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Corte di Cassazione 22/10/2014

Ne bis in idem: vale anche in ambito disciplinare

(Cass. Civ., sez. lavoro, 22 ottobre 2014, n. 22388)

Il datore di lavoro, una volta esercitato validamente il potere disciplinare nei confronti del prestatore di lavoro in relazione a determinati fatti costituenti infrazioni disciplinari, non può esercitare, una seconda volta, per quegli stessi fatti, il detto potere ormai consumato, essendogli consentito soltanto, a norma della L. n. 300/1979, art. 7, u.c. di tenere conto della sanzione eventualmente applicata, entro il biennio ai fini della recidiva.

Questo il principio già espresso dalla Suprema Corte in altre pronunce in materia e ribadito nella sentenza in commento.

Nel caso di specie, sia in primo che in secondo grado, i giudici del merito avevano dichiarato l’illegittimità del licenziamento intimato ad un lavoratore in violazione del principio del ne bis idem, avendo la società, con il provvedimento espulsivo, reiterato l’esercizio del potere punitivo in relazione a fatti già contestati e sanzionati con sospensione dal servizio e dalla retribuzione per un giorno.

La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso proposto dalla società-datrice di lavoro, ha confermato le pronunce, precisando che il principio generale del "ne bis in idem" si pone a garanzia del giusto processo e la sua inosservanza determina una violazione dei diritti individuali dell'uomo di cui all'art. 2 della Costituzione e del diritto di difesa sancito dall'art. 24 Cost.

In particolare, lo stesso tende ad evitare che per il medesimo fatto di reato si svolgano più procedimenti e si emettano più provvedimenti anche non irrevocabili l'uno indipendente dall'altro.

Data la sua funzione di garanzia per il sistema processuale, prosegue la Corte, il principio in esame presenta un carattere generale, e, pertanto, con i dovuti adattamenti, è applicabile ad ogni forma di impugnativa, anche in ambito lavoristico: “infatti non è consentito - a fronte di una identica condotta contestata nella sua concretezza - sanzionare detta condotta due (o più volte) a seguito di una diversa valutazione e/o configurazione giuridica, stante le ricadute pregiudizievoli scaturenti dall'inosservanza dello scrutinato principio in termini di rispetto della personalità del lavoratore e della sua stessa libertà di agire senza condizionamento di alcun genere nell'espletamento della sua attività lavorativa”.



Nel caso di specie, la pronuncia penale (sulla base della quale il datore di lavoro aveva irrogato il licenziamento) aveva sanzionato quei medesimi fatti per i quali la società aveva già esercitato il potere disciplinare con l'irrogazione di una sanzione conservativa, con evidente violazione del principio di consunzione del potere disciplinare.



 

(Nota di Giuseppina Mattiello)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Sentenza 2 luglio - 22 ottobre 2014, n. 22388

Massima e testo integrale

da Altalex

 

 

 

Mercoledì, 22 Ottobre 2014
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