|
Non
servono leggi eccezionali ma un pacchetto di misure mirate
contro la minaccia del terrorismo internazionale. Questo la linea
d’intervento prospettata dal ministro dell’Interno
Pisanu, nel suo intervento alla Camera il 12 luglio. Pisanu
ha elencato le seguenti misure di carattere legislativo: possibilità
di estendere alle attività antiterrorismo ad istituti
quali i colloqui investigativi, oggi espressamente previsti
solo per la criminalità organizzata, ed il permesso
di soggiorno per motivi investigativi, che attualmente è
consentito solo per la tratta di esseri umani; unificazione
della disciplina per le procedure di identificazione personale,
portando a ventiquattro ore anche il fermo di polizia giudiziaria;
|
integrare
i poteri del Comitato di sicurezza finanziaria ed ampliare il
campo di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale.
Queste le possibili modifiche al codice penale prospettate
dal ministro Pisanu: equiparare il falso in documenti d’identificazione
a quello su atti destinati alla pubblica fede; estendere alle
false dichiarazioni fatte alla Polizia giudiziaria le più
gravi sanzioni oggi previste per le dichiarazioni davanti al giudice;
estendere l’arresto obbligatorio in flagranza a tutti i delitti
commessi per finalità di terrorismo internazionale, ivi
compreso il possesso di documenti falsi, che dovrebbe intendersi
quale indizio del pericolo di fuga; rivedere l’articolo 270-bis
(delitto di “associazione con finalità di terrorismo
anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico)
in modo da poter colpire anche organizzazioni terroristiche internazionali
che presentano strutture labili, gerarchie incerte e programmi
sfuggenti; introdurre la nominatività delle schede di telefonia
mobile, così da realizzare un archivio degli utilizzatori,
sulla falsariga di quanto previsto dal 1978 per l’utilizzo delle
abitazioni.
Intervento del ministro dell’interno Giuseppe Pisanu alla Camera
dei deputati 12.7.2005
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sulla base di informazioni
direttamente raccolte nel Regno Unito posso così brevemente
riassumere la tragica sequenza degli attentati di Londra.
La mattina di giovedì scorso si sono verificate quattro
esplosioni, tre nella metropolitana, alle 8,50, e l’altra su di
un autobus, circa un’ora dopo. La scelta di colpire lo snodo cruciale
di King’s Cross dove si incrociano due linee ferroviarie e cinque
di metropolitana, denota l’intento di paralizzare il sistema di
trasporto della capitale britannica. Non è ancora chiaro
invece quale fosse il vero obiettivo dell’ordigno esploso sull’autobus.
Sia pure con molte riserve è stata formulata l’ipotesi
che potesse trattarsi della stazione, bus e metro, di Houston,
situata in una zona più centrale.
Le vittime finora accertate sono cinquantadue, i feriti settecentosessantaquattro,
tra cui due italiani già dimessi dall’ospedale. Mancano
ancora all’appello sessantasei persone, tra le quali, come è
noto, la nostra giovane connazionale Benedetta Ciaccia. In questo
difficile momento il Governo e le istituzioni sono fraternamente
vicine alla sua famiglia.
Non sono stati ritrovati ordigni esplosi, né resti di congegni
a tempo, sebbene l’impiego di questi ultimi appaia molto probabile
data la dinamica degli eventi. Le ricerche proseguono sia nelle
gallerie della sotterranea sia nella zona di Tavistock Square,
dove è esploso l’autobus. Qui l’analisi dei resti umani
e del relitto del mezzo pubblico sono fondamentali per lo sviluppo
delle indagini, come pure le testimonianze dei passeggeri. Non
è stata ancora accertata tuttavia la presenza di un kamikaze.
Altrettanto importanti sono le immagini registrate dalle telecamere
a circuito chiuso, e perciò verranno analizzate quelle
riguardanti l’intera metropolitana. Di particolare utilità
potranno risultare anche le riprese effettuate da privati. Al
momento non esiste alcuna indicazione che gli attentatori abbiano
lasciato Londra, pertanto le autorità britanniche considerano
la minaccia terroristica ancora al livello più alto. Specifiche
attività vengono ora svolte per prevenire il rischio di
reazioni islamo-fobiche.
Per quanto riguarda i soccorsi, sembra di poter dire fin d’ora
che essi sono stati molto facilitati dalle esercitazioni svolte
dopo l’11 settembre, l’ultima delle quali quattro giorni prima
degli attentati.
Particolarmente utile per la gestione della crisi è risultata
l’istituzione, in tempo reale, di un centro per i mezzi di comunicazione
di massa e di un centro di assistenza per le famiglie delle persone
coinvolte nel disastro.
Dunque, se i londinesi hanno saputo reagire all’attacco terroristico
con ammirevole compostezza e dignità, l’hanno fatto non
solo grazie alle loro tradizionali virtù civiche, ma anche
alla scrupolosa preparazione ad un evento che sapevano essere
altamente probabile.
Indipendentemente dalle diverse rivendicazioni finora diffuse,
numerosi elementi consentono di ascrivere gli attentati di Londra
al terrorismo internazionale di matrice islamica. In proposito,
vorrei ricordare che le autorità britanniche hanno aspettato
due giorni per ammettere questa ipotesi, certamente memori del
fatto che la rivendicazione autentica della strage di Madrid da
parte di Bin Laden arrivò un mese e mezzo dopo.
Anche l’attribuzione ad Al Qaeda sembra verosimile. Ma con questo
nome si deve ora intendere, essenzialmente, una ideologia che
strumentalizza l’Islam ed usa la violenza come mezzo ordinario
di lotta politica. Più che di un’organizzazione gerarchicamente
ordinata con una vera e propria catena di comando, si tratta,
infatti, di una rete mondiale a maglie autonome, rassomigliante
ai moderni cartelli della droga piuttosto che ai partiti rivoluzionari
dell’Otto-Novecento.
In ogni caso, risulta consolidata la scelta di esportare l’aggressione
terroristica dalle tradizionali aree di conflitto etnico-religioso
ai paesi dell’Occidente e, in particolare, a quelli più
direttamente impegnati in Iraq ed in Afghanistan. Lo scopo è
certamente quello di deviare gli orientamenti internazionali di
questi paesi, scegliendo obiettivi e tempi di intervento sulla
base di analisi molto attente alle situazioni politiche, agli
elementi simbolici, all’impatto emotivo e propagandistico: fu
così per la strage preelettorale di Madrid; è stato
così per le bombe nella metropolitana londinese, in coincidenza
con il G8 e con l’inizio del semestre britannico di Presidenza
dell’Unione europea.
Questo terrorismo, dunque, conferma la propria natura di movimento
politico internazionale, che utilizza freddamente il fanatismo
religioso e l’arma del massacro indiscriminato per alterare i
processi democratici o, comunque, le decisioni politiche dei paesi
che aggredisce, siano essi Stati islamici o nazioni occidentali.
A Madrid come a Londra, i terroristi hanno dimostrato rilevanti
capacità organizzative, attaccando contemporaneamente gangli
vitali dei sistemi di comunicazione urbana, sistemi che - ormai
sembra chiaro a tutti - possono essere resi invulnerabili soltanto
con la chiusura e la conseguente paralisi del traffico.
Certamente, a Londra hanno operato più terroristi con una
perfetta conoscenza del territorio e degli obiettivi da colpire.
Ma nei fatti c’è qualcosa di più esplicito.
I Servizi britannici avevano messo in conto l’attentato ed i suoi
obiettivi, anche se ne ignoravano la tempistica e le modalità
e avevano adottato misure accurate di prevenzione e contrasto,
mentre le autorità pubbliche avevano informato apertamente
i cittadini sui rischi che correvano.
Alla luce di quanto è avvenuto si può cogliere qualche
carenza in quei dispositivi di sicurezza nel giorno dell’attacco,
ma Londra resta ancora oggi una delle città meglio protette
e meglio sorvegliate del mondo libero. Dunque, ha ragione il premier
Tony Blair quando afferma che tutta la sorveglianza di questo
mondo non può impedire simili attacchi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo gli attentati di Casablanca
e di Istanbul, dichiarai che il terrorismo islamista aveva bussato
alle porte dell’Europa. I fatti, purtroppo, mi hanno dato ragione.
Oggi, dopo le stragi di Madrid e di Londra, devo dire che quel
terrorismo bussa anche alle porte dell’Italia e di altri paesi
europei. Prego perché i fatti mi diano torto e, nello stesso
tempo, sento l’obbligo di fare tutto il possibile per continuare
a tenere ben salde le porte di casa.
L’esistenza di questa minaccia contro il nostro paese non è
avallata da elementi precisi e inconfutabili. Tuttavia, la valutazione
di circostanze e indizi convergenti ci spinge a considerarla possibile,
come ha detto subito il Presidente del Consiglio Berlusconi. Ecco
perché abbiamo reagito alle prime notizie provenienti da
Londra, considerando anche l’ipotesi, assai improbabile ma paventata,
che l’attacco potesse avere un seguito immediato anche in Italia.
Quindi, ho dato subito disposizioni urgenti per adeguare i livelli
di allarme antiterrorismo. In realtà, come ho detto più
volte al Parlamento, i dispositivi messi in opera dopo l’11 settembre
ed aggiornati all’indomani dell’attacco a Nassiriya non hanno
mai smesso di funzionare a pieno regime. In altri termini, non
abbiamo mai sottovalutato nulla. Negli ultimi mesi, poi, le nostre
attività di prevenzione e di intelligence sono state incrementate
per il profilarsi di nuove minacce terroristiche contro obiettivi
europei, minacce tra le quali vi erano anche quelle indirizzate
al Regno Unito. Oggi, le Forze di polizia vigilano su oltre 13
mila obiettivi sensibili, mentre 2.500 militari tutelano numerosi
altri siti distribuiti in 60 diverse province.
Giovedì scorso, oltre ad innalzare il livello di allarme
di questa rete, abbiamo mobilitato i canali della cooperazione
italo-britannica per la sicurezza, mentre al Viminale si riuniva
il comitato di analisi strategica antiterrorismo, che ora prosegue
in seduta permanente.
Da circa due anni in tale comitato Polizia di Stato, Arma dei
carabinieri, Guardia di finanza, SISDE e SISMI collaborano strettamente,
analizzando tutte le informazioni e dando indicazioni alle forze
antiterrorismo che operano sul campo.
Auspico che, nella sua autonomia, anche la magistratura più
impegnata sullo stesso fronte possa adottare forme appropriate
di coordinamento in attesa di più organiche decisioni del
Parlamento.
Per quanto riguarda gli apparati amministrativi della sicurezza,
ritengo che, in una fase come questa, si debba realizzare la massima
unità di indirizzo e di iniziativa nelle mani del ministro
dell’interno in quanto autorità nazionale di pubblica sicurezza.
Ciò, evidentemente, vale per il coordinamento delle connesse
attività di difesa civile e di protezione civile - anche
per queste! - in sede di gestione e contenimento delle conseguenze
di eventuali atti terroristici. Non si tratta, ovviamente, di
rivendicare poteri eccezionali, ma soltanto di esercitare con
fermezza quelli previsti dalle norme vigenti. Ciò è
necessario per la migliore attuazione in caso di necessità
dei piani di emergenza antiterrorismo.
A tal fine ho dato disposizioni rigide al centro ed in periferia
affinché le amministrazioni interessate si muovano all’unisono
tra di loro e secondo il dovere di leale collaborazione con le
istituzioni territoriali. Va da sé che nessuno può
rivendicare competenze senza assumersi conseguenti responsabilità.
Nella serata di giovedì 7 luglio, su disposizione del Presidente
Berlusconi, si è tenuta una prima riunione a palazzo Chigi,
presieduta dal sottosegretario Letta, alla quale hanno partecipato
i ministri degli esteri, dell’interno e della difesa, insieme
ai vertici delle Forze dell’ordine e dei Servizi di intelligence.
Su questa base venerdì scorso ho convocato e presieduto
una riunione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza
pubblica, dei cui esiti ho subito informato il Presidente del
Consiglio e il Presidente della Repubblica.
Il comitato ha valutato la minaccia terroristica nei termini che
ho prima richiamato, individuando una serie di contromisure sulle
quali desidero ora riferire per quanto è consentito dalla
pubblicità dei nostri lavori.
Innanzitutto, sono stati selezionati gli obiettivi più
probabili di una eventuale azione terroristica e su di essi si
sono focalizzati i dispositivi di sicurezza anche per quanto riguarda
la difesa civile e la protezione civile. Particolare attenzione
viene riservata agli ambienti dove può prendere consistenza
la minaccia terroristica ed al monitoraggio stretto dei cittadini
extracomunitari già interessati da inchieste giudiziarie.
Queste attività potranno determinare provvedimenti di espulsione
dal territorio nazionale per motivi di ordine pubblico o sicurezza
dello Stato.
Contemporaneamente, in Italia e all’estero, d’accordo con la Farnesina,
stiamo promuovendo iniziative diverse nei confronti di associazioni
ed istituzioni dell’Islam moderato, che vedono nel terrorismo
un nemico comune. Nei prossimi giorni, inoltre, il ministro degli
esteri Fini incontrerà tutti gli ambasciatori degli Stati
islamici presenti in Italia. Con l’Islam moderato, con i governi
islamici laicamente costituiti ed operanti possiamo trovare intese
di vitale importanza.
Nella situazione attuale, assume rilievo ancora maggiore il contrasto
dell’immigrazione clandestina, e specialmente dei flussi provenienti
dal Corno d’Africa, da quelle terre senza Stato dove il radicalismo
islamico si è insediato, è pericolosamente attivo
e fa molti proseliti.
A questo proposito, devo ancora una volta sottolineare il ruolo
dei centri di permanenza temporanea, strutture previste dalla
legge e rese indispensabili dagli accordi di Schengen, che il
Governo intende potenziare, difendere e migliorare, dando ascolto
a quanti vogliono risolvere il problema dell’immigrazione clandestina
con intelligenza e umanità ma, anche, con scrupolosa attenzione
alla sicurezza ed all’ordine pubblico.
Per la prevenzione del terrorismo, il controllo del territorio
è un’attività di importanza fondamentale; si è,
perciò, deciso di incrementare il numero degli operatori
destinati a tale servizio, recuperando personale sia con la più
oculata revisione delle scorte sia con la riorganizzazione, mediante
norme apposite, del sistema di notifica degli atti giudiziari.
Un contributo significativo è assicurato anche dal programma
"Poliziotto e carabiniere di quartiere" che, proprio
nei prossimi giorni, vedrà l’entrata in servizio di altri
750 operatori.
Nell’ottica del controllo delle aree urbane a maggior rischio,
è prevista anche la reiterazione delle operazioni "Vie
libere"; infine - ma sottolineo che si tratta di una delle
misure principali - si è deciso di rafforzare la sicurezza
del trasporto urbano e delle grandi infrastrutture portuali e
ferroviarie. Queste, infatti, risultano piuttosto vulnerabili,
anche da azioni terroristiche di media portata.
Per quanto riguarda il controllo delle frontiere - e mi riferisco
alle frontiere interne europee -, noi asseconderemo, come è
nostro dovere, la decisione della Francia di sospendere gli accordi
di Schengen; per parte nostra, seguendo l’orientamento più
diffuso, preferiamo rafforzare la sorveglianza lungo i confini
con l’Austria e la Slovenia.
A loro volta, e fermo restando il più stretto coordinamento
nell’ambito del Comitato di analisi strategica, i nostri Servizi
di informazione hanno intensificato la propria attività
e stanno attuando misure per accrescere le loro capacità
operative, in Italia e all’estero. In questa stessa logica, sarebbe
assai utile un intervento normativo per dotarli di strumenti insostituibili,
come le intercettazioni preventive e l’accesso alle banche dati
dei gestori telefonici e telematici.
Subito dopo gli attentati di Londra, ho avuto due colloqui telefonici
con il collega Charles Clarke; proprio tre giorni prima, ad Evian,
avevo discusso con lui - e con gli altri colleghi di Germania,
Francia e Spagna - alcune proposte operative per la lotta al terrorismo.
Domani, ne riparleremo Bruxelles, nella riunione straordinaria
dei ministri dell’Unione europea.
Tutto ciò che nell’immediato si può fare, deve essere
fatto, dallo scambio delle informazioni al controllo di armi ed
esplosivi al pattugliamento virtuale di Internet alla conservazione
dei dati, e così via enumerando.
Ma la via delle intese minute intorno a singoli aspetti della
lotta al terrorismo è ormai giunta al termine. È
tempo, invece, di definire una politica organica per la sicurezza
comune e di finanziarla in misura adeguata; altrimenti, Londra
e Madrid ci avranno insegnato ben poco.
Dobbiamo finalmente prendere atto che la minaccia del terrorismo
internazionale, pur non risparmiando molti Governi del mondo islamico,
è rivolta innanzitutto contro l’Occidente, e quindi contro
l’Europa, contro i valori della democrazia e dello Stato di diritto.
Logicamente, non possiamo confondere quella minaccia con la religione,
la cultura e la civiltà islamiche, ma di essa dobbiamo
cogliere tutta la concreta dimensione internazionale se davvero
vogliamo contrastarla efficacemente. "No", dunque, allo
scontro di civiltà, ma risposta comune ad una minaccia
comune chiaramente individuata.
Veniamo ora alle misure di carattere legislativo che sono state
prospettate dal Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza
pubblica. Dico subito che nessuno pensa a leggi eccezionali. Non
possiamo limitare la libertà dei cittadini per combattere
i nemici della libertà: se lo facessimo, concederemmo loro
un’autentica vittoria. Al contrario, la nostra attenzione si è
rivolta ad alcune limitate modifiche o a mirati adattamenti degli
istituti in vigore, i quali lascerebbero intatto il quadro delle
garanzie previste dal nostro ordinamento giuridico e costituzionale.
Queste norme mirano tutte allo stesso fine: fornire presto un
supporto concreto alla prevenzione e alla investigazione. Mi riferisco,
prima di tutto, alla possibilità di estendere alle attività
antiterrorismo istituti quali i colloqui investigativi, oggi espressamente
previsti solo per la criminalità organizzata, ed il permesso
di soggiorno per motivi investigativi, che attualmente è
consentito solo per la tratta di esseri umani.
Ugualmente auspicabile è l’unificazione della disciplina
per le procedure di identificazione personale, portando a ventiquattro
ore anche il fermo di polizia giudiziaria. Appare utile, altresì,
perfezionare le norme sul nulla osta del questore per le attività
di aeronavigazione, estendendo il controllo preventivo anche alla
fase di addestramento. Per potenziare il contrasto al finanziamento
del terrorismo internazionale, occorre integrare i poteri del
Comitato di sicurezza finanziaria ed ampliare il campo di applicazione
delle misure di prevenzione patrimoniale. In questo senso si è
già mosso il ministro dell’economia e delle finanze.
Mi sono state prospettate, poi, diverse ipotesi di intervento
sul codice penale. In particolare, si tratterebbe di equiparare
il falso in documenti d’identificazione a quello su atti destinati
alla pubblica fede. In secondo luogo, di estendere alle false
dichiarazioni fatte alla Polizia giudiziaria le più gravi
sanzioni oggi previste per le dichiarazioni davanti al giudice.
In terzo luogo, di estendere l’arresto obbligatorio in flagranza
a tutti i delitti commessi per finalità di terrorismo internazionale,
ivi compreso il possesso di documenti falsi, che dovrebbe intendersi
quale indizio del pericolo di fuga.
In quarto luogo, sagomare meglio l’articolo 270-bis, in modo da
poter colpire anche organizzazioni terroristiche internazionali
che, come le singole maglie della rete mondiale di Al Qaeda, presentano
strutture labili, gerarchie incerte e programmi sfuggenti.
Infine, sarebbe di grande giovamento alle attività investigative
l’introduzione della nominatività delle schede di telefonia
mobile, così da realizzare un archivio degli utilizzatori,
come si fece nel 1978 per l’utilizzo delle abitazioni.
Naturalmente, rimetto tali proposte alla valutazione sovrana del
Parlamento, confidando che lo stesso possa anche riconoscerne
la necessità e l’urgenza. Ciò non impedisce che
le Camere conducano la propria riflessione anche più in
là, sull’adeguamento del nostro sistema giuridico alle
peculiarità di un terrorismo che getta la propria ombra
pesante sul momento di storia che stiamo vivendo.
In ogni caso, a conclusione del dibattito odierno, sottoporrò
ai ministri competenti ed al Governo un’esauriente base di discussione.
Aggiungo che, consapevole di taluni ritardi, garantisco personalmente
alla Camera la puntuale e tempestiva attuazione di ogni suo deliberato
in materia. L’attuazione delle linee di intervento che ho testé
illustrato richiede, come è ovvio, ulteriori risorse finanziarie,
che dovranno aggiungersi a quelle già indicate per la sicurezza
delle prossime Olimpiadi invernali di Torino. Ne ho già
parlato con il Presidente del Consiglio e con il ministro dell’economia,
ottenendo risposte rassicuranti. Signor Presidente, onorevoli
colleghi, siamo in uno stato di intenso e prolungato allarme,
a causa della minaccia che incombe sul nostro paese e sul resto
d’Europa. Dobbiamo reagire con razionalità e compostezza,
come si addice ad un paese civile, geloso dei suoi valori, dei
suoi ordinamenti e del suo modo di vivere. So che possiamo contare
sul sostegno dell’Europa e di molti paesi amici, ma dobbiamo fare
affidamento soprattutto sulle nostre energie morali e materiali.
Le nostre Forze dell’ordine, i nostri servizi di informazione
e tutto il nostro sistema di sicurezza sono in grado di fronteggiare
questa terribile minaccia. Spetta a noi, Governo e Parlamento,
condividere e sostenere attivamente il loro impegno per la salvaguardia
della comunità nazionale.
Contro il terrorismo di matrice islamica dobbiamo dunque evitare
divisioni e ricercare, invece, orientamenti comuni e larga concordia
politico-istituzionale.
In questo spirito, onorevoli colleghi, vi ho reso le comunicazioni
urgenti che mi avete chiesto. Vi ringrazio.
|