INCIDENTE STRADALE E RISARCIMENTO DEL DANNO – TESTIMONI FALSI: LA CASSAZIONE CONDANNA SULLA SCORTA DELL’INCROCIO TRA VARIE DICHIARAZIONI ASSUNTE E RISULTANZE DEI RILIEVI TECNICI
Ti piace vincere facile? Trovati un testimone di comodo ed il processo è fatto. Che testimoniare per spostare l’asticella della bilancia giudiziaria sia diventato un facile espediente per determinare la ragione in giudizio di chi invece ha torto, è oramai certificato anche dalle nuove leggi che tendono a limitarne la valenza nei sinistri con soli danni a cose . Ora, la Cassazione penale, con la sentenza 16 marzo 2015, n. 11166 ha detto basta anche negli altri casi.
In un caso giudicato avanti al Tribunale di Torino, per ottenere il risarcimento del danno da incidente stradale, la Suprema Corte ha confermato la condanna di un testimone che proprio testimone non era.
Certo la prova in questi casi non è facile data la naturale fede attribuita alla testimonianza nel nostro ordinamento, ma a volte basta pazientemente analizzare ogni cosa per rilevare le distonie inevitabilmente contenute in un racconto che tenta di dipingere un quadro degno del migliore impressionismo.
Nel caso di Torino meritoriamente questo paziente lavoro è stato fatto, partendo, come è normale che sia, dai dati oggettivi rappresentati dal rilievo tecnico dell’incidente ad opera della Polizia Municipale, rispetto alla quale la narrazione del teste appariva quanto meno distonica.
Certo, pesava la coincidenza del dichiarato dal ricorrente con quanto riferito da altro teste, ma questo nulla toglieva alla riscontrata incompatibilità della versione riferita dall'imputato rispetto a quanto effettivamente poi accertato nel detto giudizio. Del resto non era provata, anzi si poteva escludere, la stessa presenza del falso teste sul luogo del fatto al momento del sinistro in linea con quanto dallo stesso affermato.
Infatti, le testimonianze, a saperle incrociare come si deve, fanno emergere le contraddizioni più inimmaginabili. Lo stesso convenuto nel processo civile, coinvolto nel sinistro, che ebbe a riferire della presenza di un solo soggetto al momento del fatto. Ebbene, tale soggetto non poteva essere il falso teste, perché la parte aveva affermato di non conoscerne l'identità. Invece è pacifico, per quanto affermato dallo stesso falso teste, che i due (lui e la persona coinvolta) si conoscevano prima dell'incidente.
Come si diceva un tempo “il diavolo fa le pentole, ma non i coperchi” e l’incrocio delle diverse dichiarazioni testimoniali rispetto ai dati oggettivamente riscontrati consente al giudice di smascherare il falso testimone, che è un nemico della giustizia etica, prima ancora che di quella giurisdizionale.
*Dirigente della Polizia di Stato e
Docente di Politiche della Sicurezza
Presso l’Università di Bologna
Quando le testimonianze sono incrociate come si deve emergono le contraddizioni e quindi... (ASAPS)