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Tre soffi finti nell’etilometro: condannato

Pessimo giocatore di poker, l’automobilista beccato a guidare dopo aver bevuto troppo: subito scoperto, difatti, il bluff tentato alla prova per l’individuazione del tasso alcolico. La condotta è valutabile come rifiuto di sottoporsi all’alcoltest. Consequenziale, e legittima, la condanna. (Cassazione, sentenza 18093/15).

Il caso

Pena severa per il conducente dell’automobile – non di sua proprietà, peraltro –: «nove mesi di arresto» e «2mila euro di ammenda», con «sospensione della patente di guida per un anno», per essersi messo al volante «sotto l’effetto dell’alcool». Per i giudici di merito, difatti, non vi sono dubbi sul fatto che l’uomo, dinanzi agli agenti, ha fatto solo finta di soffiare nell’etilometro. Tale bluff, in sostanza, è ritenuto valutabile come «rifiuto» in piena regola.

Di avviso opposto, ovviamente, l’automobilista, il quale ribadisce, anche in Cassazione, che, all’epoca dei fatti, era evidente la sua «incapacità fisica di sottoporsi alla prova dell’etilometro». E a sostegno di questa tesi viene anche richiamata la «deposizione dell’agente accertatore», da cui «emergeva lo stato di alterazione e scompenso psico-fisico» dell’uomo, «soggettivamente inidoneo ad espletare la prova». Mentre, invece, aggiunge ancora l’uomo, non è emerso «nella sua condotta, nell’imminenza del fatto, il rifiuto di sottoporsi all’accertamento».

Chiara l’ottica difensiva, centrata sull’affermazione che «di rifiuto non si poteva parlare, per assenza dell’elemento psicologico». Tale visione, però, viene ritenuta assai fragile dai giudici del ‘Palazzaccio’, i quali, condividendo le valutazioni compiute tra primo e secondo grado, ritiene evidente che «il comportamento» dell’uomo «fosse» catalogabile come «rifiuto di sottoporsi all’accertamento del tasso alcolemico», essendo interpretabile come «rifiuto» la «condotta ripetutamente elusiva del metodo idoneo a consentire la rilevazione».

Nessun dubbio è possibile, in sostanza, sulla «volontà» dell’automobilista di non affrontare «l’etilometro»: egli, difatti, ha effettuato «tre tentativi simulati di soffiare nell’etilometro». E, viene aggiunto, è illogico pensare che «la condotta tipica del reato» debba per forza «concretizzarsi in un rifiuto verbale». Indiscutibile, quindi, la conferma della condanna nei confronti dell’uomo.

Fonte: www.dirittoegiustizia.it


da lastampa.it

Venerdì, 15 Maggio 2015
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