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Corte di Cassazione 14/11/2012

Concorso apparente di norme: mancato pagamento di 35 pedaggi autostradali

(Cass. Pen. , sez. II, del 14 novembre 2012 n. 44140)

Il mancato pagamento di vari pedaggi autostradali configura l’ipotesi di mancato pagamento del pedaggio autostradale o anche più gravi ipotesi di reato?



Il quesito:

    Il mancato pagamento di vari pedaggi autostradali configura l’ipotesi di mancato pagamento del pedaggio autostradale o anche più gravi ipotesi di reato?



 Il caso

S. per ben 28 volte dichiara all’addetto del casello autostradale, all’uscita, di aver perso il biglietto, di non aver soldi per pagare e quindi non paga; e per ben sette volte si accoda a veicoli dotati di telepass riuscendo così a sfilare sulla scia dell’automobile che lo precedeva prima che la sbarra di blocco si fosse abbassata.

Per accertare chi fosse la persona alla guida della autovettura di cui sopra, la P.G. ha condotto un indagine partendo da chi risultava essere proprietario e cioè la ditta s.r.l. Autotrasporti S.
L’impiegata della predetta ditta dichiara che nel periodo in cui sono stati commessi i reati l’autovettura risultava noleggiata alla ditta s.a.s. S. di F.A.& C. Il F.A. conferma il noleggio e dichiara di aver dato in uso la predetta autovettura, per tutto il periodo incriminato, all’imputato in sostituzione del suo mezzo che lo S. aveva lasciato nell’officina del F. perché fossero effettuate riparazioni importanti e che richiedevano lunghi tempi di realizzazione.

Lo S. ammetteva di aver avuto in possesso - nel periodo di tempo di cui sopra - l’autovettura.


 La normativa

Codice della strada

Art. 176, co. 17. Comportamenti durante la circolazione sulle autostrade e sulle strade extraurbane principali

Chiunque transita senza fermarsi in corrispondenza delle stazioni, creando pericolo per la circolazione, nonché per la sicurezza individuale e collettiva, ovvero ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio, è soggetto, salvo che il fatto costituisca reato, alla sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 398 a euro 1.596.

Codice penale

Art. 640. Truffa

Chiunque, con artifizi o raggiri, inducendo taluno in errore, procura a sé o ad altri un ingiusto profitto con altrui danno, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 51 a euro 1.032.
La pena è della reclusione da uno a cinque anni e della multa da euro 309 a euro 1.549:
1) se il fatto è commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico o col pretesto di far esonerare taluno dal servizio militare;
2) se il fatto è commesso ingenerando nella persona offesa il timore di un pericolo immaginario o l'erroneo convincimento di dovere eseguire un ordine dell'autorità;
2 bis) se il fatto è commesso in presenza della circostanza di cui all’articolo 61, numero 5). (1)
Il delitto è punibile a querela della persona offesa, salvo che ricorra taluna delle circostanze previste dal capoverso precedente o un'altra circostanza aggravante.

Art. 641. Insolvenza fraudolenta

Chiunque, dissimulando il proprio stato d'insolvenza, contrae un'obbligazione col proposito di non adempierla è punito, a querela della persona offesa, qualora l'obbligazione non sia adempiuta, con la reclusione fino a due anni o con la multa fino a euro 516.
L'adempimento dell'obbligazione avvenuto prima della condanna estingue il reato.



 La problematica

Il fatto in esame, a prima vista, integra la fattispecie dell’articolo 176, co. 17 del codice della strada, ma altresì, contemporaneamente, quella dei reati di insolvenza fraudolenta e truffa.

L’imputato sostiene che ai sensi dell’articolo 15 del codice penale si dovrebbe applicare la norma speciale (quindi quella del CDS) rispetto alle norme generali.

In primo e secondo grado invece vengono ravvisate le fattispecie della truffa e dell’insolvenza fraudolenta.

La sentenza

La Corte di appello ha correttamente evidenziato la sussidiarietà tra l’illecito amministrativo previsto dall’art. 176, co. 17, del codice della strada e la truffa e l’insolvenza fraudolenta.

Infatti l’art. 176, co. 17, del codice stradale - il quale punisce con la sanzione pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale - espressamente ed inequivocabilmente stabilisce la sussidiarietà di tale illecito amministrativo rispetto alle fattispecie penali eventualmente concorrenti, nei cui confronti, pertanto, non si pone in rapporto di specialità, nell’ipotesi di omesso adempimento, da parte dell’utente, dell’obbligo di pagamento del pedaggio autostradale, pertanto ben può configurarsi, ove ne sussistano in concreto gli elementi costitutivi, il delitto di insolvenza fraudolenta o di truffa (Cass. Pen., SS.UU, sentenza n. 7738 del 09 luglio 1997 Ud. - dep. 31 luglio 1997 - Rv. 208219; Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 24529 dell’11 aprile 2012, dep. 20 giugno 2012).

Nella suddetta sentenza delle Sezioni Unite si afferma, poi, che l’insolvenza fraudolenta si distingue dalla truffa perché la frode non viene attuata mediante i mezzi insidiosi dell'artificio o del raggiro ma con un inganno rappresentato dello stato di insolvenza del debitore e della dissimulazione della sua esistenza finalizzato all’inadempimento dell’obbligazione, in violazione di norme comportamentali.

Orbene la Corte di appello con motivazione esaustiva, logica e non contraddittoria ben evidenzia:

- in cosa consistano gli artifici e raggiri (l’imputato ha imboccato la corsia che conduce alle porte riservate a chi è dotato di Telepass; poi si è posto sulla scia dell’autovettura che lo precedeva - regolarmente munito di telepass - riuscendo ad uscire dal casello prima che la sbarra si abbassasse);

- quale è l’atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole per la P.O. (consistente nel consentire l’uscita dalla sede autostradale ad un veicolo il cui conducente non ha assolto all’obbligazione di pagamento assunta);

- come l’atto di disposizione patrimoniale pregiudizievole sia in evidente relazione causale diretta con gli artifici e raggiri sopra delineati. È evidente che non incide su quanto sopra l’obbiezione che il casello sia regolato da un sistema automatico. Infatti tale sistema automatico è sotto la sorveglianza del personale addetto che interviene ogni volta che si verifica un problema; ma nel caso di specie la condotta truffaldina dell’imputato ha impedito proprio quell’intervento (si veda: Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 26289 del 18 maggio 2007 Ud. - dep. 06 luglio 2007 - Rv. 237150).

Anche per quanto riguarda gli episodi di insolvenza fraudolenta il Collegio ritiene che la Corte territoriale abbia fatto corretta” applicazione di principi consolidati (cfr. Cass. Pen., SS.UU., sentenza 9 luglio 1997, n. 7738 sopra citati), secondo cui l’art. 176 C.d.S., co. 17, che punisce con la sanzione pecuniaria chiunque ponga in essere qualsiasi atto al fine di eludere in tutto o in parte il pagamento del pedaggio autostradale, si pone in rapporto di sussidiarietà e non già di specialità rispetto ad altre fattispecie penali eventualmente concorrenti.

In particolare il reato di insolvenza fraudolenta - in ipotesi di mancato adempimento, da parte dell’automobilista, dell’obbligazione di pagamento del pedaggio autostradale, inerente al negozio di utilizzo della relativa rete - non è escluso né dalla coesistenza di una figura integrante un illecito amministrativo, stante la sua funzione sussidiaria della norma penale, né dalla natura del pedaggio, che ha funzione di corrispettivo e non di tassa.

Spetta al giudice di merito verificare di volta in volta se, nella fattispecie sottoposta al suo esame, sussistano gli elementi dell’insolvenza fraudolenta, sia sotto il profilo materiale che psicologico.

Il che nel caso di specie risulta puntualmente avvenuto, posto che la Corte di appello ha delibato con riguardo a tutti i profili rilevanti nella fattispecie con argomentazioni immuni da rilievi logici o giuridici.

Valga considerare quanto segue.

A) Innanzitutto risulta correttamente individuata la condotta materiale, descritta dalla norma penale nel triplice momento della “dissimulazione dello stato di insolvenza”, dell’assunzione dell’obbligazione” e dell’”inadempimento”.

A tal riguardo la Corte territoriale evidenzia che lo S. ha (ben 28 volte) accettato, con il fatto stesso del ritiro del tagliando, la prestazione offertagli dall’ente gestore dell’autostrada e così assunto l’obbligazione corrispettiva (mentre avrebbe potuto non aderire all’offerta, scegliendo un percorso alternativo; quanto sopra evidenzia la non incidenza, sulla ravvisabilità del reato, il fatto che all’ingresso in autostrada vi è una macchina che distribuisce i tagliandi e non una persona); che l’imputato ha, inoltre, approfittato della fiducia che l’ente gestore del servizio prestava nell’assolvimento del pedaggio, avuto riguardo alla modestia del corrispettivo e alla qualità del debitore (che, per il fatto stesso di transitare alla guida di un automezzo, induceva a confidare sulla sua solvibilità); che il medesimo imputato ha, quindi, omesso di provvedere al pagamento del relativo pedaggio (per complessivi Euro 1.366,93 con riguardo ai percorsi autostradali contestati nel capo di imputazione) lasciando insoluta la prestazione del corrispettivo anche in prosieguo.

Si rammenta, a tal riguardo, che la dissimulazione di cui all’art. 641 c.p. può realizzarsi con comportamenti diversi, positivi o negativi, tra i quali ultimi rientrano la reticenza o il silenzio; in particolare, la sezione giudicante, con argomentazioni condivise dal Collegio, ha precisato che, trattandosi dell’utilizzazione dell’autostrada, che la società concessionaria concede prima del pagamento del pedaggio, il contratto si stipula per facta concludentia ed il mancato pagamento è riconducile ad un elemento soggettivo, non caratterizzato dall’induzione in errore, ma da un mero atteggiamento negativo dell’autore nei confronti dell’errore sulla solvibilità in cui versa la parte offesa, alla contrattazione (Cass. Pen., sez. II, sentenza 4 luglio 2000, n. 43730).

B) Con specifico riguardo all’atteggiamento psicologico - vale a dire al dolo generico, rappresentato dalla consapevolezza dello stato di insolvenza e dall’elemento volitivo, costituito dal preordinato proposito di non adempiere - la sentenza impugnata dà conto della consapevolezza da parte dello S. di non poter adempiere, desumendola da elementi induttivi seri e univoci, quali sono quelli ricavati dalla reiterazione delle condotte dissimulatorie e dal persistente inadempimento, che lasciano intendere che sin dal momento della stipula del contratto fosse già maturo, nel soggetto, l’intento di non far fronte agli obblighi conseguenti (lo S. quando arrivava al casello diceva, infatti, di non poter pagare perché non aveva soldi).

Risulta, dunque, correttamente colto il discrimine tra il mero inadempimento di natura civilistica e la commissione del reato, che poggia sull’elemento ispiratore della condotta, giacché il comportamento consistente nel tenere il creditore all’oscuro dello stato di insolvenza in cui si versa al momento di contrarre l’obbligazione ha rilievo, agli effetti della norma penale, quando sia legato al preordinato proposito di non effettuare la dovuta prestazione, mentre l’inadempimento contrattuale non preordinato non costituisce il delitto di cui all’art. 641 c.p. e ricade, normalmente, solo nell’ambito della responsabilità civile.

C) Infine - relativamente alla prova dello stato di insolvenza, su cui specificamente si appuntano le censure del ricorrente - la Corte territoriale ha correttamente rimarcato non solo la circostanza del mancato pagamento, ma anche il fatto che, già all’epoca, lo S. avesse accumulato debiti per Euro 1.366,93 per mancati pagamenti di pedaggi autostradali e che neppure in epoca successiva abbia provveduto al pagamento dei corrispettivi indicati nel capo di imputazione, dimostrando chiaramente di trovarsi nell’impossibilità di pagare le somme dovute.

La questione risulta, dunque, delibata in conformità a principi costantemente espressi da questa Suprema Corte e ribaditi dalle SS.UU., nella sentenza Gueli (la n. 7738 del 1997 sopra citata), secondo cui la prova della condizione di insolvenza può desumersi dal comportamento precedente e successivo dell’imputato (Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 2376 del 20 novembre 1986 Ud. - dep. 20 febbraio 1987 - Rv. 175206) o anche da quello dal medesimo tenuto al momento dell’inadempimento (Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 10247 del 23 settembre 1996 Ud. - dep. 28 novembre 1996 - Rv. 206286). Invero attribuire esclusiva rilevanza alla circostanza che il soggetto agente abbia dichiarato o meno di non volere pagare (e nel caso di specie il ricorrente ha ammesso di aver detto al casellante di non avere soldi per pagare), significa non considerare che, per un verso, l’inadempimento” si verifica per il fatto stesso del mancato pagamento del corrispettivo alla scadenza (e quindi, nello specifico, al termine del percorso autostradale), indipendentemente da ciò che dichiara il debitore e, per altro verso, che la “situazione di insolvenza” è una situazione di carattere obiettivo, da intendersi come impossibilità, totale o parziale, di adempiere all’obbligazione e da rapportarsi sia al momento dell’assunzione dell’obbligazione sia a quello dell’inadempimento (come si desume dalla previsione della causa di non punibilità prevista dal cpv. dell’art. 641 c.p.; si vedano, in proposito, anche: Cass. Pen., sez. II, sentenza n. 11734 del 6 marzo 2008 Ud. - dep. 14 marzo 2008 - Rv. 239750; Cass. Pen., sez. 2, sentenza n. 24529 dell’11 aprile 2012, dep. 20 giugno 2012). In definitiva i motivi addotti a fondamento del ricorso si rivelano infondati, avendo la sentenza impugnata fatto corretta applicazione della norma penale e non emergendo alcun contrasto disarticolante nelle argomentazioni svolte.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

S. viene quindi condannato per le 28 volte in cui ha dichiarato all’addetto del casello autostradale di aver perso il biglietto o di non aver soldi per pagare, per il reato di insolvenza fraudolenta per un ammontare complessivo di Euro 1.366,93;

e per le sette volte in cui si è accodato a veicoli dotati di telepass riuscendo così a sfilare sulla scia dell’automobile che lo precedeva prima che la sbarra di blocco si fosse abbassata per il reato di truffa aggravata per Euro 314,11.





da altalex.com
di Angela Calaluna

Mercoledì, 14 Novembre 2012
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