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Il parcheggio errato consapevolmente è violenza privata

Foto di repertorio dalla rete
Foto di repertorio dalla rete

La violenza privata si configura attraverso qualsiasi mezzo che sia idoneo a privare coattivamente della libertà di determinazione e azione una persona, costringendolo a fare, non fare o omettere qualcosa contro la propria volontà. Tra questi mezzi idonei può esserci anche l’autovettura, quando questa sia utilizzata per impedire ad altri di accedere al proprio fondo. Lo afferma la Cassazione nella sentenza 25785/14.

 

 

Il caso

La Corte d’appello, confermando la decisione del giudice di primo grado, condannava per il delitto di violenza privata l’uomo che aveva parcheggiato il proprio fuoristrada su una stradella per impedire ad un altro la possibilità di accedere al suo fondo. Il soccombente ricorreva in Cassazione lamentando il difetto dell’elemento psicologico, poiché lo stesso affermava che si era trattato di un parcheggio errato, non integrante la fattispecie del reato di violenza privata, in quanto non vi era stato alcun rifiuto allo spostamento del proprio mezzo.

 

La difesa, infatti, rilevava che i Giudici territoriali non avevano considerato che la vettura dell’imputato si presentava aperta e con le chiavi inserite nel cruscotto, per cui chiunque l’avrebbe potuta spostare, e che quindi non si trattava di impedimento, ma semplicemente di un parcheggio momentaneo.

 

La Suprema Corte ricorda il proprio orientamento, secondo il quale, al fine della configurabilità del delitto di violenza privata (art. 610 c.p.), il requisito della violenza si identifica con qualsiasi mezzo idoneo a privare coattivamente delle libertà di determinazione e di azione dell’offeso, il quale sia costretto a fare, tollerare o omettere qualcosa contro la propria volontà. Per cui integra il reato in esame il parcheggio di un’autovettura eseguito intenzionalmente in modo tale da impedire a un’altra automobile di spostarsi per accedere alla pubblica via e accompagnato dal rifiuto reiterato alla richiesta della persona offesa di liberare l’accesso (Cass. n. 16571/2006).

 

Nel caso di specie, l’imputato, richiamato dai colpi di clacson, si era prima affacciato dalla propria abitazione, ma aveva fatto subito rientro in casa e soltanto il sopraggiungere del figlio aveva posto fine alla condotta antigiuridica volontariamente posta in essere dall’imputato. L’inserimento delle chiavi nel quadro di accensione della vettura non rileva quale elemento di favore, essendo comunque onere del proprietario dell’autovettura rimuovere la situazione antigiuridica consapevolmente creata. Per i suddetti motivi, la Cassazione rigetta il ricorso.

 

Fonte: www.dirittoegiustizia.it

da lastampa.it

 

Mercoledì, 03 Settembre 2014
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