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Guarnieri: "Il reato di omicidio stradale salverebbe molte vite"

Parla il numero uno dell'associazione che sta spingendo - con l'aiuto di Renzi - sull'introduzione di questo nuovo tipo di reato

Dopo varie “spinte”, infiniti annunci e mille proclami la proposta dell’omicidio stradale potrebbe finalmente diventare legge a novembre. Il percorso parlamentare è partito e “in ogni caso – spiega Stefano Guarnieri, motore di questa iniziativa e dell’associazione Lorenzo Guarnieri – il presidente Renzi ha anche promesso che se la legge si blocca da qualche parte si potrà ricorrere alla formula del decreto legge”.

Intanto però il tempo passa e le tragedie si ripetono.
“Già, vero: molti di questi ultimi fatti di cronaca probabilmente non si sarebbero verificati se il reato di omicidio stradale fosse stato trasformato in legge. Ma l'argomento è delicato: la sicurezza stradale è un tema complesso che richiede sempre un lavoro di squadra, la concentrazione di tante forze per raggiungere un obiettivo”.

Voi siete convinti però che la cosa funzioni.
“Facciamo due esempi. Il primo è quello della patente a punti: ha funzionato e dimostra che per ridurre morti e feriti servono buone leggi. E abbiamo il caso inglese, perfettamente confrontabile con il nostro (non parliamo infatti di Danimarca o altri Paesi simili) per via del numero di abitanti e di auto in circolazione: lì da 1988 hanno iniziato a lavorare sul reato di omicidio stradale per incidenti causati da guida pericoloso o sotto l’effetto di alcol e droga. Da subito il numero di vittime è iniziato a calare, fino a

dimezzarsi rispetto al nostro”.

Ci faccia un confronto fra Inghilterra e Italia.
“Facile, in Inghilterra se uccido una persona mentre guido sotto l’effetto di alcol e droga come minimo mi prendo otto anni di galera. In Italia nulla, nemmeno un giorno perché la pena prevista è di due anni e otto mesi, e quindi non c’è mai nessuna privazione di libertà: chi uccide su strada può continuare a farlo. Fra l’altro da noi essendo un reato colposo, anche in un secondo omicidio non ci può essere l’aggravante della recidiva".
 
Ecco lo spirito di questa legge: nessuna vendetta ma gistizia e prevenzione. Esatto?
"Assolutamente: si tratta di evitare innanzitutto che tragedie del genere si ripetano. Tenga presente che i casi di recidiva in questo tipo di incidenti mortali sono clamorosi, e sono sotto gli occhi di tutti. L’Italia brilla per l’assenza di dati in fatto di incidenti stradali, però ad ogni omicidio stradale - come questi ultimi che si sono appena verificati – ci sono prove di recidiva".

Da dove arriva il nome Omicidio Stradale?
"L'idea è dell'Asaps, associazione amici polizia stradale, che con noi si batte per arrivare ad introdurre questo tipo di reato. Tutto è partito dalla clamorosa raccolta di firme. Prima del 2011 se ne parlava poco, oggi no, siamo a 80 mila sottoscrizioni e sondaggi che vedono gli italiani favorevoli all'80 per cento all'introduzione di questo nuovo tipo di reato".

Ma ancora non basta...
"Vero: il punto di vista di chi uccide o quello di chi è ucciso o può essere ucciso viene spesso confuso: si garantisce sempre troppo il primo caso. E poi il reato stradale non viene mai considerato tale".

Cosa può fare il singolo cittadino, cosa possiamo fare tutti noi?
"Tenere alta l'attenzione, mettere sotto pressione il Governo, ricordare ad ogni occasione possibile che il primo firmatario di questa legge è Matteo Renzi. La nostra è una battaglia di civiltà e aspettiamo dicembre con la certezza che qualcosa possa cambiare davvero in questo Paese".

 

di Vincenzo Borgomeo
da repubblica.it/motori


 

Stefano Guarnieri fa il punto sull’ Omicidio stradale in una interessante  intervista rilasciata a Vincenzo Borgomeo di Repubblica.it (ASAPS)

Lunedì, 18 Maggio 2015
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