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Notizie brevi 15/06/2005

Tutti i modi di incentivare la sicurezza stradale

da "Uomini e trasporti"
Tutti i modi di incentivare la sicurezza stradale
a cura della redazione
La Fondazione Ania per la Sicurezza Stradale è nata da circa un anno ed è riuscita a connotarsi con campagne che si rivolgono all’intelligenza di chi guida, rinunciando ai messaggi cruenti. Un esempio? Da luglio su Topolino prenderà il via un progetto con cui i temi della sicurezza stradale verranno trasmessi ai bambini, in modo che poi questi li trasferiscano ai genitori. In programma anche la creazione di una lista di punti neri della rete viaria, realizzata tramite internet e un call center a cui si rivolgono direttamente i cittadini. Di queste e di altre possibili iniziative finalizzate a dimezzare entro il 2010 il numero degli incidenti ne abbiamo parlato con Umberto Guidoni, Segretario Generale della Fondazione.
 
Quando nasce la Fondazione Ania e quali scopi si prefigge?
La Fondazione Ania per la Sicurezza Stradale è stata costituita il 16 marzo del 2004 dalle compagnie di assicurazione che hanno deciso di investire sulla sicurezza stradale, ritenendolo un problema sociale, di grande impatto sul sistema socioeconomico del paese e anche con ripercussioni critiche sulla propria attività. La Fondazione ha come scopo principale quello di fornire un contributo all’obiettivo, comune a tutti i paesi europei, di ridurre del 50% il numero degli incidenti entro il 2010. Ed è per questo motivo che dallo scorso anno gli organi di indirizzo della Fondazione hanno deciso di focalizzare la loro attività su interventi concreti, in grado di ridurre gli incidenti e la loro gravità.
Consideriamo partitamente gli ambiti di possibile intervento sulla sicurezza stradale. Cominciamo da quello più complesso, relativo al sistema infrastrutturale. 
La rete infrastrutturale italiana è segnata, almeno in alcune aree, da problemi seri, sia per carenze oggettive, sia rispetto alla densità dei veicoli circolanti, sia per la fatiscenza di alcune vie di comunicazione. Ora è chiaro che per la Fondazione intervenire direttamente per migliorare le infrastrutture non è possibile, non foss’altro perché i costi al riguardo sarebbero improponibili. Pertanto, vorremmo attuare un progetto attraverso il quale porre il cittadino al centro dell’attenzione per poi farlo dialogare con l’istituzione per il tramite della Fondazione Ania. Più precisamente stiamo elaborando un progetto che ha come scopo la creazione di un sito internet, di un call center e di un indirizzo di posta elettronica, attraverso i quali i cittadini ci potranno segnalare i punti particolarmente pericolosi per la circolazione stradale. Insomma, una sorta di lista di black point della rete stradale elaborata direttamente da chi la percorre. La Fondazione acquisirà queste informazioni, le selezionerà, e a quel punto stimolerà l’organo competente a intervenire e, infine, monitorerà se effettivamente l’intervento sia stato realizzato. Certo, in casi specifici che non richiedono un particolare esborso, come per esempio dotare un incrocio di un semaforo, potremmo anche valutare se contribuire a sostenere le spese di intervento. Ma in ogni caso miriamo a stimolare un’azione concreta e finalizzata che abbia diretto riscontro sul miglioramento della circolazione.
In effetti, molti studi evidenziano che in alcuni casi un’altezza maggiore di un guard rail o una segnaletica stradale più opportuna possono fare tanto…
Certo, tant’è che volevamo dedicare particolare enfasi in questo progetto anche alla segnaletica. Riceviamo molte segnalazioni di cartelli mancanti, non riconoscibili oppure contradditori. Ecco, inserendo sul sito, che vi ho descritto, tutti i segnali stradali, vorremmo consentire al cittadino stesso di indicarci quale è il segnale che sarebbe opportuno inserire in un determinato punto.

Passiamo a un altro ambito di intervento, quello soggettivo. Cosa si può fare in questo senso?
La nostra azione muove dal presupposto che la sicurezza stradale sia intimamente legata agli usi e alle abitudini di un popolo, nel senso cioè che il rispetto delle regole è inscritto in maniera più o meno marcata nel suo Dna culturale.

Cosa intende dire che noi italiani siamo ignoranti da questo punto di vista?
Assolutamente no. Voglio dire che spesso abbiamo un atteggiamento meno virtuoso rispetto a quello che hanno per esempio molte popolazioni del Nord Europa, per le quali il rispetto delle norme è un costume di vita. Noi in questo senso dovremmo recuperare qualcosa.
In che modo?
La Fondazione, in varie iniziative, ha puntato molto su un’opera di prevenzione realizzata attraverso l’educazione, in particolare cercando di far prendere coscienza e diffondere le regole di buona condotta anche attraverso un’auto-responsabilizzazione, portando le persone a rendersi conto della pericolosità di un dato comportamento e quindi dell’opportunità di evitarlo. Condurre campagne, mostrando soltanto l’aspetto cruento della problematica, è una strada che non condividiamo. La nostra sfida è di trasferire il messaggio educativo attraverso una scelta autonoma di cambiamento da parte del singolo. In quest’opera educativa un aiuto decisivo può essere fornito dai giovanissimi, giacché siamo convinti che i bambini all’interno della famiglia possano influire molto sui comportamenti dei genitori. Il bimbo che chiede al padre: "a scuola mi hanno detto che la cintura salva la vita. Perché tu non la metti?" innesca delle reazioni sicuramente più forti di un messaggio violento. Non a caso nella prossima estate, insieme alla Walt Disney e alla rivista Topolino, lanceremo una campagna mirata proprio a questo scopo. Il messaggio viene veicolato attraverso personaggi dei fumetti per giungere ai bambini e tramite questi ai genitori. Il tutto corredato anche da un concorso a premi sia per i grandi sia per i piccini.

Un’altra iniziativa importante della Fondazione, rivolta a ragazzi un po’ più grandi, è relativa al patentino on-line. In cosa consiste?
In pratica, abbiamo realizzato una piattaforma internet, con le otto ore di corso previste dalla legge per poter sostenere l’esame per il conseguimento del patentino. I contenuti sono stati certificati dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Tale piattaforma è stata messa a disposizione del Ministero perché la fornisse gratuitamente a tutte le scuole d’Italia. In questo modo i ragazzi, con la presenza di un tutor, possono seguire il corso on-line e avere così l’abilitazione a sostenere l’esame. Il tutto gratuitamente. In più i singoli ragazzi ricevono una propria password per poter utilizzare la piattaforma anche a casa, in modo da potersi esercitare e poter rispondere ai test di autovalutazione. Anche in questo caso testimonial dell’iniziativa sono personaggi della fantasia.
Salendo ancora di età si incontrano i giovani già patentati, che usano l’auto per andare a ballare o a divertirsi…
Su questo terreno abbiamo operato in partnership con la polizia stradale, per veicolare lo stesso concetto dell’auto-responsabilizzazione, dell’autocoscienza dei propri limiti. In pratica, all’uscita delle discoteche, abbiamo distribuito degli etilometri monouso, con cui potersi autonomamente e liberamente sottoporre a un test per misurare il livello di alcool nel sangue e quindi decidere se fosse o meno il caso di mettersi alla guida. Nelle stesse aree in cui è avvenuta la distribuzione, la polizia ha intensificato i controlli. A quel punto i ragazzi trovati sobri ricevevano i biglietti omaggio per la discoteca. 

Per i professionisti della strada, tra i quali ci sono anche gli autotrasportatori, l’autopercezione dei propri limiti si misura anche davanti alle possibili reazioni del fisico di fronte a situazioni quotidiane, come mangiare o assumere un farmaco. Cosa si può fare al riguardo?
Per molti la strada diventa una sorta di ufficio, il luogo in cui si lavora. E come in un qualunque luogo di lavoro certi comportamenti diventano abitudini. Quando si viaggia per strada, però, vanno sempre valutati i rischi e le conseguenze di alcuni cattivi comportamenti. Voglio dire che è fondamentale rendere consapevole di quali siano i rischi cui va incontro chi, per esempio, decide di guidare per un periodo superiore a quello sopportato dal fisico o chi assume un farmaco che induce sonnolenza. Anche in questo caso, occorre mettere a conoscenza delle conseguenze prodotte da un comportamento non per idoneo rendere possibile un’autovalutazione dei propri limiti. In più ritengo che innalzare il livello di consapevolezza dell’autotrasportatore a questa soglia possa anche servire a sgombrare il campo da quel luogo comune che lo ritiene, a torto, una delle principali cause di incidentalità. Voglio dire che un autotrasportatore che frequenta un corso formativo in cui si chiariscono le incidenze sul fisico di alcuni comportamenti quotidiani, finisce per dimostrare chiaramente che non è soltanto un elemento critico della circolazione, ma che anzi ha a cuore la propria e l’altrui incolumità.

Secondo lei, come si forma questo luogo comune che vuole l’autotrasportatore un fattore determinante sull’incidentalità?
Spesso le convinzioni diffuse derivano da fattori esterni e in particolare dai mass media. I mezzi di comunicazione trasferiscono messaggi convincenti: un incidente che coinvolge un veicolo pesante prende nove colonne, quelli in città, che spesso sono più gravi oltre che più diffusi, occupano al massimo un trafiletto. Di conseguenza questo induce a pensare che gli autotrasportatori siano i principali fattori di incidentalità. Io stesso sono rimasto colpito quando ho scoperto che i camion incidono per il 7% sull’incidentalità stradale; ero convinto che il dato fosse molto più alto.
Molto dipende dal fatto che l’autotrasporto difficilmente entra nelle pagine di economia, per essere invece marginato a quelle di cronaca…
è vero, nessuno riflette sul fatto che l’autotrasporto sia uno degli anelli fondamentali della catena produttiva, proprio perché non viene mai agganciato ai fattori economici, ma trattato come un elemento a sé stante. Sono convinto però che lavorando sulla formazione, mandando sulle strade conducenti più preparati, alla lunga si può rettificare una tale impostazione. Anche per questo abbiamo aderito alla campagna di Federtrasporti, che lavora proprio sull’educazione di chi guida e non su messaggi generici. 

L’autocoscienza può anche investire il rapporto tra l’uomo e il veicolo? La consapevolezza delle reazioni del veicolo può aiutare a gestire situazioni critiche impreviste?
Certo. Queste situazioni possono essere gestite meglio anche attraverso i corsi di guida sicura. Sicuramente tali corsi sono un altro fattore su cui investire. Noi in particolare stiamo pensando di organizzarli ad hoc per i neopatentati, per quelli che si trovano a guidare per la prima volta e non hanno ancora tutti gli strumenti per affrontare le difficoltà insite in determinati contesti, come per esempio il traffico di una grande città.

Abbiamo detto della pessima immagine sociale dell’autotrasporto. Anche le compagnie assicurative, però, spesso vengono tratteggiate, in particolare dalle associazioni dei consumatori, come delle sanguisughe molto esose. Cosa c’è di vero in questa immagine?
Le descrizioni delle compagnie assicurative fatte da alcune associazioni dei consumatori non sono proprio esatte. E per più motivi. Alcune di queste associazioni hanno, per esempio, recentemente sostenuto che negli ultimi quattro anni i prezzi sono aumentati del 30% mentre i sinistri si sono ridotti del 18%. A questo assunto si può rispondere che prima di tutto non è vero, poi comunque va argomentato. Nel 2001 c’è stato un blocco delle tariffe stabilito per legge che, come tutti i meccanismi di controllo dei prezzi, alla sua conclusione ha generato una specie di esplosione. è come una pentola a pressione tenuta coperta e alla quale alzi il coperchio all’improvviso: per forza di cose salta in aria. Questo per dire che il blocco delle tariffe ha portato a un incremento maggiore di quello che si sarebbe prodotto senza blocco. Il 2001 e il 2002 quindi risentono di tale anomalia. Da quel momento però c’è stato un calo continuo, tanto che dal dicembre 2003 le tariffe sono aumentate in misura inferiore all’inflazione. L’ultimo dato è dello 0,8%. Ecco allora che valutando l’andamento dei premi negli ultimi due anni in cui il mercato ha operato liberamente, si scopre un’attenzione delle compagnie a contenere i costi.
Una seconda imprecisione è relativa al confronto che si stabilisce tra prezzo della tariffa assicurativa e numero degli incidenti. Per la semplice ragione che il prezzo va confrontato piuttosto con il costo del sinistro. Può accadere, infatti, che in un anno si abbiano 100 sinistri per un costo di 100 euro, mentre l’anno successivo i sinistri diventino 50 ma ad un costo di 150 euro, perché magari dietro quei 50 ci sono denunce di danni fisici di lieve entità, che incidono pesantemente sul costo finale del risarcimento. Non ci dimentichiamo che in Italia il numero di sinistri con danno fisico è il più alto d’Europa.

Un ultimo ambito da valutare riguarda la tecnologia. Quanto un tale apporto può migliorare la sicurezza stradale?
Riteniamo che ci siano vari strumenti tecnologici in grado di aiutare nell’opera di riduzione degli incidenti. Uno strumento, che stiamo studiando, è la "Clear Box", detta anche "scatola nera". Insieme a una commissione tecnica abbiamo definito alcuni parametri che devono caratterizzare tale dispositivo in grado di aiutare a verificare la dinamica dei sinistri. Il nostro obiettivo è di condurre una sperimentazione su alcune Regioni, finanziata dal ministero delle Attività produttive. A questa fase seguirà un monitoraggio degli effetti. Obiettivamente, però, credo che questo strumento non metta in condizione di per sé di evitare gli incidenti, ma costituisca, piuttosto, un valido deterrente psicologico nei confronti del guidatore che sa di che è possibile riscontrare eventuali infrazioni. D’altra parte so che sul mercato esistono altri congegni interessanti, come quelli che possono aiutare a informare il conducente del verificarsi di certi eventi potenzialmente pericolosi o che lo destano in caso di colpo di sonno.

Chi monta la scatola nera potrebbe ottenere una riduzione del premio. Se io equipaggio il veicolo di tutto ciò che offre la tecnologia come contributo alla sicurezza stradale in cosa posso sperare?
Le compagnie vanno muovendosi verso una personalizzazione della polizza. Esiste cioè una politica tariffaria che tende a riconoscere sconti a chi utilizza strumenti tecnologici che vengono considerati utili al fine di una riduzione dell’incidentalità oppure di altri fattori di rischio. Faccio l’esempio dell’antifurto satellitare: chi lo monta è possibile che ottenga uno sconto sulla polizza incendio e furto, per il semplice motivo che la compagnia vede ridursi il rischio e, di conseguenza, riversa tale riduzione sul contenimento del premio.

Quindi dipende dalle singole compagnie?
Siamo in un libero mercato. Ogni compagnia può scegliere la propria politica.
Anche il fattore normativo può fornire un utile contributo alla riduzione degli incidenti. Come valuta da questo punto di vista la riforma del codice della strada?
Credo che l’attuale Governo abbia realizzato diverse riforme volte a ridurre l’incidentalità; penso al patentino per i ciclomotori, all’obbligo degli anabbaglianti fuori dai centri urbani, alla patente a punti. E, in effetti, soprattutto quest’ultima, ha prodotto delle conseguenze positive. Non tanto però dal punto di vista della riduzione degli incidenti. Prova ne sia che se si considerano i dati complessivi dei sinistri denunciati alle assicurazioni e non soltanto quelli in cui intervengono le forze dell’ordine, si vede che l’incidentalità è rimasta sostanzialmente stabile. Conseguenze positive invece si sono prodotte rispetto alla gravità degli incidenti stessi, nel senso che si sono registrati meno morti e feriti.
E d’altro canto che ci sia uno scarto tra sinistri denunciati e quelli verbalizzati dalle forze dell’ordine è normale.

Ci sono esperienze di altri paesi che le piacerebbe verificare anche in Italia?
Una campagna interessante è stata realizzata in Inghilterra relativamente a quello che viene definito il "guidatore designato", la persona cioè che in un gruppo di amici sceglie di astenersi dal bere per poter essere in condizione di guidare. Un altro aspetto su cui riflettere riguarda il maggior rigore con cui in altri paesi viene condotto l’esame della patente, per lo meno a livello pratico. Un rigore che dovremmo importare anche a casa nostra.
Un’ultima domanda. In un anno di attività avete fatto molto e tanto, mi sembra di capire, avete ancora intenzione di fare. Ma a posteriori, come si misura il ritorno di queste attività?
è difficile stabilire un livello di correlazione diretta tra quello che fai e quello che dicono le statistiche. In ogni caso non siamo assillati da questo problema. Nell’ambito della nostra mission ci siamo detti che se la nostra azione dovesse servire a risparmiare anche una sola vita umana avremmo raggiunto l’obiettivo.                                                                         

Che cos’è il progetto
Ania-Federtrasporti
L’autotrasporto italiano paga un tributo elevato in infortuni mortali. Tant’è che il tasso di mortalità medio per i professionisti del trasporto è del 3,7%, a fronte di uno 0,2% per chi viaggia in strada.
Il progetto, che coinvolge la Fondazione Ania e le strutture aderenti al Gruppo Federtrasporti, fa suo l’obiettivo dell’Ue di ridurre del 50% gli incidenti entro il 2010, sviluppando un percorso formativo mirato a educare alla sicurezza tutti gli operatori della catena logistica. Più precisamente il progetto è finalizzato a:
- aumentare la consapevolezza dei costi sia economici, sia umani degli incidenti stradali;
- diffondere la cultura della prevenzione e della sicurezza favorendo l’incontro fra mondo del lavoro e impresa;
- trasmettere la conoscenza dei rischi e la loro progressiva evoluzione;
- progettare una formazione sensibile alle norme comportamentali (alimentazione e salute);
- predisporre una formazione specifica per i responsabili aziendali della sicurezza.
E si compone di cinque fasi:
- coinvolgimento preliminare delle imprese in un momento di informazione sul tema degli infortuni e della sicurezza stradale;
- individuazione del rischio in azienda tramite un questionario con cui monitorare gli incidenti e misurare i fattori di rischio;
- sensibilizzazione affidata a un piano di comunicazione aziendale per la sicurezza stradale che coinvolge tutte le figure professionali;
- controllo attuato tramite definizione di responsabilità aziendali, regole di mobilità, controlli dei mezzi, procedure per la gestione dei sinistri ecc;
- valutazione dei risultati e individuazione di forme premianti in caso di riscontri


a cura della redazione

da "Uomini e trasporti" Tutti i mo
Mercoledì, 15 Giugno 2005
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