“La
vera strategia contro il terrorismo è l’intelligence”.
Non ha dubbi Marco Allegretti, dirigente della Polizia di Frontiera
sia al Traforo del Monte Bianco sia al confine con la Svizzera,
nonché vice-questore aggiunto ad Aosta. Parla all’indomani
della decisione presa oltralpe di ripristinare i controlli in
uscita dall’Italia. Lo scopo è, chiaramente, preventivo.
Ma dalla chiacchierata informale con Allegretti, si intuisce che
alla frontiera è cambiato poco. Non può, in effetti,
essere altrimenti. Basta fare attenzione alle statistiche: la
maggior parte delle operazioni effettuate alla frontiera nel corso
degli anni (come ad esempio i sequestri di stupefacenti) di solito
sono frutto di “soffiate”. Intelligence, insomma, a
diversi livelli a seconda dell’oggetto di indagine.
Qualche coda in effetti c’è stata, ma non sembra che
la causa sia il ripristino dei controlli di frontiera. La chiusura
del Fréjus ha portato ad un aumento dei transiti al Traforo
del Monte Bianco, regolamentati per favorire l’interdistanza
nel tunnel in osservanza delle norme di sicurezza del post-rogo
di sei anni fa.
A proposito della tragedia del 24 marzo 1999: è attesa
tra pochi giorni la sentenza del Tribunale di Bonneville. Tre
mesi di processo e tre mesi di camera di consiglio per valutare
l’enorme mole di perizie, testimonianze, consulenze, indagini,
realizzate per stabilire se per quel rogo, e per 39 morti, vi
siano dei responsabili. Il Traforo del Monte Bianco restò
sotto sequestro per mesi, poi fu necessario parecchio tempo prima
di potervi entrare senza un’adeguata protezione. C’erano
residui di diossina e cianuri lì dentro, frutto della combustione
dei veicoli ad elevate temperature.
Di cianuri parlò per primo l’allora consulente Pietro
Lunardi, attuale Ministro ai Lavori Pubblici: li indicava come
concausa della morte delle vittime, insieme alle elevate temperature
dei fumi. Le immagini del rogo furono girate dai Vigili del fuoco
e prima di entrare nel tunnel passarono mesi. Quelle dell’interno
del Fréjus sono, invece, state girate nei giorni successivi
il rogo dalle troupes televisive entrate nel tunnel senza nemmeno
una mascherina, così come quelle dell’incendio del
Gottardo.
Di certo, il rogo sotto la vetta più alta d’Europa
fu più devastante, e non soltanto per il numero dei morti.
La struttura ne uscì irrimediabilmente danneggiata: la
ristrutturazione del Traforo e la relativa messa in sicurezza
è durata ben tre anni, milioni gli euro investiti.
Per quanto riguarda il Fréjus, invece, si parla di riapertura
per i primi di agosto. Ad annunciarlo è il neo-presidente
della Giunta regionale valdostana Luciano Caveri. Se le previsioni
fossero esatte, si potrebbe parlare di riapertura-record. Che
fa, tuttavia, pensare: perché non si è colta l’occasione
per potenziare la sicurezza nel Fréjus? Certo, i lavori
sarebbero durati almeno fino al 2006, e per allora ci saranno
le Olimpiadi. A due passi da lì.
Maria
Teresa Zonca