Stupefacenti, detenzione contestuale di sostanze diverse: è un unico reato
Nel caso di detenzione contestuale di diverse sostanze stupefacenti si configura un unico reato e non una pluralità di reati in continuazione tra loro. E' quanto emerge dalla sentenza 7 aprile 2014, n. 15483 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Il caso vedeva un uomo essere ritenuto colpevole del reato di detenzione di stupefacenti, ex art. 73, D.P.R. 309/1990, per avere detenuto circa 13 kg del tipo cocaina e 5 kg di hashish, e condannato alla pena della reclusione ed euro 6.000 di multa, ritenuta sussistente la continuazione tra la detenzione delle due diverse tipologie di sostanza. Da ciò il ricorso per Cassazione: secondo il ricorrente, in particolare, a seguito delle modifiche operate dalla Legge n. 49/2006 (c.d. Fini-Giovanardi), che ha ricondotto sotto una unica tabella le diverse sostanze aventi effetto stupefacente, i giudici territoriali avrebbero dovuto prendere atto della contestuale detenzione delle diverse tipologie di droga e, quindi, della conseguente irrogazione di una pena unica, con esclusione di qualsiasi ipotesi di reato continuato e del conseguente aumento di trattamento sanzionatorio.
Secondo gli ermellini, corte costantemente affermato dalla giurisprudenza di legittimità, a seguito della soppressione della distinzione tra "droghe pesanti" e "droghe leggere" operata dalla Legge n. 49/2006, la contestuale detenzione di diverse tipologie di sostanze stupefacenti integra un unico reato, non più, come ritenuto prima di detta legge, una pluralità di reati in continuazione tra loro (Cass. pen. n. 1735/08 rv 238391, Cass. pen., n. 34789/08, Cass. pen., n. 37993/08, Cass. pen., n. 42485/09). Da ciò evidentemente consegue, continuano i giudici, che il giudice non può applicare aumenti di pena a titolo di continuazione allorché, come nel caso di specie, la condotta delittuosa si caratterizzi per la contestuale detenzione di sostanze stupefacenti di diversa tipologia, consista, cioé, nella commissione di un unico reato.
Nel frattempo giova ricordare che la Corte di Cassazione (Cass., Sez. III pen., ord. 9 maggio 2013), preso atto dei dubbi che una siffatta distribuzione delle sostanze stupefacenti, così come contenuta all'interno degli artt. 13 e 14 del d.p.r. 309/1990 a seguito delle modifiche operate dalla legge Fini-Giovanardi, ha sollevato questione di legittimità costituzionale: a) dell'art. 4-bis del d.l. 272/2005, introdotto in sede di conversione dalla legge n. 49/2006, nella parte in cui ha modificato l'art. 73, d.P.R. 309/1990, segnatamente nella parte in cui, sostituendo i commi 1 e 4 di tale norma, ha parificato, ai fini sanzionatori, le sostanze stupefacenti previste dalle tabelle II e IV, contemplate dal previgente art. 14 a quelle di cui alle tabelle I e III, elevando conseguentemente le relative sanzioni dalla pena della reclusione da due a sei anni e della multa da euro 5.164 a euro 77.468 alla pena della reclusione da sei a venti anni e della multa da euro 26.000 a euro 260.000; b) dell'art. 4-vicies-ter comma 2, lett. a) e comma 3, lett. a), n. 6, del medesimo decreto legge, nella parte in cui sostituisce gli artt. 13 e 14 del d.p.r. 309/1990, unificando le tabelle che identificano le sostanze stupefacenti, e in particolare includendo la cannabis e i suoi derivati nella prima di tali tabelle.
La Corte Costituzionale, con la sentenza 25 febbraio 2014, n. 32 ha bocciato la legge Fini-Giovanardi in materia di stupefacenti che equiparava le droghe leggere a quelle pesanti.
La Consulta ha dichiarato l'illegittimità costituzionale, per violazione dell'art. 77, comma 2, Cost., che regola la procedura di conversione dei decreti-legge, degli artt. 4-bis e 4-vicies ter del d.l. 30 dicembre 2005, n. 272 (intitolato “Misure urgenti per garantire la sicurezza ed i finanziamenti per le prossime Olimpiadi invernali, nonché la funzionalità dell'Amministrazione dell'interno. Disposizioni per favorire il recupero di tossicodipendenti recidivi”), come convertito con modificazioni dall'art. 1 della legge 21 febbraio 2006, n. 49 così rimuovendo le modifiche apportate con le norme dichiarate illegittime agli articoli 73, 13 e 14 del d.p.r. 9 ottobre 1990, n. 309.
Evidente, nella questione sottoposta ai giudici costituzionali, la carenza del requisito della necessità ed urgenza di provvedere stante l'estraneità della norma censurata rispetto alla materia disciplinata da altre disposizioni del decreto-legge in cui è inserita. Il riconoscimento dei presupposti di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., richiede un'intrinseca coerenza delle norme contenute nel decreto-legge dal punto di vista oggettivo e materiale, ovvero dal punto di vista funzionale e finalistico. L'inserimento di norme eterogenee all'oggetto o alla finalità del decreto interrompe il legame logico-giuridico tra la valutazione fatta dal Governo sull'urgenza a provvedere ed i provvedimenti provvisori con forza di legge.
L'integrale caducazione delle due norme impugnate comporta la conseguenza - afferma espressamente la Corte - che "tornino a ricevere applicazione l'art. 73 del d.p.r. n. 309 del 1990 e le relative tabelle, in quanto mai validamente abrogati, nella formulazione precedente le modifiche apportate con le disposizioni impugnate".
Dovrà dunque tornare a trovare applicazione l'art. 73 nella versione antecedente al 2005, salve le modifiche apportate dal legislatore in epoca successiva che non sono interessate dalla sentenza odierna (basti pensare alle modifiche introdotte dal d.l. 146/2013, rispetto alle quali la Corte esplicitamente afferma che "gli effetti del presente giudizio di legittimità costituzionale non riguardano in alcun modo la modifica disposta con il decreto-legge n. 146 del 2013, sopra citato, in quanto stabilita con disposizione successiva a quella qui censurata e indipendente da quest'ultima”).
Inoltre, con il d.l. 20 marzo 2014, n. 36 (Disposizioni urgenti in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza, di cui al d.p.r. n. 309/1990, nonché di impiego di medicinali meno onerosi da parte del Servizio sanitario nazionale), il Governo è intervenuto per colmare il vuoto normativo creatosi dopo la pubblicazione della sentenza n. 32/2014 della Corte Costituzionale, con conseguente caducazione delle tabelle allegate a tali disposizioni e dei successivi decreti ministeriali di aggiornamento delle medesime.
Il decreto interviene sul numero e la composizione delle tabelle che elencano le sostanze stupefacenti e medicinali sui si riferisce il Testo Unico: mentre l'art. 4 vicies ter della legge Fini-Giovanardi aveva previsto solo due tabelle, una per tutte quante le sostanze stupefacenti ed una per le sostanze medicinali, il nuovo testo degli artt. 13 e 14 del d.p.r. 309/1990, come modificati dal presente decreto legge, prevede cinque tabelle, allegate al Testo Unico, ovvero: una tabella I relativa alle c.d. droghe pesanti; una tabella II relativa alle c.d. Droghe leggere; una tabella III e una tabella IV relative alle sostanze medicinali equiparate a fini sanzionatori rispettivamente alle droghe pesanti e leggere; una tabella V relativa ai medicinali non richiamata dall'art. 73.