INTRODUZIONE
Avrei voluto cominciare questa relazione in un altro modo, ma ancora
una volta siamo a piangere un uomo della Polizia Stradale. Parliamo
di Stefano Biondi, insignito da pochi giorni della medaglia d’oro
al valor civile. Vogliamo cominciare da lui e dagli altri 26 colleghi
che tutti in fila costituiscono la lunga teoria di nomi che dal 1994
ad oggi hanno segnato col loro sacrificio le strade del nostro Paese.
Di questi 27 giovani, età media 28-30 anni, 19 (il 70%) sono
caduti sull’asfalto autostradale, 15 investiti durante i rilievi
di incidenti stradali o durante il controllo di veicoli. 5 in incidenti
stradali in auto, 4 in moto, 3 (Stefano Biondi, Luca Benincasa e Stefano
Villa tutti decorati alla memoria) per mano della malavita. Questo è
il biglietto da visita della Polizia Stradale, al quale dovremmo aggiungere
i nomi e le cifre degli altri colleghi che in divisa operano sulla strada.
Anche lo Stato, durante la Festa della Polizia di una settimana fa,
non ha potuto fare a meno di accorgersi di questo impegno e dell’elevato
sacrificio, degli uomini e donne della Specialità (due le agenti
cadute in servizio: Sabrina Pagliarani e Ilaria Maria Leandri) ed ha
assegnato, dopo quella del 1997, (19 i caduti da allora) un’altra
medaglia d’oro alla bandiera della Polizia di Stato per l’attività
svolta dalla Polizia Stradale a favore della sicurezza sulle strade.
Sappiamo tutti – purtroppo – come sia caduto Stefano, questo
strenuo difensore della legalità. Terza vittima nell’ultimo
anno, domani è infatti esattamente un anno da quando abbiamo
perso l’amico Pierluigi Giovagnoli Sovrintendente della Stradale
di Forlì, col quale ho condiviso gli ultimi anni del mio servizio
nella Specialità, morto su una moto per responsabilità
di un incosciente ubriaco. Pierluigi ha lasciato una moglie e 3 figli.
Ancor prima era stato, sempre nel 2003, Massimo Michielin a perdere
la vita sulla tangenziale di Milano, mentre generosissimo stava intervenendo
per i rilievi di un precedente incidente e per evitare che ne accadesse
un altro più grave, quando è arrivato un proiettile su
4 ruote (è proprio il caso di chiamarlo così) che lo ha
rapito alla sua cara famiglia. Un gigante di bontà adorato da
sua madre Luciana e dal fratello Stefano.
Stefano Biondi era per noi, per l’Asaps, anche un amico che ci
frequentava con grande continuità e che seguiva l’operato
del nostro staff con passione e costanza, divenendo di fatto il referente,
e quindi la nostra voce, in uno di quei reparti che sono la prima linea
della Polizia Stradale, la Sottosezione di Modena Nord. Portava sulla
divisa insieme al simbolo araldico della Polizia di Stato quello dell’Asaps
di cui era geloso custode, lui così impegnato nel sociale, in
testa Telethon, da mettere in imbarazzo chi ha avuto modo di scoprire,
dopo, la sua generosità e disponibilità verso gli altri.
Stefano con i suoi giovanissimi colleghi di Modena Nord faceva parte
di quella stupenda squadra di “ragazzi” in divisa che soli,
troppo spesso, intervengono su quella fetta d’asfalto che abbiamo
definito più volte il Bronx, semplicemente per difendere la legalità,
per essere diga contro il crimine. Centinaia gli arresti, decine di
chili di droga sequestrati, auto rubate recuperate a capannoni, il fatturato
di una Squadra Mobile di quelle efficienti.
IL PERCORSO DELL’ASAPS NEL TRACCIATO DELLA SICUREZZA
STRADALE
Quello dell’Asaps per la sicurezza stradale è un percorso
lungo, iniziato nel lontano 1991, da 16 soci fondatori, con le denuncia
sistematica delle carenze del codice, con il sottolineare la crisi (non
ancora sanata) nell’organico della Specialità, con la nostra
battaglia contro le stragi del sabato sera. E, nella seconda metà
degli anni ’90, col nostro impegno contro i lanci dei sassi dai
cavalcavia. Noi per primi abbiamo proposto la numerazione dei manufatti,
ottenuta con provvedimento di legge un paio di anni dopo. Ci siamo impegnati
con altre associazioni per la messa in sicurezza con apposite reti dei
viadotti autostradali nei quali decine di persone hanno perso la vita
scavalcandoli di notte e credendo di trovare il terreno, mentre precipitavano
nel vuoto. Molti non lo sanno ma l’Asaps è l’associazione
che si è battuta con insistenza per la progressiva chiusura dei
varchi autostradali (i buchi nei guardrail) per impedire insensate e
tragiche inversioni di marcia. Noi oggi siamo attori protagonisti, piaccia
o non piaccia, nella battaglia contro i 150 in autostrada.
Senza voler peccare di presunzione siamo stati sicuramente fra quelli
che hanno contribuito a togliere la sicurezza stradale dal frigorifero
dell’indifferenza ed abbiamo contribuito a farla finalmente servire
in un angolo della tavola riccamente imbandita di problemi del nostro
Paese.
Siamo di fatto diventati una sorta di lobby trasversale della sicurezza
stradale, per la difesa della vita della gente sulle strade, per la
denuncia delle carenze della legge, della debolezza delle strutture,
della inadeguatezza delle strade, di tutte le logiche dell’economia
che pervadono di sé il sistema circolazione-uomo-veicolo.
Lungo questo percorso non siamo rimasti soli, abbiamo incontrato altre
sigle che in tempi lontani si sono affiancate a noi in questo impegno
serio costante, documentato.
Pensiamo innanzitutto a Sicurstrada, l’associazione bolognese che
fa capo alla Fondazione Cesar di cui saluto il presidente Giancarlo
Brunello e il Segretario Generale Sandro Vedovi, oggi presenti, che
ha costituito in questi anni il volano della produzione di materiale
educativo per le scuole, per i ragazzi, senza risparmio di mezzi. Parliamo
dell’Associazione Familiari e Vittime della Strada, un club al
quale non ci si iscrive per un comune sentire verso un’istanza,
ma per volontà divina o del destino a seconda dei pareri, dell’ANVU,
della Fondazione Casartelli ed altre associazioni ancora. Non parliamo
delle ultime nate, quelle del dopo PNSS (Piano Nazionale per la Sicurezza
Stradale) che sembrano in alcuni casi il parto di qualche interesse
specifico, alcune da subito esperte nel percorrere le strade romane
che portano ai finanziamenti pubblici.
In questi anni anche singoli cittadini, singoli professionisti, singole
autorità dello Stato ci hanno sostenuto, hanno condiviso l’impegno
per la sicurezza stradale.
Una su tutte è proprio S.E. il Cardinale Ersilio Tonini, che
premiamo simbolicamente oggi, con il premio Solidarietà della
strada, per il suo infaticabile impegno a difesa della vita dei giovani
sulle strade, per interrompere la scia di sangue delle stragi del fine
settimana. Il Cardinale, così esile ma così forte e determinato,
così carismatico e deciso, è stato l’esempio infaticabile
dell’impegno civile unito a quello religioso. Un esempio di costanza
e coerenza come pochi.
Se non abbiamo mai abbandonato per un attimo l’impegno contro la
“violenza stradale” come la chiamano i francesi, in questi
13 anni di storia di vita dell’associazione siamo stati un’officina
che ha sfornato idee, testi, stampati, schede a decine di migliaia di
pezzi per contribuire al miglioramento della professionalità
delle divise che operano sulla strada. Per questo oggi contiamo 25.000
associati ed oltre 500 referenti sparsi in tutta Italia, ai quali va
la mia gratitudine, il mio affetto, la mia stima. Si tenga conto che
la Stradale conta 12.000 operatori, per cui è facile argomentare
che oggi l’Asaps si avvale del prezioso consenso di appartenenti
alle altre forze di polizia, PM in testa, e di tanti comuni cittadini
e liberi professionisti che vedono in noi un baluardo certo contro la
violenza stradale.
IL MANIFESTO NO150
Il termometro di questo consenso lo abbiamo avuto proprio in questi
mesi quando con Sicurstrada, Anvu e l’Associazione Familiari e
vittime della strada, abbiamo dato vita al manifesto contro i 150 nelle
autostrade a 3 corsie. Migliaia e migliaia di adesioni e tanto incoraggiamento
a proseguire nel nostro percorso.
Il manifesto è da considerare uno dei nostri massimi impegni
mai intrapresi, la nostra presa di posizione, anche se scomoda, ha convinto
larga parte dell’opinione pubblica, perché siamo stati in
grado di motivarla, spiegarla, qualificarla.
La grande mole di dati che giunge nella nostra piccola “unità
di crisi” ci ha portati ad avere una convinzione, più
che un’opinione. Sono i colleghi in servizio in autostrada
a sapere come stanno realmente le cose. Loro che rischiano la vita quotidianamente
hanno il metro esatto della situazione.
Un “no” che comunque ha trovato massicce adesioni nelle centinaia
di e-mail che sono giunte all’indirizzo telematico che insieme
a Sicurstrada ed Anvu abbiamo aperto e che ci dimostra quanto in realtà
la nostra convinzione sia diffusa.
Abbiamo spiegato alla gente che abbiamo 150 motivi per dire no ai 150.
In questa nostra battaglia abbiamo ottenuto l’appoggio del settimanale
cattolico Famiglia Cristiana, che ha ripreso in blocco le nostre considerazioni
ed ha pubblicato in più occasioni la nostra tabella del basso
“costo”, in termini di sanzioni e punti, per chi viaggia fino
a 200 km/h.
Le Edizioni Paoline, ci hanno addirittura affiancato ancora una volta
e il prestigioso settimanale cattolico, che vanta tre milioni e mezzo
di lettori, ci ha ripreso nel numero 44 del 30 ottobre 2003, sposando
completamente le nostre tesi e intitolando il pezzo “150 all’ora,
schiaffo alla sicurezza”, lo stesso titolo del nostro comunicato.
Scoprire di essere affiancati da giganti della comunicazione ci incoraggia
ancora di più e ci spinge a proporre contromisure per un fenomeno
che in altri Stati europei, prima fra tutti la Francia, è considerato
scienza: l’incidentologia.
Noi, di questa scienza, pensiamo di essere dei validi esponenti, che
hanno abbandonato l’empiria per crescere e maturare in un nuovo
concetto – condiviso – di sicurezza stradale. Una scienza
che, come tutte le altre, nasce da alcune domande.
La nostra prima è la più semplice:
PERCHE’ ALZARE I LIMITI QUANDO NESSUN PAESE
DELLíUNIONE EUROPEA HA SENTITO QUESTA ESIGENZA?
Per quanto ci si ostini a non dirlo, l’Italia sarà l’unico
paese della comunità a rivedere al rialzo il limite di velocità,
proprio mentre la Commissione Europea pretende dagli Stati membri la
riduzione della mortalità del 50% entro il 2010.
È poi paradossale che l’annuncio dei 150 sia arrivato proprio
il 7 aprile, giornata mondiale della sicurezza stradale, chiesta a gran
voce dall’OMS, che ha snocciolato dati raccapriccianti.
Gli studi condotti nell’ambito della comunità sottolineano
come una riduzione della velocità media di 5 km nelle strade
extraurbane e autostrade, da sola farebbe diminuire la mortalità
in Europa di circa 10.000 vittime. Non ci sembra la cura giusta, questa,
soprattutto in un paese, l’Italia, che negli ultimi 5 anni è
sceso più in basso nella graduatoria della sicurezza stradale.
È nostra convinzione che anche quei tratti a 3 corsie, che saranno
oggetto dell’innalzamento dei limiti, non siano del tutto idonei,
in quanto realizzati per una velocità massima ideale di 140 km/h.
Un noto docente universitario di costruzioni stradali e ferroviarie,
ci ha scritto, ha aderito al manifesto ed ha ribadito che il nuovo limite
non corrisponde affatto neppure ai parametri di sicurezza costruttivi
fissati dalla direttiva del Ministero delle Infrastrutture nel novembre
del 2001. Figurarsi secorrispondono a quei parametri le strade costruite
con le direttive precedenti.
D’altra parte ci sono paesi dell’Ue a noi vicini che dispongono
di una rete stradale assolutamente migliore della nostra, e nonostante
ciò non pensano nemmeno lontanamente ad innalzare i limiti massimi.
Si pensi che negli USA ci sono Stati come la California o la Florida
che dispongono di autostrade fino a 6 corsie per ogni senso di marcia,
con un parco veicolare dalla cilindrata media di 3mila cc, con limiti
massimi che non superano le 56 miglia, poco più di 90 all’ora.
Eppure se ne fanno una ragione.
E non ci sembra opportuno nemmeno invocare una migliore qualità
dei veicoli, che non c’è, perché quello italiano
resta uno dei più vecchi parchi auto del continente. In ogni
caso dovremmo semmai verificare le capacità tecnica del conducente,
anche se questi si trovasse alla guida di una fuoriserie superaccessoriata.
Lo stesso Sigfried Sthor, ex pilota di Formula 1 e gestore di una scuola
di guida sicura, si è severamente pronunciato, con ricche argomentazioni
contro i 150.
Ma la domanda più sensata che siamo riusciti a farci è
“servirà a fare prima?”. Potrà questo
nuovo limite rendere il nastro d’asfalto più veloce? La
risposta è no.
Se infatti, anche solo da empirici, applichiamo alla pratica un semplice
computo, scopriamo che il risparmio in termini di tempo è assolutamente
nullo. Intanto il nuovo limite sarà applicato in modo disomogeneo
in tratti coriandolo di pochi chilometri.
Esempio: Milano – Rimini, con il tratto iniziale della A1 e quello
successivo della A14, totale km 340 di autostrada.
I tratti interessati all’innalzamento sono due, quello tra Modena
Nord e Modena Sud, di 13 km e 100 metri, e tra Faenza e Forlì
di 17 km e 200 metri.
Se percorreremo i due tratti alla velocità di 150 anziché
130, potremo guadagnare in totale un minuto e 50 secondi. Nel contempo
aumenteranno i rischi, i consumi e le emissioni.
Regnerà sovrana la confusione dei 130 km/h come limite ordinario,
i 110 quando piove (è bene sottolineare che sono da tempo già
in vigore), i 50 in caso di nebbia con visibilità inferiore ai
100 metri, i 150 in quei tratti a 3 corsie già individuati. Alla
fine servirà un Direttore di corsa.
La realtà vera è che la nuova normativa aiuterà
chi vuole correre, come in una giostra, fino a 200 all’ora. Il
biglietto, quando dovrà essere pagato, sarà economico
e privo di conseguenze di un certo peso.
I 150 sono semplicemente una deplorevole valvola di sfogo in un sistema
stradale pericoloso e ormai collassato anche nella rete autostradale,
nel quale non è importante tanto arrivare prima, ma semplicemente
arrivare. E’ un concetto così semplice da apparire banale.
Certamente se e quando entreranno in vigore i 150 non rimarremo inerti
e saremo pronti insieme ad altre associazioni alla chiamata di responsabilità,
anche nelle sedi giudiziarie, per chi li avrà adottati.
IL DDL SULLE DISCOTECHE E ALCOL ALLA GUIDA
Siamo poi rimasti sinceramente sorpresi recentemente nel vedere affossato
il provvedimento sugli orari delle discoteche al vaglio del Parlamento
nei mesi scorsi.
Il tentativo di porre limiti negli orari di chiusura e, cosa per noi
ancor più importante, nel divieto di vendita degli alcolici ad
un’ora giusta, sono miseramente falliti. Ancora una volta, in una
trasversalità parlamentare degna di miglior causa, il provvedimento
è stato di fatto affossato, con un emendamento finale si è
deciso che saranno i comuni a fissare gli orari definitivi di chiusura.
Ciò accrescerà la confusione e stimolerà il nomadismo
notturno alla ricerca del locale del comune anche distante che permette
di tirare più tardi. I tutori delle libertà della notte
hanno sottolineato che le misure erano assolutamente inutili. Perché
allora, propone l’Asaps, non sperimentarle per un anno o due e
poi andare a verificare i risultati? Dubitiamo che si sarebbero trovati
volontari che per dimostrare l’inutilità della legge sugli
orari delle discoteche, sarebbero stati disponibili all’estremo
sacrificio…
Una cosa è sicura, da una recente elaborazione pubblicata anche
su Il Centauro, risulta che nelle ore notturne che vanno dalla mezzanotte
alle 6 del sabato e della domenica, si conta quasi il 51% degli incidenti
mortali delle notti di tutta la settimana. Sarà solo un caso?
Sul discorso alcol e guida, secondo Asaps, si dovrà finalmente
aprire una sfida forte, fatta di controlli sistematici, severi, non
solo notturni. E’ troppo alta la cifra oscura dell’ebbrezza
e delle sue tragiche conseguenze alla guida. Non è possibile
pensare che l’abuso si fermi a quel modesto e ridicolo 2% scarso
che risulta dalle statistiche della sinistrosità, quando la stessa
OMS parla di un’incidenza alcol nei sinistri stradali che va dal
20 al 30%. Fino a quando si dovrà continuare con un metodo permissivistico,
estremamente garantista, e spesso corretto da qualche Giudice di pace
che assolve anche di fronte al riscontro obiettivo dell’etilometro,
solo per il fatto che tutto sommato il conducente non aveva (ancora)
causato nessun danno. Come la mettiamo con quel giovane che dopo aver
causato 2 morti nel 1997, mentre era ebbro alla guida, tornato a guidare
all’inizio di quest’anno ha ammazzato altri 2 coniugi colpevoli
solo di avere incrociato il suo cammino mentre era sotto i fumi dell’alcol?
È stata la norma troppo generosa a fare di questo giovane un
serial killer della strada?
Sulla vicenda orari discoteche tutti sono stati solerti ad invocare
poi maggiori controlli sulle strade. Bravi, vogliamo magari cominciare
col ripianare l’organico della Polizia Stradale carente di 1.300
unità da oltre 15 anni, e assolutamente inadeguato alle esigenze
di una circolazione sempre più esasperata nei tempi e nei modi?
PATENTE A PUNTI CONTROLLI SULLE STRADE
Concordiamo col concetto espresso dal Prefetto Piscitelli in un’intervista
qualche mese fa. La patente a punti deve essere considerata la misura
più importante adottata negli ultimi 30 anni nel campo della
sicurezza stradale. Tuttavia l’automobilista italiano con quella
innata capacità di adattarsi all’ambiente, sinonimo di intelligenza
e scaltrezza, non ha tardato a capire che le maglie del controllo sono
larghe.
Infatti al positivo impatto iniziale che aveva portato ad uno straordinario
calo della sinistrosità a 2 mesi dal varo della PaP del 29%,
un calo della mortalità del 26% e dei feriti del 30%, si è
passati dopo 10 mesi ad un più modesto -16% degli incidenti mortali,
a -18% dei morti e a -19% dei feriti. Dati, ancora abbastanza positivi,
che si stanno faticosamente stabilizzando. Deve essere chiaro che perché
la PaP funzioni sono essenziali 3 elementi:
· controlli quantitativamente e qualitativamente adeguati sulle
strade;
· una banca dati efficiente che dia in tempo reale il quadro
della situazione punti al controllore e al controllato;
· giudizi dei giudici di pace omogenei e coerenti.
C’è anche da sottolineare una sempre più evidente
debolezza nella parte relativa alle modalità di recupero dei
punti (6 o 9 che siano). In sostanza le agenzie preposte, secondo la
nuova normativa, devono accertare solo la frequenza ai corsi, non è
prevista nessuna prova finale, nessuna verifica. Per assurdo un patentato
che ha perso 10 punti per guida in stato di ebbrezza, potrebbe frequentare
corsi serali accompagnato da due fiaschi di vino, purché firmi
il registro di presenza alle lezioni.
Non è previsto poi alcun monitoraggio dell’attività
delle agenzie di recupero: quanti frequentatori? Quanti recidivi nel
tempo? Si arriverebbe all’assurdo che all’agenzia potrebbe
convenire che il soggetto torni a commettere violazioni, così
tornerà a frequentare corsi a pagamento.
Un altro aspetto sembra inserirsi in modo preoccupante sul percorso
della PaP. La recente sentenza della Corte Costituzionale che ha abolito
il deposito cauzionale per il ricorso ai GdP, ha eliminato un fattore
dissuasivo all’impugnazione della sanzione. Ora c’è
da attendersi un’altra sentenza della Consulta che potrebbe eliminare
la possibilità di togliere punti al proprietario del veicolo
che non sia persona giuridica. Elemento che fin dall’inizio ci
aveva sollevato non poche perplessità. Siamo infatti convinti
che la polizia in un Paese ad alta evoluzione democratica debba accertare
le violazioni, ma anche l’identità certa dei violatori e
non addebitarle a proprietari che potrebbero essere favoriti rispetto
ad altri per il solo fatto di non essere titolari di patente. Quanti
nonni stanno tornando titolari di potenti berline, quanti extracomunitari
dicono alla polizia che erano alla guida, lungo l’autostrada, di
BMW serie 7 o Audi A8, di proprietà di professionisti.
Ecco allora che il surrogato della tecnologia ed elettronica nel sistema
controlli, certamente utile e utilizzabile, con l’avvento di quella
sentenza, perderà molta della sua efficacia dissuasiva. Ci spieghiamo
con un esempio. Provate ad immaginare che con l’avvento dei 150
km/h in autostrada chi supererà il limite di non oltre 40 km,
pagherà appena 137,55 euro e due punti della patente. Praticamente
come se non indossasse il giubbotto quando scende dalla macchina col
triangolo. In sostanza col 5% di tolleranza potrà viaggiare fino
a 200 all’ora con quei soli 137 euro e in futuro forse senza perdere
neppure i punti, perché fermare una macchina a quella velocità
con i sistemi di controllo elettronico fisso è quasi impossibile
e certamente pericoloso.
Si torna quindi al problema di fondo, servono più divise sulle
strade, deve essere resa più visibile e accettata la legge. Certamente
l’elettronica è e sarà di notevole supporto ma non
potremo mai delegare tutto al grande fratello che spesso ha la debolezza
di mirare più alla cassa che alla reale prevenzione. A nostro
parere per altro l’installazione dei sistemi elettronici di controllo
della velocità andrebbe attivata in quei tratti di strada a documentata
pericolosità, e dopo una forte cura a base di rilevatori, andrebbero
verificati, come farebbe un buon medico, anche i risultati.
E’ a questo punto imbarazzante constatare come da anni non si riesca
per esempio a ripianare l’organico della Polizia Stradale di quei
1.300 agenti mancanti, per arrivare ai 13.700 previsti per altro assolutamente
insufficienti di fronte alla decuplicazione del parco veicoli.
La Stradale del nuovo millennio impiega un numero di pattuglie inferiore
a quello della fine degli anni ’60, quando circolava un quinto
delle vetture di oggi. Eppure sulla strada si continua a consumare una
tragedia quotidiana fatta di 18 morti e oltre 800 feriti con costi per
lo Stato sociale e il servizio sanitario enormi.
E non dimentichiamo nemmeno per un attimo che compito della Stradale
e delle Specialità non è solo quello del rilevamento,
pur opportuno, delle violazioni, ma anche quello del controllo del territorio
periferico del sistema viario, si pensi ad Emanuele Petri, a Stefano
Biondi come si sono dimostrati efficaci sensori e filtri del terrorismo
e della criminalità.
L’EVOLUZIONE DEL FENOMENO CIRCOLAZIONE
Per non evidenziare sempre e solo l’aspetto infortunistico cerchiamo
con un flash di capire qual è stato lo sviluppo del fenomeno
circolazione, limitandoci al raffronto dall’inizio degli anni ’90
(in pratica da quando è nata l’Asaps) ad oggi. Secondo i
dati del 2001, fonte ACI, nel nostro Paese esiste un parco circolante
complessivo di 45.848.729 veicoli, (per il 72,68% si tratta di autovetture,
per il 17,68% di motoveicoli e per il 9,65% di veicoli industriali),
con un incremento del 22,94% rispetto al 1990, ed esattamente del 20,16%
per le autovetture e del 41,97% per gli autocarri.
Secondo i dati dell’AISCAT, l’associazione delle Società
concessionarie, nel 2000 si era raggiunto un valore complessivo di 70.394
milioni di veicoli/km. Il 23,8% (16.768) dovuto ai veicoli pesanti e
il 76,2% (53.626) ai veicoli leggeri. L’incremento del traffico
rispetto al 1990 è stato del 37,64% per i veicoli leggeri ed
addirittura del 48,12% per i veicoli pesanti. Un trend per altro che,
salvo adeguati interventi di riequilibrio, è destinato, secondo
gli esperti di settore, a proseguire.
Puntando i fari sul segmento del trasporto pesante notiamo un andamento
speculare se non ancor più intenso. Nell’arco di tempo in
questione il trasporto merci è passato da 12 miliardi a 17 miliardi
di veicoli/km sulla sola rete autostradale.
L’allargamento dell’Ue ad altri 10 Paesi e l’evoluzione
del mercato globale, porteranno ad ulteriori significativi incrementi
del traffico, in particolare quello pesante, con l’aggravamento
dell’attuale congestione fino ad un infittirsi di situazioni di
vera e propria paralisi diurna del traffico in alcune direttrici. Situazione
già evidente oggi in alcuni tratti autostradali del nord sulle
direttrici ovest–est e nord–sud. Questa situazione di sofferenza
sarà particolarmente evidente nel nostro Paese, circondato dalla
barriera naturale alpina e soggetto a sempre più frequenti incursioni
concorrenziali nel settore del trasporto. Tutto questo avrà un
peso e inciderà seriamente nella competitività delle nostre
imprese e della stessa economia europea.
Anche in relazione ai problemi di inquinamento la Commissione europea
ha più volte sottolineato l’esigenza di un riequilibrio
delle modalità di trasporto nelle sue varie modalità,
con una politica che favorisca l’intermodalità e incrementi
lo sviluppo dell’alternativo ma integrabile trasporto ferroviario,
marittimo e fluviale.
Si pensi, in un quadro d’insieme di questo tipo, quale sia il costo
anche dovuto alla frequente interruzione del traffico per incidenti
magari non gravi.
Non è più rinviabile una intensificazione qualitativa
e quantitativa dei controlli su strada. Serve una sorta di Polizia dei
Trasporti che veda la Stradale come punto di riferimento di un modello,
in parte già iniziato con i moduli operativi congiunti fra Specialità
e ministero dei Trasporti, che non deve essere episodico ed occasionale,
ma costante, evolutivo, efficace e dissuasivo per quanti dall’estero
pensano di trovare sul nostro territorio una sorta di zona franca della
legalità e della sicurezza per le modalità del transito
merci. Sottolineiamo sotto questo aspetto la necessità, non subordinata,
di una puntuale attenzione e verifica sul trasporto di merci pericolose.
Anche su questo versante, il CAPS di Cesena assume e può svolgere
il suo tradizionale ruolo determinate ed insostituibile di aggiornamento
del personale per la formazione dei futuri Agenti, e per questo è
necessario portare a compimento quel processo di ristrutturazione interna
iniziato già da qualche tempo grazie al costante impegno dell’attuale
direttore dell’unico Istituto di formazione esistente nel nostro
Paese in questo settore.
Di fronte a questo stato di crisi permanente, visto che la scelta del
decisore politico è stata (e forse sarà) quella di subordinare
una priorità come l’emergenza stradale ad altre questioni
come l’ordine pubblico, il terrorismo, la malavita e altro, ci
dichiariamo favorevoli al programma di chiusura notturna di alcuni Distaccamenti.
E lo diciamo noi che ci siamo battuti senza risparmio di energie e spesso
da soli, quando dal Dipartimento nel non lontano 1996 si voleva usare
l’accetta della chiusura totale di ben 80 Distaccamenti della Polizia
Stradale, questo, oggi che il pericolo è stato scongiurato, non
va assolutamente dimenticato.
Non si dica come fa qualcuno che il provvedimento indebolirà
la presenza della polizia sul territorio. Ciò non è assolutamente
vero. La chiusura notturna consentirà invece il recupero di almeno
due agenti al giorno per ogni comando da impiegare su quel territorio
per svolgere servizio di vigilanza stradale per quella comunità,
per quella gente. Al cittadino non serve un piantone che risponde al
telefono per dire che non ha pattuglie disponibili. A questo potrà
invece provvedere la Sezione con una semplice deviazione di chiamata.
Il controllo alla caserma sarà garantito con un sistema di telecamere
collegate col capoluogo e presto addirittura con un collegamento sulle
vetture in servizio esterno. Ci saranno invece più pattuglie
sulle strade di competenza di quel Distaccamento che garantiranno una
maggiore produttività in termini di sicurezza stradale. D’altra
parte non si capisce come si possa pensare di tenere aperto di notte
il Distaccamento della Polizia Stradale quando, nello stesso comune,
proprio l’Arma dei Carabinieri, presidio di polizia sul territorio,
tiene chiuse le sue stazioni.
E’ anche auspicabile che finalmente le scorte a T.E. passino definitivamente
di mano a una di quelle figure ausiliarie di cui il codice e i regolamenti
ci hanno infarcito, una volta tanto utili non solo per far divieti di
sosta. Si pensi che sono circa 40.000 l’anno concentrate in particolare
in alcune regioni, il 70% a trasporti eccezionali. Ciò consentirà
di recuperare un bel numero di pattuglie.
IL COORDINAMENTO
Questa è una di quelle parole ormai talmente abusate che c’è
quasi da vergognarsi a pronunciarla. Io vedrò di sottolineare
i problemi emergenti dalla presenza di varie divise sulle strade senza
fare un uso eccessivo di quel termine che risale alla preistoria della
legge 121/81 “riforma della polizia”. Diciamo la verità
quasi quasi imbarazza dover prendere atto che qualche passo concreto
si comincia timidamente a vedere nel coordinamento fra polizie dello
Stato. Pensate alla DIA, o più terra terra al poliziotto e carabiniere
di quartiere che diligentemente si spartiscono le zone di controllo
della città. Tutto questo non avviene assolutamente nel delicato
settore del controllo stradale, dove è proprio il caso di dire
che la destra non sa quello che fa la sinistra. Il codice della strada
è stato la più grande balia per la nascita di figure e
competenze nuove e spesso eccessivamente autonome fino ad imbarazzare.
Non vogliamo parlare delle varie ausiliarità: ausiliari della
sosta, ausiliari del traffico, tutti ausiliano con una certa approssimazione.
Con le polizie municipali e provinciali, pur in netta crescita di professionalità
in particolare nelle grandi città, emergono qualche volta difficoltà
di collegamento (per non parlare di coordinamento).
Crediamo che sia arrivato il momento di porre un minimo ordine nella
materia in seno ai comitati provinciali.
Si dovrà finalmente applicare la norma dell’art. 11 del
CdS che è molto chiaro: “Al Ministero dell’Interno
compete il coordinamento dei servizi di polizia stradale da chiunque
espletati”.
CARENZA STRUTTURE STRADALI
Probabilmente siamo fra gli ultimi anche da un punto di vista della
qualità delle infrastrutture stradali, come hanno confermato
autorevoli tecnici ministeriali nel corso di una trasmissione televisiva
Rai. A questo proposito non possiamo rinunciare a sottolineare una situazione
in molte importantissime strade che ha ampiamente superato i limiti
minimi della sicurezza.
Un esempio per tutte sono le vicine E45 nel tratto del valico del Verghereto
e la SS 309 Romea nel tratto che va da Lido di Spina a Comacchio, che
presentano ormai buche capaci di inghiottire una mezza utilitaria. In
alcune giornate piovose quando le buche sono occultate dal livello dell’acqua
si contano decine di lesioni ai pneumatici. Tutto questo non sappiamo
a quale logica risponda (se non a quella dei gommisti).
Certamente è una situazione che non favorisce il commercio e
tanto meno il turismo. Parliamo di due tratti che rientrano nei progetti
di ristrutturazione, per poi porli a pagamento. Forse si auspica una
sorta di invocazione in tal senso da parte degli automobilisti e camionisti,
intanto si continua a rischiare la vita. Eppure gli automobilisti italiani
versano cifre enormi all’erario sotto forma di tasse e imposte,
il reimpiego in termini di sicurezza e fruibilità per i tratti
non a pagamento sta diventando risibile e aumenta il pericolo. Anche
i 12 milioni di cartelli verticali che punteggiano le nostre strade,
come i 420 milioni di metri di segnali orizzontali hanno bisogno di
nuove logiche nel posizionamento per evitare confusione, sovrapposizioni
e inutilità che ne rendono qualche volta vana la funzione e quando
sono assurdi nelle limitazioni, legittimano la violazione sistematica.
Credo che su questi aspetti anche le associazioni dei consumatori così
attente su molti fronti, dovrebbero puntare i loro potenti fari.
L’EDUCAZIONE STRADALE
Ci siamo spesi molto in questi anni anche per l’educazione stradale,
abbiamo partecipato a cicli di educazione stradale, dalle scuole elementari
alle medie a conferenze nelle scuole superiori e anche nelle università.
In qualche caso recentemente abbiamo dato il nostro apporto ai corsi
per il conseguimento del patentino per i ragazzi ciclomotoristi (che
in qualche caso ha un po’ oscurato l’esigenza di educazione
stradale in generale).
Tutto questo è avvenuto spesso nel circuito di scuole collegate
a Sicurstrada e ovunque siamo andati abbiamo distribuito sempre gratuitamente
materiale educativo e formativo prodotto congiuntamente all’associazione
bolognese (di cui sono anche vice presidente) che fa capo alla Fondazione
Cesar di Bologna. Noi stessi abbiamo prodotto opuscoli relativi al consumo
degli alcolici, degli stupefacenti, test connessi alle leggi della fisica
correlata alla sicurezza stradale, ai diritti e doveri dei pedoni, ciclisti
e ciclomotoristi.
Abbiamo spiegato ai ragazzi non che la velocità è brutta,
una fandonia che non beve più nessuno, e che è controproducente,
altrimenti non si spiegherebbe tutta la gente che guarda dal vivo e
in TV la Formula 1 o Valentino Rossi, ma che è pericolosa, che
la velocità orizzontale spesso è letale come quella verticale,
che è una sorta di pubblicità ingannevole. Andiamo a spiegare
l’utilità del casco, delle cinture, gli spazi di frenata,
gli effetti del bagnato su strada. Ci sforziamo di far incamerare ai
giovani i principi del rispetto per gli altri ad iniziare proprio dalla
strada quel luogo dove si muore di più, fra le attività
umane, specie da giovani, dove si litiga di più, dove ci si esibisce
di più.
Nei mesi scorsi con Sicurstrada e Anvu abbiamo lanciato una bellissima
campagna sulla sicurezza stradale ideata e progettata con la nostra
agenzia a-3 di Forlì, un campagna pulita ma significativa, efficace
ma non truculenta, con immagini che parlano da sole, ma accompagnate
da elementi statistici di valutazione.
In questi anni a conti fatti abbiamo distribuito alcuni milioni di pezzi.
Si pensi che l’opuscolo “Il punto sulla patente a punti”,
tirato da Sicurstrada in oltre 500.000 copie, è andato presto
esaurito, l’opuscolo sulle rotonde, circa 100.000 copie, esaurito
da tempo, ci viene ancora oggi richiesto. E’ vero che quando il
materiale è gratuito è sempre molto appetibile, ma senza
qualità non si arriva alle ristampe.
Oggi distribuiamo quella sorta di carta di credito con i valori del
consumo di alcolici, presto usciremo con un interessante studio sulla
sinistrosità stradale negli ultimi anni regione per regione e
provincia per provincia.
Filmati, DVD, CD, sono il corredo del nostro lavoro per la sicurezza
in questi anni.
L’AGGIORNAMENTO PROFESSIONALE E L’INFORMAZIONE SULLE LEGGI
DELLA STRADA
L’altro versante “culturale” sul quale abbiamo profuso
molte energie in questi anni è quello dell’aggiornamento
professionale e dell’informazione degli associati che portano una
divisa, Polizie Municipali in testa, e per tutti quelli che sono interessati
alle sempre più complesse e mutevoli regole della strada. Sono
numerosi i periti di infortunistica stradale, gli istruttori di scuola
guida, i cantonieri, i responsabili di flotte aziendali del trasporto,
gli avvocati che si associano all’Asaps per ricevere periodicamente
il nostro materiale fatto di schede, stampati, sinossi, del notiziario
bimestrale Il Centauro diffusogratuitamente a tutti i soci ogni bimestre.
Ai soci ogni anno regaliamo un utile prontuario. Lo scorso anno sull’infortunistica
stradale di 800 pagine, l’anno prima sul controllo dei documenti
di circolazione, quest’anno sul controllo dei veicoli di trasporto
stranieri. Tutto materiale prodotto da Egaf, la Casa Editrice forlivese
che si caratterizza per l’elevato profilo qualitativo del materiale
prodotto e distribuito. Quest’anno ai soci esterni abbiamo offerto
un’agenda dell’automobilista che in realtà è
un vero e proprio ricchissimo compendio delle regole della strada, della
PaP, dei ricorsi.
Tutti i nostri associati sono poi coperti, gratuitamente, da una modesta
ma efficace polizza con una diaria di 39 euro in caso di ricovero da
infortunio di qualsiasi genere, stipulata da diversi anni con Unipol.
Per questo forse si comprende come, partendo da poche centinaia di soci,
siamo arrivati ad oltre 25.000 associati.
Da anni ci caratterizziamo per la produzione di:
1. News e normative. Notizie dai reparti e circolari;
2. Pubblicazioni e consigli;
3. Aiuti ai pattuglianti con monografie e sconti sulle pubblicazioni;
4. Notizie alla stampa, con statistiche e valutazioni del fenomeno infortunistico
e della circolazione stradale;
5. Notizie alla stampa con un osservatorio sui fenomeni che si sviluppano
sul pianeta strada, dal consumo dell’alcol e sostanze, alla pirateria
al lancio sassi, dai furti d’auto alle interpretazioni di normative
o commenti alle sentenze.
IL NOSTRO RAPPORTO COI MEDIA
Se provate a puntare la bussola virtuale di internet sul fronte della
sicurezza stradale scoprirete che l’Asaps in questi ultimi anni
è cresciuta tantissimo, soprattutto da un punto di vista mediatico.
I nostri interventi sono apparsi sui più autorevoli organi di
stampa nazionale come Il Corriere della Sera, l’Ansa, la citata
Famiglia Cristiana, Il Resto del Carlino, la Nazione, la Sicilia, e
così via.
Abbiamo finalmente sfondato anche su periodici di prestigio che finora
non avevano guardato a noi con interesse, come Motociclismo o riviste
multimediali come Punto Informatico, che ci hanno inseriti nella speciale
classifica dei migliori siti non governativi.
Abbiamo instaurato serrati confronti o alleanze sui grandi temi della
circolazione stradale con periodici prestigiosi e di grande diffusione
come Quattroruote o Tutto Trasporti, coi quali collaboriamo da tempo,
riscuotendo consensi anche in quei settori dove più che altro
la nostra categoria incassa critiche e qualche volta valutazioni negative.
Settimanalmente siamo presenti su Radio 1 nell’ascoltatissima trasmissione
Italia istruzioni per l’uso, condotta da Emanuela Falcetti (sempre
attenta e sensibile ai temi della strada) in qualità di esperti
per la sicurezza stradale, oppure Caterpillar su Radio 2, così
come su Radio24, RadioMontecarlo e tante private.
Tutto questo perché a nostro avviso la capacità critica
di Asaps è cresciuta, e con essa la capacità di poter
dire la sua in maniera diversa, non propriamente e solo istituzionale.
Ma è cresciuta soprattutto la capacità propositiva dell’associazione,
senza la quale la critica sarebbe solo sterile esercizio dialettico.
Tante volte le nostre proposte sui temi della circolazione e della sicurezza
delle due e quattro ruote sono state fatte proprie da altre entità
associative o istituzionali.
In più di un’occasione pubblica – anche attraverso
i media nazionali – noi proponiamo una strategia precisa: l’individuazione
e il censimento dei black points (i punti neri), quelli in cui si muore
di più, l’attuazione di una strategia di contrasto alla
trasgressione con autovelox, telelaser, provida e però tante
divise per i controlli, e infine – a distanza di un periodo di
tempo predefinito – un confronto dei dati della sinistrosità
con quelli precedenti al dispiegamento delle forze.
Per questa nostra dichiarata tendenza alcuni organi di stampa che avevano
sempre guardato alla Polizia Stradale – e quindi a noi – con
un certo tentennamento hanno vinto le proprie intime resistenze ed alzato
lo sguardo, riprendendoci.
Le nostre periodiche analisi sull’andamento della sinistrosità
del dopo PaP, sugli incidenti del fine settimana, le nostre analisi
e proposte sulla sinistrosità che coinvolge gli utenti deboli
della strada, pedoni e ciclisti, la denuncia delle lacune del sistema
legislativo di settore, sono regolarmente riprese e rilanciate da molta
parte della stampa nazionale.
Abbiamo poi cambiato l’impostazione grafica della nostra rivista
ufficiale Il Centauro (per questo ringrazio quello straordinario gruppo
di brillanti e fantasiosi giovani dell’agenzia a-3 di Forlì)
e l’abbiamo arricchita negli ultimi due o tre anni di contenuti,
facendone aumentare prestigio e credibilità. La nostra testata,
edita dalla Novega Edizioni di Milano, in un rapporto consolidato da
oltre 10 anni, viene spesso citata dagli organi di stampa nazionale
quale fonte accreditata sui temi della sicurezza stradale.
In termini sociologici siamo davanti al feedback, ad uno scambio
ormai interattivo tra Asaps – redazione – lettore – giornalista
– lettore, al termine del quale, in una virtuale catena dell’informazione
noi ci troviamo ad essere un anello forse insostituibile, certamente
utile e documentato.
Pochi giorni dopo la tragica uccisione di Stefano Biondi sono stato
invitato a partecipare alla trasmissione “Cominciamo Bene”,
talk show della mattina di Raitre.
Lo spazio che ci è stato concesso è stato davvero tanto
e abbiamo potuto illustrare gran parte del nostro impegno, tra le altre
cose in maniera estremamente privilegiata, perché il nostro spazio
è stato programmato dopo l’intervento dell’associazione
familiari vittime della strada, che ha aperto i cuori delle persone,
e dopo quello del dirigente tecnico del ministero delle Infrastrutture,
che ha spiegato ciò che il governo sta facendo ed ha già
fatto per la sicurezza stradale.
Dopo due voci così importanti abbiamo potuto inserire le nostre
proposte divenendo così complementari in una sorta di quadro
d’insieme dalle caratteristiche evolutive:
ï La consapevolezza della portata della violenza stradale;
ï L’intervento del governo per ridurre il fenomeno;
ï La necessità di correggere il tiro con l’indicazione delle
falle del sistema su cui incentrare gli sforzi di tutti.
Ecco che è emerso il nostro ruolo di collaudatori della norma
quali ci vantiamo di essere. Quando parliamo della nostra opinione-convinzione,
dunque, non propiniamo la solita lista della spesa, ma una serie di
pareri e opinioni estremamente motivate e giustificate, che puntualmente
fanno registrare un ritorno in redazione, la cui casella email è
stata subissata di lettere e richieste.
Oggi, la squadra dell’Asaps è stata capace di essere protagonista
dell’informazione sulla sicurezza, lasciateci dire, in modo originale
e chiaro.
Consideriamo tutto questo uno dei nostri migliori successi.
LA GRANDISSIMA CRESCITA DEL NOSTRO SITO E DELLA
NOSTRA RIVISTA
Da quando poi abbiamo debuttato in Internet ci siamo tolti sicuramente
un sacco di soddisfazioni.
Un po’ perché il sito è comunque un prodotto editoriale
e l’essere sempre impegnati ogni giorno nella cura dei contenuti
è una sfida pesante che però alla fine regala anche un
giusto orgoglio.
Un po’ perché è un sito estremamente visitato, che
registra in media dagli 1.000 ai 1.500 contatti giornalieri e che è
stato visitato da oltre un milione di lettori telematici.
La crescita di un prodotto editoriale come questo è stata garantita
da un costante rifornimento di notizie, che rendono la parte dinamica
del portale appetibile agli addetti ai lavori, molti dei quali giornalisti,
che cercano quei pareri qualificati e completi di cui dicevamo prima.
Ma c’è anche una parte del sito che resta ferma nel tempo
e nei contenuti. Parliamo di tutta quella serie di informazioni che
si è consolidata nella rete e che grazie ai motori di ricerca
riconduce a noi una grande fetta di utenti in cerca di informazioni
precise e chiare.
È il caso di tutta la normativa che disciplina la patente a punti,
che sul nostro sito è stata progettata dall’agenzia A3 in
maniera fruibile ma approfondita, per consentire al patentato –
che non mastica il diritto – di disimpegnarsi nella selva quasi
matematica di algoritmi ed equazioni per sapere quanti punti saranno
tolti ed a chi.
Oppure della parte dedicata alla limitazione di velocità, dove
chiunque può capire a quale velocità può arrivare
per non vedersi tolta la patente o per non incorrere in sanzioni.
Non dimentichiamo poi tutta la parte dedicata ai quesiti, che viene
letteralmente presa d’assalto e che costringe il vice presidente
Ernesto Forino e l’amico Maurizio Marchi a lunghi pomeriggi (e
qualche notte) a formulare risposte; le più interessanti vengono
poi riproposte sul notiziario ed anche sul Centauro.
La sempre maggiore frequentazione da parte di utenti sulle nostre pagine
web ci ha indotto anche ad inserire un “popup” – mi dicono
che si chiama così – dedicato alla compilazione di un form
per chi volesse iscriversi.
È stato un esperimento che ha funzionato ed ha portato molti
nuovi iscritti al nostro albo.
Vi è poi una parte – che vediamo riscuote molto successo
– che sul sito dedichiamo alle cosiddette “brevi”. Si
tratta in realtà di news delle quali ci riforniamo attraverso
la rassegna stampa e che la redazione con Borselli e Rocchi rielabora
ogni giorno.
In parte sono dedicate alle notizie di cronaca, in parte alle notizie
di settore.
Nella loro complessità, però, sono preparate in maniera
da dare al nostro sito quasi la dignità di un’agenzia di
stampa: nella tradizione dei formati stringati tipici delle agenzie,
infatti, le nostre notizie sono estremamente brevi e complete, e sono
rigorosamente firmate “Asaps”.
Non è il nostro interesse guadagnare il Pulitzer, ma quello che
conta è che vengono lette assiduamente e consentono al nostro
portale di essere uno tra i più apprezzati ed aggiornati del
settore.
Nel mese di febbraio, infatti, è stato selezionato da una rivista
telematica “Punto Informatico”, la quale ne ha recensito i
contenuti e i formati, inserendolo in una lista di “siti per navigare”.
Il riconoscimento maggiore è però arrivato da un’inaspettata
recensione de “Il Venerdì” di Repubblica, che ci ha
dato il massimo voto nei contenuti e un voto altissimo sulla grafica.
Tante attenzioni ci sono state dedicate dopo il pandemonio che abbiamo
suscitato con almeno quattro comunicati stampa che hanno richiamato
l’attenzione dei naviganti sul nostro sito. Si tratta di argomenti
che hanno consentito all’Asaps di uscire allo scoperto su argomenti
scottanti e, in parte, anche antipopolari.
Insomma abbiamo lanciato diversi boomerang che, se gestiti male, avrebbero
potuto farci male. Invece hanno regalato consensi e anche contrasti,
ma sui tavoli nei quali ci siamo confrontati – quando abbiamo potuto
esternare le nostre ragioni – nessuno è riuscito a darci
torto.
Vediamoli:
ï La neve trasformata in un problema di polizia e le proposte che abbiamo
fatto in quel frangente, vale a dire l’obbligo di tenere le catene
a bordo e nell’abitacolo, e l’obbligo per i candidati alla
patente di sostenere esami pratici di montaggio;
ï Lo show, nell’occasione, poco educativo per i giovani, di Valentino
Rossi nelle strade cittadine con derapate in sella alla sua potente
moto, in qualità di testimonial della Telecom Italia;
ï La necessità di intervenire in maniera decisa contro i serial
killer del volante, in relazione ad un ubriaco che aveva provocato due
diversi incidenti mortali alla guida di un’auto, uccidendo in tutto
4 persone;
ï La proposta di una medaglia d’oro al valor civile per un camionista
rumeno falciato da un’auto mentre prestava soccorso alle vittime
di un incidente in autostrada: ne aveva salvate già due.
ï La recente sottolineatura, dopo l’uccisione di Stefano Biondi,
del grave disagio che pervade il personale delle Sottosezioni autostradali
per il loro impiego in multiformi dimensioni.
ï La nostra “sorprendente” presa di posizione per il rinvio
dell’entrata in vigore del patentino per i ciclomotoristi minorenni
di fronte all’impossibilità per una larga fetta di giovani
studenti di frequentare i corsi gratuiti nella scuola e tutto questo
per evitare che dal primo luglio si offrisse una ulteriore motivazione
al superamento della linea della legalità, prevedendo sanzioni
severissime, (516 euro) da mettere sul conto già troppo salato
delle famiglie. Attivando quel circuito tipico del nostro sistema delle
“intransigenze permissive”, che ribalta sulle forze di polizia
la responsabilità di reprimere la violazione di una norma che
diventa assolutamente non condivisa.
Si tratta di eventi, questi, che hanno provocato un forte impatto emozionale
tra la gente, che ovviamente ha cominciato a seguirci ancor di più
e adesso è divenuta nostra interlocutrice abituale.
LA NOSTRA INCHIESTA SU QUELLO CHE PENSANO GLI AGENTI DELLA STRADALE
È stato un lavoro che ci ha preso davvero tanto, fin dalla sua
primissima fase embrionale. Sentivamo la necessità di farlo,
a tutti i costi, ma non sapevamo a cosa ci avrebbe condotto. Insomma,
non sempre – anche a noi – la verità può piacere.
C’è chi guarda a noi come una organizzazione sindacale,
o para sindacale ma si sbaglia: noi abbiamo scelto di costituirci per
realizzare una forza professionale quella sorta di lobby della sicurezza
stradale a cui molti hanno puntato, spinti dal businnes potenziale che
vi si cela, stanchi – come molti di voi ricorderanno – di
sentir parlare incompetenti o soggetti che tutelano interessi di carattere
economico.
Nonostante la nostra assoluta volontà di stare fuori dalle contrattazioni
dei tavoli sindacali, non abbiamo potuto fare a meno di registrare,
nella specialità, un senso di disagio, che avvertiamo bene e
che in parte avevamo il dovere di analizzare.
Questo perché – in ogni caso – rappresentiamo la gran
parte della Polizia Stradale, una specialità che più di
altre risente dei cambiamenti della società.
In questi anni è infatti mutata la motorizzazione, è cambiata
la tecnologia, sono cambiate le mentalità attorno alle strade
di una nazione, la nostra, che è tra quelle a maggiore densità
di veicoli rispetto alla popolazione.
Il turbinio di cambiamenti ha portato l’utenza a pretendere dalla
nostra Specialità della Polizia Stradale e da tutte le polizie
della strada, sempre maggiore professionalità da parte del personale,
che ha invece sofferto di scarsa armonizzazione delle procedure, di
leggi e normative applicate in modo qualche volta eterogeneo e secondo
un’insolita geografia del diritto.
Con questa consapevolezza abbiamo cercato di capire meglio quello che
pensa il mondo della Specialità per questo ainostri referenti
sul territorio sono state fornite copie cartacee delle domande che abbiamo
messo anche su Internet. Grazie ad uno speciale dispositivo nessuno
ha potuto rispondere più di una volta ad un questionario che
ha avuto il merito (perché per questo era stato ideato) di fornire
uno spaccato della realtà operativa, raccolta da un’istituzione
come la nostra che non è e non vuole essere, lo ripeto, un sindacato.
Per questo – riteniamo – il questionario ci ha mostrato quali
sono le soddisfazioni o i malesseri del personale: in linea molto generica
posso così sintetizzare.
Più nello specifico la nostra iniziativa, ha permesso a 4.772
operatori di Polizia Stradale, circa il 40% dell’intero organico,
di dire la propria opinione e di dirci cosa succede in realtà
dietro le quinte, secondo un corpo di domande diviso in quattro sezioni.
1. La prima parte è stata incentrata sull’ambito
strettamente operativo della Polizia Stradale, chiedendo agli intervistati
di esprimere giudizi sull’attività squisitamente operativa
che sono giornalmente chiamati ad effettuare, fornendo spazi bianchi
dove formulare suggerimenti soggettivi circa la risoluzione dei problemi
che più comunemente debbono risolvere.
2. La seconda parte, invece, si è occupata