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Corte di Cassazione 05/05/2015

Lancio di sassi dal cavalcavia: nessuna responsabilità del gestore autostradale

(Cass. Civ., sez. III, del 26 Marzo 2015, n. 6095)

L'art. 2051 c.c. prevede la prova liberatoria del caso fortuito e la Cassazione, con sentenza della terza sezione civile, 26 marzo 2015, n. 6095, ritiene che il getto di sassi dal cavalcavia ad opera di ignoti integri un caso fortuito, che vale ad escludere la responsabilità del custode.

Nell'ambito della sterminata giurisprudenza in materia di responsabilità da cosa in custodia ex art. 2051 c.c., la circolazione stradale ricopre un ruolo di primo piano. La casistica delle situazioni pericolose presenti sulle strade italiane è vastissima, e non poco preoccupante.

La fattispecie al vaglio della Cassazione, però, si distacca dalle consuete situazioni di “insidia” o “trabocchetto”, perché questa volta siamo di fronte ad un sinistro determinato non da una situazione di pericolo immanente alla strada, ma dal getto di sassi dal cavalcavia ad opera di ignoti.

Nella fattispecie, infatti, l'automobilista danneggiato lamentava di essere stato colpito (nel 1992...) da dei sassi lanciati da ignoti lestofanti, riportando lesioni personali. Dalla sentenza in commento non è chiara la dinamica del sinistro, ossia se l'automobilista fosse stato direttamente attinto da uno o più sassi o se a causa di essi avesse perduto il controllo. Comunque, la sostanza non cambia: l'automobilista riportava un danno alla propria persona -oltre che alla propria vettura- e ne chiedeva il risarcimento. Non agli autori materiali del lancio, rimasti ignoti: bensì alla società di gestione del tratto autostradale che stava percorrendo, in forza del disposto dell'art. 2051 c.c. Il Tribunale dava ragione al danneggiato; la Corte d'Appello, invece, riformava la sentenza e rigettava la domanda.

Come noto, l’art. 2051 c.c. delinea un’ipotesi di responsabilità diversa da quella dell’art. 2043, trattandosi di vera e propria responsabilità oggettiva. Ai sensi del 2051, infatti, il custode risponde del danno provocato dalle cose affidate alla sua custodia, indipendentemente dalla propria colpevolezza, salvo che fornisca la prova liberatoria costituita dal caso fortuito, inteso quale fattore attinente al profilo causale dell'evento. In presenza di un caso fortuito, infatti, l'evento dannoso sarebbe riconducibile non alla cosa che ne è fonte immediata, ma ad un elemento esterno, rispetto al quale il custode non ha alcun potere di intervenire.

“Custode” è colui che sulla cosa ha un potere non solo giuridico, ma anche fattuale. Caratterizza la sua posizione di garanzia l'avere sulla cosa un concreto e reale controllo, che gli consenta di intervenire tempestivamente in caso di pericolo. Egli è tenuto a controllare puntualmente la cosa, ed a fare in modo che non crei situazioni di rischio per terzi. Se questo accade, chi invoca la responsabilità ex art. 2051 c.c. deve dimostrare l'esistenza della situazione di pericolo, il danno subito ed il nesso causale tra le due cose.

Questa norma, da alcuni anni a questa parte, viene costantemente invocata a fondamento della responsabilità dell'ente proprietario della strada per i danni subiti dagli utenti. Per la verità la Cassazione, fino alla fine degli anni '90, aveva sempre escluso che in caso di danni causati da cattiva manutenzione, si applicasse la severa regola dell’art. 2051 all’Ente proprietario della strada. La dottrina parlava, a tale riguardo, di vero e proprio “privilegio” della Pubblica Amministrazione, titolare di un indubbio potere-dovere di controllo e di intervento sulla strada affidata alle sue cure; d'altronde, era affermazione ricorrente in dottrina che la rete fosse troppo estesa per esigere un effettivo e costante controllo. Quindi si applicava il 2043 c.c., gravando il danneggiato di dimostrare anche la condotta colposa dell’ente. A tale riguardo, quale figura sintomatica di colpa, la giurisprudenza aveva elaborato le figure dell’insidia e trabocchetto.

Nel 2003 un completo revirement della Cassazione riaprì le strade all'art. 2051 c.c., dando origine ad un vasto contenzioso, i cui esiti, tuttavia, non sono sempre uniformi, come vedremo tra breve.

La sentenza in oggetto, nel confermare la decisione dei giudici di merito, riconosce in capo all'ente tenuto alla custodia della strada la prova liberatoria del caso fortuito.

Infatti, secondo la stessa ricostruzione della parte attrice, il sinistro si era verificato a causa esclusiva del lancio di sassi dal cavalcavia, cui era conseguito “nell'assoluta immediatezza” il danno per l'automobilista. In ragione di questa ricostruzione, la Corte d'Appello aveva ritenuto che non potesse ravvisarsi alcun possibile spazio per l'intervento della Società di gestione dell'autostrada, perché la contestualità tra il getto del sasso e l'incidente precludeva qualunque possibile intervento.

Tutto questo è molto sensato, ma si espone all'obiezione che il custode è tenuto a controllare diligentemente le condizioni della strada e ad adottare le cautele tecniche idonee per garantire la sicurezza per gli utenti ed evitare l'insorgenza di situazioni di pericolo.

Ed in effetti, anche con riferimento a ciò, l'attore aveva dedotto che nella rete posizionata sul cavalcavia erano stati riscontrati dei squarci, che avevano facilitato il getto delle pietre.

Ma la Corte d'Appello aveva escluso che la presenza di detti squarci potesse avere una qualche valenza causale, perché la rete era considerata “facilmente scavalcabile” e quindi comunque inidonea ad ostacolare il lancio delle pietre.

La Suprema Corte condivide le considerazioni della sentenza di merito, ritenendo che la condotta degli ignoti criminali autori del lancio di sassi integri un caso fortuito, idoneo ad escludere la responsabilità della società che gestiva l'autostrada. Quest'ultima, infatti, non aveva avuto alcuna possibilità di intervenire per rimuovere la situazione di pericolo, che non solo non era “immanente” alla cosa in custodia ma dovuta a causa esogena, ma, per di più, non aveva avuto modo di “consolidarsi”, così da determinare un ragionevole obbligo di intervento da parte del custode.

Le considerazioni della Suprema Corte non mancano di logica e nemmeno di pragmatismo; lascia perplessi il fatto che nessun rilievo, neppure a livello di concausa o di causalità agevolatrice, sia stato attribuito non tanto alla presenza di squarci nella rete di protezione, quanto al fatto che detta rete fosse considerata di per sé insufficiente ad evitare fatti del genere. Il che pare stridere con gli obblighi di manutenzione della strada e di adozione, come si accennava, di cautele tecniche idonee per garantire la sicurezza per gli utenti ed evitare l'insorgenza di situazioni di pericolo.

I fatti di cui si controverte erano accaduti diversi anni prima che l'opinione pubblica fosse sensibilizzata a fatti di questo tipo dalla nota vicenda dei “sassi di Tortona”, e forse, se le autostrade avessero preso spunto da eventi gravi ma non letali come questo, di sassi dai cavalcavia non si sarebbe più sentito parlare.

Esito del ricorso

Rigetto.

Precedenti giurisprudenziali

Conforme: Cass. 12 marzo 2013, n. 6101, reperibile nelle banche dati Pluris; contra, Cass. 13 gennaio 2015 n. 295.

Riferimenti normativi

Art. 2051 c.c.

 

(Nota di Roberto Foffa tratto da Il Quotidiano Giuridico Wolters Kluwer)

 

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE

SEZIONE III CIVILE

Sentenza 17 dicembre 2014- 26 marzo 2015, n. 6095

(Presidente Segreto– Relatore Sestini)

Svolgimento del processo

G.S. convenne in giudizio la s.p.a. Autostrade per sentirla condannare al risarcimento dei danni che aveva subito in data 3.9.92 quando, mentre percorreva l'autostrada A/16 alla guida della propria autovettura, era stato raggiunto da sassi lanciati da ignoti da un cavalcavia, riportando lesioni personali.

Il Tribunale di Nola accolse la domanda (come pure quella proposta nella causa – riunita ­promossa da P.M.).

La Corte di Appello di Napoli ha riformato la sentenza, escludendo la responsabilità della società Autostrade nei confronti del S.

(dichiarando – invece - inammissibile l'impugnazione proposta nei confronti del M.).

Ricorre per cassazione il S. affidandosi a due motivi; resiste, a mezzo di controricorso, la società Autostrade, mentre gli altri intimati

non svolgono attività difensiva.

Motivi della decisione

l. Qualificata la domanda come proposta ai sensi dell'art. 2051 c.c., la Corte di Appello ha rilevato che il fatto si verificò "a causa esclusiva del lancio di sassi dal cavalcavia ad opera di ignoti delinquenti, cui ha fatto seguito, nell'immediatezza, l'incidente" ed ha ritenuto che "l'assoluta contestualità del lancio e dell'incidente non ha lasciato al gestore alcun margine di intervento" e che"gli atti intenzionali estemporanei degli ignoti delinquenti non sono stati in alcun modo agevolati da comportamenti del gestore"; ha escluso, in particolare, che potesse riconoscersi valenza causale agli "squarci eventuali" nella trama della rete di recinzione poiché essa, "siccome facilmente scavalcabile, non aveva la capacità di ostacolare il lancio di pietre".

2. Col primo motivo ("violazione o falsa applicazione dell'art. 2051 c.c." e ogni possibile vizio motivazionale), il S. censura la sentenza per non aver considerato che "lo stato della rete di recinzione, che presentava grossi squarci attraverso i quali erano stati lanciati i sassi e la mancata manutenzione da parte della società concessionaria costituivano ... comportamenti colposi" che giustificavano l'affermazione della responsabilità della convenuta; evidenzia, altresì, come la valutazione della irrilevanza causale degli squarci risulti "contraddittoria rispetto agli obblighi di vigilanza, controllo e diligenza ... scaturenti dalla responsabilità da custodia ex art. 2051.

Col secondo motivo (violazione e falsa applicazione dell'art. 115 C.P.C. ed ogni possibile vizio motivazionale), il ricorrente sviluppa le precedenti censure rilevando che la società convenuta non aveva assolto "l'onere della prova circa la riconducibilità dell'evento dannoso al caso fortuito" e che la Corte non aveva adeguatamente valutato punti decisivi (segnatamente, la presenza degli squarci nella rete) .

3. I motivi - da esaminare congiuntamente per l'evidente connessione - sono infondati.

Atteso che il S. ha invocato una responsabilità extracontrattuale ex art. 2051 c.c., non risulta pertinente il richiamo alla violazione di obblighi di vigilanza e manutenzione, giacché il dato rilevante ai fini dell'affermazione della responsabilità non va rinvenuto nell'eventuale condotta colposa della concessionaria, ma esclusivamente nel rapporto causale fra la cosa in custodia e l'evento dannoso, così come -per converso- la prova liberatoria può essere fornita soltanto con la dimostrazione del caso fortuito, ossia di un elemento idoneo ad escludere il nesso causale.

Ciò premesso, deve rilevarsi come la Corte abbia correttamente individuato tale fortuito nella condotta estemporanea degli ignoti che ebbero a lanciare i sassi, ossia in un fattore del tutto estraneo al dinamismo interno alla cosa

(vale a dire alla rete viaria e alle sue pertinenze), escludendo -invece- la rilevanza causale degli squarci sulla rete metallica, in quanto privi -di per sé- di efficienza causale.

Va sottolineato, al riguardo, che proprio il rapporto di "immediatezza" ed "assoluta contestualità" tra il lancio e l'incidente permette di escludere che si fosse consolidata (trascorso il tempo ragionevolmente necessario al gestore per la rimozione dei sassi dalla carreggiata) una situazione di pericolo immanente alla cosa -ossia un modo di essere o una caratteristica pericolosa della strada- tale da escludere il fortuito e da consentire di affermare l'esistenza di un rapporto causale fra la condizione assunta dalla carreggiata (seppure per il fatto del terzo) ed il sinistro.

4. I giusti motivi di compensazione rilevati dal giudice di appello per compensare le spese processuali -che non sono stati oggetto di impugnazione- permangono e consentono di compensare anche le spese del presente giudizio.

 

P.Q.M.

la Corte rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

 

da Altalex

Martedì, 05 Maggio 2015
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