Ostacolo imprevedibile sulla carreggiata: quando si configura il caso fortuito
L'ente gestore di una strada non risponde del danno causato da una situazione di pericolo estemporanea o da una alterazione imprevedibile dello stato delle cose, non eliminabile nell’immediatezza ma solo successivamente, quando il danno stesso si sia verificato nel lasso temporale necessario ad intervenire.
E' questo il principio affermato dal Tribunale di Reggio Emilia, che ha così respinto la richiesta di risarcimento promossa da un automobilista nei confronti dell'ente gestore delle autostrade, in relazione ai danni subìti a seguito dello scontro con un blocca-container abbandonato sulla sede stradale.
L'attore aveva invocato la responsabilità dell'ente, in via principale, per omessa custodia ai sensi dell'art. 2051 cod. civ., in subordine, per la presenza di una “insidia” o “trabocchetto” ai sensi dell'art. 2043.
Per meglio comprendere i termini della questione, è utile ricordare che il tema della responsabilità della p.a. per i danni da omessa o insufficiente manutenzione di strade pubbliche è stato oggetto di una lunga evoluzione giurisprudenziale.
Un primo orientamento, per lungo tempo maggioritario, ha ricondotto la responsabilità della p.a. al paradigma dell'art. 2043 cod. civ.: nell'esercizio del suo potere discrezionale (anche nella vigilanza e controllo dei beni di natura demaniale), la p.a. incontra limiti derivanti dalle norme di legge o di regolamento, dalle norme tecniche e da quelle di comune prudenza e diligenza; in particolare, la p.a. incontra il limite posto dalla norma primaria e fondamentale del neminem laedere, in forza della quale essa è tenuta a far sì che il bene demaniale non presenti per l'utente una situazione di pericolo occulto, un pericolo cioè non visibile e non prevedibile - e quindi non evitabile con l'ordinaria diligenza -, che dia luogo al cd. “trabocchetto” o insidia stradale (cfr. fra le più recenti, Cass. Cass. Sez. III, 26 maggio 2004 n. 10132; Cass. Sez. III, 28 gennaio 2004 n. 1571); con la precisazione che la non visibilità assume rilievo oggettivo, mentre la non prevedibilità ha carattere soggettivo (cfr. Cass. Sez. III, 5 luglio 2001 n. 9092; Cass. Sez. III, 14 gennaio 2000 n. 366).
La figura dell'insidia o trabocchetto, intesa inizialmente come mero elemento sintomatico dell'attività colposa dell'amministrazione, è poi divenuta indice tassativo ed ineludibile della responsabilità della p.a., la cui prova è stata posta a carico dello stesso danneggiato (si vedano, ad es., Cass. Sez. III, 4 giugno 2004, n. 10654; Sez. III, 30 luglio 2002, n. 11250).
Un secondo orientamento, sviluppatosi a partire dagli anni '80-'90, criticando la teoria dell'insidia o trabocchetto, ha ricondotto la fattispecie nell'ambito della responsabilità da custodia, disciplinata dall'art. 2051, c.c.: la p.a., proprietaria della strada, è anche custode della stessa; ne discende che, se vuole andare esente da responsabilità, dovrà essa stessa provare che il danno subito dall'utente si è verificato per caso fortuito (v. ex multis Cass. Sez. III, 3 giugno 1982, n. 3392; Sez. III, 23 gennaio 1988, n. 723; Sez. III, 20 novembre 1998, n. 11749). Dal lato suo l'utente non deve dimostrare l'esistenza di una situazione di insidia, né una condotta commissiva o omissiva del custode, ma deve solo provare l'evento-danno ed il nesso di causalità con la cosa (id est la strada).
Vi è poi un orientamento intermedio, secondo il quale la presunzione di responsabilità della p.a. per il danno cagionato dalle cose in custodia si applica non sempre, con riguardo ai beni demaniali, ma solo a determinate condizioni:
Tra le numerose pronunce di legittimità reperibili in tema di responsabilità per danni connessi all'uso e alla custodia delle strade, merita qui segnalare due importanti sentenze della Terza Sezione, le quali - dopo aver ripercorso, con dovizia di riferimenti giurisprudenziali e dottrinali, le principali tappe che hanno segnato l'evoluzione dell'attività interpretativa in materia -, giungono a conclusioni diverse in merito alla natura della responsabilità del custode:
1) Sez. III, 20 febbraio 2006, n. 3651 (rel. Scarano): vi si afferma sostanzialmente che la responsabilità per i danni cagionati da cose in custodia configura una speciale fattispecie di responsabilità colposa; l'art. 2051 determinerebbe un'ipotesi di responsabilità colposa presunta (non già di responsabilità oggettiva), caratterizzata cioè dalla inversione dell'onere della prova; il custode ha la possibilità di liberarsi dalla responsabilità presunta a suo carico mediante la prova liberatoria del fortuito, “dando cioè, in ragione dei poteri che la particolare relazione con la cosa gli attribuisce cui fanno peraltro riscontro corrispondenti obblighi di vigilanza, controllo e diligenza (i quali impongono di adottare tutte le misure idonee a prevenire ed impedire la produzione di danni a terzi, con lo sforzo adeguato alla natura e alla funzione della cosa e alle circostanze del caso concreto) nonché in ossequio al principio di c.d. vicinanza alla prova, la dimostrazione che il danno si è verificato in modo non prevedibile né superabile con lo sforzo diligente adeguato alle concrete circostanze del caso”.
Il custode dovrebbe provare la propria mancanza di colpa nella verificazione del sinistro (non la mancanza del nesso causale), che si risolve sostanzialmente raffrontando lo sforzo diligente in concreto dovuto e la condotta (caratterizzata da assenza di colpa) mantenuta.
Sul piano del fortuito possono assumere rilievo (anche) i caratteri dell'estensione e dell'uso diretto della cosa da parte della collettività; caratteri che, estranei alla struttura della fattispecie, possono valere ad escludere la presunzione di responsabilità qualora il custode dimostri che l'evento dannoso presenta i caratteri dell'imprevedibilità e della inevitabilità non superabili con l'adeguata diligenza, nonché l'evitabilità del danno solamente con l'impiego di mezzi straordinari.
2) La qualificazione della responsabilità per custodia in termini di colpa presunta è criticata da Sez. III, 6 luglio 2006, n. 15383 (rel. Segreto); in questa pregevole pronuncia, arricchita da un vasto repertorio giurisprudenziale e da dotti riferimenti alla dottrina francese e anglosassone, la Terza Sezione ribadisce che la responsabilità delineata dall'art. 2051 ha carattere oggettivo: essa richiede solo la sussistenza del nesso causale tra la cosa in custodia ed il danno arrecato, mentre non rileva la condotta del custode e l'osservanza o meno di un obbligo di vigilanza.
Questa ricostruzione è oggi condivisa dalla giurisprudenza maggioritaria, ormai concorde nel riconoscere natura oggettiva alla responsabilità di cui all'art. 2051.
La responsabilità è quindi esclusa solo dal caso fortuito, fattore che attiene non ad un comportamento del responsabile ma al profilo causale dell'evento; il fortuito si riconduce non alla cosa in sé ma ad un elemento esterno, avente i caratteri dell'oggettiva imprevedibilità ed inevitabilità e che può essere costituito anche dal fatto del terzo o dello stesso danneggiante.
La custodia si identifica in una potestà di fatto, che descrive un'attività esercitabile da un soggetto sulla cosa in virtù della detenzione qualificata.
Responsabile del danno proveniente dalla cosa non è il proprietario, come nei casi di responsabilità oggettiva di cui agli artt. 2052, 2053 e 2054 ultimo comma (cioè per danni da vizi di costruzione o difetto di manutenzione), ma il custode della cosa.
E' dunque la relazione di fatto, e non semplicemente giuridica, tra il soggetto e la cosa che legittima l'affermazione di responsabilità, fondandola sul potere di “governo della cosa”; la sola relazione giuridica tra il soggetto e la cosa non dà ancora luogo alla custodia (ma la fa solo presumere), allorchè la relazione di fatto intercorra con altro soggetto qualificato che eserciti la potestà sulla cosa (ad esempio il concessionario).
Tale “potere di governo” si compone di tre elementi: il potere di controllare la cosa, il potere di modificare la situazione di pericolo creatasi, il potere di escludere qualsiasi terzo dall'ingerenza sulla cosa nel momento in cui si è prodotto il danno (Cass. Sez. III, n. 15383/2006 cit.; nello stesso senso, nella giurisprudenza di merito, si veda Tribunale di Piacenza, 26 maggio 2011, n. 458 [estensore dott. Morlini]).
La possibilità o l'impossibilità di un continuo ed efficace controllo e di una costante vigilanza non si atteggiano univocamente in relazione a tutti i tipi di beni demaniali, ma vanno accertati in concreto da parte del giudice di merito.
Per i beni del demanio stradale, si è precisato che la possibilità in concreto della custodia va verificata non solo in relazione all'estensione delle strade, ma anche alle loro caratteristiche, alla posizione, alle dotazioni, ai sistemi di assistenza che li connotano, agli strumenti che il progresso tecnologico di volta in volta appresta e che, in larga misura, condizionano anche le aspettative della generalità degli utenti (Cass., Sez. III, n. 3651/2006 cit.).
Ad esempio, per le autostrade, che sono naturalmente destinate alla percorrenza veloce in condizioni di sicurezza, l'apprezzamento circa l'effettiva possibilità del controllo in base ai parametri sopra ricordati conduce in genere a conclusioni affermative; cioè a ravvisare la sussistenza di un rapporto di custodia per gli effetti di cui all'art. 2051 (Cass. Sez. III, 15 gennaio 2003, n. 488).
Nella giurisprudenza più recente, peraltro, si tende sempre più a valorizzare non solo e non tanto l'estensione dei beni o la possibilità di un effettivo controllo su di essi, quanto piuttosto la causa concreta (natura e tipologia) del danno:
Si pensi al caso di danni provocati da oggetti pericolosi perduti o abbandonati sulla pubblica via: ad es., è stata affermata la responsabilità dell'ente gestore per i danni derivati dalla mancata rimozione di fango e detriti trasportati sulla sede stradale da piogge torrenziali avvenute alcuni giorni prima; la presenza di fango e detriti, dopo le precipitazioni, non poteva costituire caso fortuito, ma rappresentava un fattore di rischio conosciuto o conoscibile (Cass. Sez. III, sentenza 18 ottobre 2011, n. 21508).
Si pensi ancora al caso della macchia d'olio, “assolutamente emblematico della […] situazione riguardante i beni demaniali, nella quale è destinata a presentarsi più spesso l'occasione di qualificare come fortuito il fattore di pericolo creato occasionalmente da terzi, che abbia esplicato le sue potenzialità offensive prima che fosse ragionevolmente esigibile l'intervento riparatore dell'ente custode” (così Cass. Sez. III, 26 giugno 2012, n. 10643).
Venendo più da vicino alla sentenza del Tribunale di Reggio Emilia che si annota, essa si conforma all'orientamento oggi dominante, secondo cui la responsabilità della p.a. ex art. 2051 ha natura oggettiva: il custode (nella fattispecie, l'ente gestore delle autostrade) non è responsabile se prova che il fatto si è verificato per caso fortuito.
Come il medesimo giudice estensore ha avuto modo di chiarire in altre apprezzate pronunce (fra tutte si vedano, oltre alla già citata Tribunale di Piacenza, 26 maggio 2011, n. 458, anche Tribunale di Reggio Emilia, sentenza 22 gennaio 2009, n. 85), l'oggettiva impossibilità di controllo si pone come limite alla configurabilità della custodia.
La custodia presuppone il potere di governo della res; se l'esistenza della custodia non può essere a priori esclusa in relazione alla natura demaniale del bene, neppure può essere ritenuta in ogni caso sussistente anche quando vi è l'oggettiva impossibilità di tale potere di controllo del bene, che è il presupposto necessario per la modifica della situazione di pericolo.
In altri termini, se il potere di controllo è oggettivamente impossibile, non vi è custodia, e quindi non vi è responsabilità della p.a. ai sensi dell'art. 2051, poiché manca un elemento costitutivo della custodia (cioè la controllabilità della cosa); residuerà, se del caso, una responsabilità secondo l'ordinario paradigma di cui all'art. 2043; con la doverosa precisazione che insidia o trabocchetto costituiscono solo elementi sintomatici della responsabilità pubblica, ma niente esclude che la responsabilità si possa in concreto configurare anche in un diverso comportamento colposo dell'amministrazione; del resto, “limitare aprioristicamente la responsabilità della P.A. per danni subiti dagli utenti dei beni demaniali, alle sole ipotesi della presenza di insidia o trabocchetto, non trova alcuna base normativa nella lettera dell'art. 2043 c.c., e rappresenterebbe quindi un'indubbia posizione di privilegio per la parte pubblica (in questo senso, cfr. Cass. n. 23277/2010, Cass. n. 18204/2010 e Cass. n. 5445/2006)” (Trib. Piacenza n. 458/2011 cit.).
Nel caso in esame, il Tribunale di Reggio Emilia ha respinto la domanda di risarcimento proposta dall'automobilista, evidenziando come questi avesse ammesso che l'ostacolo sulla carreggiata era stato rimosso dopo venti minuti dalla segnalazione.
Si è quindi trattato di una situazione pericolosa che si è venuta a creare in modo improvviso e imprevedibile, alla quale l'ente gestore ha tempestivamente posto rimedio in soli venti minuti dalla segnalazione ricevuta.
L'incidente stradale, verificatosi proprio in questo ristretto lasso di tempo, va perciò ricondotto al caso fortuito.
Richiamando il costante insegnamento giurisprudenziale formatosi proprio in tema di responsabilità per danni da difetto di custodia, il Tribunale di Reggio Emilia afferma che “la verificazione di una situazione pericolosa non prevedibile integra gli estremi del fortuito qualora il danno si sia verificato nell’intervallo temporale in cui la situazione si è esteriorizzata, prima che la doverosa e diligente attività di sorveglianza e controllo l’abbia rimossa o segnalata nel tempo strettamente necessario a provvedere”.
D'altro canto, osserva in chiusura il Tribunale, la presenza del caso fortuito (il quale opera sul piano del rapporto causale, recidendo ogni nesso tra custodia e danno) esclude in radice la possibilità di configurare una responsabilità ai sensi dell'art. 2043, dato che non è ravvisabile in concreto alcun profilo di colpa nella condotta del gestore.
(Nota di Nicola Virdis)
Tribunale di Reggio Emilia
Sezione II Civile
Sentenza 23 ottobre 2014, n. 1392
N. R.G. 9069/2012
TRIBUNALE ORDINARIO di REGGIO EMILIA
SEZIONE SECONDA CIVILE
Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Gianluigi Morlini ha pronunciato ex art. 281 sexies c.p.c. la seguente
SENTENZA
nella causa civile di I Grado iscritta al n. R.G. 9069/2012 promossa da:
X. SRL (C.F. OMISSIS), con il patrocinio dell’avv. COLOTTO MAURIZIO e dell’avv. MARINGOLO ARES AYMA (MRNRYM79D17F205A) VIA U. LA MALFA 5 MILANO; elettivamente domiciliato in VIA LIVATINO N. 9 42100 REGGIO EMILIA presso il difensore avv. COLOTTO MAURIZIO
ATTORE
contro
AUTOSTRADE PER L’ITALIA SPA (C.F. 07516911000), con il patrocinio dell’avv. CORRADINI ENRICO, elettivamente domiciliato in VIA BISI 11 42100 REGGIO NELL’EMILIA presso il difensore avv. CORRADINI ENRICO
CONVENUTO
CONCLUSIONI
L’attore conclude come da foglio allegato all’odierno verbale; il convenuto coma da comparsa di risposta.
FATTO
La controversia trae origine da un sinistro stradale avvenuto nel pomeriggio del 17/8/2011, allorquando un veicolo della società attorea, viaggiando sull’autostrada A1 in direzione nord al km 134, si è scontrato con un blocca container abbandonato sulla sede stradale.
Sulla base di tale narrativa, la società attorea evoca in giudizio la Autostrade per l’Italia s.p.a., domandando il risarcimento del danno patrimoniale subìto a seguito del sinistro, dovendo la convenuta rispondere della improvvisa presenza di un ostacolo sulla carreggiata sia a titolo di difetto custodiale ex articolo 2051 c.c., sia, in subordine, a titolo di responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 c.c. per la presenza di una insidia o trabocchetto.
Resiste autostrade per l’Italia.
La controversia è riassunta davanti all’intestato Tribunale a seguito di una pronuncia di incompetenza del Tribunale di Monza inizialmente adito, ed è decisa da questo giudice, nominato istruttore del fascicolo nel luglio 2014, dopo il rigetto delle istanze testimoniali e con la presente sentenza contestuale ex articolo 281 sexies c.p.c.
DIRITTO
a) La domanda attorea è infondata, e come tale va rigettata.
Infatti, è certamente vero che, alla fattispecie per cui è causa, è astrattamente applicabile l’articolo 2051 c.c. in tema di responsabilità oggettiva del custode; ma è altrettanto vero che, sulla base dell’inequivoco dato letterale della norma, il custode non risponde laddove provi che il fatto si sia verificato per “caso fortuito”.
Ciò posto, secondo il pacifico insegnamento giurisprudenziale - formatosi proprio in tema di responsabilità custodiale per sinistri addebitati ad un difetto di custodia delle strade- la verificazione di una situazione pericolosa non prevedibile, integra gli estremi del fortuito qualora il danno si sia verificato nell’intervallo temporale in cui la situazione si è esteriorizzata, prima che la doverosa e diligente attività di sorveglianza e controllo l’abbia rimossa o segnalata nel tempo strettamente necessario a provvedere (Cass. n. 6101/2013, Cass. n. 8157/2009, Cass. n. 25029/2008, Cass. n. 20427/2008, Cass. n. 15042/2008, Cass. n. 12449/2008, Cass. n. 7763/2007, Cass. n. 2308/2007).
In sostanza, si ha caso fortuito laddove vi sia una estemporanea creazione della situazione di pericolo, ovvero una repentina e non specificamente prevedibile alterazione dello stato delle cose, non eliminabile nell’immediatezza ma solo successivamente, ed il danno si sia verificato nel lasso temporale necessario ad intervenire.
Ciò è esattamente quanto accaduto nel caso che qui occupa.
Infatti, essendo in tutta evidenza il blocca container stato smarrito da un veicolo che precedeva di poco il transito del veicolo attoreo, è la stessa parte attrice a dare atto che la presenza dell’ostacolo era stata segnalata all’ente gestore alle ore 14,29 (cfr. pag. 4 memoria 23-24/5/2013, nonché allegato 11 fascicolo di parte), e che l’ente gestore stesso alle 14,49 aveva già completato le operazioni di rimozione da parte di una pattuglia della polizia stradale immediatamente contattata (cfr. pag. 3 memoria 23-24/5/2013, nonché allegato 11 fascicolo di parte).
In sostanza, risulta la verificazione di una situazione pericolosa improvvisamente ed imprevedibilmente creatasi, alla quale la società Autostrade per l’Italia ha tempestivamente posto rimedio in soli 20 minuti dalla segnalazione ricevuta.
Ne discende che il sinistro, verificatosi in tali 20 minuti (e quindi tra le ore 14,29 e le ore 14.49), è dovuto al caso fortuito, ciò che esclude la responsabilità custodiale ex articolo 2051 c.c.
La presenza del caso fortuito è altresì idonea, a fortiori, ad escludere la responsabilità extracontrattuale ex articolo 2043 c.c., atteso che, per i motivi sopra esposti, non può ravvisarsi un profilo colposo in ordine al comportamento della convenuta.
b) Non vi sono motivi per derogare ai principi generali codificati dall’art. 91 c.p.c. in tema di spese di lite, che, liquidate come da dispositivo con riferimento al D.M. n. 55/2014, norma da utilizzare per tutte le liquidazioni successive alla sua entrata in vigore così come previsto dall’art. 28 (cfr. anche la giurisprudenza consolidata di Cass. Sez. Un. nn. 17405-6/2012, Cass. nn. 18473/2012, 18551/2012, 18920/2012, ritenuta costituzionalmente non illegittima da Corte Cost. ord. n. 261/2013, formatasi sotto il vigore del precedente DM n. 140/2012 ma sicuramente applicabile anche al successivo DM 55/2014), sono quindi poste a carico della soccombente parte attrice ed a favore della vittoriosa parte convenuta, tenendo a mente un valore prossimo a quelli medi per ciascuna delle quattro fasi di studio, di introduzione, istruttoria e decisoria, nell’ambito dello scaglione entro il quale è racchiuso il decisum di causa.
P.Q.M.
il Tribunale di Reggio Emilia in composizione monocratica
definitivamente pronunciando, nel contraddittorio tra le parti, ogni diversa istanza disattesa
- rigetta la domanda;
- condanna X. s.r.l. a rifondere a Autostrade per l’Italia s.p.a. le spese di lite del presente giudizio, che liquida in € 4.000 per compensi, oltre IVA, CPA e rimborso spese forfettario.
Reggio Emilia, 23/10/2014.
Il Giudice
dott. Gianluigi MORLINI
da Altalex