(ASAPS) TREVISO
– Ce ne siamo occupati più volte, e in più di un’occasione
abbiamo stigmatizzato il grande coraggio del Procuratore Capo di Treviso,
Antonio Fojadelli, che nel settembre 2004 aveva disposto a tutte le forze
di polizia operanti sul territorio della provincia, di procedere al sequestro
preventivo del veicolo in caso di accertata recidività del conducente
ebbro (da bevande alcoliche o da droghe), in caso di incidente stradale
di particolare gravità – nel quale l’attore o gli attori
fossero risultato in stato di ebrietà – o in caso di precedente
coinvolgimento del conducente ubriaco o in preda a sostanze stupefacenti.
A dare ragione al magistrato, è intervenuta la Corte di Cassazione
(IV Sezione, presidente Giovanni Silvio Coco, consiglieri Tuccio, Marini,
Chiliberti, Picciolli; Pg Iannelli) La decisione, in realtà, non
è affatto rivoluzionaria, e si affida ai disposti dell’articolo
321 del Codice di Procedura Penale, che dispone il sequestro preventivo
“quando vi è pericolo che la libera disponibilità di
una cosa pertinente al reato possa aggravare o protrarre le conseguenze
di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati”. La cosa
pertinente al reato, ovviamente, è il veicolo. La disposizione
prevede anche, sulla scorta del comma 3 bis, che in caso di accertata
ebbrezza, quando ricorra la conditio sine qua non, ad operare il sequestro
siano proprio gli Ufficiali di Polizia Giudiziaria, i quali provvederanno
poi ad informare immediatamente il Pubblico Ministero di turno. L’intervento
della Suprema Corte era stato sollecitato proprio dal dottor Fojadelli,
dopo che il Gip di aveva invalidato alcuni provvedimenti di questo tipo,
trovando poi conferma anche nel successivo Appello del Tribunale di Treviso.
È un giorno importante, questo, per la sicurezza stradale, che
vede finalmente sancita la natura stessa del “pericolo potenziale”
costituito dall’abuso di alcol e droga, prima che questo conduca
al “danno”. In Italia, il danno è enorme, tanto che i
bollettini della sinistrosità connessa allo stato di ebbrezza fanno
invidia a quelli di una guerra. A Treviso, città in prima linea
nella violenza stradale anche da alcol, la prima volta che è stata
intrapresa la strada della tolleranza zero, risale all’agosto scorso,
quando la conducente di un’auto – in forte stato di ebbrezza
– aveva investito un ciclista di 48 anni. Un incidente terribile,
a seguito del quale Procura e Gip si trovarono d’accordo: l’investitrice
era infatti una vera e propria “pregiudicata” dell’alcol.
La sua storia patentata era costellata di etilometri positivi, e il rischio
di metterla nuovamente al volante era ormai inaccettabile. Come spesso
accade, però, il clamore di quell’evento non aveva portato
alla conferma di successivi provvedimenti analoghi, e sull’argomento
è stato richiesto il pronunciamento della Cassazione: la sentenza,
a suo modo, è estremamente interessante, perché conferma
l’esistenza di un nesso strumentale tra la responsabilità
della persona in stato di ebrietà e la possibilità che questa
possa reiterare la propria condotta, e quindi il reato, attraverso il
veicolo. Basterà questo seme a far germogliare un nuovo concetto
di sicurezza e, magari, di consapevolezza? Difficile, però la strada
è quella giusta. Innanzitutto bisognerebbe che il coraggio del
Procuratore Capo Antonio Fojadelli fosse “emulato” dai suoi
omologhi di tutte le Procure italiane, e inoltre sarebbe opportuno
che non solo l’auto, ma anche la patente di guida, potesse essere
immediatamente revocata a chi, recidivo, mette a repentaglio la vita altrui,
o la distrugge. Chi ci segue, ricorderà fin troppo bene la definizione
che abbiamo dato a questi pericoli pubblici, trasgressori per abitudine
o tendenza: serial killer della strada. [Lo.Bo.] (ASAPS).
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