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Isola spartitraffico non segnalata? Comune corresponsabile del sinistro

(Tribunale Termini Imerese, sentenza 22.01.2015 n. 67)

Il Tribunale di Termini Imerese, nella sentenza 22 Gennaio 2015, dopo aver analizzato la vicenda e aver dato luogo ad un’adeguata istruttoria ingegneristica svolta in contraddittorio tra le parti coinvolte, riconosce responsabile l’automobilista e corresponsabile il comune di Casteldaccia per non aver segnalato l’isola spartitraffico, ritenendola concausa dell’evento verificatosi. Inoltre, ritiene altresì responsabile per il verificarsi dell’evento la vittima del sinistro poiché sprovvista di casco protettivo al momento del sinistro.

Nella sentenza 22 gennaio 2015 il tribunale di Termini Imerese, nella persona del Giudice Dott. Ciccarello, affronta nuovamente la questione della responsabilità civile in materia di infortunistica stradale. Nella circostanza specifica dal sinistro ne è derivata la morte della vittima per la quale viene avanzata richiesta di risarcimento danni da parte dei familiari della stessa, tra le diverse voci di danno ricorre anche la richiesta di risarcimento del danno da perdita parentale, danno sul quale la giurisprudenza è intervenuta affermandone l’esistenza e la risarcibilità puntualizzando che però non devono operarsi, con tale risarcimento, duplicazioni risarcitori. Tale precisazione, considerata anche dal Tribunale di Termini Imerese, si fonda sulla valutazione che la perdita di un parente implica certamente una sofferenza, ma che tale sofferenza non è considerabile come un danno autonomo bensì come aspetto di cui tenere conto nella liquidazione del danno non patrimoniale.

Nella triste vicenda di cui è sentenza la Dott. Ciccarello nell’analizzare la stessa ha proceduto con un’istruttoria ingegneristica in contraddittorio tra le parti dalla quale è emerso che diverse sono state le responsabilità coinvolte che hanno concorso alla verificazione dell’evento stesso.

In primo luogo si è provveduto ad accertare la responsabilità del Comune di Casteldaccia in quanto Ente responsabile della strada e dell’opportuna segnaletica in cui è avvenuto il sinistro, per non aver provveduto a disporre la segnaletica necessaria all’approssimarsi di un’isola spartitraffico come previsto dall’ art. 177 del Reg. di attuazione del Codice della Strada, condannandolo a risarcimento del danno in misura adeguata.

Altra responsabilità, oltre quella del conducente dell’autovettura, idoneamente accertata dal CTU, ritenuta come concorrente alla causazione dell’evento è altresì concorsa quella della vittima dal momento che non risultava indossare il casco protettivo oggi obbligatorio ai sensi di legge. Infatti, si è accertato dalla descrizione della macchia di sangue rinvenuta sull’asfalto in corrispondenza della vittima, si è ricavata la sussistenza del nesso di causalità tra l’evento ed il mancato utilizzo del casco. Sul punto la sentenza del Tribunale di Termini Imerese si riallaccia alla Cassazione del 2009, che con sentenza n. 24432 aveva chiarito che il mancato utilizzo del casco da parte del conducente di un motociclo può essere considerato fonte di corresponsabilità del verificarsi di un sinistro.

Pacifico in giurisprudenza è anche il principio secondo cui in materia di responsabilità civile, in caso di concorso della condotta colposa della vittima di un illecito mortale, nella produzione dell’evento dannoso, il risarcimento del danno andrà ridotto proporzionalmente alla colpa ascrivibile alla vittima. Quest’ultimo principio avallato dal Tribunale di Termini Imerese ha fatto si che lo stesso nel valutare l’entità del danno abbia proceduto consultando la tabella del Tribunale di Milano, ancora in vigore, ed ha considerato le diverse richieste di danno non come fattispecie autonome, ma come aspetti del danno non patrimoniale.

In ultimo, con riguardo alla richiesta di risarcimento del danno patrimoniale sub specie di lucro cessante, derivante dalla perdita del reddito del figlio in qualità di agente della polizia penitenziaria, il Giudice in persona della Dott. Ciccarello, si rifà alla Cassazione Civile, sentenza n. 18177 per la quale i genitori della persona deceduta in conseguenza dell’atto illecito, per la liquidazione del danno patrimoniale futuro, va provato che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia.

Pertanto, nel caso di specie, poiché nessuna prova è stata fornita, il Tribunale decide di non accogliere la domanda respingendo altresì la richiesta del danno derivante dalla distruzione del ciclomotore e provvede a condannare in solido tra loro, il conducente della vettura, il comune di Casteldaccia e la Fondiaria Sai ass.ni S.p.A. in qualità di impresa designata dall’ISVAP al risarcimento danni richiesto dai familiari della vittima.

(Nota di Alessandra Agrillo)

 

Tribunale di Termini Imerese

Sentenza 22 gennaio 2015

 

TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

IL TRIBUNALE DI TERMINI IMERESE

in composizione monocratica, nella persona del Giudice dott. Teresa Ciccarello, ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

nella causa iscritta al n. 575 dell'anno 2011 del Ruolo Generale degli Affari civili contenziosi vertente

TRA

B. G. (C.F. OMISSIS), D. A. (C.F. OMISSIS) e D. F. (C.F. OMISSIS), con il patrocinio dell’avv. INCARDONA GIUSEPPE e , con elezione di domicilio in VIA M. STABILE N. 169 PALERMO, presso il difensore

PARTE ATTRICE

CONTRO

1) FONDIARIA SAI ASSICURAZIONI N.Q. DI IMPRESA DESIGNATA FONDO DI GARANZIA VITTIME DELLA STRADA (P.I.: 00818570012), con il patrocinio dell’avv. GRIECO GIAMBATTISTA, elettivamente domiciliato in VIA DELLA LIBERTA’ 159 90100 PALERMO presso il difensore

PARTE CONVENUTA

2) PROGRESS S.P.A. IN L.C.A. IN PERSONA DEL COMMISSARIO LIQUIDATORE AVV. ANDREA GEMMA (C.F. 00675700827), con il patrocinio dell’avv. GIUNTA A., elettivamente domiciliato in C/O AVV.G.LAURIA, CORSO UMBERTO E MARGHERITA 61 TERMINI IMERESE

PARTE CONVENUTA

3) F. F. (C.F. OMISSIS), con il patrocinio dell’avv. LANZA PATRIZIA, elettivamente domiciliato in VIA ALLO’ N.26 CASTELDACCIA presso il difensore

PARTE CONVENUTA

4) PROVINCIA DI PALERMO IN PERSONA DEL SUO PRESIDENTE (C.F.: ), con il patrocinio dell’avv. CARAMANNA IGNAZIO, elettivamente domiciliato in P.LE UNGHERIA, 73 PALERMO presso il difensore

PARTE CONVENUTA

5) COMUNE DI CASTELDACCIA

PARTE CONVENUTA CONTUMACE

OGGETTO: azione di risarcimento danni da sinistro stradale.

CONCLUSIONI DELLE PARTI: all’udienza del 23.9.2014, le parti concludevano come da verbale in pari data, riportandosi ai rispettivi atti difensivi, ai quali si rinvia.

MOTIVI DELLA DECISIONE IN FATTO ED IN DIRITTO

Con atto di citazione regolarmente notificato, B. G., D. A. e D. F., in proprio e n.q. di eredi di D. Vincenzo (figlio della prima e fratello del secondo e del terzo), nonché n.q. di eredi di D. Serafino – a sua volta padre di D. Vincenzo deceduto nelle more del giudizio - convenivano dinanzi al Tribunale di Termini Imerese i soggetti indicati ai nn. 1, 2, 3, 4 e 5 dell'epigrafe, al fine di ottenere il risarcimento dei danni sofferti in conseguenza dell'incidente stradale mortale occorso in data 10 giugno 2008 in Casteldaccia al loro congiunto D. Vincenzo.

A tal fine, esponevano che questi percorreva, alla guida del motociclo Beverly 250 Tg BU50449, la via Ugo La Malfa, quando, all’incrocio con la via Bellacera, si scontrava con la vettura Citroen C1 TG DF851ER, condotta e di proprietà di F. F., che, provenendo dalla detta via Bellacera, effettuava una manovra di svolta a sinistra, invadendo la corsia percorsa dal ciclomotore, il quale frenava, perdendo il controllo del mezzo e decedendo all’istante.

Evidenziavano che la verificazione del sinistro era da ascrivere al comportamento del conducente della Citroen, che si era immesso in via La Malfa contromano e che veniva in rilievo anche la responsabilità degli enti locali convenuti, non essendo state poste in essere sui luoghi idonee segnalazioni di pericolo.

Chiedevano, pertanto, il risarcimento di tutti i danni sofferti in conseguenza del sinistro e, segnatamente: il danno da perdita del rapporto parentale, il danno morale soggettivo, il danno patrimoniale derivante dalla distruzione e rottamazione del ciclomotore e dalle spese funerarie affrontate, nonché il danno da lucro cessante derivante dalla perdita dell’apporto fornito dalla vittima – agente penitenziario – alla famiglia.

Il comune di Casteldaccia rimaneva contumace.

La Provincia regionale, nel costituirsi, chiedeva il rigetto della domanda, deducendo l’appartenenza della via teatro del sinistro al comune di Casteldaccia.

Si costituiva F. F., il quale chiedeva il rigetto della domanda, ritenendo il sinistro ascrivibile alla condotta imprudente tenuta dal conducente il ciclomotore, che aveva violato le norme sulla velocità e non aveva fatto uso del casco protettivo.

In subordine, chiedeva che le società convenute lo tenessero indenne, in ipotesi di accoglimento anche parziale delle domande.

Il commissario liquidatore della Progress Assicurazioni s.p.a in liquidazione coatta amministrativa, nel costituirsi in giudizio, chiedeva il rigetto della domanda ed, in subordine, chiedeva limitarsi la pronuncia di accertamento al massimale della polizza sottoscritta.

Si costituiva, infine, la Fondiaria-SAI S.p.A. n. q. di impresa designata dal fondo di garanzia per le vittime della strada, la quale chiedeva il rigetto della domanda ed, in subordine, chiedeva limitarsi la condanna al massimale della polizza sottoscritta, con rivalsa nei confronti degli enti locali.

Tanto premesso, deve anzitutto disattendersi la preliminare eccezione di improponibilità sollevata dalla Fondiaria-SAI S.p.A., avendo parte attrice osservato la procedura prevista dal codice delle assicurazioni in ipotesi di sinistro relativo a mezzo assicurato da compagnia posta in liquidazione.

Nel merito, va osservato come la domanda di risarcimento proposta dagli attori possa essere accolta nei limiti e per le ragioni di seguito spiegate.

Ed invero, ai fini della ricostruzione del sinistro, deve richiamarsi il contenuto della CTU espletata dall’Ing. Giuseppe Lo Torto, che appare pienamente condivisibile, stante la chiarezza, la precisione e la esaustività delle risposte fornite ai quesiti.

Il CTU ha, in particolare, ricostruito l’incidente nei seguenti termini: il motociclo, percorrendo la via Ugo La Malfa - ad una velocità compresa tra i 48,02 Km orari e i 56,12 Km orari – si approssimava all’incrocio con la Strada Vicinale Bellacera, dalla quale proveniva, impegnando l’incrocio medesimo, l’autovettura.

Quest’ultima, nell’immettersi nella via Ugo La Malfa, non impegnava il braccio destro della S.V. Bellacera della biforcazione determinata dalla presenza di un’aiuola spartitraffico esistente all’estremità della stessa, ma percorreva quello sinistro.

Impegnato l’incrocio, l’automobilista rallentava la propria marcia, invadeva la semicarreggiata di pertinenza del ciclomotore, e, dopo essersi avveduto dell’arrivo di quest’ultimo, arrestava la propria corsa.

Il motociclista, avvistata l’auto, iniziava una manovra di frenata che determinava il ribaltamento sull’asfalto del ciclomotore.

L’ausiliario del giudice evidenziava che – avuto riguardo alle velocità tenute da entrambi i mezzi - l’evento non si sarebbe verificato se il conducente dell’autovettura avesse osservato la norma che impone comunque la svolta a destra in presenza di un’isola spartitraffico, in quanto, in tale ipotesi, la diversa posizione assunta dall’autovettura avrebbe determinato una maggiore distanza (di circa 8-10 metri) di reciproco avvistamento, con conseguente aumento dei tempi di raggiungimento del punto d’urto.

L’automobilista, inoltre, impegnato l’incrocio, al fine di verificare l’eventuale arrivo di altri mezzi sulla via Ugo La Malfa, avrebbe dovuto arrestare la propria corsa, manovra che non ha posto in essere.

Alla stregua di quanto argomentato sin qui, deve ritenersi che il sinistro oggetto di causa sia da attribuire alla responsabilità del F..

Né può giungersi a conclusioni diverse alla stregua delle deduzioni difensive contenute nelle note critiche alla CTU che appaiono assolutamente non conducenti e che sono risultate infondate, alla luce dei chiari e condivisibili chiarimenti forniti dal C.T.U..

Al riguardo, peraltro, è appena il caso di ricordare che la consulenza tecnica di parte non costituisce un mezzo di prova, bensì una semplice allegazione difensiva, in relazione alla quale il giudice non deve motivare il proprio dissenso quando pone a base del proprio convincimento considerazioni incompatibili con le osservazioni ivi contenute e conformi al parere del proprio consulente (cfr. Cassazione civile, Sez. 3, 29/01/2010, n. 2063).

Occorre poi verificare se – come argomentato da parte attrice - possa ritenersi corresponsabile per omissione anche uno degli enti convenuti in conseguenza della mancata apposizione del segnale stradale.

Sul punto, va, anzitutto, osservato che dalla compiuta istruttoria è emerso che la S. V. Bellacera interessata dal sinistro è una strada comunale, sicché la l’omessa segnalazione dell’isola spartitraffico è da ascriversi all’ente rimasto contumace.

Sul punto, si osserva che, pur essendo previsto dal codice della strada che deve mantenersi la destra, non può revocarsi in dubbio come l’opportuna segnalazione dell’isola predetta avrebbe potuto impedire l’evento - o comunque ridurne le conseguenze.

Al riguardo, peraltro, deve ricordarsi che, a mente dell’art. 177 del reg. di att. del codice della strada, l'approssimarsi di un`isola di traffico di qualunque tipo deve essere segnalato da una striscia bianca continua di sufficiente lunghezza e da opportuna zebratura nella parte di pavimentazione stradale che precede la testata dell'isola così come precisato all'articolo 150.

Ora, il comportamento tenuto dal Comune che non ha segnalato l’isola anzidetta deve ritenersi concausa dell’evento che può ritenersi pari al 20%.

Diversamente deve dirsi con riguardo all’omessa apposizione dello STOP alla fine della S.V. Bellacera, trattandosi di segnale, per il quale non c’è obbligo di collocazione, vigendo, in mancanza, la regola di obbligo di precedenza per chi viene da destra.

Sul punto, è, infatti, appena il caso di ricordare che l'obbligo da parte degli enti tenuti alla manutenzione delle strade di apporre cartelli segnalatori sia limitato ai casi tassativamente indicati dalla legge, mentre in ogni altra ipotesi detta apposizione è facoltativa ed è rimessa quindi al potere discrezionale degli enti medesimi, il cui mancato esercizio non è sindacabile dal giudice ordinario (cfr. Cassazione civile, sez. 3, 24/03/1980, n. 1956).

Alla stregua di quanto argomentato sin qui, stante l’estraneità della convenuta Provincia, deve rigettarsi la domanda attorea nei confronti dell’ente predetto.

Deve poi verificarsi se sia possibile ridurre la percentuale di responsabilità ascritta al F. alla stregua della disposizione prevista dall’art. 1227 cc invocata dai convenuti.

Ebbene, nel caso di specie, dalle dichiarazioni rese dai testi può ritenersi comprovato il fatto che il D. non utilizzasse il casco protettivo.

Ed invero, il teste Maggiore Anna Maria ha riferito di essersi accorta che la vittima era senza casco.

Ora, non può revocarsi in dubbio come, stante la velocità con cui si sono verificati i fatti oggetto di causa, non è detto che la teste possa aver effettivamente percepito tale dato.

Tuttavia, non vi sono motivi per dubitare della sua attendibilità, ove, peraltro, si consideri che ha riferito anche fatti sfavorevoli al F. a bordo della cui autovettura si trovava al momento del sinistro e, segnatamente, la circostanza che procedesse contromano.

La originale ricostruzione operata in memoria di replica da parte attrice – finalizzata a dimostrare l’inattendibilità del teste – appare priva di supporto probatorio.

Per converso, deve osservarsi come anche i CC, intervenuti nell’immediatezza dei fatti - sulla cui credibilità, anche in considerazione dell’attività lavorativa svolta, deve esprimersi un giudizio positivo - non hanno rinvenuto sui luoghi alcun casco ed hanno riferito di aver visto una macchia di sangue in corrispondenza della testa del D., la qual cosa appare sintomatica del fatto che questi non indossasse il casco.

D’altra parte, se la vittima lo avesse utilizzato, sarebbe stato trovato sul luogo teatro del sinistro.

Dalla descrizione della macchia di sangue sull’asfalto in corrispondenza del capo del D. si può ricavare peraltro la sussistenza di un nesso causale tra l’evento ed il mancato uso del casco protettivo, stante che la macchia sul manto stradale evidenzia uno stretto legame tra il sinistro e l’omissione imputabile al D., essendosi verificata una grave ferita nella parte del corpo della vittima non protetta.

Al riguardo, deve, infatti, ricordarsi che la Suprema Corte ha avuto modo di chiarire che l'omesso uso del casco protettivo da parte del conducente di un motociclo può essere fonte di corresponsabilità della vittima di un sinistro stradale per il danno causato a se stessa, soltanto ove il giudice di merito accerti in fatto che la suddetta violazione abbia concretamente influito sulla eziologia del danno, costituendone, appunto, un antecedente causale (v. Cassazione civile, Sez. 3, 19/11/2009, n. 24432).

Stante la parziale derivazione causale del sinistro dal mancato uso del casco, il risarcimento dovuto in favore degli attori deve essere ridotto a mente dell’art. 1227 cc del 20%.

Infatti, è pacifico in giurisprudenza il principio alla cui stregua, in materia di responsabilità civile, in caso di concorso della condotta colposa della vittima di un illecito mortale nella produzione dell'evento dannoso, il risarcimento del danno, patrimoniale e non, patito dai congiunti della vittima deve essere ridotto in misura corrispondente alla percentuale di colpa ad essa ascrivibile (cfr. Cassazione civile, Sez. 3, 04/11/2014, n. 23426).

Ciò posto, prima di esaminare nello specifico le singole tipologie di danni richiesti dagli attori, deve ricordarsi che, con l’importante decisione dell'11 novembre 2008 n. 26972, le Sezioni Unite della Cassazione hanno riesaminato approfonditamente i presupposti ed il contenuto della nozione di “danno non patrimoniale” di cui all’art. 2059 c.c., affermando che il “risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, nel senso che deve ristorare interamente il pregiudizio, ma non oltre”.

È, pertanto, sempre necessario prendere in considerazione tutte le ri-percussioni negative anche non economiche risentite dalla vittima che an-dranno valutate alla luce di una lettura unitaria della nozione di danno non patrimoniale non suscettibile di suddivisione in sottocategorie.

Ed infatti, “il riferimento a determinati tipi di pregiudizio, in vario modo denominati (danno morale, danno biologico, danno da perdita del rapporto parentale), risponde ad esigenze descrittive, ma non implica il riconoscimento di distinte categorie di danno”.

Pertanto, sarà “compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli, individuando quali ripercussioni negative sul valore-uomo si siano verificate e provvedendo alla loro integrale riparazione”.

I giudici di legittimità hanno proseguito affermando che “dovrà il giudice, qualora si avvalga delle note tabelle, procedere ad adeguata personalizzazione della liquidazione del danno biologico, valutando nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche patite dal soggetto leso, onde pervenire al ristoro del danno nella sua interezza”.

In altri termini, la Corte ha avvertito l'esigenza di chiarire che il danno non patrimoniale è un unicum, al cui interno i pregiudizi in vario modo denominati – biologico, morale, da perdita del rapporto parentale – hanno solo una valenza descrittiva di un pregiudizio complesso che va risarcito integralmente, senza nessuna lacuna, ma neppure senza alcuna duplicazione.

La giurisprudenza di legittimità ha, inoltre, più di recente, chiarito che la categoria generale del danno non patrimoniale - che attiene alla lesione di interessi inerenti alla persona non connotati da valore di scambio - presenta natura composita, articolandosi in una serie di aspetti (o voci) aventi funzione meramente descrittiva, quali il danno morale (identificabile nel patema d'animo o sofferenza interiore subìti dalla vittima dell'illecito, ovvero nella lesione arrecata alla dignità o integrità morale, quale massima espressione della dignità umana), quello biologico (inteso come lesione del bene salute) e quello esistenziale (costituito dallo sconvolgimento delle abitudini di vita del soggetto danneggiato), dei quali - ove essi ricorrano cumulativamente - occorre tenere conto in sede di liquidazione del danno, in ossequio al principio dell'integralità del risarcimento, senza che a ciò osti il carattere unitario della liquidazione, da ritenere violato solo quando lo stesso aspetto (o voce) venga computa to due (o più) volte sulla base di diverse, meramente formali, denominazioni (v. Cassazione civile, Sez. 3, 23/01/2014 n. 1361).

Ciò chiarito in punto di risarcibilità delle poste di danno, con riguardo allo specifico tema del danno da perdita di rapporto parentale, deve ricordarsi che, secondo la giurisprudenza, il predetto danno dev'essere integralmente risarcito mediante l'applicazione di criteri di valutazione equitativa, rimessi alla prudente discrezionalità del giudice. Tali criteri devono tener conto dell'irreparabilità della perdita della comunione di vita e di affetti e della integrità della famiglia. La relativa quantificazione va operata considerando tutti gli elementi della fattispecie e, in caso di ricorso a valori tabellari, che vanno in ogni caso esplicitati, effettuandone la necessaria personalizzazione (cfr. Cassazione civile, Sez. 3, 9 maggio 2011, n. 10107).

La Suprema Corte, con la pronuncia a SS.UU. prima citata, ha, però, precisato che, anche in ipotesi di perdita di una persona cara, non devono operarsi duplicazioni di poste risarcitorie. La morte di un parente implica necessariamente una sofferenza morale, la quale non costituisce un danno autonomo, ma rappresenta un aspetto - del quale tenere conto, unitamente a tutte le altre conseguenze, nella liquidazione unitaria ed omnicomprensiva - del danno non patrimoniale. Ne consegue che è inammissibile, costituendo una duplicazione risarcitoria, la congiunta attribuzione, al prossimo congiunto di persona deceduta in conseguenza di un fatto illecito costituente reato, del risarcimento a titolo di danno da perdita del rapporto parentale e del danno morale (inteso quale sofferenza soggettiva, ma che in realtà non costituisce che un aspetto del più generale danno non patrimoniale).

Nella liquidazione del danno non patrimoniale, quindi, dovrà inserirsi anche la quantificazione di tale complesso pregiudizio evitando duplicazioni risarcitorie ricorrenti qualora si ristori il medesimo pregiudizio etichettandolo allo stesso tempo come morale e parentale.

A questo dolore complessivamente valutato può aggiungersi, in taluni casi, un danno biologico - psichico vero e proprio causato dalla degenerazione patologica della sofferenza (cfr. Cassazione civile, Sez. 3, 28 novembre 2008, n. 28423).

A tale ultimo riguardo, deve, tuttavia, osservarsi come gli attori abbiano rinunciato alla CTU psicologica, non avendo chiesto la revoca dell’ordinanza ammissiva delle prove, nella parte in cui non la ha ammessa e non avendo reiterato la richiesta alle successive udienze, con ciò dimostrando di non avere interesse a provare il verificarsi un vero e proprio danno biologico.

Venendo poi ai danni richiesti, si osserva come gli attori abbiano chiesto (anche n. q. di eredi del defunto D. Serafino) i seguenti danni:

a) iure proprio danno non patrimoniale da perdita di rapporto parentale;

b) iure hereditatis danno biologico da perdita del bene vita del proprio congiunto;

c) iure hereditatis danno morale soggettivo;

d) danno patrimoniale per spese funerarie e per rottamazione del ciclomotore;

c) danno patrimoniale da lucro cessante.

Con riguardo ai danni sub a), b) e c), va osservato come, pur avendo gli attori in talune parti dell’atto introduttivo distinto le posizioni iure proprio e iure hereditatis, poi nella parte relativa alla liquidazione sembrano aver unificato le voci, salvo poi chiedere in maniera generica il danno ritenuto di giustizia.

Ciò posto, spetta agli attori il risarcimento della componente non patrimoniale classificabile come sofferenza morale da morte del congiunto che, come anticipato, tende a ristorare la sofferenza morale segnante l'esistenza dei prossimi congiunti a causa dell'irreparabile perdita del rapporto parentale e che può aggiungersi alla sofferenza morale immediata e transeunte.

Al fine di quantificare nello specifico il danno, deve richiamarsi il recente orientamento del Supremo Collegio, che ha evidenziato come le Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrità psicofisica del Tribunale di Milano costituiscano valido e necessario criterio di riferimento ai fini della liquidazione equitativa ex art. 1226 c.c., laddove la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuizione, per le lesioni di lieve entità; i relativi parametri sono conseguentemente da prendersi a riferimento da parte del giudice di merito ai fini della liquidazione del danno non patrimoniale, ovvero quale criterio di riscontro e verifica di quella, di inferiore ammontare, cui si sia diversamente pervenuto, incongrua essendo la motivazione che non dia conto delle ragioni della preferenza assegnata ad una liquidazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata rispetto a quella cui si perviene mediante l'adozione dei parametri esibiti dalle dette tabelle di Milano (cfr. Cassazione civile, sez. III, 30 giugno 2011, 14402).

Queste, per la morte del figlio, prevedono un range che va da euro 163.990,00 ad euro 327.990,00.

Orbene, tenuto conto della giovane età della vittima che aveva 27 anni al momento della morte, dell'età della madre al momento del sinistro (53 anni), della non contestata convivenza con i genitori, appare equo riconoscere alla madre la cifra di euro 280.000, già rivalutata a titolo di danno da perdita di rapporto parentale, da ridursi del 20% ex art. 1227 cc. ad euro 224.000.

Al padre - che al momento del sinistro aveva 62 anni e, dunque, un’inferiore aspettativa di vita – spetta la somma di euro 250.000, da ridursi a mente dell’art. 1227 cc ad euro 200.000, da suddividersi a sua volta tra gli eredi al 50% in favore di B. G. e per il rimanente 50% ai figli.

Del pari, meritano accoglimento le domande spiegate dai fratelli della vittima D. A. e D. F..

Sul punto, prive di pregio appaiono le argomentazioni espresse dalla Progress s.p.a. in liquidazione in ordine all’assenza di prova sulla convivenza tra gli attori e la vittima.

Al riguardo, deve, infatti, ricordarsi il consolidato orientamento giurisprudenziale, alla cui stregua sussiste il danno non patrimoniale da perdita del rapporto parentale, allorché colpisce soggetti legati da uno stretto vincolo di parentela – tra i quali rientrano senz’altro i fratelli - la cui estinzione lede il diritto all'intangibilità della sfera degli affetti reciproci e della scambievole solidarietà che caratterizza la vita familiare nucleare. La verifica dell’eventuale convivenza riguarda, per contro, soggetti estranei a tale ristretto nucleo familiare, al fine di verificare la sussistenza di reciproci legami affettivi (cfr. Cassazione civile, Sez. 3, 16/03/2012, n. 4253).

Ebbene, nel caso di specie, lo stretto legale parentale sussistente tra la vittima ed i fratelli A. e F. induce a ritenere meritevole di accoglimento la loro domanda di risarcimento.

In ordine ai rapporti con i fratelli, gli importi previsti dalle tabelle di Milano vanno da euro 23.740,00 ad euro 142.420,00.

Ora, avuto riguardo alla giovane età dei fratelli, appare equo riconoscere in favore di ciascuno dei superstiti la somma di euro 120.000, già rivalutata, da ridursi ad euro 96.000 ex art. 1227 cc, oltre ad interessi dalla data della sentenza fino al saldo.

Devono, per contro, essere respinte le domande sub b) e c).

Ed invero, secondo la stessa prospettazione di parte attrice, la vittima è deceduta immediatamente.

Né il fatto che il D. sia stato soccorso da un’ambulanza – circostanza questa emersa nel corso dell’istruttoria – consente di ritenere che il giovane sia sopravvissuto per un arco di tempo significativo, avuto riguardo alla totale assenza di allegazioni e di prova sul punto.

Il lasso di tempo tra l'incidente e la morte è stato, pertanto, quasi istantaneo, e, comunque, brevissimo.

Orbene, stante l'estrema brevità del tempo trascorso tra il fatto e la morte, non può revocarsi in dubbio come non possa configurarsi in capo ai terzi alcun diritto iure successionis.

Ed invero, la giurisprudenza ha avuto modo di chiarire che, in ipotesi di danno da morte intervenuta immediatamente dopo il fatto causativo, non può riconoscersi alcun diritto al risarcimento del danno, in quanto la morte non costituisce la massima lesione del bene salute, ma incide sul diverso bene giuridico della vita e, data la natura riparatoria e non sanzionatoria del diritto al risarcimento del danno, il meccanismo risarcitorio non può operare quando tale persona abbia cessato di esistere (cfr. Cassazione civile, sez. 3, 17 gennaio 2008 n. 870; Cassazione civile, Sez. 3, 8 gennaio 2010, n. 79).

Per contro, in caso di apprezzabile lasso di tempo tra il fatto illecito causalmente riconducibile all'evento dannoso e la morte intervenuta, è configurabile un danno biologico risarcibile, da liquidarsi in relazione alla menomazione della integrità psicofisica patita dal danneggiato per quel periodo di tempo, ed il diritto del danneggiato a conseguire il risarcimento del danno è trasmissibile agli eredi iure hereditatis (cfr. Cassazione civile, sez. III, 28 agosto 2007, n. 18163; Cassazione civile, Sez. 3, 22 febbraio 2012, n. 25649).

La giurisprudenza ha poi elaborato la figura del danno morale cd. catastrofico subito dalla vittima che rimanga in stato di coscienza e si renda conto di assistere lucidamente alla fine della propria esistenza intervenuta a breve lasso di tempo rispetto al fatto causativo (cfr. Cass. civ., sez. III, 13 gennaio 2009, n. 458).

Ebbene, nel caso di specie, apparendo brevissimo il lasso di tempo intercorso tra l'incidente e la morte, deve escludersi la risarcibilità del danno biologico cd. terminale. Parimenti, non può essere risarcito neppure il danno morale cd. catastrofico, in assenza di qualsiasi allegazione e prova documentale che attesti lo stato di coscienza della vittima.

Inoltre, parte attrice ha formulato domanda di condanna al risarcimento del danno patrimoniale sub specie lucro cessante derivante dalla perdita del reddito percepito da D. Vincenzo, agente di polizia penitenziaria con reddito annuo pari ad euro 19.500, che metteva a disposizione della famiglia.

Ora, deve osservarsi come, secondo la giurisprudenza, i genitori di persona deceduta in conseguenza dell'altrui atto illecito, ai fini della liquidazione del danno patrimoniale futuro, abbiano l'onere di allegare e provare che il figlio deceduto avrebbe verosimilmente contribuito ai bisogni della famiglia, fornendo la relativa prova sulla scorta di apposite circostanze di fatto collegate al caso di specie. (cfr. Cassazione civile, sez. III, n. 18177).

Ebbene, nella fattispecie in esame, nessuna prova hanno fornito, né chiesto di farlo, gli attori in ordine alla integrale destinazione dello stipendio della vittima alle esigenze familiari, circostanza che appare, alla stregua dell’id quod plerumque accidit, totalmente inverosimile, avuto riguardo all’età del giovane (27 anni), con esigenze tipiche dell’età e con immediate prospettiva di vita autonoma.

Né, d’altra parte, gli attori hanno allegato l’assenza o l’insufficienza di altre fonti di reddito.

La domanda, pertanto, non merita accoglimento.

Deve, del pari, rigettarsi la domanda di risarcimento del danno patrimoniale relativo alle spese funerarie sub d).

Ed invero, le spese funerarie, sostenute dagli eredi della persona deceduta per atto illecito, costituiscono una voce di danno ineliminabile e possono essere liquidate anche in mancanza di specifica dimostrazione della precisa entità della somma corrisposta a tale scopo, occorrendo, tuttavia, fornire al giudice i dati dai quali desumere, almeno approssimativamente, i parametri cui commisurare la valutazione, sia pure con riferimento al costo medio delle onoranze funebri della zona in questione (v. Cassazione civile, sez. 3, 26/05/2014, n. 11684).

Ebbene, nel caso di specie, nessuna prova, né alcun parametro sono stati forniti da parte attrice al fine di liquidare il danno anzidetto.

Del pari, sfornita di qualsivoglia prova è apparsa la domanda finalizzata ad ottenere il risarcimento del danno derivante dalla distruzione del ciclomotore, non essendo neanche stata allegata l’epoca di immatricolazione del veicolo, onde poter comprendere il valore del mezzo prima del sinistro.

Alla stregua di quanto argomentato sin qui, deve essere riconosciuto in favore di parte attrice il complessivo danno di euro 616.000, oltre interessi dalla sentenza, così distinto:

a) in favore di B. G. la somma di euro 324.000, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;

b) in favore di D. A. la somma di euro 146.000, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;

c) in favore di D. F. la somma di euro 146.000, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo,

Al pagamento delle predette somme vanno condannati in solido F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP.

A mente dell’art. 2055 c.c, vanno poi distinte le percentuali a carico dell’ente locale convenuto rimasto contumace, che è responsabile nella misura del 20% delle predette somme, e degli altri convenuti tenuti in solido al pagamento del rimanente 80%.

Non essendo stato superato il massimale, superflua appare l’esame della mala gestio dell’istituto di assicurazione invocata da parte attrice.

Le spese di lite seguono la soccombenza e, tenuto conto dell'effettivo valore della causa ed in assenza di notule, vanno liquidate come segue.

I convenuti F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP devono essere condannati in solido tra loro a rifondere nei confronti di parte attrice le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi euro 29.033,00, di cui euro 1.229,00 per spese vive ed euro 27.804,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura legalmente dovuta, da distrarsi in favore del procuratore che ne ha fatto richiesta.

Parte attrice deve poi essere condannata a rifondere nei confronti della Provincia di Palermo in persona del legale pro tempore le spese di giudizio, che si liquidano – tenuto conto delle limitata attività difensiva - in euro 10.741,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura legalmente dovuta.

Infine, vanno poste in solido in capo ai convenuti F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP, le spese di CTU, come liquidate da decreto in atti.

P.Q.M.

Il Tribunale, uditi i procuratori delle parti costituite; ogni contraria istanza, eccezione e difesa disattesa; definitivamente pronunciando:

in accoglimento della domanda proposta da parte attrice, dichiara che il sinistro oggetto di causa è da ascrivere alla corresponsabilità di F. F. nella misura dell’80 % e del Comune di Casteldaccia nella misura del 20%, da ridursi del 20% ex art. 1227 c.c.;

dichiara che il danno complessivo da liquidarsi in favore di parte attrice è pari ad euro 616.000, oltre interessi dalla sentenza;

condanna, in solido tra loro, F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP a corrispondere nei confronti di B. G. l'importo di euro 324.000, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;

condanna, in solido tra loro, F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP a corrispondere nei confronti di D. A. l'importo di euro 146.000, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;

condanna, in solido tra loro, F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP a corrispondere nei confronti di D. F. l'importo di euro 146.000, oltre interessi legali dalla sentenza fino al soddisfo;

condanna, in solido tra loro, F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP a corrispondere in favore di parte attrice le spese di giudizio, che si liquidano in complessivi 29.033,00, di cui euro 1.229,00 per spese vive ed euro 27.804,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura legalmente dovuta, da distrarsi in favore del procuratore;

rigetta la domanda di parte attrice nei confronti della Provincia di Palermo in persona del legale rappresentante;

condanna parte attrice a rifondere nei confronti della Provincia di Palermo in persona del legale rappresentante le spese di giudizio, che si liquidano in euro 10.741,00 per onorari, oltre spese generali, Iva e CPA nella misura legalmente dovuta;

pone definitivamente a carico dei convenuti F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP in solido tra loro le spese di C.T.U.;

indica, in relazione al disposto degli artt. 59 lettera d) e 60 T.U. sull'imposta di registro, in F. F., il Comune di Casteldaccia in persona del legale rappresentante e la Fondiaria SAI assicurazioni s.p.a. n. q. di Impresa designata dall’ISVAP in solido tra loro, le parti, in solido obbligate, nei cui confronti deve essere recuperata l'imposta prenotata a debito.

Così deciso in data 22/01/2015.

 

 

 

Il presente provvedimento viene redatto su documento informativo e sottoscritto con firma digitale dal giudice dott. Teresa Ciccarello, in conformità alle prescrizioni del combinato disposto dell’art. 4 del d.l. 29/12/2009 n. 193, conv. con modifiche dalla l. 22/2/2010 n. 24 e del d. l.vo 7/3/2005, n. 82 e succ. mod. e nel rispetto delle regole tecniche sancite dal decreto del ministro della giustizia 21/1/2011 n. 44.

 

da Altalex

 

 

Giovedì, 09 Aprile 2015
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