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Assicurazione deve informare circa prescrizione su riscossione del capitale

(Tribunale Palermo, sez. III civile, ordinanza 04.12.2013)

In materia di assicurazione, un comportamento improntato a correttezza e buona fede impone alla società di assicurazioni di avvisare i contraenti, scaduta la polizza, che l’esercizio del diritto alla riscossione del capitale è soggetto al termine di prescrizione sancito dall’art. 2952 c.c.

Tale obbligo informativo è oggi espressamente previsto dall’art. 17 del Regolamento ISVAP n. 35/2010 (“Disciplina degli obblighi di informazione e della pubblicità dei prodotti assicurativi, di cui al titolo XIII del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 –Codice delle assicurazioni private”), che impone alle imprese assicuratrici di inviare al contraente, almeno trenta giorni prima della scadenza del contratto, una comunicazione scritta contenente, oltre all’indicazione del termine di scadenza ed alla documentazione da trasmettere per la liquidazione della prestazione, una specifica avvertenza sui termini di prescrizione previsti dalla normativa vigente e sulle conseguenze in caso di omessa richiesta entro detti termini (anche avuto riguardo a quanto previsto in materia di rapporti dormienti dalla L. 266/2005 e successive modificazioni ed integrazioni).

Così si è espresso il Tribunale di Palermo nella presente fattispecie, ove i ricorrenti hanno agito in giudizio per ottenere la condanna di una società assicurativa al pagamento di una somma, corrispondente al valore di riscatto della polizza, quale risarcimento del danno cagionato, tra l’altro, dal non averli avvisati che la mancata richiesta di riscossione entro due anni dalla scadenza avrebbe comportato la prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 2952 c.c. e, di conseguenza, la perdita del capitale maturato.

Il giudice del merito, preliminarmente, ha ritenuto infondata l’eccezione di nullità del ricorso (per incertezza del petitum) sollevata dalla resistente, richiamando l’orientamento maggioritario in materia, secondo cui tale ipotesi non ricorre quando, come nel caso de quo, l’individuazione del petitum e della causa petendi sia, comunque, possibile attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo del giudizio, esteso anche alla parte espositiva.

Ha poi osservato, in punto di diritto, che “l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio” (in tale senso, Cass. civ. n. 3462/2007), obbligo, peraltro, attualmente, previsto dal richiamato art. 17 del Regolamento ISVAP n. 35/2010.

Pertanto, ad avviso del giudice, nel caso specifico, un comportamento improntato a correttezza e buona fede avrebbe imposto alla società di assicurazioni, una volta venuta a scadenza la polizza, di avvisare gli odierni ricorrenti che l’esercizio del diritto alla riscossione del capitale era soggetto al termine di prescrizione biennale sancito dall’art. 2952 c.c. (nella formulazione allora vigente), tenuto conto, tra l’altro, che entrambi i soggetti designati quali beneficiari erano minorenni all’epoca di scadenza della polizza e, verosimilmente, avrebbero scelto di differire la riscossione del capitale al raggiungimento della maggiore età.

In conclusione, il giudice, considerato che una tale violazione costituisce di per sé inadempimento e comporta, ex art. 1453 c.c., l’obbligo di risarcire il danno che ne sia eventualmente derivato, da liquidarsi facendo riferimento alla misura della prestazione ineseguita (così Cass. civ. n. 1618/2009, n. 21250/2008 e n. 2855/2005), ha accolto il ricorso condannando la società anche al pagamento delle spese di lite.

 

Tribunale di Palermo

Sezione III Civile

Ordinanza 4 dicembre 2013

(Est. G. Rini)

visto il ricorso ex art. 702 bis c.p.c. depositato il 10 settembre 2013, con cui D, in proprio e n.q. di genitore esercente la potestà sulla minore DD, e DE hanno chiesto la condanna di .. s.p.a. ad un risarcimento di € 11.000,00 (oltre interessi), pari al valore di riscatto della polizza vita denominata “Progetto ..” stipulata da D in data 16 novembre 1998, con scadenza 16 novembre 2008 e con indicazione dei figli minori …. quali beneficiari per il caso vita;

ritenuto che l’eccezione preliminare di nullità del ricorso sollevata da parte resistente, secondo cui l’atto introduttivo del presente giudizio sarebbe nullo per incertezza del petitum, appare priva di fondamento;

rilevato che per aversi nullità della citazione (o del ricorso), ai sensi del combinato disposto degli artt. 163 e 164 c.p.c., è infatti necessario che il petitum (inteso, sotto il profilo formale, come provvedimento giurisdizionale richiesto e, sotto il profilo sostanziale, come bene della vita di cui si chiede il riconoscimento) sia omesso o risulti assolutamente incerto e, per ciò che concerne la causa petendi, che manchi l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda;

considerato che tale ipotesi non ricorre quando l’individuazione del petitum e della causa petendi sia, comunque, possibile attraverso un esame complessivo dell’atto introduttivo del giudizio, non limitato alla parte di esso destinata a contenere le conclusioni, ma esteso anche alla parte espositiva (cfr., per il petitum, Cass. civ. n. 4828/2006 e, anche per la causa petendi, Cass. civ. n. 5743/2008).

ritenuto che, nella fattispecie in esame, non può parlarsi di nullità, atteso che dall’esame complessivo dell’atto introduttivo risulta che i ricorrenti hanno chiesto la condanna di … s.p.a. al pagamento di una somma corrispondente al valore di riscatto della polizza inter partes, ossia € 11.000,00 (petitum), a titolo di risarcimento del danno cagionato da specifici inadempimenti contrattuali della società di assicurazioni consistenti, da un lato, nel non aver dato corso alla richiesta di proroga del contratto formulata da D e, dall’altro, nel non aver avvisato il contraente ed i beneficiari – in violazione dei principi generali di correttezza e buona fede – che la mancata richiesta di riscossione entro due anni dalla scadenza avrebbe comportato la prescrizione del diritto ai sensi dell’art. 2952 c.c. e, di conseguenza, la perdita del capitale maturato (causa petendi);

considerato, nel merito, che il secondo dei suddetti profili di inadempimento prospettati dai ricorrenti risulta sussistente;

osservato, in punto di diritto, che “l’obbligo di buona fede oggettiva o correttezza costituisce un autonomo dovere giuridico, espressione di un generale principio di solidarietà sociale, applicabile in ambito contrattuale ed extracontrattuale, che impone di mantenere, nei rapporti della vita di relazione, un comportamento leale (specificantesi in obblighi di informazione e di avviso) nonché volto alla salvaguardia dell’utilità altrui, nei limiti dell’apprezzabile sacrificio” (Cass. civ. n. 3462/2007);

ritenuto che, nel caso specifico, un comportamento improntato a correttezza e buona fede avrebbe imposto alla società di assicurazioni, una volta venuta a scadenza la polizza, di avvisare gli odierni ricorrenti che l’esercizio del diritto alla riscossione del capitale era soggetto al termine di prescrizione biennale sancito dall’art. 2952 c.c. (nella formulazione vigente ratione temporis);

considerato, del resto, che un siffatto obbligo informativo è oggi espressamente previsto dall’art. 17 del Regolamento ISVAP n. 35/2010 (“Disciplina degli obblighi di informazione e della pubblicità dei prodotti assicurativi, di cui al titolo XIII del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 –Codice delle assicurazioni private”), che impone alle imprese assicuratrici di inviare al contraente, almeno trenta giorni prima della scadenza del contratto, una comunicazione scritta contenente, oltre all’indicazione del termine di scadenza ed alla documentazione da trasmettere per la liquidazione della prestazione, una specifica avvertenza sui termini di prescrizione previsti dalla normativa vigente e sulle conseguenze in caso di omessa richiesta entro detti termini (anche avuto riguardo a quanto previsto in materia di rapporti dormienti dalla L. 266/2005 e successive modificazioni ed integrazioni);

ritenuto che, nella fattispecie, l’esigibilità di una comunicazione di questo tipo, ancorché in assenza di uno specifico obbligo normativo, si giustificava tanto più alla luce del fatto che nelle condizioni contrattuali, pur essendo prevista la possibilità per il beneficiario di rinviare la riscossione del capitale senza pagamento di ulteriori premi e con il vantaggio di usufruire delle maggiorazioni e delle garanzie finanziarie pattuite (cfr. art. 2 della nota informativa allegata alla polizza), non vi era alcun riferimento alla sussistenza di un termine entro il quale richiedere le prestazioni, pena la perdita del diritto;

ritenuto, tra l’altro, che entrambi i soggetti designati quali beneficiari per il caso vita erano minorenni all’epoca di scadenza della polizza e, dunque, era lecito ritenere che gli stessi avrebbero scelto di differire la riscossione del capitale al raggiungimento della maggiore età;

considerato che la – non contestata – omissione del suddetto avviso, il cui adempimento avrebbe salvaguardato la posizione degli assicurati (senza comportare un apprezzabile sacrificio per la società resistente) determina una violazione del summenzionato obbligo di buona fede oggettiva o correttezza nell’esecuzione del contratto;

rilevato che – secondo la giurisprudenza di legittimità – una tale violazione costituisce di per sé inadempimento e comporta, ex art. 1453 c.c., l’obbligo di risarcire il danno che ne sia eventualmente derivato (così Cass. civ. n. 1618/2009, n. 21250/2008 e n. 2855/2005), per la cui liquidazione può farsi riferimento alla misura della prestazione ineseguita (cfr. Cass. civ. n. 2788/1999);

considerato che, nel caso in esame, il danno coincide con il capitale non incassato in conseguenza del mancato tempestivo esercizio del diritto di riscossione, pari ad € 11.000,00 secondo la quantificazione operata in ricorso e non contestata dalla … s.p.a.;

ritenuto pertanto che, in accoglimento del ricorso, la società resistente va condannata al pagamento, in favore dei beneficiari della polizza (ossia …), della somma sopra indicata, oltre interessi dal 16 novembre 2008 (giorno di scadenza della polizza) fino al soddisfo;

considerato che, in base al principio della soccombenza di cui all’art. 91 c.p.c. (richiamato dall’art. 702 ter, settimo comma, c.p.c.), … s.p.a. va condannata al pagamento delle spese di lite sostenute da parte ricorrente, per la cui liquidazione – in base ai parametri introdotti dal D.M. Giustizia 140/2012 (attuativo dell’art. 9 D.L. 1/2012) – si rimanda al dispositivo

rilevato, sul punto, che il pagamento delle spese processuali, in quanto consequenziale ed accessoria rispetto alla definizione del giudizio, può essere legittimamente emessa dal giudice a carico del soccombente anche d’ufficio, in mancanza di una esplicita richiesta dalla parte che risulti vittoriosa, sempreché la stessa non abbia manifestato espressa volontà contraria (cfr. Cass. civ. n. 21244/2006 e n. 7639/2003)

P.Q.M.

definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria domanda, eccezione e difesa, così provvede:

1) condanna … s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, al pagamento in favore di … della somma di € 11.000,00, oltre interessi al tasso legale dal giorno 11 novembre 2008 fino al soddisfo;

2) condanna .. s.p.a., in persona del suo legale rappresentante pro tempore, pagamento delle spese di lite sostenute da parte ricorrente, liquidate in complessivi € 1.266,45, di cui € 150,45 per esborsi ed € 1.116,00 per compenso professionale, oltre I.V.A. e C.P.A. nella misura legalmente dovuta.

Si comunichi alle parti.

Palermo, 4 dicembre 2013.

Il Giudice
Giuseppe Rini

 

da Altalex

 

 

 

Giovedì, 12 Febbraio 2015
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