Notifica a mezzo PEC: problematiche e primi orientamenti giurisprudenziali
All'indomani dell'articolo dedicato ai riferimenti normativi sul sistema di notificazione telematica degli atti e alla rapida illustrazione delle sue modalità operative e per orientare il professionista nel panorama di fattispecie già pervenuta all'attenzione dell'autorità giudiziaria, è parso opportuno integrare la trattazione con un breve approfondimento sugli orientamenti dottrinari e giurisprudenziali succedutisi nella prima fase attuativa della nuova procedura.
Il sistema di notifica telematica, sin dall’inizio oggetto di dichiarato interesse da parte dell’avvocatura, non ha immediatamente riscosso l’auspicato successo, rimanendo vittima della tradizionale ritrosia della classe forense all’utilizzo di modalità e strumenti telematici e del timore di incorrere nelle irregolarità di una procedura inevitabilmente nuova rispetto ai clichèt standardizzati e consolidati dal decorso del tempo.
Hanno a ciò concorso il non sempre eccelso e completo contenuto della produzione legislativa Statale, la ridotta conoscenza dell’informatica giuridica e della relativa normativa oltre al rifiuto di percepire quelle peculiarità proprie del ricorso alle modalità telematiche che rendono non immediata la loro pacifica convivenza con quelle attuate in forma tradizionale.
Sommario
•Gli atti suscettibili di notifica diretta
•Il momento di perfezionamento della notificazione telematica
•L’esperibilità della procedura in sede di giudizio amministrativo
Gli atti suscettibili di notifica diretta
La generica elencazione degli atti suscettibili di notifica diretta, contenuta nella L. 53/1994, sembrerebbe, d’altra parte, imporre l’accurata attività interpretativa utile ad individuare l’effettivo intento del legislatore ed, in particolare, i limiti entro cui egli ha inteso contenere l’operatività di questo sistema, apparentemente praticabile nella vasta categoria degli “atti in materia civile“ (rif. art. 1, L. 53/94) ma poi mancante dell’indicazione di determinate o determinabili tipologie.
Comprensibile, ad esempio, l’incertezza sulle modalità di notificazione per via telematica dell’atto introduttivo del contenzioso ordinario, destinato (al momento solo occasionalmente) a confluire nella busta telematica redatta al momento dell’iscrizione a ruolo del giudizio.
Di esso le disposizioni regolamentari del processo telematico individuano con precisione tanto le caratteristiche giuridiche (corrispondenti alla categoria del documento informatico), quanto quelle tecniche (consistenti di redazione dell’atto mediante programma di video scrittura e successiva conversione in formato PDF c.d “testo”, privo dei c.d. “elementi attivi” e suscettibile di consentire le funzioni di copia ed incolla).
Meno complete le definizioni contenute nella legislazione sulla notifica a mezzo PEC, abilitanti l’inoltro di atti consistenti o meno di documento informatico e legittimanti la convinzione sulla libertà di forme dell’atto da trasmettere, onnicomprensive anche del documento semplicemente scansionato e poi tradotto nel “formato immagine” (l’equivalente di una buona fotocopia).
L’incertezza si è protratta fino al più recente aggiornamento delle regole tecniche licenziate con Provvedimento del DGSIA del 16 aprile 2014, apparentemente satisfattive di entrambe le esigenze perchè abilitanti (art. 19 bis) l’utilizzo dei documenti informatici o copie informatiche, anche per immagine, dei documenti analogici, escludendone però l’uso nei casi in cui l’atto da notificare sia un documento originale informatico, necessitante - in questo caso - del sopracitato formato PDF/testo, inderogabile nei casi in cui l'atto da notificarsi sia l'atto del processo da trasmettere telematicamente all’ufficio giudiziario (esempio: atto di citazione).
In mancanza di specifica e tassativa elencazione si è poi dovuto procedere ad un intervento interpretativo finalizzato ad individuare quelle tipologie di atti che, pur rientrando nella generale categoria della materia civile, non possono essere notificate mediante PEC, stante la riserva di esclusività attribuita all’ufficiale giudiziario in alcune fattispecie richiedenti la sua personale partecipazione.
In alcuni casi l’indagine è stata rapida ed ha condotto all’elaborazione di una significativa (seppur non esaustiva) lista in cui rientrano l’avviso di rilascio dell’immobile, la notifica da eseguire all’estero, la citazione di testi o l’atto di pignoramento immobiliare.
Per alcune di queste attività è la stessa Legge che predispone utili alternative all’intervento dell’Ufficiale giudiziario (così è per la citazione testi, inoltrabile anche ai sensi dell’art. 250 c.p.c.) mentre per altre ipotesi la valutazione si è rivelata meno agevole e foriera di interessante ed affatto sopito dibattito, talora mancante di univoco orientamento.
Tra queste si annovera l’atto di precetto cambiario, che, nella sua composizione tradizionale, impone la preventiva e obbligatoria certificazione di conformità degli originali dei titoli posti a fondamento del credito e trasposti (talvolta anche mediante allegazione in fotocopia o semplice menzione) nell’atto da notificare al debitore. Essa - si è detto - costituisce prerogativa esclusiva dell’U.G. pubblico ufficiale ed esclude quindi l’eventualità che alla sua notificazione possa procedersi mediante comunicazione di PEC (così COA Trani e Torino, quest’ultimo però discutendo della notificazione diretta a mezzo servizio postale).
Detto indirizzo è stato avversato da chi ha perseguito l'idea di poter realizzare opportuni accomodamenti al sistema di notificazione telematica, preordinati a renderla quanto più similare a quella tradizionalmente effettuata.
Muovendo quindi dalla possibilità, espressamente riconosciuta all’avvocato, di attestare l’autenticità dell’atto da notificare a mezzo PEC (art. 3 bis, comma 2, L. 53/94), si è ritenuto possibile procedere in tal senso, previa scansione del documento cartaceo contenente la certificazione rilasciata dell’U.G. da allegare in una con il precetto.
La mancanza di condivisione sul punto suggerisce però, ancor oggi, un cauto approccio idoneo a rendere meno probabile (soprattutto nella fase iniziale del sistema di cui si discute), la proposizione di eventuali eccezioni in sede giudiziale che finirebbero per essere affidate al personalizzato orientamento del giudicante (a sua volta privo di uniformi riferimenti).
Possibilità di utilizzare la domanda giudiziale notificata a mezzo p.e.c. anche ai fini della sua trascrizione
A non immediata soluzione sembra altresì destinata la questione affrontata dall’avv. Francesco Tregnaghi del Foro di Verona, ferma, allo stato, alla significativa ma solitaria condivisione manifestata dal funzionario locale dell’ufficio interessato alla procedura.
La problematica afferisce alla possibilità di utilizzare la domanda giudiziale notificata a mezzo p.e.c. anche ai fini della sua trascrizione, altrimenti affidata all'acquisizione di apposita copia dell’atto notificato in formato cartaceo e con l’intervento dell’ufficiale giudiziario.
Si è posto quindi al Dirigente della Conservatoria dei registri immobiliari di Verona, un quesito sulla praticabilità di un’operazione che utilizzi, quale copia per la trascrizione, quella estratta dalla notifica eseguita mediante PEC e quindi stampata su materiale cartaceo e comprensiva, ovviamente, di allegati e ricevute PEC di accettazione e consegna nonchè dell’attestazione di conformità all’originale digitalmente trasmesso, apposta dall’avvocato “pubblico ufficiale” ex art. 6, comma 1, L. 53/1994.
Il Conservatore di Verona, riscontrando il quesito postogli, ha manifestato il suo assenso, escludendo la necessità di previa iscrizione a ruolo del giudizio al solo fine di conseguire il rilascio dell’attestazione di conformtià all’atto notificato tradizionalmente.
Già passata al vaglio della giurisprudenza di merito la questione sulla generalizzata possibilità di notificare via PEC l’atto di intimazione di sfratto per morosità, pervenuta - per la prima volta - all’attenzione del Tribunale di Catanzaro e decisa con ordinanza del 22 febbraio 2014 resa dal dott. Scalera.
Negativo il giudizio del magistrato nell'ipotesi in cui l'atto non dovesse aver raggiunto personalmente il destinatario, ritenendosi in tal caso obbligatoria l’avviso del tentativo di notificazione non effettuata a “mani proprie”, prescritta dall’ultimo comma dell’art. 660 c.p.c. ed affidata all’ufficiale giudiziario mediante invio di raccomandata + a.r.
La decisione, apprezzabile nella parte in cui non sanziona l’attività espletata dal notificante, acconsentendo alla rimessione in termini per la rinnovazione dell’incombente (da effettuarsi nelle forme tradizionali), si rivela altresì ineccepibile, sol perchè rigorosamente rispettosa del dettato di legge. Essa tradisce però l’intento (già richiamato) di realizzare, ad ogni costo, la compatibilità tra i sistemi “tradizionali” e quelli “telematici”, gravando di irregolarità questi ultimi qualora non esattamente corrispondenti alle ordinarie disposizioni.
Diversi appaiono invece i presupposti su cui l’art. 660 c.p.c. pare fondarsi, dicharatamente ancorati all’esigenza di assicurare la materiale dazione dell’atto (congenitamente mancante nella notificazione a mezzo PEC).
Evidente, altresì, il rinvio all’esistenza di un indirizzo fisico del destinatario, che si rivela però univoco e permanente nel momento in cui se ne rende obbligatoria l’indicazione sin dal suo momento nativo (l’iscrizione nel registro delle imprese) e che si sgancia quindi dall’eventualità che il ricevente possa non essere ivi reperibile (a quell’account - in definitiva - egli non può mancare e la notifica si perfeziona, tecnicamente, con il deposito del messaggio alla propria casella).
Diversa, infine, la componente soggettiva che solo nella procedura tradizionale richiede l’intervento dell’Ufficiale giudiziario, estraneo invece a quella telematicamente effettuata.
Unitamente alle voci succedutesi sul web che davano per conforme l’orientamento del Tribunale di Nola e contrario quelli di Napoli e Verona, è stato altresì segnalato lo specifico riferimento del Tribunale di Mantova (ord. 17 giugno 2014) che, in mancanza della comparizione del conduttore - intimato, ha ritenuto idonea la notifica eseguita nei suoi confronti a mezzo PEC, convalidando quindi lo sfratto.
Il momento di perfezionamento della notificazione telematica
Il più volte richiamato rischio di inseguire l’assoluta compatibilità con le tradizionali forme di notificazione dell'atto giudiziario, ha ingenerato prevedibili reazioni anche in relazione al momento di perfezionamento della notificazione telematica, vincolandola alla materiale conoscenza dell’atto da parte del destinatario.
La questione trova autorevolissimi precedenti in sede di legittimità (Corte Costituzionale, sentenza 14 gennaio 2010, n. 3 e sentenza 26 novembre 2002, n. 477; Cass. SS.UU. ord. 21 ottobre 2004 nr. 458) ed è stata rielaborata a sostegno di una eccezione proposta, in sede giudiziale, nel primo periodo di operatività della notifica via PEC.
Si è cioè ritenuto che la mancata visione del messaggio da parte del destinatario, coincisa con lo “smarrimento della password” di accesso all’account di pec, potesse e dovesse ritenersi produttiva di irregolarità nella notifica (che, nel caso di specie, atteneva a ricorso per dichiarazione di fallimento e pedissequo decreto di comparizione davanti al Tribunale).
Perentorio il rilievo del giudice del reclamo che, ritenuta l’equivalenza tra la trasmissione dell'atto per via telematica effettuata ai sensi dell'articolo 48 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82 (come sostituito dall'art. 33, comma 1, del decreto legislativo 30 dicembre 2010, n. 235) e la notificazione per mezzo del servizio postale, ha individuato il momento del perfezionamento nella “...generazione della ricevuta di avvenuta consegna da parte del gestore di posta elettronica certificata del destinatario e ciò indipendentemente dall’ "apertura" del messaggio” (Corte d'Appello Bologna, sentenza 30 maggio 2014).
Ancor meno rilevante è stata poi ritenuta l’ignoranza sulle modalità di funzionamento della posta elettronica certificata, assunta a sostegno della tardiva opposizione a decreto ingiuntivo di pagamento, pervenuta alla cognizione del Tribunale di Mantova e specificata nella mancata conoscenza, da parte del destinatario, delle modalità di scaricamento dei documenti allegati e della disponibilità della presenza di programmi specifici per la loro visualizzazione.
Estremamente agevole la valutazione esperita dal Giudice adito, limitatosi al pedissequo richiamo delle disposizioni sulle notificazioni dirette a mezzo PEC ed, in particolare, al momento del suo perfezionamento, da sole ritenute utili a consentire la declaratoria di inammissibilità dell’opposizione perchè tardiva (Tribunale Mantova, sez. lavoro sent. 3 giugno 2014).
L’esperibilità della procedura in sede di giudizio amministrativo
Ultimo accenno attiene all’esperibilità della procedura in sede di giudizio amministrativo, alla stregua dell’intervento del DL 90/2014 che - in maniera non chiaramente spiegabile nè spiegata - ha sancito (art. 46 ultimo inciso) l’inapplicabilità di alcune delle disposizioni (commi 2 e 3 ) alla giustizia amministrativa in cui risulta quindi telematicamente notificabile solo il documento informatico e non anche quelli altrimenti suscettibili dell’attestazione di conformità riconosciuta all’avvocato e che, in questo contesto, viene sostituita dall’analoga disposizione del CAD (art. 22), non operativa per mancanza della regolamentazione tecnica richiamata dallo stesso codice (art. 71).
di Fabrizio Sigillò
da Altalex