici per rilevare lo stato di ebbrezza, non prevede alcun preventivo consenso dell’interessato al prelievo dei campioni. Lo stesso Giudice delle Leggi ha individuato quali sono i trattamenti sanitari, c.d. invasivi, consentiti, tra cui il prelievo ematico e ha ritenuto che le modalità previste dall’art. 186, co. 5, c.d.s. trovano il loro fondamento nell’art. 32, co. 2, Cost., ferma restando la possibilità di rifiutare il controllo. Nel caso di specie, il prelievo subito dal ricorrente è stato effettuato in assenza di un suo espresso dissenso e, quindi, infondate sono le censure relative alla inutilizzabilità degli esami ematochimici.
Fonte: www.dirittoegiustizia.it
da lastampa.it
Se il conducente è stato coinvolto in un incidente stradale e sottoposto a cure mediche, l’accertamento del tasso alcolemico richiesto ai sanitari dagli organi di p.g., è utilizzabile ai fini dell’affermazione della responsabilità dell’interessato, indipendentemente dal consenso che costui abbia o meno prestato all’effettuazione dell’accertamento stesso. È quanto emerge dalla sentenza della Cassazione 6786/14.