Sanzioni amministrative al CdS: ingiunzione nulla se emessa da avvocato del comune
La sentenza in rassegna affronta il caso della riscossione delle sanzioni per infrazioni al codice della strada mediante ingiunzione fiscale e, quindi, in quella forma diretta che si svolge pertanto in seno alla stessa pubblica amministrazione, emessa tuttavia da un professionista esterno, quale il legale del Comune, in virtù di apposita procura alle liti allo scopo conferitagli dal Sindaco, ritenendo trattarsi di procedura assolutamente non consentita, con conseguente nullità dell’ingiunzione medesima.
Si tratta infatti di atto, come riconosce il Tribunale, squisitamente amministrativo che può essere emesso soltanto da quei soggetti che la legge specificatamente ritiene abilitati e che sono i dirigenti dell’ente, mentre il Sindaco, al quale non compete alcuna potestà gestoria prettamente amministrativa, ha solo facoltà di conferire mandato agli avvocati per l’assistenza dell’ente nelle controversie giudiziarie e quindi nell’ambito di vertenze tra cui non rientra certamente il procedimento in questione, attinenti alla mera fase della riscossione.
Nel quadro della normativa[1] vigente, le entrate degli enti locali e, in specie, le sanzioni per infrazioni al codice della strada possono essere riscosse unicamente mediante ruolo o anche con ingiunzione fiscale, senza, ovviamente, nessuna altra possibilità (Cass., Sez.II, 09.04.2010, n. 8460, in Giust. civ. Mass. 2010, 4, 519; Cons.di Stato, Sez.V, 03.10.2005, n.5271, in Foro amm. CDS 2005, 10, 2938).
Ai sensi, in specie, degli artt. 4, commi 2-sexies e segg. del d.l. 209/02 e 52 del d.lgs. 446/97, l’ente locale può provvedere direttamente in proprio alla riscossione oppure può affidarla a terzi, purché, tuttavia, rientranti nelle categorie specificatamente indicate alla lettera b) di tale disposizione, quali società cosiddette in house o anche miste, nel qual caso, tuttavia, ai sensi della successiva lettera c), l’affidamento non può comportare oneri aggiuntivi e, come di recente rilevato, questo divieto di ulteriori aggravi economici è riferito proprio all’ingiunzione fiscale, quale strumento di riscossione alternativo al ruolo, gestita direttamente dall’ente locale, nel senso che l’affidamento a terzi della riscossione non può comportare oneri maggiori per il contribuente rispetto a quelli che deriverebbero a suo carico con l’ingiunzione fiscale emessa direttamente dall’ente locale, sull’evidente presupposto che questa, quale mero atto amministrativo emanato direttamente dallo stesso ente impositore non genera e non può generare costi addebitabili al destinatario salvo quelli della sola notifica (Cons.di Stato, Sez.IV, 12.06.2012, n. 3413, in Foro amm. CDS 2012, 6, 1587 ).
Il citato comma secondo sexies dell’art.4 del suddetto decreto stabilisce che la riscossione diretta è effettuata, da parte del Comune, mediante ingiunzione fiscale, secondo le disposizioni del titolo II del d.p.r. 602/73 e, come dispone il successivo comma secondo septies, attraverso uno o più funzionari nominati dal Sindaco che esercitano le funzioni dell’ufficiale di riscossione, senza quindi alcuno spazio per altra e diversa modalità, così che non parrebbe in effetti potersi ammettere un incarico ad un legale, oltretutto a spese del contribuente, del tutto estraneo alla richiamata procedura del d.p.r. 602/73 ed una delega per lo svolgimento della riscossione, per giunta sin dal primo suo atto diretto a costituirne il titolo esecutivo, all’esterno dell’apparato amministrativo, tale da poter semmai solo determinare la fuoriuscita dall’ipotesi della riscossione diretta e l’affidamento di essa a terzi, tuttavia consentito solamente alle categorie dei soggetti indicati dal sopra citato art. 52.
Per di più, proprio riguardo alle sanzioni amministrative per violazioni al codice della strada, l’ingiunzione fiscale, al pari della cartella che segue l’iscrizione a ruolo, costituisce lo stesso primo atto con il quale è irrogata la sanzione, posto che, come ripetutamente sancito dalla S.C., il precedente verbale di accertamento dell’infrazione, diversamente dall’ordinanza ingiunzione che respinge il ricorso avverso quest’ultimo, non costituisce atto impositivo e non determina assolutamente di per sé l’assoggettamento concreto ed attuale del contravventore all’obbligo di pagamento della sanzione, costituendo soltanto il primo atto di un procedimento a formazione progressiva, con mera offerta di pagamento in misura ridotta a titolo di oblazione, a seguito del quale, in mancanza di tale oblazione e di opposizione al verbale, si procede alla riscossione della sanzione così quantificandola nel suo esatto ammontare (Cass., Sez.II, 22.06.2010, n. 15098; Cass., Sez.II, 08.06.2009, n.13101, in Red.Giuffrè, 2009; Cass., Sez.II, 19.03.2007, n.6382, in Arch. giur. circol. e sin., 2007, 7-8, 781).
Ne deriva quindi, come sottolineato dalla decisione in commento, che la formazione e notificazione dell’ingiunzione, anziché ad opera direttamente del competente dirigente dell’ente locale, mediante invece mandato conferito ad un avvocato da parte del legale rappresentante dell’ente, come se si trattasse, anziché di un’operazione meramente amministrativa, di intervenire, invece, in una lite giudiziaria, si risolve, in definitiva, necessariamente in un affidamento a terzi della riscossione, che tuttavia non è affatto consentito dal citato art.52, per essere il legale patrocinatore dell’ente assolutamente estraneo alle specifiche categorie elencate dalla lettera b) dell’indicata norma, contemplanti i soggetti ai quali soltanto una tale incombenza può essere delegata, con conseguente nullità , se non addirittura inesistenza, dell’atto medesimo di riscossione.
Non può pertanto rilevare, come segnala la sentenza, quella giurisprudenza richiamata dall’ente comunale che esclude la nullità dell’ingiunzione mancante di sottoscrizione in tutti i casi in cui il provvedimento appaia comunque inequivocabilmente riferibile all’ente competente per la sua emanazione, riguardando appunto essa soltanto il caso in cui l’atto è stato senz’altro regolarmente formato dall’autorità che ne ha il reale ed effettivo potere e manca solo la sottoscrizione autografa, con la conclusione che ciò non può affatto valere ad inficiarne la validità almeno in tutti i casi in cui l’atto appaia comunque riferibile a tale autorità, mentre, nel caso di specie preso in esame, l’ingiunzione era stata non soltanto sottoscritta, ma pure formata e realizzata da un professionista esterno all’apparato amministrativo dell’ente, così da apertamente ritenerla ad esso stesso riferibile, tuttavia non abilitato all’affidamento ai sensi della disposizione da ultimo citata
Quel che, pertanto, pare esser stato ritenuto determinante nella valutazione compiuta dalla sentenza in rassegna è appunto la natura dell’ingiunzione, quale vero e proprio atto amministrativo che, come testualmente espresso dalla S.C., precisamente si sostanzia in un “ordine di pagamento emesso dal competente ufficio creditore al fine di riscuotere semplicemente, in autotutela, l’entrata” (Cass., Sez.trib., 20.07.2012, n. 12682, in De Jure, Iusexplorer, Giuffrè), collocandosi pertanto nella dimensione dell’area prettamente amministrativa, quale sua sede congeniale e del tutto naturale, mentre il fatto che poi esso vada pure ad “adempiere” alle funzioni di titolo esecutivo oltre che di precetto e ad “assumere” anche le caratteristiche di quest’ultimo, attiene alla dinamica dello svolgimento delle sue funzioni e giammai consente di ritenerlo scindibile nell’uno o nell’altro o da alcuno di essi distinto (Cass., Sez.I, 08.08.1997, n.7384, in Giust.civ,.Mass, 1997, 1377).
Il contrario avviso, per cui l’ipotesi rientrerebbe comunque nella forma di riscossione diretta, contrasterebbe altresì, con tutta evidenza, con la lettera e la ratio delle sopra citate disposizioni e in specie del citato art.4 del d.l. 209/02 e dell’art.52 del d.lgs. 446/97, che hanno infatti inteso regolamentare come questa si svolge e tutti i casi in cui “sia deliberato di affidare a terzi (…) la riscossione”, consentendo tale affidamento soltanto alle società ivi indicate e senza oneri aggiuntivi per il contribuente rispetto all’altra e diversa forma riscossione diretta, secondo un criterio, dunque, fondato su di un presupposto di economicità e assenza di aggravi, per il fatto che un tal genere di riscossione non determina nessun sensibile costo a carico del contribuente, che risulterebbe invece assolutamente insussistente, con totale stravolgimento del disposto normativo, se l’ente locale potesse servirsi addirittura di un avvocato per darvi corso e già sin dal primo suo atto, quale l’ingiunzione, addebitandone per giunta gli oneri al contribuente.
Non avrebbe, in questo caso, nessun senso la disposizione della lettera c) del sopra citato art.52, poiché essa imporrebbe allora ai terzi affidatari della riscossione ivi contemplati un limite, rappresentato dal divieto di oneri aggiuntivi rispetto alla riscossione diretta, invece totalmente insussistente, potendo quest’ultima essere svolta con oneri, almeno di norma, tanto a dismisura più elevati rispetto a quelli che risultano i comuni aggi esattoriali.
E ciò è tanto vero che laddove si è ammessa la validità dell’ingiunzione fiscale emessa non direttamente dall’ente comunale, ma da uno, invece, dei soggetti terzi stabiliti dalla lettera b) del citato art.52, non si è perso l’occasione di evidenziare come tanto era stato reputato sul presupposto tuttavia dell’assenza, nel caso di specie, di una maggiore onerosità di tale forma di riscossione, rispetto al peso dell’aggio comportato da quella svolta a mezzo ruolo: “la L. n. 689 del 1981, art. 27, non esclude altre forme di riscossione, nè è dimostrata la maggiore onerosità del recupero” (Cass.Sez.VI., 11.01.2014, n.13268, in De Jure, Iusexplorer, Giuffrè).
Ciò in piena conformità con quanto rilevato al riguardo dalla dottrina[2] oltre che dall’Ifel – Istituto per la Finanza e l’Economia Locale, fondazione dell’Anci[3] e sulla stessa linea del principio enunciato in termini più generali dalla già citata decisione del Consiglio di Stato, secondo la quale il divieto di oneri aggiuntivi per il caso dell’affidamento a terzi della riscossione ha come riferimento proprio la riscossione diretta attuata con l’ingiunzione fiscale per l’effetto che questa non pone alcun onere di rilievo per il contribuente: «Secondo l'appellante (…) la remunerazione del servizio di riscossione, a carico del contribuente, sarebbe da riferire esclusivamente alla riscossione tramite ruolo ed all'attività dei concessionari e non alla diversa e speciale ipotesi dell'ingiunzione fiscale (…) Il motivo è fondato. Com'anzidetto, l'ingiunzione fiscale costituisce procedimento speciale - adottabile dagli Enti locali solo per il caso in cui procedano direttamente all'accertamento e alla riscossione, o ne dispongano l'affidamento, anche disgiunto, a soggetti terzi - che non prevede l'iscrizione a ruolo e la cartella di pagamento quali passaggi necessari ai fini dell'esecutività della pretesa (…) Essa non rientra pertanto nella previsioni legislative disciplinanti l'aggio del concessionario del servizio di riscossione, le quali espressamente fanno riferimento alla sola iscrizione a ruolo. Nemmeno la norma che inibisce maggiori oneri per il contribuenti in caso di affidamento a terzi del servizio, può fornire argomentazioni sufficienti a sostenere l'equiparazione dei due strumenti di riscossione: appare ragionevole, infatti, attribuire il riferimento al "divieto di aggravio economico" non già alla concorrente procedura di riscossione mediante ruoli ed ai suoi costi, ma alla procedura di ingiunzione fiscale gestita direttamente dall'amministrazione. Il legislatore ha voluto cioè chiarire che l'affidare il servizio a terzi, ovvero a propria società in house, non deve determinare un aumento degli oneri per il debitore rispetto a quanto deriverebbe dalla diretta gestione delle procedura da parte degli uffici comunali» (Cons.di Stato 3413/12 cit.).
(Nota di Mauro Vanni)
[1] Artt. 52, commi primo, quinto, lett. b), e sesto del d.lgs. 446/97, 3, commi quinto e sesto, del d.lgs. 112/99, 4, commi secondo sexies e segg. del d.l. 209/02 convertito in legge 265/02, 1, comma qattrocentosettantasettesimo della legge 266/05, 36, comma secondo, lett. a), del d.l. 248/07 convertito in legge 31/08 e 15, comma ottavo quinquiesdecies, del d.l. 78/09 convertito in legge 102/09.
[2] Foligno-Pellegrino-Ricciardi, L'ingiunzione fiscale. Guida ai procedimenti di riscossione coattiva delle entrate locali, Maggioli, 2013, 389.
[3] La riscossione delle entrate: problematiche operative in attesa di un quadro normativo consolidato, 14 novembre 2012, a cura di Alessandro Guidi Responsabile Riscossione coattiva del Comune di Firenze, pag. 28.
Tribunale di Pistoia
Sentenza 31 ottobre 2014
TRIBUNALE DI PISTOIA
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Pistoia, in persona della dott.ssa Nicoletta Maria Caterina Curci, ha emesso la seguente
SENTENZA
nella causa civile di appello iscritta al n.ro d’ordine n.222 dell’anno 2013 r.g.a.c.,
TRA
B. M., rappresentata e difesa dagli avv.ti Mauro Vanni e Vito Di Berardino
(appellante)
E
COMUNE di ABETONE, rappresentato e difeso dall’avv. Christian Giangrande
(appellata)
IN FATTO E IN DIRITTO
Con ricorso depositato il 28.5.2010 Maria B. proponeva opposizione avverso l’ingiunzione fiscale notificatale il 28.4.2010 con la quale il Comune di Abetone le aveva intimato il pagamento della somma complessiva di € 142,74 portata, quanto a € 56,00, dalla sanzione irrogatale per la violazione del codice della strada (già accertata mediante verbale di contestazione del 4.1.2007, notificato il 2.4.2007 e divenuto esecutivo il 1.6.2007), e quanto, al’importo residuo, alla maggiorazione ex art.27 della legge 689/81, dai costi di notifica dell’ingiunzione e dagli onorari del legale firmatario, maggiorati degli accessori di legge.
A sostegno dell’opposizione la B. eccepiva: la nullità dell’ingiunzione poiché non emessa direttamente dall’ente né affidata ad incaricati sussumibili entro la previsione dell’art.52 D. Lgs 446/1997; la conseguente illegittimità della pretesa inerenti agli onorari del legale che aveva sottoscritto l’ingiunzione; la nullità per omessa notifica del verbale di contravvenzione; la illegittimità della maggiorazione ex art.27 della Legge 689/81 indicata nella ingiunzione; la illegittimità della richiesta relativa all’IVA reclamata sugli onorari del legale; la illegittimità della duplicazione relativa alle spese di notifica. Chiedeva pertanto l’opponente, in via principale, l’annullamento della ingiunzione fiscale previa sospensione della sua efficacia esecutiva e, in via subordinata, l’annullamento della ingiunzione limitatamente alle maggiorazioni non dovute, con conferma della stessa rispetto all’importo della sanzione ed alle spese di notifica.
Resisteva all’opposizione il Comune di Abetone per eccepire, in via preliminare, l’inammissibilità della opposizione per violazione dell’art. 617 c.p.c. e per contestare, nel merito, la fondatezza degli ulteriori motivi di opposizione.
Con sentenza n. 900/12 depositata il 24.12.2012, il Giudice di Pace di Pistoia, previa declaratoria di ammissibilità dell’opposizione, la rigettava nel merito, compensando le spese di lite.
Avverso tale sentenza, ha proposto appello M. B. per invocare la riforma della sentenza di primo grado e l’accoglimento delle domanda di annullamento, integrale ovvero parziale, della ingiunzione fiscale impugnata.
Costituitasi tempestivamente in giudizio il Comune di Abetone resisteva all’appello chiedendone il rigetto.
La causa veniva trattenuta in decisione, all’udienza del 10.6.2014 con assegnazione del termine di legge per il deposito delle difese conclusive.
Nel termine assegnato per il deposito della memoria di replica il procuratore dell’appellante dichiarava l’avvenuto decesso della propria assistita allegando il relativo certificato di morte in uno alla copia della comunicazione notificata alla controparte.
***
Il sopravvenuto decesso di M. B. impone dichiararsi cessata la materia del contendere per intervenuta estinzione dell’obbligazione di pagare la sanzione amministrativa già fatta oggetto d’ingiunzione fiscale (cfr. ex multis Cass. 29.10.2010 n.22199).
Resta, dunque, devoluta alla cognizione del tribunale la regolamentazione delle spese di lite in ossequio al principio della soccombenza virtuale.
Aderendo all’orientamento espresso da questo tribunale in altre sentenze aventi identico oggetto, reputa questo giudicante che l’appello debba essere accolto.
Dirimente ai fini della decisione si profila il primo motivo di appello con il quale la B. ha censurato la sentenza di primo grado per non aver il Giudice di Pace correttamente valorizzato la non delegabilità a terzi, da parte della pubblica amministrazione, del potere di emettere atti amministrativi, peraltro inerenti all’esercizio del potere di autotutela e del tutto estranei all’attività giurisdizionale, fatto accaduto nel caso in esame attraverso il conferimento ad un procuratore legale del mandato ad emettere l’ingiunzione fiscale oggetto d’impugnazione.
Il motivo è fondato.
Pacifico essendo tra le parti che il Comune di Abetone abbia inteso procedere alla riscossione coattiva delle somme dovute a titolo di sanzione amministrativa per la violazione delle norme del codice della strada, mediante la procedura d’ingiunzione diretta di cui al RD 639/1910, integra indirizzo giurisprudenziale consolidato che l’ingiunzione fiscale, in quanto espressione del potere di accertamento e di autotutela della p.a., abbia natura di atto amministrativo, cumulante in sé le caratteristiche del titolo esecutivo e del precetto (cfr. ex multis Cass. 25.5.2007 n.12263).
Questione devoluta alla cognizione del soggetto è se, in ragione del conferimento del mandato difensivo apposto a margine dell’ingiunzione fiscale in esame, l’atto impugnato possa essere ritenuto valido, in quanto comunque riferibile all’amministrazione comunale legittimata alla sua emissione, benché redatto e sottoscritto dal legale officiato.
Ebbene reputa il tribunale che l’ingiunzione fiscale di che trattasi sia radicalmente nulla.
In ragione della precitata natura di un atto amministrativo, l’ingiunzione fiscale deve essere emessa nel rispetto delle disposizioni del D.lgs. n. 267/2000 e in primis, degli artt. 50 e 107 a tenore dei quali spetta ai dirigenti l’adozione di tutti gli atti di ordinaria gestione dell’ente, non avendo il Sindaco potestà amministrativa.
Nel caso di specie, tuttavia, l’ingiunzione fiscale non è stata emessa da un dirigente del Comune di Abetone, bensì dall’avv. Christian Giangrande sulla base di una procura alle liti ex art.83 c.p.c. conferita del Sindaco del Comune.
Ebbene, ferma la facoltà del Sindaco di conferire ad un legale il mandato a rappresentare il Comune in qualsivoglia controversia giudiziaria (previa adozione di apposita delibera), non rientra certamente tra i suoi poteri quello di delegare ad un avvocato l’emissione dell’ordinanza ingiunzione ex art. 3 R.D. n. 639/1910, la quale, si ripete, pur assommando in sé la funzione dell’atto di precetto, è, innanzitutto, un atto amministrativo di competenza dei dirigenti.
Inapplicabile al caso in esame è, quindi, il principio di diritto più volte affermato dalla Corte di Cassazione secondo cui, ai fini della validità dell’atto amministrativo, non rileva la relativa sottoscrizione bensì la sicura riferibilità dello stesso all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio esso è adottato, posto che, a tenore di questa stessa giurisprudenza, è comunque necessario che dal contesto del medesimo atto sia possibile appurarne l’univoca attribuibilità a chi deve esserne l’autore (cfr. Cass. Ord., 6.7.2012 n.11458 nonché Cass. 10.6.2009 n.13375 e Cass. n.21954/2004).
Nell’ingiunzione fiscale impugnata, viceversa, non solo manca la sottoscrizione del funzionario del Comune e non vi è alcun indice di riferibilità dell’atto amministrativo allo stesso (a tal fine non essendo sufficiente il solo mandato alle liti da parte del Sindaco) ma, al contrario, sia la sottoscrizione dell’avvocato sia l’intera veste grafica del provvedimento depongono a favore della non riferibilità dell’atto all’ente comunale (basti pensare all’intestazione dell’atto allo studio legale dello stesso ed al luogo di emissione, rappresentato addirittura da un Comune posto in una regione differente).
Si è dunque ben fuori dai casi in cui la giurisprudenza ha ritenuto possibile ricondurre l’attribuibilità dell’atto alla pubblica amministrazione per la sola assenza di una firma del dipendente comunale o per la sua illeggibilità; né i profili d’illegittimità sopra evidenziati possono essere colmati con la procura alle liti posta a margine del provvedimento impugnato, posto che, per ammissione stessa della difesa del Comune, essa attiene unicamente all’assistenza legale nella procedura.
Deve dunque affermarsi che l’ingiunzione fiscale di che trattasi è stata emessa, in evidente carenza di potere, da un soggetto estraneo all’amministrazione competente e in mancanza di una regolare procedura di affidamento.
L’assorbenza del primo motivo di appello esime il Tribunale dalla delibazione dei restanti motivi di gravame e vale a giustificare la condanna del Comune di Abetone alla rifusione delle spese di entrambi i gradi del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale, definitivamente pronunciando sull’appello proposto da M. B., così dispone:
- dichiara cessata la materia del contendere per intervenuto decesso della ingiunta;
- condanna il Comune di Abetone alla rifusione, in favore della parte appellata, delle spese di lite che liquida, per il primo grado, in € 44,05 per spese vive e € 400,00 per onorari, oltre a rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA come per legge, e, per il secondo grado, in € 73,05 per spese vive e € 1.000,00 per compensi, oltre a rimborso forfettario spese generali, IVA e CPA come per legge
Così deciso in Pistoia il 31.10.2014
IL GIUDICE
Dott.ssa Nicoletta Maria Caterina Curci
Un dettaglio non secondario di cui dovranno tenere conto alcune amministrazioni. (ASAPS)