Lunedì 25 Novembre 2024
area riservata
ASAPS.it su
Notizie brevi 13/07/2005

Pisanu: nessuna legge eccezionale ma un pacchetto di provvedimenti mirati Le misure proposte dal ministro dell’Inteno contro il terrorismo

(Intervento alla Camera 12.7.2005)

Pisanu: nessuna legge eccezionale ma un pacchetto di provvedimenti mirati
Le misure proposte dal ministro dell’Inerno contro il terrorismo
(Intervento alla Camera 12.7.2005).

Non servono leggi eccezionali ma un pacchetto di misure mirate contro la minaccia del terrorismo internazionale. Questo la linea d’intervento prospettata dal ministro dell’Interno Pisanu, nel suo intervento alla Camera il 12 luglio. Pisanu ha elencato le seguenti misure di carattere legislativo: possibilità di estendere alle attività antiterrorismo ad istituti quali i colloqui investigativi, oggi espressamente previsti solo per la criminalità organizzata, ed il permesso di soggiorno per motivi investigativi, che attualmente è consentito solo per la tratta di esseri umani; unificazione della disciplina per le procedure di identificazione personale, portando a ventiquattro ore anche il fermo di polizia giudiziaria;

integrare i poteri del Comitato di sicurezza finanziaria ed ampliare il campo di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale. Queste le possibili modifiche al codice penale prospettate dal ministro Pisanu: equiparare il falso in documenti d’identificazione a quello su atti destinati alla pubblica fede; estendere alle false dichiarazioni fatte alla Polizia giudiziaria le più gravi sanzioni oggi previste per le dichiarazioni davanti al giudice; estendere l’arresto obbligatorio in flagranza a tutti i delitti commessi per finalità di terrorismo internazionale, ivi compreso il possesso di documenti falsi, che dovrebbe intendersi quale indizio del pericolo di fuga; rivedere l’articolo 270-bis (delitto di “associazione con finalità di terrorismo anche internazionale o di eversione dell’ordine democratico) in modo da poter colpire anche organizzazioni terroristiche internazionali che presentano strutture labili, gerarchie incerte e programmi sfuggenti; introdurre la nominatività delle schede di telefonia mobile, così da realizzare un archivio degli utilizzatori, sulla falsariga di quanto previsto dal 1978 per l’utilizzo delle abitazioni.

Intervento del ministro dell’interno Giuseppe Pisanu alla Camera dei deputati 12.7.2005
Signor Presidente, onorevoli colleghi, sulla base di informazioni direttamente raccolte nel Regno Unito posso così brevemente riassumere la tragica sequenza degli attentati di Londra.
La mattina di giovedì scorso si sono verificate quattro esplosioni, tre nella metropolitana, alle 8,50, e l’altra su di un autobus, circa un’ora dopo. La scelta di colpire lo snodo cruciale di King’s Cross dove si incrociano due linee ferroviarie e cinque di metropolitana, denota l’intento di paralizzare il sistema di trasporto della capitale britannica. Non è ancora chiaro invece quale fosse il vero obiettivo dell’ordigno esploso sull’autobus. Sia pure con molte riserve è stata formulata l’ipotesi che potesse trattarsi della stazione, bus e metro, di Houston, situata in una zona più centrale.
Le vittime finora accertate sono cinquantadue, i feriti settecentosessantaquattro, tra cui due italiani già dimessi dall’ospedale. Mancano ancora all’appello sessantasei persone, tra le quali, come è noto, la nostra giovane connazionale Benedetta Ciaccia. In questo difficile momento il Governo e le istituzioni sono fraternamente vicine alla sua famiglia.
Non sono stati ritrovati ordigni esplosi, né resti di congegni a tempo, sebbene l’impiego di questi ultimi appaia molto probabile data la dinamica degli eventi. Le ricerche proseguono sia nelle gallerie della sotterranea sia nella zona di Tavistock Square, dove è esploso l’autobus. Qui l’analisi dei resti umani e del relitto del mezzo pubblico sono fondamentali per lo sviluppo delle indagini, come pure le testimonianze dei passeggeri. Non è stata ancora accertata tuttavia la presenza di un kamikaze.
Altrettanto importanti sono le immagini registrate dalle telecamere a circuito chiuso, e perciò verranno analizzate quelle riguardanti l’intera metropolitana. Di particolare utilità potranno risultare anche le riprese effettuate da privati. Al momento non esiste alcuna indicazione che gli attentatori abbiano lasciato Londra, pertanto le autorità britanniche considerano la minaccia terroristica ancora al livello più alto. Specifiche attività vengono ora svolte per prevenire il rischio di reazioni islamo-fobiche.
Per quanto riguarda i soccorsi, sembra di poter dire fin d’ora che essi sono stati molto facilitati dalle esercitazioni svolte dopo l’11 settembre, l’ultima delle quali quattro giorni prima degli attentati.
Particolarmente utile per la gestione della crisi è risultata l’istituzione, in tempo reale, di un centro per i mezzi di comunicazione di massa e di un centro di assistenza per le famiglie delle persone coinvolte nel disastro.
Dunque, se i londinesi hanno saputo reagire all’attacco terroristico con ammirevole compostezza e dignità, l’hanno fatto non solo grazie alle loro tradizionali virtù civiche, ma anche alla scrupolosa preparazione ad un evento che sapevano essere altamente probabile.
Indipendentemente dalle diverse rivendicazioni finora diffuse, numerosi elementi consentono di ascrivere gli attentati di Londra al terrorismo internazionale di matrice islamica. In proposito, vorrei ricordare che le autorità britanniche hanno aspettato due giorni per ammettere questa ipotesi, certamente memori del fatto che la rivendicazione autentica della strage di Madrid da parte di Bin Laden arrivò un mese e mezzo dopo.
Anche l’attribuzione ad Al Qaeda sembra verosimile. Ma con questo nome si deve ora intendere, essenzialmente, una ideologia che strumentalizza l’Islam ed usa la violenza come mezzo ordinario di lotta politica. Più che di un’organizzazione gerarchicamente ordinata con una vera e propria catena di comando, si tratta, infatti, di una rete mondiale a maglie autonome, rassomigliante ai moderni cartelli della droga piuttosto che ai partiti rivoluzionari dell’Otto-Novecento.
In ogni caso, risulta consolidata la scelta di esportare l’aggressione terroristica dalle tradizionali aree di conflitto etnico-religioso ai paesi dell’Occidente e, in particolare, a quelli più direttamente impegnati in Iraq ed in Afghanistan. Lo scopo è certamente quello di deviare gli orientamenti internazionali di questi paesi, scegliendo obiettivi e tempi di intervento sulla base di analisi molto attente alle situazioni politiche, agli elementi simbolici, all’impatto emotivo e propagandistico: fu così per la strage preelettorale di Madrid; è stato così per le bombe nella metropolitana londinese, in coincidenza con il G8 e con l’inizio del semestre britannico di Presidenza dell’Unione europea.
Questo terrorismo, dunque, conferma la propria natura di movimento politico internazionale, che utilizza freddamente il fanatismo religioso e l’arma del massacro indiscriminato per alterare i processi democratici o, comunque, le decisioni politiche dei paesi che aggredisce, siano essi Stati islamici o nazioni occidentali.
A Madrid come a Londra, i terroristi hanno dimostrato rilevanti capacità organizzative, attaccando contemporaneamente gangli vitali dei sistemi di comunicazione urbana, sistemi che - ormai sembra chiaro a tutti - possono essere resi invulnerabili soltanto con la chiusura e la conseguente paralisi del traffico.
Certamente, a Londra hanno operato più terroristi con una perfetta conoscenza del territorio e degli obiettivi da colpire. Ma nei fatti c’è qualcosa di più esplicito.
I Servizi britannici avevano messo in conto l’attentato ed i suoi obiettivi, anche se ne ignoravano la tempistica e le modalità e avevano adottato misure accurate di prevenzione e contrasto, mentre le autorità pubbliche avevano informato apertamente i cittadini sui rischi che correvano.
Alla luce di quanto è avvenuto si può cogliere qualche carenza in quei dispositivi di sicurezza nel giorno dell’attacco, ma Londra resta ancora oggi una delle città meglio protette e meglio sorvegliate del mondo libero. Dunque, ha ragione il premier Tony Blair quando afferma che tutta la sorveglianza di questo mondo non può impedire simili attacchi.
Signor Presidente, onorevoli colleghi, dopo gli attentati di Casablanca e di Istanbul, dichiarai che il terrorismo islamista aveva bussato alle porte dell’Europa. I fatti, purtroppo, mi hanno dato ragione. Oggi, dopo le stragi di Madrid e di Londra, devo dire che quel terrorismo bussa anche alle porte dell’Italia e di altri paesi europei. Prego perché i fatti mi diano torto e, nello stesso tempo, sento l’obbligo di fare tutto il possibile per continuare a tenere ben salde le porte di casa.
L’esistenza di questa minaccia contro il nostro paese non è avallata da elementi precisi e inconfutabili. Tuttavia, la valutazione di circostanze e indizi convergenti ci spinge a considerarla possibile, come ha detto subito il Presidente del Consiglio Berlusconi. Ecco perché abbiamo reagito alle prime notizie provenienti da Londra, considerando anche l’ipotesi, assai improbabile ma paventata, che l’attacco potesse avere un seguito immediato anche in Italia. Quindi, ho dato subito disposizioni urgenti per adeguare i livelli di allarme antiterrorismo. In realtà, come ho detto più volte al Parlamento, i dispositivi messi in opera dopo l’11 settembre ed aggiornati all’indomani dell’attacco a Nassiriya non hanno mai smesso di funzionare a pieno regime. In altri termini, non abbiamo mai sottovalutato nulla. Negli ultimi mesi, poi, le nostre attività di prevenzione e di intelligence sono state incrementate per il profilarsi di nuove minacce terroristiche contro obiettivi europei, minacce tra le quali vi erano anche quelle indirizzate al Regno Unito. Oggi, le Forze di polizia vigilano su oltre 13 mila obiettivi sensibili, mentre 2.500 militari tutelano numerosi altri siti distribuiti in 60 diverse province.
Giovedì scorso, oltre ad innalzare il livello di allarme di questa rete, abbiamo mobilitato i canali della cooperazione italo-britannica per la sicurezza, mentre al Viminale si riuniva il comitato di analisi strategica antiterrorismo, che ora prosegue in seduta permanente.
Da circa due anni in tale comitato Polizia di Stato, Arma dei carabinieri, Guardia di finanza, SISDE e SISMI collaborano strettamente, analizzando tutte le informazioni e dando indicazioni alle forze antiterrorismo che operano sul campo.
Auspico che, nella sua autonomia, anche la magistratura più impegnata sullo stesso fronte possa adottare forme appropriate di coordinamento in attesa di più organiche decisioni del Parlamento.
Per quanto riguarda gli apparati amministrativi della sicurezza, ritengo che, in una fase come questa, si debba realizzare la massima unità di indirizzo e di iniziativa nelle mani del ministro dell’interno in quanto autorità nazionale di pubblica sicurezza. Ciò, evidentemente, vale per il coordinamento delle connesse attività di difesa civile e di protezione civile - anche per queste! - in sede di gestione e contenimento delle conseguenze di eventuali atti terroristici. Non si tratta, ovviamente, di rivendicare poteri eccezionali, ma soltanto di esercitare con fermezza quelli previsti dalle norme vigenti. Ciò è necessario per la migliore attuazione in caso di necessità dei piani di emergenza antiterrorismo.
A tal fine ho dato disposizioni rigide al centro ed in periferia affinché le amministrazioni interessate si muovano all’unisono tra di loro e secondo il dovere di leale collaborazione con le istituzioni territoriali. Va da sé che nessuno può rivendicare competenze senza assumersi conseguenti responsabilità.
Nella serata di giovedì 7 luglio, su disposizione del Presidente Berlusconi, si è tenuta una prima riunione a palazzo Chigi, presieduta dal sottosegretario Letta, alla quale hanno partecipato i ministri degli esteri, dell’interno e della difesa, insieme ai vertici delle Forze dell’ordine e dei Servizi di intelligence. Su questa base venerdì scorso ho convocato e presieduto una riunione del comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza pubblica, dei cui esiti ho subito informato il Presidente del Consiglio e il Presidente della Repubblica.
Il comitato ha valutato la minaccia terroristica nei termini che ho prima richiamato, individuando una serie di contromisure sulle quali desidero ora riferire per quanto è consentito dalla pubblicità dei nostri lavori.
Innanzitutto, sono stati selezionati gli obiettivi più probabili di una eventuale azione terroristica e su di essi si sono focalizzati i dispositivi di sicurezza anche per quanto riguarda la difesa civile e la protezione civile. Particolare attenzione viene riservata agli ambienti dove può prendere consistenza la minaccia terroristica ed al monitoraggio stretto dei cittadini extracomunitari già interessati da inchieste giudiziarie. Queste attività potranno determinare provvedimenti di espulsione dal territorio nazionale per motivi di ordine pubblico o sicurezza dello Stato.
Contemporaneamente, in Italia e all’estero, d’accordo con la Farnesina, stiamo promuovendo iniziative diverse nei confronti di associazioni ed istituzioni dell’Islam moderato, che vedono nel terrorismo un nemico comune. Nei prossimi giorni, inoltre, il ministro degli esteri Fini incontrerà tutti gli ambasciatori degli Stati islamici presenti in Italia. Con l’Islam moderato, con i governi islamici laicamente costituiti ed operanti possiamo trovare intese di vitale importanza.
Nella situazione attuale, assume rilievo ancora maggiore il contrasto dell’immigrazione clandestina, e specialmente dei flussi provenienti dal Corno d’Africa, da quelle terre senza Stato dove il radicalismo islamico si è insediato, è pericolosamente attivo e fa molti proseliti.
A questo proposito, devo ancora una volta sottolineare il ruolo dei centri di permanenza temporanea, strutture previste dalla legge e rese indispensabili dagli accordi di Schengen, che il Governo intende potenziare, difendere e migliorare, dando ascolto a quanti vogliono risolvere il problema dell’immigrazione clandestina con intelligenza e umanità ma, anche, con scrupolosa attenzione alla sicurezza ed all’ordine pubblico.
Per la prevenzione del terrorismo, il controllo del territorio è un’attività di importanza fondamentale; si è, perciò, deciso di incrementare il numero degli operatori destinati a tale servizio, recuperando personale sia con la più oculata revisione delle scorte sia con la riorganizzazione, mediante norme apposite, del sistema di notifica degli atti giudiziari. Un contributo significativo è assicurato anche dal programma "Poliziotto e carabiniere di quartiere" che, proprio nei prossimi giorni, vedrà l’entrata in servizio di altri 750 operatori.
Nell’ottica del controllo delle aree urbane a maggior rischio, è prevista anche la reiterazione delle operazioni "Vie libere"; infine - ma sottolineo che si tratta di una delle misure principali - si è deciso di rafforzare la sicurezza del trasporto urbano e delle grandi infrastrutture portuali e ferroviarie. Queste, infatti, risultano piuttosto vulnerabili, anche da azioni terroristiche di media portata.
Per quanto riguarda il controllo delle frontiere - e mi riferisco alle frontiere interne europee -, noi asseconderemo, come è nostro dovere, la decisione della Francia di sospendere gli accordi di Schengen; per parte nostra, seguendo l’orientamento più diffuso, preferiamo rafforzare la sorveglianza lungo i confini con l’Austria e la Slovenia.
A loro volta, e fermo restando il più stretto coordinamento nell’ambito del Comitato di analisi strategica, i nostri Servizi di informazione hanno intensificato la propria attività e stanno attuando misure per accrescere le loro capacità operative, in Italia e all’estero. In questa stessa logica, sarebbe assai utile un intervento normativo per dotarli di strumenti insostituibili, come le intercettazioni preventive e l’accesso alle banche dati dei gestori telefonici e telematici.
Subito dopo gli attentati di Londra, ho avuto due colloqui telefonici con il collega Charles Clarke; proprio tre giorni prima, ad Evian, avevo discusso con lui - e con gli altri colleghi di Germania, Francia e Spagna - alcune proposte operative per la lotta al terrorismo. Domani, ne riparleremo Bruxelles, nella riunione straordinaria dei ministri dell’Unione europea.
Tutto ciò che nell’immediato si può fare, deve essere fatto, dallo scambio delle informazioni al controllo di armi ed esplosivi al pattugliamento virtuale di Internet alla conservazione dei dati, e così via enumerando.
Ma la via delle intese minute intorno a singoli aspetti della lotta al terrorismo è ormai giunta al termine. È tempo, invece, di definire una politica organica per la sicurezza comune e di finanziarla in misura adeguata; altrimenti, Londra e Madrid ci avranno insegnato ben poco.
Dobbiamo finalmente prendere atto che la minaccia del terrorismo internazionale, pur non risparmiando molti Governi del mondo islamico, è rivolta innanzitutto contro l’Occidente, e quindi contro l’Europa, contro i valori della democrazia e dello Stato di diritto. Logicamente, non possiamo confondere quella minaccia con la religione, la cultura e la civiltà islamiche, ma di essa dobbiamo cogliere tutta la concreta dimensione internazionale se davvero vogliamo contrastarla efficacemente. "No", dunque, allo scontro di civiltà, ma risposta comune ad una minaccia comune chiaramente individuata.
Veniamo ora alle misure di carattere legislativo che sono state prospettate dal Comitato nazionale dell’ordine e della sicurezza pubblica. Dico subito che nessuno pensa a leggi eccezionali. Non possiamo limitare la libertà dei cittadini per combattere i nemici della libertà: se lo facessimo, concederemmo loro un’autentica vittoria. Al contrario, la nostra attenzione si è rivolta ad alcune limitate modifiche o a mirati adattamenti degli istituti in vigore, i quali lascerebbero intatto il quadro delle garanzie previste dal nostro ordinamento giuridico e costituzionale.
Queste norme mirano tutte allo stesso fine: fornire presto un supporto concreto alla prevenzione e alla investigazione. Mi riferisco, prima di tutto, alla possibilità di estendere alle attività antiterrorismo istituti quali i colloqui investigativi, oggi espressamente previsti solo per la criminalità organizzata, ed il permesso di soggiorno per motivi investigativi, che attualmente è consentito solo per la tratta di esseri umani.
Ugualmente auspicabile è l’unificazione della disciplina per le procedure di identificazione personale, portando a ventiquattro ore anche il fermo di polizia giudiziaria. Appare utile, altresì, perfezionare le norme sul nulla osta del questore per le attività di aeronavigazione, estendendo il controllo preventivo anche alla fase di addestramento. Per potenziare il contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale, occorre integrare i poteri del Comitato di sicurezza finanziaria ed ampliare il campo di applicazione delle misure di prevenzione patrimoniale. In questo senso si è già mosso il ministro dell’economia e delle finanze.
Mi sono state prospettate, poi, diverse ipotesi di intervento sul codice penale. In particolare, si tratterebbe di equiparare il falso in documenti d’identificazione a quello su atti destinati alla pubblica fede. In secondo luogo, di estendere alle false dichiarazioni fatte alla Polizia giudiziaria le più gravi sanzioni oggi previste per le dichiarazioni davanti al giudice.
In terzo luogo, di estendere l’arresto obbligatorio in flagranza a tutti i delitti commessi per finalità di terrorismo internazionale, ivi compreso il possesso di documenti falsi, che dovrebbe intendersi quale indizio del pericolo di fuga.
In quarto luogo, sagomare meglio l’articolo 270-bis, in modo da poter colpire anche organizzazioni terroristiche internazionali che, come le singole maglie della rete mondiale di Al Qaeda, presentano strutture labili, gerarchie incerte e programmi sfuggenti.
Infine, sarebbe di grande giovamento alle attività investigative l’introduzione della nominatività delle schede di telefonia mobile, così da realizzare un archivio degli utilizzatori, come si fece nel 1978 per l’utilizzo delle abitazioni.
Naturalmente, rimetto tali proposte alla valutazione sovrana del Parlamento, confidando che lo stesso possa anche riconoscerne la necessità e l’urgenza. Ciò non impedisce che le Camere conducano la propria riflessione anche più in là, sull’adeguamento del nostro sistema giuridico alle peculiarità di un terrorismo che getta la propria ombra pesante sul momento di storia che stiamo vivendo.
In ogni caso, a conclusione del dibattito odierno, sottoporrò ai ministri competenti ed al Governo un’esauriente base di discussione. Aggiungo che, consapevole di taluni ritardi, garantisco personalmente alla Camera la puntuale e tempestiva attuazione di ogni suo deliberato in materia. L’attuazione delle linee di intervento che ho testé illustrato richiede, come è ovvio, ulteriori risorse finanziarie, che dovranno aggiungersi a quelle già indicate per la sicurezza delle prossime Olimpiadi invernali di Torino. Ne ho già parlato con il Presidente del Consiglio e con il ministro dell’economia, ottenendo risposte rassicuranti. Signor Presidente, onorevoli colleghi, siamo in uno stato di intenso e prolungato allarme, a causa della minaccia che incombe sul nostro paese e sul resto d’Europa. Dobbiamo reagire con razionalità e compostezza, come si addice ad un paese civile, geloso dei suoi valori, dei suoi ordinamenti e del suo modo di vivere. So che possiamo contare sul sostegno dell’Europa e di molti paesi amici, ma dobbiamo fare affidamento soprattutto sulle nostre energie morali e materiali. Le nostre Forze dell’ordine, i nostri servizi di informazione e tutto il nostro sistema di sicurezza sono in grado di fronteggiare questa terribile minaccia. Spetta a noi, Governo e Parlamento, condividere e sostenere attivamente il loro impegno per la salvaguardia della comunità nazionale.
Contro il terrorismo di matrice islamica dobbiamo dunque evitare divisioni e ricercare, invece, orientamenti comuni e larga concordia politico-istituzionale.
In questo spirito, onorevoli colleghi, vi ho reso le comunicazioni urgenti che mi avete chiesto. Vi ringrazio.


Mercoledì, 13 Luglio 2005
stampa
Condividi


Area Riservata


Attenzione!
Stai per cancellarti dalla newsletter. Vuoi proseguire?

Iscriviti alla Newsletter
SOCIAL NETWORK