Giudici di pace in sciopero «La riforma aumenta la precarietà»
ROMA — Il nuovo sciopero dei giudici di pace parte il 4 novembre e si concluderà il 10 novembre. Si tratta di un’ulteriore ondata di protesta contro la riforma della giustizia del ministro Andrea Orlando che secondo i sindacati di categoria accentua «la precarietà». Una precarietà che a Roma ha contorni spaventosi: nella Capitale occorrono 5 anni di tempo per ottenere una sentenza del giudice di pace; mancano uffici e personale e l’apertura dei procedimenti viene fissata addirittura a tre anni dalla presentazione del ricorso. Senza contare il ritardo di un anno, dovuto al personale amministrativo che manca, nella pubblicazione delle sentenze stesse. Insomma, quando anche giustizia viene fatta bisogna attendere ancora 365 giorni perché diventi davvero effettiva.
Slittamento
Con lo sciopero, si prevede che oltre 200 mila procedimenti slitteranno al 2015: la protesta che inizia martedì 4 segue l’astensione messa in atto dai magistrati onorari di Tribunali e Procure nella settimana tra il 20 e il 24 ottobre scorsi. I giudici di pace avevano già scioperato tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre. Lamentano che si ritroveranno «ad esercitare a tempo pieno la funzione giudiziaria con un aumento della competenza civile, penale e amministrativa (immigrazioni) già cresciuta vertiginosamente», insomma sotto pressione, come spiega l’avvocato Gabriele Longo dall’Unione nazionale giudici di pace.
La riforma
La riforma Orlando,in sostanza, dilatando le competenze dei giudici di pace sia in ambito penale che civile, li impegnerà In controversie maggiori di quelle, limitate, che oggi rientrano nelle loro ambito: «Passeremo a giudicare cause immobiliari fino a 30mila euro (oggi solo quelle fino a 5000,ndr) e risarcimenti stradali cospicui, fino a 50 mila euro. In futuro si prospetta anche un carico maggiore su contenziosi patrimoniali». La carenza di organici, la scarsità di mezzi e le difficoltà ad aggiornare/informatizzare i tribunali pesa molto sul lavoro dei singoli. «Diverranno precari i diritti costituzionali come la stabilità del rapporto, tutela della maternità e della salute, previdenza, garanzie di indipendenza, arrivando addirittura a rimettere alla discrezionalità della pubblica amministrazione lo stesso pagamento degli stipendi» dice il segretario Alberto Rossi.
di Ilaria Sacchettoni
da corriere.it