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Articoli 05/05/2014

Roma, il paese agli ordini di Gennà 'a carogna
Tutti i tg del mondo aprono con le immagini del tatuato che dà l'ok e tutti noi ai suoi ordini
E se non avesse indossato una t-shirt per chiedere la libertà del suo assassino, nessuno ricorderebbe Filippo Raciti, poliziotto ucciso a Catania nel 2007

di Lorenzo Borselli
L'isp. Filippo Raciti

 

 

Se ora dicessimo che ve la siete cercata, sbaglieremmo.
Sbaglieremmo perché sottostare al ricatto di Gennaro 'a carogna è stato un atto necessario, forse l'unico che la legge vigente e l'opportunità imperante consentono.
In Italia se po' fa: nell'ottobre 2010, a Genova, fu Ivan Bogdanov, una specie di guerriero spartano col passamontagna, proveniente dalla Serbia, a mettere in scacco una città in occasione di una partita tra la nostra nazionale e quella del suo paese.

 

Ieri, invece, a impugnare una calibro 7,65 da cui sarebbero partiti almeno sette colpi, tre dei quali andati a segno, un'altra vecchia conoscenza della Digos. Pare si sia trattato di un capo ultrà romanista, Daniele De Santis, che con la partita che si giocava all'olimpico, Fiorentina-Napoli, aveva poco a che fare ma che, una decina di anni fa, trovò il modo di scendere in campo, lo stesso, e far sospendere Roma-Lazio perché, a suo dire, una macchina della polizia aveva investito un bambino. Ovviamente, non era vero.
Abbiamo visto in tv poliziotti avanzare e manganellare tifosi urlanti, travisati, armati di cinture: in mezzo a loro bombe carta e fumogeni e la solita spola di ambulanze tra il campo di battaglia e gli ospedali.

 

Antonino Speziale

Il copione degli ultras non cambia mai: botte da orbi a tutti, salvo poi trovare il modo di affratellarsi quando uno di loro cade vittima della cosiddetta violenza di Stato. Allora suonano insieme l'adunata e la carica sotto le insegne della ritrovata unità al grido di tutti i poliziotti sono bastardi, trovando così il modo di scaldare in un pentolone tutti gli ingredienti perfetti a cucinare un bel brodo dell'odio.
Gennaro 'a carogna, poi, aveva avuto un altro colpo di genio: ha indossato la t-shirt preferita di tutti gli  Acab, chiedendo la libertà di Antonino Speziale, condannato a 8 anni per l'omicidio preterintenzionale dell'Ispettore Filippo Raciti, trovando così il modo di affratellarsi la galassia del tifo violento (e purtroppo non solo) e di risultare agli occhi degli hooligans un tipo cazzuto.
Chi conosce questo modo di pensare, sa bene che è così, c'è poco da stupirsi.

 

Ora, sbaglieremmo se provassimo ad accostare ciò che è successo a Roma con quello che è successo a Ferrara o a Firenze, con la realtà quotidiana della Val di Susa, con le storie di ordinaria violenza che si vivono ogni giorno in Italia e che si ripetono secondo un canovaccio surreale.
Ci spieghiamo: se considerassimo i fatti di Roma come un assist per dire che ciò che è successo è solo il frutto del clima di continua aggressione che le forze dell'ordine subiscono, e che allora sarebbe legittima la sua reazione, commetteremmo un madornale errore: non c'è nessuna reazione.
Ma nel paese l'ordine e la sicurezza pubblica sono in crisi: la legge vigente, l'addestramento impartito alle nuove reclute, la loro preparazione professionale e la loro formazione culturale, il mantenimento degli standard necessari, la deriva generale in cui i vari eserciti di Franceschiello si stanno impantanando, devono essere risolti.

 

Perché se Gennaro decide di fare 'sto casino ogni maledetta domenica, noi – per legge vigente e opportunità operante – dovremo sottostare alla sua volontà.
E mentre noi sbirri siamo in prima pagina ogni giorno per gli episodi di violenza che ci vengono addebitati, lo Stato parlamenta e tratta con un capo ultrà che decide in nome del calcio e che indossa una maglietta che inneggia alla libertà dell'assassino di un poliziotto.
A proposito: quanta solidarietà dal 7 febbraio 2007...
Quante fiaccolate abbiamo visto in memoria di Filippo Raciti? Quanti parlamentari e senatori abbiamo visto apparire in tv e promuovere raccolte di firme? Quante puntate di Report, di Linea Diretta, di Chi l'ha visto, per indagare su questa forma di violenza o per cercare testimonianze che servissero ad accertare la verità nei casi che vedono vittime le divise?
Chi ha analizzato in tv le motivazioni che hanno portato tre ragazzini ad ammazzare un carabiniere a bastonate, accecandone un secondo? Chi si ricorda dei 55 caduti della Polizia di Stato nella guerra contro il terrorismo? Vogliamo parlare delle vittime per mano di mafia, dei loro familiari?

 

Forse è chiedere troppo. Parliamo almeno di Filippo Raciti, visto che siamo in tema di violenza negli stadi. Lui in uno stadio c'è morto, ammazzato: è una verità scritta in una sentenza passata in giudicato.
Fu omicidio preterintenzionale e la condanna dell'assassino 8 anni.
Triste pensare che se non avesse esibito lui il nome dell'assassino, nessuno probabilmente si sarebbe ricordato della tragica notte dello stadio Massimino di Catania.
Complimenti.

 




 Un commento a quella sorta di  "Strage del sabato sera" della legalità e dello sport. La nostra solidarietà alla dignitosa  signora Raciti. (ASAPS)

 

 

 


 

Lunedì, 05 Maggio 2014
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