Detenzione e successiva cessione di droga: sono due distinti reati
La mancanza di una contiguità temporale tra la condotta di detenzione e di cessione illecita di sostanza stupefacente comporta la contestazione di entrambe le fattispecie, unificate sotto il vincolo della continuazione. E' quanto emerge dalla sentenza 27 ottobre 2014, n. 44791 della Quarta Sezione Penale della Corte di Cassazione.
Il caso vedeva un uomo essere dichiarato responsabile di illecita detenzione di sostanza stupefacente di tipo cocaina ed una confezione di marijuana, nonché della illecita cessione a terzi di sostanza stupefacente. Mentre i giudici di merito ritenevano che l'acquisto a fine di vendita e la conseguente vendita di tutto o parte dello stupefacente acquistato integrasse distinte condotte di reato, unificate tra loro secondo quanto disposto dall'art. 81 c.p., la difesa dell'imputato affermava che il trasporto, la detenzione e la messa in vendita della droga fossero maturati in un unico contesto, con la cessione in un breve lasso di tempo a più acquirenti di parte dello stupefacente ininterrottamente detenuto.
Secondo l'orientamento dominante in giurisprudenza, l'art. 73 T.U. sulla droga ha natura di norma a più fattispecie, sicché deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dal medesimo soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Cass. pen., Sez. VI, sentenza 11 dicembre 2009, n. 9477).
E' necessario, sempre secondo gli ermellini, affinché le diverse ipotesi non acquistino autonoma rilevanza, che l'azione implichi in sé l'ulteriore svolgimento: così, ad esempio, la detenzione di chi trasporta (Cass. pen., Sez. III, sentenza 8 luglio 2013, n. 28919).
In merito alla relazione tra detenzione e cessione a terzi di droga, si afferma che il concorso formale è escluso nel caso in cui le condotte abbiano ad oggetto la medesima sostanza stupefacente, siano contestuali e poste in essere dal medesimo soggetto o dai medesimi soggetti che ne rispondono a titolo di concorso, poiché, in tal caso, la condotta illecita minore perde la propria individualità per essere assorbita in quella più grave. Al contrario, qualora le condotte siano distinte sul piano ontologico e cronologico, si è in presenza di una pluralità di reati (Cass. pen., Sez. III, sentenza 2 marzo 2010, n. 8163).
Nella fattispecie, i giudici del merito hanno rilevato l'assenza di contiguità temporale tra le condotte incriminate, sebbene si parlasse di "brevità dell'intervallo temporale intercorso tra le stesse", il che depone per l'esatta contestazione di entrambe le condotte, unificate sotto il vincolo della continuazione.
(Nota di Simone Marani)
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE IV PENALE
Sentenza 11 luglio - 27 ottobre 2014, n. 44791
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente -
Dott. CIAMPI Francesco Maria - Consigliere -
Dott. ESPOSITO Lucia - Consigliere -
Dott. DOVERE Salvatore - rel. Consigliere -
Dott. IANNELLO Emilio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da:
C.L. N. IL (OMISSIS);
avverso la sentenza n. 2203/2013 CORTE APPELLO di CATANIA, del 17/10/2013;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA del 11/07/2014 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Carmine Stabile, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
Svolgimento del processo
1. Con la sentenza indicata in epigrafe la Corte di appello di Catania ha confermato la pronuncia emessa dal Tribunale della medesima città, con la quale C.L. è stato giudicato responsabile di illecita detenzione gr. 3,152 di sostanza stupefacente del tipo cocaina e di una confezione di marijuana nonchè della illecita cessione a terzi di sostanza stupefacente per un valore di Euro 455 e condannato, ritenuta la continuazione tra i reati e concesse le attenuanti generiche, applicata la riduzione per il celebrato rito abbreviato, alla pena di anni tre di reclusione ed Euro 14.000 di multa, con la confisca e distruzione dello stupefacente in sequestro.
In particolare, la Corte di appello ha rigettato il motivo di gravame che censurava l'applicazione dell'aumento della pena a titolo di continuazione, rilevando come si trattasse di un unico fatto di reato. La Corte distrettuale ha ritenuto che l'acquisto al fine di vendita e la consecutiva vendita di tutto o parte dello stupefacente acquistato integrano distinte condotte di reato, correttamente unificate tra loro ai sensi dell'art. 81 cpv. c.p., per la ricorrenza delle relative condizioni.
Il Collegio territoriale ha anche rigettato il motivo che lamentava l'omessa concessione dell'attenuante di cui all'art. 73, comma 5 T.U. Stup. 2. Ricorre per cassazione il C. a mezzo del difensore di fiducia avvocato Rita Catena, e con un primo motivo deduce erronea interpretazione della legge penale in relazione alla statuizione concernente l'applicazione dell'istituto della continuazione. Per l'esponente nel caso in esame il trasporto, la detenzione, la messa in vendita dello stupefacente sono maturati in un unico contesto, con la cessione in un breve lasso di tempo a più acquirenti di parte dello stupefacente ininterrottamente detenuto.
Con un secondo motivo deduce violazione di legge e vizio motivazionale in relazione all'omessa concessione dell'attenuante di cui all'art. 73, comma 5 T.U. Stup..
Ritiene l'esponente che un più ponderato vaglio delle risultanze in atti avrebbe consigliato una pena base più prossima all'assoluto minimo edittale mediante la qualificazione ai sensi dell'art. 73, comma 5, T.U. Stup., dovendosi ritenere il fatto come espressivo di microcriminalità.
In ogni caso, la sopravvenienza della novella introdotta dalla D.L. n. 146 del 2013, art. 2, lett. a), impone un nuovo giudizio anche sul punto.
Motivi della decisione
3. Il ricorso è infondato.
3.1. Quanto al primo motivo va rammentato che il consolidato indirizzo di questa Corte afferma che l'art. 73 T.U. Stup. ha natura di norma giuridica a più fattispecie, sicchè deve escludersi il concorso formale di reati quando un unico fatto concreto integri contestualmente più azioni tipiche alternative previste dalla norma, poste in essere senza apprezzabile soluzione di continuità dal medesimo soggetto ed aventi come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente (Sez. 6, n. 9477 del 11/12/2009 - dep. 10/03/2010, Pintori, Rv. 246404). Soluzione di continuità che sta ad indicare il susseguirsi ininterrotto di vari atti, sorretti da un unico fine (Cass., Sez. 4, 12 gennaio 1996, Caparco; Cass., Sez. 2, 18 gennaio 1996, Mura; Cass., Sez. 6, 4 marzo 1996, Segafredo; Cass., Sez. 6, 16 marzo 1998, Cass; Cass., Sez. 6, 17 novembre 1999, D'Antoni ed altri; Cass., Sez. 6, 10 aprile 2002, Labbouz ed altro; Cass., Sez. 6, 12 dicembre 2002, Proc. gen. App. Venezia in proc. Bombasaro ed altri).
E' quindi necessario, perchè le diverse ipotesi non acquistino autonoma rilevanza, che l'azione implichi in sè l'ulteriore svolgimento: così, ad esempio, la detenzione di chi trasporta (cfr. Sez. 3, n. 28919 del 20/02/2013 - dep. 08/07/2013, P.M. in proc. Fileccia, Rv. 255592). In particolare per quanto concerne la relazione tra detenzione e cessione a terzi di sostanza stupefacente, si afferma che il concorso formale è escluso nel caso in cui le condotte abbiano come oggetto materiale la medesima sostanza stupefacente, siano contestuali e poste in essere dal medesimo soggetto o dai medesimi soggetti che ne rispondano a titolo di concorso, poichè, in tal caso, la condotta illecita minore perde la propria individualità per essere assorbita in quella più grave. Per contro, ove le condotte siano distinte sul piano ontologico e cronologico, si è in presenza di pluralità di reati, eventualmente unificabili per continuazione (Sez. 3, n. 8163 del 26/11/2009 - dep. 02/03/2010, Merano e altro, Rv. 246211).
Nel caso che occupa, la Corte di Appello ha rilevato l'assenza di contiguità temporale tra le condotte incriminate, pur parlando di brevità dell'intervallo temporale intercorso tra le stesse; il che depone per l'esatta contestazione di entrambe le condotte, unificate sotto il vincolo della continuazione.
3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, va rilevato che la Corte di appello ha ritenuto di escludere l'ipotesi di lieve offensività sia in relazione al dato qualitativo che in relazione al dato qualitativo. Per la quantità ha posto in evidenza che trattasi di 16 involucri di carta stagnola contenenti cocaina alla quale deve aggiungersi la droga già ceduta, che ha quantificato in 20 dosi di cocaina, e alla quale si aggiungeva anche l'ulteriore dose di marijuana. Inoltre, il Collegio distrettuale ha valorizzato le modalità dell'azione, che ha ritenuto indice di pregressa organizzazione.
Orbene, la giurisprudenza di questa Corte è incline a ritenere che per l'applicazione dell'attenuante della lieve entità del fatto prevista dal D.P.R. n. 309 del 1990, art. 73, comma 5, il dato ponderale della sostanza detenuta assume valore preclusivo solo quando esso è preponderante; mentre, qualora tale dato non sia rilevante, assumono valore i parametri sussidiari previsti dalla norma e relativi ai mezzi, alle modalità e dalle circostanze dell'azione (cfr. Sez. 6, n. 21962 del 02/04/2003 - dep. 17/05/2003, Armenti, Rv. 225414). Si afferma, quindi, che il giudice del merito deve fornire in motivazione una adeguata valutazione complessiva del fatto (in particolare, mezzi, modalità e circostanze dell'azione, qualità e quantità della sostanza, con riferimento alla percentuale di purezza della stessa), poichè solo in tal modo è possibile in concreto formulare un giudizio di lieve offensivita del reato (Sez. 6, n. 27809 del 05/03/2013 - dep. 25/06/2013, Gallo, Rv. 255856).
La motivazione in esame, che tiene conto sia del dato ponderale, della varietà di sostanza detenuta e delle modalità del fatto, appare conforme all'insegnamento di questa Corte.
3.3. Il ricorrente ha anche asserito che le modifiche del quadro normativo intervenute a partire dal D.L. 23 dicembre 2013, n. 146, importano la necessità di una riconsiderazione del trattamento sanzionatorio. Nel caso di specie così non è.
Puntualizzato che a venire in gioco non è il disposto del citato D.L. n. 146 del 2013, (che ha mutato natura e pena all'ipotesi di cui all'art. 73, comma 5 T.U. Stup., nel caso che occupa escluso dai giudici di merito), va esplicitato che la giurisprudenza di questa Corte formatasi a seguito della sentenza della Corte costituzionale del 12 febbraio 2014, n. 32, la quale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del D.L. 30 dicembre 2005, n. 272, artt. 4 bis e 4 vicies ter, introdotti dalla legge di conversione del 21 febbraio 2006, n. 49, appare divisa, allo stato, in almeno due orientamenti.
Un primo ritiene che la necessità di dare applicazione alla lex mitior non si riflette nell'annullamento della sentenza impugnata allorquando i reati per i quali non è stata applicata la norma più favorevole all'imputato costituiscono reati-satellite; ciò in quanto, nell'istituto della continuazione, una volta individuata la "violazione più grave", i reati meno gravi perdono la loro autonomia sanzionatoria, dovendosi solo aumentare la pena prevista per la violazione più grave, senza che rilevino i limiti legali della pena prevista per i singoli reati satelliti (Sez. 3, n. 27066 del 30/04/2014 - dep. 23/06/2014, Frattollino e altri, Rv. 259392, che tuttavia ha formulato il principio in un caso in cui il reato base era quello di cui all'art. 74, comma 1, e art. 6 T.U. Stup. mentre i satelliti erano rappresentati da reati di cui all'art. 73, commi 1, 1 bis, e art. 5 T.U. Stup., senza che venisse in emersione il tema della varietà tipologica delle sostanze oggetto di reato; Sez. 6, n. 25807 del 14/03/2014 - dep. 16/06/2014, Rizzo e altro, Rv. 259201).
Un diverso orientamento afferma l'opposto principio, rilevando che i mutati e più favorevoli limiti edittali impongono una nuova valutazione in ordine alla pena da irrogare, e, nel giudizio di legittimità, l'annullamento con rinvio della sentenza impugnata, fermo restando che, all'esito della rinnovata disamina, il giudice può ritenere la sanzione precedentemente inflitta equamente commisurata al caso concreto (Sez. 4, n. 24606 del 12/03/2014 - dep. 11/06/2014, Rispoli, Rv. 259366; Sez. 4, n. 22257 del 25/03/2014 - dep. 29/05/2014, Guernelli e altri, Rv. 259203).
Ad avviso di questo Collegio la tesi della assoluta autonomia sanzionatoria del reato continuato, che sarebbe dimostrata dal fatto che perde di rilievo la cornice edittale del reato satellite, appare non persuasiva ove intesa in termini radicali; ed altrettanto deve dirsi per la tesi antagonista. Basti considerare che l'entità della pena da infliggere per il reato satellite risente delle circostanze eventualmente accessorie a tale reato. Questa Corte insegna che in tema di reato continuato, le circostanze vanno valutate riguardo a ciascuna violazione e non in relazione al complesso delle varie infrazioni, di talchè la circostanza aggravante o diminuente ha effetto sulla pena, solo se si riferisce alla violazione più grave, mentre ha effetto sulla misura dell'aumento (derivante dalla continuazione), allorquando venga riconosciuta in relazione ad altro illecito (cfr. Sez. 2, n. 10757 del 28/09/1989 - dep. 27/07/1990, Aronica, Rv. 185006; similmente, Sez. 5, n. 12260 del 09/03/2012 - dep. 02/04/2012, P.G. in proc. Rossi, Rv. 252010). Ma anche l'operazione di determinazione della pena per il reato satellite non è indifferente alla cornice edittale (così come non lo è al fatto che si tratti di contravvenzione piuttosto che di delitto) perchè il giudice non è in condizione di apprezzare la gravità del fatto a prescindere dalla scala valoriale espressa dalle pene definite dal legislatore.
Inoltre, proprio le vicende di recente determinatesi a riguardo della normativa in materia di stupefacenti evidenziano che, ai fini dell'applicazione della lex mitior, non deve essere considerata la sola entità della pena, potendo venire in gioco la stessa composizione dell'addebito. Si pensi all'ipotesi in cui il reato base sia rappresentato dalla detenzione di sostanze stupefacenti di diversa specie; la reviviscenza della legge c.d. Jervolino-Vassalli comporta la riconsiderazione della fattispecie, risultando una pluralità di reati (in rapporto all'appartenenza delle sostanze alle coppie Tabelle I-III o Tabelle II-IV) laddove si riteneva esistente una unicità di illecito (giurisprudenza del tutto pacifica: cfr. ex multis, Sez. 6, n. 10613 del 11/02/2014 - dep. 05/03/2014, Franzoni, Rv. 259356). Tanto implica la necessità di valutare le ragioni di persistenza della fictio iuris costituita, in funzione di attenuazione della pena, dal reato continuato.
Ciò non impone di per sè l'annullamento della sentenza impugnata che intervenga in tema di violazione continuato delle norme incriminatrici in materia di stupefacenti, poichè le regole processuali (e segnatamente il divieto di reformatio in peius) possono rendere inutile la cassazione del provvedimento, non potendone derivare effetti utili all'imputato ricorrente. Ma non è escluso che possa risultare diversamente: si pensi all'ipotesi della detenzione illecita di elevati quantitativi di droga leggera e di minima quantità di droga pesante, con giudizio negatorio della lieve entità del fatto. Deve quindi essere verificato l'interesse concreto del ricorrente al provvedimento sollecitato con l'impugnazione.
Alla luce di simili premesse deve concludersi che "in tema di stupefacenti, la affermata continuazione tra i reati può determinare l'annullamento della sentenza impugnata qualora sia possibile ritenere che la pena inflitta possa essere rideterminata dal giudice del rinvio per effetto dell'applicazione del principio di prevalenza della legge penale più favorevole al reo".
Nel caso che occupa, in cui a 16 involucri di cocaina detenuti, ai quali si aggiungono venti dosi di cocaina cedute, si accompagna un solo involucro di marijuana, l'annullamento non potrebbe determinare effetti più favorevoli al reo, poichè la nuovamente vigente disciplina determinerebbe la emersione di un ulteriore reato satellite (quello avente ad oggetto la droga leggera), che per il divieto di reformatio in peius non può importare un aumento della pena già inflitta; mentre la qualificazione del fatto in termini di non lieve entità non risulta incisa, avendo la Corte di Appello valutato come preclusivo al riconoscimento della (allora) attenuante il complessivo quantitativo e le complessive modalità dell'azione, con un giudizio che appare chiaramente focalizzato sull'entità della cocaina detenuta e ceduta, obiettivamente preponderante rispetto alla misura della marijuana pure sequestrata al C..
Nè si profila l'evenienza di una declaratoria di estinzione per prescrizione del reato avente ad oggetto la marijuana, tenuto conto del tempo di consumazione dello stesso.
4. Ne consegue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 11 luglio 2014.
Depositato in Cancelleria il 27 ottobre 2014.
da Altalex