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Notizie brevi 07/04/2005

L’ULTIMO GIGANTE: KAROL VENUTO DAL FREDDO

L’ULTIMO GIGANTE:
KAROL VENUTO DAL FREDDO

di Lorenzo Borselli.

Guardate gli occhi di questo bambino, e pensate a cosa è riuscito a fare della sua Vita. In questi giorni così intensi, ci è venuto da pensare solo al lutto, alla grande opera di un Uomo che ha interpretato al meglio la sua Missione, che ha cambiato con la sua forza di volontà la storia del mondo. Sono occhi determinati, che sembrano consapevoli di ciò che sarà.
Sforziamoci per una volta, di non vivere spiaccicati solo sul presente, e approfittiamo di questo Lungo Addio per pensare a cosa è stato il mondo prima di Karol, cosa è stato con lui affacciato al balcone del mondo e cosa sarà dopo, quando un altro Lui reciterà l’Angelus, quando dovremo per forza andare avanti, perché così avrebbe voluto e perché così, in fondo, è la vita.
Gli abbiamo voluto bene, e questo è innegabile.
L’amore della gente è stata forse una delle poche ricompense avute in vita, tra tante delusioni che il mondo gli ha riservato, a lui che fraternizzava con i ragazzini ebrei del suo quartiere poco prima che la Shoà cominciasse, a lui orfano a soli 8 anni di una madre, ricordata fino all’ultimo respiro, ed orfano di padre nella prima adolescenza. A lui attore, sportivo, studente, operaio, prete, vescovo, cardinale e Papa.
Se ci si pensa vengono i brividi, solo a provare per un attimo a immedesimarsi in Lui, a voler immaginare cosa ha provato quando in quel mistero terreno che è il Conclave, il Camerlengo pronunciò il suo nome alla stessa piazza sul mondo che oggi gli tributa il Lungo Addio.
Sono giorni che saranno ricordati, che sono stati immortalati da tutti i punti di vista, che hanno spettacolarizzato la fine della vicenda terrena di un uomo che ha rappresentato Dio sulla terra.
Impossibile dire ora quanto la sua opera abbia pesato sulla storia moderna della nostra civiltà, ma sappiamo che Karol venuto dal freddo ci ha conquistati, quando sciava, quando contemplava le Alpi, quando portava a braccetto Sandro Pertini sui sentieri innevati dell’Adamello o quando ruzzava con i giovani facendo saltare i rigidi protocolli vaticani, mai rispettati perché riscritti in continuazione.
Sappiamo che ci ha conquistati, quando Alì Agca gli sparò contro due proiettili, deviati dall’Immacolata (lo diceva Lui), tentando inutilmente di frenare la sua spallata poderosa di atleta di Dio alla cortina di ferro, sfracellando l’impero sovietico.
Ci ha conquistati, quando strinse il braccio di Agca in carcere, e quella stretta del Protetto di Dio fece tremare i vertici del Kgb e della Stasi. Il silenzio del suo segreto di Confessore, fece più rumore della nitro, e l’onda d’urto finì con lo spazzare via il muro.
C’è anche chi in questi giorni lo ha definito un uomo medievale, cercando forse di ritagliarsi uno spazio di ribalta a rebours, controcorrente.
La verità, secondo noi, è che Karol sia l’ultimo gigante di una nuova era, piena di pressappochisti.
L’ultimo di una Casta di gente che non ha mai conosciuto una sosta nella propria infaticabile opera, come quella pastorale di Karol, il Polacco, l’Uomo che ha preso per mano l’umanità e l’ha traghettata aldilà del secondo millennio, ottenendo in cambio, spesso, di non essere nemmeno ascoltato.
Pensiamo alla guerra, alla strenua opera di mediazione che ha portato avanti, anche quando i missili piovevano a grappoli sul centro di Baghdad, piegandosi sulla croce nel suo calvario della sofferenza del mondo.
Potremmo dire Ecce Homo, ma Karol si arrabbierebbe, perché considererebbe blasfemo un paragone con l’Altissimo.
Nemmeno sul riconoscimento delle origini cristiane dell’Europa, lui che è stato uno dei più convinti sostenitori di un continente unificato, è stato alla fine preso in considerazione, finendo col sentirsi dire da molti – che oggi lo piangono – che un uomo di chiesa non dovrebbe impicciarsi della Res Publica.
Sì, hanno dato dell’impiccione all’Uomo di Dio, Eletto per fare quello, per evangelizzare, convertire, predicare.
Un impiccione che vedrà però 200 capi di stato ai suoi funerali, e due milioni di Pellegrini in coda anche dieci ore per sfilare davanti al suo corpo sfinito, esposto in abiti medievali per l’ultimo atto
.

Ai rifiuti dei potenti, Lui, si è sorretto nella fede, ed è andato avanti, sapendo che molto di quello che ha seminato sarà raccolto a lungo, negli anni a venire.
La Cina con la Chiesa patriottica e quella clandestina, che invia condoglianze e auspica la riapertura delle relazioni diplomatiche, Cuba, con Fidel che dichiara lutto nazionale per 2 giorni, o i Talebani, che in un comunicato dicono “né gioia, né dolore, ma quello che diceva è degno di nota”.
Sono regimi che uccidono, incarcerano, vietano. Ma che rendono l’Onore delle Armi al proprio instancabile antagonista
Forse proprio quando ci accorgeremo di essere troppo appiattiti in un continuo presente, vivendo come se ogni giorno fosse l’ultimo o il solo degno di considerazione, saremo pronti a capire il messaggio di Karol l’Evangelico, il portatore della Buona Novella.
Quando? Quando Smetteremo, per esempio, di considerare lo Tsunami come la più grande tragedia mondiale, salvo poi svegliarci il giorno dopo già satolli della nostra buona azione con qualche messaggino inviato ai gestori telefonici, perdendo così anche il gusto di alzare il sedere da una sedia e di fare una coda in banca o alla posta.
Una certezza, come la sua fede incrollabile, come la mano rivolta ai suoi figli, nella Piazza che gridava “Giovanni Paolo”, e che non l’ha più abbandonato quando ha capito che il Gigante aveva allungato il passo nel lungo cammino verso la Verità.

 

 

 



di Lorenzo Borselli

Giovedì, 07 Aprile 2005
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