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Articoli 31/07/2014

SICUREZZA STRADALE: NOBILE SCOPO O PRETESTO STRUMENTALE?

di Giuseppe Poma *

Lo riconosco: quando, giorni orsono, la mia attenzione é stata attratta da classifiche comunali corredate dai numeri delle infrazioni stradali accertate e degli importi contravvenzionali rastrellati pro-capite per ciascun cittadino patentato, la meraviglia si é accentuata nell' apprendere che l' indagine era frutto di un' inchiesta giornalistica curata da una testata storica, il SOLE 24 ORE, da sempre attenta ai problemi economici e finanziari, non necessariamente correlati alla sicurezza stradale delle aree comunali e metropolitane del Paese.

 

Perché il massimo organo di informazione economica nazionale, in tempo di crisi persistente dei mercati, si interessava agli introiti contravvenzionali dei capoluoghi italiani relativi alla violazione delle norme del Codice della Strada ?
Avendo dedicato più di un quarto di secolo alle problematiche della sicurezza stradale, con responsabilità di livello provinciale e regionale, ho sempre ritenuto che le sanzioni pecuniarie fossero comminate dal legislatore ai trasgressori delle norme del C.d.S.  allo scopo di indurre  i più riottosi a comportamenti maggiormente rispettosi delle regole statuite, al fine di prevenire situazioni pregiudizievoli per la sicurezza delle persone circolanti su strada.

 

A conforto della mia convinzione la progressività delle sanzioni in funzione del livello di pericolosità delle trasgressioni e/o della loro recidività.
Sanzioni pecuniarie, quindi, quale strumento afflittivo finalizzato a contenere l'indisciplina e, conseguentemente, a migliorare la sicurezza stradale, a prescindere dall' appartenenza allo Stato o agli Enti Locali degli addetti al ''servizio di polizia stradale'', nei rispettivi ambiti di giurisdizione.
Giova ricordare che sino al 1986 (circostanza, questa, apparentemente di nessuna rilevanza per il trasgressore), qualora l' agente accertatore fosse stato in forza ad Uffici e Reparti dello Stato l' importo della contravvenzione inflittagli sarebbe stato incamerato nelle ''entrate eventuali dello Stato; qualora, invece, a procedere fossero stati operatori in servizio presso Uffici comunali o provinciali, l' importo della sanzione sarebbe stato incamerato nelle casse dell' ufficio di appartenenza degli operatori suddetti, sempre che la violazione fosse stata accertata su strada comunale o provinciale, ma sarebbe finito nelle casse dello Stato qualora l' infrazione fosse stata rilevata dai predetti su strada statale.

 

Epoca lontana, della quale affiora il ricordo cinematografico o televisivo del tradizionale ''vigile urbano'', dedito pressoché esclusivamente, a cogliere in fallo i trasgressori del ''divieto di sosta'', infrazione cardine dell' intero volume dell' attività contravvenzionale assicurata dagli appartenenti alla vigilanza urbana, nell' arco orario ''alba – tramonto''. Episodici gli interventi contravvenzionali dei predetti sui segmenti delle strade statali snodantesi  nei comuni : perché impegolarsi in una contestazione ''rognosa'' con un utente se, alla fine,  l'importo della contravvenzione finisce allo Stato e non nelle casse del proprio comune ?

 

A seguito della legge di riforma delle Polizie Locali, il legislatore del Codice della Strada, modificando i criteri a suo tempo statuiti, dispone che i proventi delle contravvenzioni stradali siano incamerati nelle casse dell' ufficio di appartenenza dell' accertatore e, quindi, nelle casse del comune per tutte le violazioni accertate dagli organi comunali di polizia stradale, a prescindere dalla classificazione ( statale, provinciale o comunale) della strada sulla quale la violazione é stata commessa.
E' una rivoluzione copernicana : gli operatori del servizio di polizia stradale comunale abbandonano il centro cittadino e, opportunamente ''attrezzati'' e ''motivati'' da amministratori locali lungimiranti, si riversano sulle maggiori arterie delle periferie cittadine, interessate da un intenso traffico pendolare, lavorativo o turistico: un ''gregge'' anonimo e compatto di utenti non residenti e, quindi, elettoralmente ininfluente, pronto per la ''tosatura'' quando, assonnato, entra al mattino, nell' area comunale, con l' angoscia di tardare sul posto di lavoro, e, nel tardo pomeriggio, ne esce, stressato, con l' unico desiderio di tornare a casa.

 

L'avvento massiccio della tecnologia strumentale e dell' informatizzazione delle attività di gestione del settore contravvenzionale, a ''macchia di leopardo'' nei vari comuni italiani completa e perfeziona la ''rivoluzione copernicana'': se un tempo, nei corsi tenuti nella prestigiosa Scuola nazionale della Polizia Stradale in Cesena, si insegnava agli agenti, spesso provenienti anche da altri Paesi, la procedura quasi liturgica con la quale l' Agente della Polizia Stradale doveva procedere all' accertamento contravvenzionale, con il fermo dell' utente, presunto trasgressore, e con la contestazione immediata al medesimo della violazione rilevata, sino alla sua prudente reimmissione nel flusso del traffico, oggi evocare queste regole procedurali che ci imponevano all' attenzione ed alla considerazione dell' utenza italiana e, soprattutto, straniera, ha il sapore delle cose buone che un arido mercato globale ha sostituito con prodotti dozzinali, quando non nocivi.

 

Il rispetto di principi mai abrogati e, quindi tassativamente vigenti, come quello della ''contestazione immediata'' delle violazioni, a cura dell' agente operante su strada, è, ad esempio, banalmente aggirato, oggi, per le violazioni relative al ''superamento dei limiti di velocità'', con la potestà conferita ai Prefetti  di individuare tratte stradali nelle quali gli operatori di polizia stradale sono sollevati da tale obbligo, pur normativamente statuito, per asseriti ''motivi di sicurezza''. E sui numerosi tratti stradali interessati dalle ''deroghe'' prefettizie é, ora, come era prevedibile, caccia libera, senza lacci e laccioli di sorta, per gli addetti al servizio di polizia stradale che vi imperversano muniti del più variegato armamentario di strumentazioni predisposte per immortalare fotograficamente chi supera i limiti di velocità, di tanto o di poco non ha importanza, tutto serve come nella ''pesca a strascico''.

E appare singolare come amministratori comunali che, per anni, si sono disperatamente battuti in difesa della ''privacy'', contro la realizzazioni di impianti di video sorveglianza finalizzati all' identificazione dei responsabili di fatti penalmente rilevanti, anche gravi, si siano, poi, miracolosamente convertiti all' adozione dei più sofisticati sistemi di video – foto ripresa, determinanti per l' esauriente documentazione di poche selezionatissime violazioni del C.d.S. che spiccano per redditività sul piano degli introiti contravvenzionali.                      

 

Francamente ignoro se a folgorarli, come San Paolo sulla strada per Damasco, sia stato l' imperativo categorico, di scuola kantiana, di pervenire ad un significativo miglioramento del livello di sicurezza delle proprie strade comunali, senza troppi ''se'' o ''ma'' di garantista memoria, costi quel che costi, ovvero, l' intravista opportunità di pervenire ad un incremento senza precedenti dell' importo complessivo dei proventi contravvenzionali da C.d.S. .
Di fatto, il ''fermo'' del conducente/trasgressore e la ''contestazione immediata'' della violazione sono, ora, relegati ad evenienza residuale, a casi episodici : fermare un veicolo e procedere alla contestazione immediata di una violazione del C.d.S.  comporta un allungamento dei tempi procedurali, una conseguente contrazione del numero dei possibili accertamenti contravvenzionali, il rischio, per gli operatori, di restar coinvolti in spiacevoli, pericolose e sempre stressanti diatribe con ''. . . lei non sa chi sono io. . . '' ( che bene non finiscono quasi mai!) : a che pro ?  Conseguenza :
''nessuno'' ferma più ''nessuno'', uno scatto fotografico istantaneo ferma una ''targa'', il collegamento al P.R.A. ed un buon programma informatico trasformano la foto scattata su strada in un bel verbale, senza macchie, strafalcioni od omissioni, pronto per essere spedito all' ingnaro malcapitato di turno.

 

Mi si potrebbe obiettare che  la pur vetusta usanza di fermare immediatamente il conducente/trasgressore consentirebbe all' operante di accertare se il medesimo sia persona titolare di patente idonea, in corso di validità, se faccia uso di lenti correttive, di apparecchi acustici e se stia osservando le prescrizioni che gli sono state imposte, se abbia la legittima disponibilità del veicolo o se, al contrario,  lo abbia rubato o rapinato, che  lo stia usando per trasportare droga, armi, refurtiva, cadaveri ed altro materiale ancora penalmente rilevante. Cose d' altri tempi, certamente, e si capisce che le obiezioni prospettate appaiono più frutto di un travisamento della realtà eccessivamente pessimistico in relazione all' attuale stato dell' ordine e della sicurezza pubblica di questo nostro  martoriato Paese.

Sì, forse, meglio non esagerare con le previsioni fosche e, poi, perché volersi ostinare a fermare l' utente contravventore a qualunque costo? Sarà sufficiente intimare al proprietario del veicolo di pagare per la violazione rilevata e farsi carico di accertare e fornire i dati dell' ignoto conducente, alla guida al momento dell' accertamento fotografico, segnalandoli all' ufficio dell' accertatore, con lo scrupolo e lo zelo di un occasionale agente ausiliario di polizia.

Ma se solerte non si dimostrasse il proprietario del veicolo, omettendo le comunicazioni richiestegli, ecco che un legislatore benevolo fa scattare in capo al suddetto una seconda violazione amministrativa, con una sanzione pecuniaria spesso superiore, e non di poco, rispetto a quella originariamente contestata, con ulteriore sensibile incremento per le entrate nelle casse comunali dell'ufficio dell' accertatore.

 

Ne consegue che, oggettivamente, se si addiviene all' identificazione del conducente fotografato, bene : si potranno adottare nei confronti di quest' ultimo la sanzione principale ed, eventualmente, quella accessoria; se non si addiviene, meglio : le casse comunali saranno gratificate di un ulteriore e sostanzioso introito contravvenzionale. E pazienza se un ignoto , ma benestante ''Schumacher'' si incaponisse a sfrecciare sulle strade del bel Paese, purché si paghi il dovuto alle casse comunali dei vari agenti accertatori ! Così vissero tutti felici e contenti, sino alla prima grave tragedia.
Una sensibilità, quella degli amministratori comunali, straordinaria per il rispetto dei ''limiti di velocità'', per le ''segnalazioni semaforiche'', per l'''accesso alle zone a traffico limitato'', per la regolamentazione della ''sosta''. Peccato non si estenda, con eguale intensità e fervore, anche a poche  altre problematiche che fortemente minacciano la sicurezza stradale del bel Paese, da nord a sud, da est ad ovest. Se, infatti, i comuni tutti, da quello più piccolo a quello metropolitano più grande, si sono sollecitamente dotati di autovelox e strumentazioni equivalenti, non risulta che, con la stessa determinazione, abbiano equipaggiato i propri addetti al servizio di polizia stradale  con l' acquisto di ''etilometri'' per il contrasto della pur diffusa assunzione di sostanze alcooliche da parte dei conducenti .

 

Non appare difficile spiegare questo solo apparentemente strano caso di ''strabismo strategico'' da parte degli amministratori comunali e dei rispettivi responsabili dei servizi di polizia stradale.
L' ''etilometro'' ha un costo d'acquisto non trascurabile e richiede una manutenzione ordinaria, oltre a quella straordinaria, sicuramente onerosa. A fronte di ciò, almeno sino all' entrata in vigore della legge120/2010, il suo impiego non ha offerto, agli amministratori comunali, elementi di convenienza economica, dal momento che l' antica formulazione dell' art. 186 del C.d.S. configurava la guida in stato di ebbrezza condotta penalmente rilevante che, laddove ritenuta sussistente dal giudice, comportava l' applicazione dell' ammenda (sanzione penale) che veniva incamerata nelle casse dello Stato a prescindere dall' appartenenza dell' accertatore da Uffici e Reparti statali, ovvero, da Enti locali.
Ne é derivato che, per oltre vent'anni, a contrastare i devastanti effetti dell' alcool assunto da parte di chi guida, specialmente nelle ore serali e notturne, fuori e dentro gli abitati, siano stati, unicamente, i Carabinieri e la Polizia, gli ultimi ad operare, a reale tutela della sicurezza stradale, al di fuori da logiche di natura meramente economica.
Con la depenalizzazione di talune fattispecie di ''guida in stato di ebbrezza'' di minore gravità, voluta dal legislatore del 2010, non poche violazioni dell' art. 186 sono, da quell' anno, perseguibili con sanzioni pecuniarie, anche di cospicua entità, non tuttavia penali e, come tali, incamerabili nelle casse dell' ufficio di appartenenza di chi le abbia accertate.

 

L' innovazione legislativa sembra aver, in misura incoraggiante, seppur non ancora diffusa, avviato una provvidenziale ''correzione'' allo strabismo strategico sopra lamentato, dal momento che, come sempre, gli amministratori più pronti e lungimiranti, con i responsabili del servizio di polizia stradale locale più aggiornati in materia, rimuovendo l' ostracismo sino ad allora riservato all' etilometro, lo hanno finalmente ricompreso tra le strumentazioni tecniche necessarie per il servizio. Quando l'esempio dei primi porterà ad una dotazione omogenea di etilometri nei comuni d'Italia, al pari degli autovelox, il nostro Paese potrà attuare una capillare attività di contrasto del fenomeno di livello non inferiore a quello della Francia.

 

In conclusione, ''chapeau!'' al Sole 24 Ore che, con la sua attenta inchiesta ha fornito a tutti gli interessati, amministratori pubblici e privati cittadini, spunti comparativi molto interessanti circa la correttezza della rotta che si é intrapresa nei comuni italiani, sul tema della sicurezza stradale, così da evitare ulteriori ''inchini'' pericolosi per l' immagine che il nostro Paese intende dare ai propri partners europei e non solo, alla vigilia degli importanti appuntamenti internazionali in agenda.

Mai si vorrebbe che la percepita intensificazione dell' attività contravvenzionale in materia  di C.d.S., attuata non solo dai comuni metropolitani, ma, più diffusamente, anche da quelli minori, possa richiamare, per analogia, quel ''diritto al sacco compensativo'' che il Principe illuminato delle antiche signorie era solito accordare alle sue truppe quando la moneta contante per pagare gli armigeri risultava insufficiente.

 

Che nessuno pensi di compensare i minori o i ritardati trasferimenti dalla cassa nazionale a quelle locali del Paese, autorizzando un impiego compensativo, più disinvolto e meno ingessato, di apparecchiature  per una più efficace tosatura dell' utenza stradale già fortemente provata da tasse e balzelli d'ogni genere che richiamano, persino, le onerose e non molto fortunate imprese coloniali del Paese nel secolo scorso. E, comunque, se ciò malauguratamente accadesse, ci si astenga dall'addurre ipocriti  ''motivi di sicurezza'', a copertura delle reali esigenze, scaturenti, invece, da ingloriosi ''buchi'' di bilancio.

 

*Dirigente Generale della Polizia di Stato in quiescenza
 Già dirigente di Compartimento Polizia Stradale e Questore della Repubblica

 

 

 


 

 

          

Giovedì, 31 Luglio 2014
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