UMANA PIETA’
Se qualcuno crede che si tratti di umana pietà stare accanto a genitori che hanno perso i figli in un incidente stradale - com’è avvenuto per le famiglie di Elsa, Vincent, Julien e Andrey, i giovani francesi violentemente uccisi dal conducente ebbro di un veicolo che marciava in contromano lungo l’autostrada nei pressi di Alessandria nel 2011 – sbaglia di grosso. E di tanto anche.
Non è una questione umana è qualcosa di più forte che unisce etica, morale, sostegno e termina in un unico aggettivo: Giustizia. Quella vera, però, con la G maiuscola come si suo dire, che esige che le norme non siano fatte solo di carte e di parole scritte, ma anche di una umana e superiore valutazione che deve stabilire ciò che è giusto e ciò che è sbagliato, ciò che si può e ciò che non si può fare.
Probabilmente è giusto che la Corte di Cassazione abbia in qualche modo accolto il ricorso di Ilir Beti, il conducente di origine albanese che ha causato la morte dei 4 giovani. Giusto per le “carte”, sia ben chiaro, per quelle “parole scritte” che dicono quello che si può e che non si può fare.
Allo stesso modo, però, questa sentenza è ingiusta per la Giustizia con la G maiuscola, cioè per quell’umana e superiore valutazione che deve avvalorare ed esigere che l’uomo non può uccidere un altro uomo e non lo può fare soprattutto quando è responsabile di comportamenti che diventano chiaramente un’arma di morte certa, come appunto è guidare un auto in stato di ebbrezza e contromano su di un autostrada per oltre 20 chilometri.
Davanti alla Corte di Cassazione
Stare accanto a quei genitori, a quelle mamme e papà che con un contegno e soprattutto una dignità che supera ogni normale previsione, è innanzitutto un Dovere di ciascuno di noi ed in particolare di chi crede nella battaglia per una Giustizia vera e più concretamente nell’omicidio stradale.
Stare accanto a quei genitori significa far comprendere loro che non sono soli, che se nelle aule dei tribunali si leggono libri e codici, la gente fuori vive in maniera diversa, valutando ciascun evento nella sua concretezza, nella sua complessità ed esigendo il rispetto per la propria ed altrui vita umana.
Stare accanto a quei genitori non significa solo poterci essere fisicamente, pronunciare qualche parola compassionevole e magari mostrarsi innanzi a giornalisti e telecamere che talvolta cercano vicende come queste per riempire talk show e pagine di giornali; significa vivere la loro stessa sofferenza e condividere il pianto di chi, rientrando a casa, non può più abbracciare un figlio salutato poco prima col sorriso. Ben più terribile è il dramma di chi tali esperienze le deve vivere per una intera vita...!
Ecco perché noi di Asaps abbiamo consapevolmente scelto di stare accanto a queste famiglie francesi, di accompagnarle e sostenerle in questi tre giorni di manifestazioni e di lotte che si sono svolte a Roma ed ora, a sentenza sfavorevole intervenuta, di continuare a lottare accanto a loro, in maniera ancora più forte, ancora più convinta.
E’ proprio questo il momento in cui bisogna chiedere Giustizia e non è più tempo di attendere o lasciarsi convincere dalle pieghe poco trasparenti della nostra politica nazionale, chiunque vi sia al Governo.
Se si vuole l’omicidio stradale come nuova fattispecie di reato, questa sentenza della Corte di Cassazione è il giusto punto di partenza. Se ciò non avverrà sarà probabilmente una questione di giusta legiferazione, ma di ingiusta umana valutazione e noi, per come la pensiamo, continueremo a stare dalla parte dei genitori
Per noi è questa la Giustizia.
di Roberto Rocchi
Il racconto di chi è stato vicino ai familiari dei 4 ragazzi francesi in Italia per il processo contro l’omicida dei loro figli. (ASAPS)