Mafia: racket moto rubate, ultimo business a Palermo. Per cosche affari da oltre un milione di euro l’anno |
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(ANSA)
– PALERMO. Da 200 a 2000 euro: sono le tariffe dell’ultimo
business della mafia, il racket delle motociclette e dei ciclomotori
rubati. Il meccanismo è semplice: la moto viene rubata e
dopo poco allo sfortunato proprietario viene fatto sapere che un
modo per riaverla c’è: basta rivolgersi alla persona
giusta e, soprattutto, pagare. In
molti finiscono per accettare il compromesso e nelle casse dei clan arrivano centinaia di migliaia di euro ogni anno. Spesso sono gli stessi proprietari che chiedono in giro come recuperare il mezzo che vale magari migliaia di euro e poco tempo dopo vengono contattati. Il fenomeno a Palermo è diffusissimo tanto da avere attirato le attenzioni di polizia, carabinieri e guardia di finanza. Un’inchiesta sul racket delle motociclette rubate è stata aperta dalla procura di Palermo. L’altro ieri, a Termini Imerese, due giovani sono stati arrestati per estorsione. Si erano offerti di ritrovare la moto rubate a due ragazzi. In cambio avevano chiesto 300 euro. In entrambi i casi le vittime avevano preferito rivolgersi direttamente all’intermediario piuttosto che denunciare il furto alle forze dell’ordine. I dati sono allarmanti. A fornirli sono i carabinieri del nucleo operativo di Palermo: nel 2004 nella provincia sono state rubate 9.320 tra moto ed auto, 4.200 solo a Palermo per una media di circa 12 al giorno. Nel primo semestre di quest’anno in città siamo già a 4.200 furti. Un palermitano ha denunciato oggi di avere subito per tre volte il furto della stessa moto. Ritrovata prima fortuitamente, la seconda volta dalla polizia di Stato, fatta sparire domenica scorsa, per la terza volta, mentre era parcheggiata in una strada centrale. Altre due volte i ladri avevano tentato di rubare lo stesso motociclo BMW parcheggiato in un cortile condominiale privato. Hanno rotto il blocchetto di avviamento ma non sono riusciti a portar via la moto. Rubare oggetti di valore per chiedere un riscatto non è una novità per la mafia siciliana. Già nel 1838 Pietro Ulloa, procuratore generale a Trapani scriveva, descrivendo la criminalità organizzata siciliana “...il popolo è venuto a convenzione coi rei. Come accadono furti escono dei mediatori a offrire transazioni pel recuperamento degli oggetti rubati...”. “Considerato che per ogni veicolo – dice un investigatore – il prezzo del riscatto è in media di 300 euro, il conto è presto fatto: nelle tasche dei boss che gestiscono il racket in città arrivano almeno un milione e 200 mila euro l’anno”. “Pagare – dice il comandante provinciale dell’Arma, il colonnello Vittorio Tomasone – significa alimentare il crimine. Rivolgersi alle forze dell’ordine è l’unico modo per agire nella legalità e stroncare gli affari della criminalità”. Le cosche sono organizzatissime e possono contare su magazzini in cui nascondere moto ed auto rubate in attesa della risposta delle vittime: come quelli scoperti il mese scorso dalla Guardia di Finanza. Tre box in via Azolino Hazon, nel quartiere Brancaccio, in cui sono state ritrovate moto di grossa cilindrata appena rubate. Nel blitz sono finiti in carcere Salvatore Camarda, che aveva appena rubato una moto, ed i suoi tre complici, tra cui un minorenne. Custodivano i mezzi in attesa del riscatto. |
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